Per una cultura rivoluzionaria

Rapporti Sociali n. 20 - novembre 1998 (versione Open Office / versione MSWord )

 

In occasione del 100° anniversario della nascita di Bertolt Brecht (Augsburg 1898 - Berlino 1956)

Brecht ha studiato il marxismo, l’economia politica, la dialettica, ecc.

Nel 1927, (risiede a Berlino da 3 anni), sono già state rappresentate con successo diverse sue opere e pubblicati diversi suoi libri (Tamburi nella notte, Baal, Un uomo è un uomo, per citarne alcuni). È in questi anni che si avvicina al marxismo e si lega strettamente al partito comunista.

Nel ’28 esce L’opera da tre soldi, musiche di Kurt Weill, con grande successo.

Nel periodo ’30-’33 produce gli Esperimenti e una serie di drammi didattici (Volo di Lindbergh, Accordo, Il consenziente e il dissenziente, La linea di condotta, La Madre e molti altri).

Nel ’32 la censura comincia a far sentire il suo peso.

Nel ’33 dopo l’ascesa al potere dei nazisti e l’incendio del Reichstag lascia la Germania con la sua famiglia: comincia un periodo di esilio in vari paesi d’Europa, dove però la sua produzione non si arresta.

Nel ’41 lascia la Finlandia poco prima dell’ingresso delle truppe naziste in questo paese e parte per gli Stati Uniti attraverso l’Unione Sovietica.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale tenta di rientrare in Europa, ma il suo statuto di apolide rende difficile ottenere il visto di uscita dagli USA. Nel frattempo negli USA la borghesia lancia su grande scala la persecuzione dei comunisti. Tra gli intellettuali e gli artisti imperversa il Comitato per le attività antiamericane, presieduto dal senatore McCarthy. Brecht viene messo sotto accusa. Finalmente nell’ottobre ’48 giunge a Berlino Est attraverso la Cecoslovacchia. Lavora nella Repubblica Democratica Tedesca fino alla morte.

Brecht era un artista e a un certo punto della sua vita ha deciso con risolutezza di sviluppare un’arte al servizio della lotta di classe, che sviluppa la coscienza e i sentimenti socialisti dello spettatore. Lavora con dei circoli operai, dei gruppi di giovani comunisti. Sperimenta e ricerca instancabilmente e per lunghi anni i metodi di creazione e le forme che corrispondono alle sue convinzioni politiche, ma "che siano contemporaneamente sia efficaci e sia utilizzabili per la vita e le lotte delle masse". Per Brecht, "l’artista oggi è in un periodo di transizione (...): una faccia rivolta verso il passato e un’altra verso 1’avvenire".

Citiamo alcuni brani significativi di Brecht, un comunista che ha affrontato a un livello molto alto il problema del ruolo sociale dell’artista unitamente al problema del contenuto e della forma dell’arte e della cultura proletaria (i brani sono tratti principalmente dai suoi Scritti sulla letteratura e sull’arte(1) e dagli Scritti sulla politica e la società(2)) per mostrare come, fino ad oggi, si pongono gli intellettuali nei confronti della classe operaia e nella costruzione del socialismo.

È sufficiente? Apriamo volentieri il dibattito su questo tema con quanti sono interessati, ovviamente lavoratori o intellettuali che siano, per riuscire a capire a che punto siamo oggi in Italia e che cosa fare per sviluppare un’arte che contribuisca alla ricostruzione del partito comunista e alla lotta delle masse popolari per il socialismo (alla mobilitazione rivoluzionaria delle masse).

 

1. Bertolt Brecht, Scritti sulla letteratura e sull’arte, Torino 1975

 

2. Bertolt Brecht, Ecrits sur la politique et la société, Paris 1970

 

Sul bisogno di arte nella nostra epoca (1930)

(...) Tra una situazione in cui i bambini affamati restano senza latte e le opere figurative e le opere plastiche esiste (...)  un profondo e iniquo rapporto. Quello stesso spirito che ha creato le opere d’arte ha creato anche questa situazione. L’arte non dovrebbe venir concepita come 1’"espressione di personalità grandi e straordinarie, considerate fenomeni d’eccezione". (…)

 

Cinque difficoltà per chi scrive verità (1935)

Chi ai nostri giorni vuole combattere la menzogna e l’ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l’accortezza di riconoscerla benché venga ovunque travisata; l’arte di renderla maneggevole come un’arma; l’avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l’astuzia di divulgarla fra questi ultimi. Tali difficoltà sono grandi per coloro che scrivono sotto il fascismo, ma esistono anche per coloro che sono stati cacciati o sono fuggiti, anzi addirittura anche per coloro che scrivono nei paesi della libertà borghese.

 

(...) Sembra cosa ovvia che colui che scrive scriva la verità, vale a dire che non la soffochi o la taccia e non dica cose non vere. Che non si pieghi dinanzi ai potenti e non inganni i deboli. Certo, è assai difficile non piegarsi dinanzi ai potenti ed è assai vantaggioso ingannare i deboli. Dispiacere ai possidenti significa rinunciare al possesso. (...) Le epoche di massima oppressione sono quasi sempre epoche in cui si discorre molto di cose grandi ed elevate. In epoche simili ci vuole coraggio per parlare di cose basse e meschine come il vitto e l’alloggio dei lavoratori, mentre tutt’intorno si va strepitando che ciò che più conta è lo spirito di sacrificio.

 

(...) Ma la verità non si può semplicemente scriverla e basta; è indispensabile scriverla per qualcuno che possa servirsene. La conoscenza della verità è un processo comune a chi scrive e a chi legge. (...) La verità deve essere detta con calcolo e deve essere udita con calcolo. E per noi che scriviamo è importante sapere a chi la diciamo e chi ce la dice. La verità su certe condizioni deplorevoli dobbiamo dirla a coloro che di queste condizioni più soffrono e da loro dobbiamo apprenderla. Non basta parlare a coloro che hanno una data opinione; bisogna parlare a coloro ai quali, data la loro situazione, tale opinione può convenire. E il vostro uditorio muta di continuo! Persino ai carnefici è possibile parlare, quando per impiccare non ricevono più il salario o quando la loro professione si fa troppo pericolosa. I contadini bavaresi erano contrari a ogni rivoluzione, ma dopo che la guerra fu durata abbastanza a lungo e dopo che i loro figli, tornando a casa, non trovarono più posto nelle fattorie, allora fu possibile conquistarli alla rivoluzione. Importante per quelli che scrivono è trovare il tono giusto per dire la verità. Quello che comunemente si ode è un tono molto mite e lamentoso, il tono di chi non sarebbe capace di far male a una mosca. Chi lo ode e si trova in miseria non può che diventare ancora più miserabile. Così parlano uomini che forse non sono nemici, ma certo non sono dei compagni di lotta. La verità è combattiva, non solo combatte la menzogna, ma anche quelle determinate persone che la divulgano.

 

***** Manchette

Alla fine degli anni ’80 la Germania imperialista ha ingoiato la Repubblica Democratica Tedesca e il mondo imperialista ha ingoiato gran parte dei paesi socialisti: ma né l’una né l’altro riescono a digerire e il "mal di stomaco" di cui già pativano a causa della seconda crisi generale del capitalismo è aumentato.

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 (...) Per esempio chi al giorno d’oggi dice "popolazione" invece di "popolo" e "proprietà fondiaria" invece di "suolo" già così evita di dar credito a parecchie menzogne. Infatti spoglia le parole de loro marcio misticismo. La parola "popolo" indica una certa unità e allude a interessi comuni; la si dovrebbe quindi usare soltanto quando si parla di diversi popoli, poiché tutt’al più in questo caso è concepibile una comunanza di interessi. La popolazione di un dato territorio ha interessi diversi, anche contrastanti, questa è una verità che si vuole soffocare. Così anche chi dice "suolo" e rende percepibili al naso e agli occhi i campi che descrive e parla del loro odore di terra e del loro colore, favorisce le menzogne dei potenti; giacché ciò che conta non è la fertilità del terreno e nemmeno l’amore e la cura che l’uomo gli porta, ciò che più conta è il prezzo del grano e del lavoro. Quelli che traggono il loro utile dalla terra non sono gli stessi che ne traggono il grano; l’odore di zolla che emana dai campi è ignoto alle Borse. Esse hanno tutt’altro odore. "Proprietà fondiaria" è invece il termine giusto; con esso è meno facile imbrogliare. Lenin, minacciato dalla polizia dello zar, voleva descrivere lo sfruttamento e l’oppressione dell’isola di Sachalin da parte della borghesia russa. Scrisse "Giappone" in luogo di Russia e "Corea" in luogo di Sachalin. I sistemi della borghesia giapponese richiamavano alla mente di ogni lettore quelli della borghesia russa a Sachalin ma, dato che il Giappone era nemico della Russia, lo scritto non fu proibito. Parecchie cose che in Germania non si possono dire della Germania, sono lecite parlando dell’Austria.

Ci sono varie astuzie con le quali è possibile eludere la sospettosa vigilanza dello Stato.

 

(...) La propaganda perché la gente ragioni, in qualsiasi campo la si faccia, è sempre utile alla causa degli oppressi. Questa propaganda è altamente necessaria. Sotto i governi che servono gli sfruttatori, il ragionare è considerato cosa bassa e volgare. Si giudica basso e volgare ciò che è utile a quelli che sono tenuti in basso. Si giudica bassa e volgare la continua ansia di riuscire a saziarsi; il disprezzo per gli onori che vengono fatti balenare davanti agli occhi di colui che dovrebbe difendere il paese in cui soffre la fame; i dubbi nei riguardi di un condottiero che conduce alla rovina; l’avversione per il lavoro che non nutre chi lo compie; il ribellarsi quando viene imposta una condotta insensata; il disinteresse per la famiglia cui l’interesse non servirebbe più a nulla. Quelli che hanno fame vengono insultati per la loro ingordigia, quelli che non hanno niente da difendere per la loro codardia, quelli che dubitano del loro oppressore per i loro dubbi sulla propria forza, quelli che vogliono farsi pagare il lavoro che fanno per la loro pigrizia, ecc. Sotto simili governi il ragionare è considerato in genere cosa bassa e volgare e viene screditato. Non si insegna più a pensare e il pensiero viene perseguitato ovunque si manifesti. Ciò nonostante ci sono sempre dei campi in cui è possibile additare senza pericoli i successi del pensiero; sono quei campi in cui le dittature hanno bisogno di esso.

 

(...) L’unica cosa che conta è che si insegni un modo giusto di ragionare, un modo di ragionare che in ogni cosa e in ogni avvenimento ricerchi il lato transitorio e mutevole. I potenti nutrono una forte ostilità nei riguardi dei grandi mutamenti. Vorrebbero che tutto restasse com’è, possibilmente per mille anni. La cosa migliore sarebbe che la luna si fermasse, che il sole non girasse più! Allora a nessuno verrebbe fame e nessuno pretenderebbe di cenare la sera. Dopo che hanno sparato loro, il nemico non dovrebbe più avere il diritto di sparare, vorrebbero che il loro colpo fosse l’ultimo. Considerare le cose mettendo in particolare rilievo il loro lato transitorio è un buon sistema per rianimare gli oppressi. Mostrare che in ogni cosa, in ogni condizione, sorge e si sviluppa una contraddizione: anche questo è un fatto che bisogna opporre ai vincitori. Un simile modo di ragionare (cioè la dialettica e la dottrina del flusso delle cose) si può adottare per settori di ricerca che per qualche tempo sfuggono ai potenti. I governi che conducono le masse umane alla miseria devono evitare che nella miseria si pensi ai governi. Parlano molto del destino. Il destino - non già i governi - è responsabile dell’indigenza. Chi tenta di scoprire le cause dell’indigenza viene arrestato prima che si imbatta nel governo.  Tuttavia è possibile opporsi in termini generali ai discorsi sul destino; si può dimostrare che chi fa il destino dell’uomo sono gli uomini.

 

(...) La grande verità della nostra epoca (che non è sufficiente limitarsi a riconoscere, ma senza la quale non è possibile scoprire nessun’altra verità importante) è questa: il nostro continente sta sprofondando nella barbarie perché i rapporti di proprietà dei mezzi di produzione vengono mantenuti con la violenza. A che cosa servirebbe uno scritto coraggioso dal quale risulti la barbarie delle condizioni nelle quali stiamo per cadere (il che in se è verissimo), se poi non risultasse chiara la ragione per cui veniamo a trovarci in queste condizioni?

Dobbiamo dire che degli uomini vengono torturati perché i rapporti di proprietà rimangano immutati. Certo, se lo diciamo, perderemo molti amici che sono contrari alla tortura perché credono che i rapporti di proprietà si possano mantenere anche senza di essa (il che non è vero). Dobbiamo dire la verità in merito alle barbare condizioni del nostro paese, dobbiamo dire che è possibile fare ciò che è sufficiente a farle sparire, cioè qualcosa che modifichi i rapporti di proprietà.

Dobbiamo dirla inoltre a coloro che di questi rapporti di proprietà soffrono più di tutti, che hanno il maggiore interesse a cambiarli, ai lavoratori e a coloro che possiamo trasformare in loro alleati perché in realtà non partecipano nemmeno loro alla proprietà dei mezzi di produzione, anche se partecipano ai guadagni. E per quinta cosa dobbiamo procedere con astuzia.

(...) Tutto ciò viene richiesto allo scrittore, quando gli si chiede di scrivere la verità.

 

***** Manchette

"L’opportunismo non sarebbe opportunismo se fosse capace di dare risposte chiare e dirette" (Lenin, La linea politica, (1912), in Opere, vol. 18, pag. 318).

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Discorso al I Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura (Parigi, 1935)

Una constatazione necessaria per la lotta contro la barbarie

Compagni, pur senza la pretesa di dire niente di particolarmente nuovo, vorrei dire qualcosa a proposito della lotta contro quelle forze che oggi si accingono a soffocare nel sangue e nello sterco la cultura occidentale o quel tanto di cultura che ci è rimasto dopo un secolo di sfruttamento. C’è un unico punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione, un punto sul quale secondo me è necessaria la massima chiarezza, se si vogliono combattere quelle forze efficacemente e soprattutto fino all’annientamento.

Agli scrittori che, in persona propria o altrui, sperimentano le atrocità del fascismo e ne restano atterriti, l’esperienza e il terrore non conferiscono necessariamente la capacità di combattere contro tali atrocità. Taluno potrà credere che basti descrivere tali atrocità, soprattutto nel caso che un grande talento letterario e una collera autentica rendano efficace la descrizione. Effettivamente simili descrizioni hanno una grande importanza. Si compiono atrocità. E questo non deve essere. Si percuotono degli esseri umani. E ciò non deve accadere. Che bisogno c’è di star tanto a discutere? Basta levarsi e arrestare il braccio dei seviziatori. Compagni, bisogna discutere.

Si può anche levarsi, non è poi così difficile farlo. Ma poi viene il momento di arrestare quelle braccia e questo è già più difficile. La collera c’è, il nemico è individuato, ma come farlo cadere? Lo scrittore può dire: il mio compito è denun ciare l’ingiustizia e poi può lasciare che sia il lettore a sbrigarsela. Ma in questo caso lo scrittore farà una curiosa esperienza. Si accorgerà che la collera, come pure la compassione, è qualcosa di quantitativo, qualcosa che esiste in questa o quella quantità e che può venir meno. E, quel che è peggio, essa viene meno quando è più necessaria. Alcuni compagni mi hanno detto: quando per la prima volta abbiamo fatto sapere che i nostri amici venivano trucidati si levò un grido di orrore e ci fu un aiuto grande. Cento erano i trucidati. Ma quando i trucidati furono mille e l’eccidio non accennava a finire, allora si è fatto il silenzio e scarso fu l’aiuto. È proprio così. (...)

L’uomo non si sofferma sul dolore di un altro uomo, se non può dargli aiuto.

 

Pericolosità degli intellettuali belve (senza data)

(...) In realtà, infatti, il problema importante è proprio questo: in che modo possiamo diventare intellettuali-belve, belve del genere di quelle che i fascisti considerano un pericolo per il loro potere. Una belva è un essere forte, terribile, capace di sbranare. Ciò sa di barbarie. Ma c’è forse qualcuno che crede di poter combattere la barbarie mostrandosi mansueto? Sarebbe come voler parare un colpo di sciabola presentando l’arteria del polso.

(...) Come possiamo, noi scrittori, scrivere con effetti micidiali?

 

Sul realismo. Osservazioni sul formalismo (1937-41)

La lotta contro il formalismo in letteratura è cosa della massima importanza e non riguarda esclusivamente una sua "fase". È una lotta che si deve condurre in ampiezza e profondità, per l’appunto non soltanto nel "campo formale" - se si vuole che la letteratura possa adempiere la sua funzione sociale. Quando ci si adopera per liquidare vuote forme e favole inconcludenti, è importante che neppure per un istante si approvino o condannino le forme separate, staccate dalle loro funzioni sociali. Che cosa è il formalismo?

La letteratura proletaria si sforza di ricavare insegnamenti formali dalle opere antiche. Ciò è naturale. Si riconosce che non è possibile limitarsi a saltare delle fasi precedenti. Il nuovo deve superare l’antico, ma deve comprendere in sé l’antico che ha superato, deve cioè "superarlo dialetticamente". Si deve riconoscere che attualmente c’è un nuovo tipo di apprendimento, un apprendimento critico, un tipo di apprendimento rivoluzionario che trasforma ciò che viene appreso. C’è qualcosa di nuovo, ma questo nuovo è frutto della lotta con l’antico, non nasce indipendentemente da esso, non nasce nel vuoto. Molti dimenticano questa fase dell’apprendere o la trattano con disprezzo come una questione formale, mentre alcuni considerano come una questione formale, come qualcosa di ovvio, il momento critico. (…)

 

I poeti portavoce del popolo (1937-41)

Il popolo che si serve dei poeti, di alcuni poeti, come suoi portavoce, pretende che lo si stia a sentire, non a lisciare. Pretende che si servano i suoi interessi, tutto l’enorme complesso dei suoi interessi, da quelli più nudamente esistenziali ai più sublimi. Esso si interessa della forma del romanzo né più né meno di quanto si interessa della forma dello Stato. Non si tratta di conservare. Continuare la tradizione non rappresenta per i1 popolo niente di sacro. A volte si può continuare la tradizione con metodi non consacrati.

 

Quali servizi attende il proletariato dagli intellettuali? (1926-39)

1. Che disintegrino l’ideologia borghese.

Gli interessi della borghesia sono messi a nudo dall’azione corrosiva del metodo storico materialista. (...)

2. Che studino le forze che "fanno muovere il mondo".

 Soprattutto nelle situazioni non rivoluzionarie, una classe intellettuale rivoluzionaria può assicurare la permanenza della rivoluzione.

3. Che facciano progredire la teoria pura. (…)

 

Il comunismo è un’esclusività? (1932)

(...) se non è vero che il mondo intero considera il comunismo come suo affare personale, il problema del comunismo non è per questo meno un problema del mondo intero (il problema del comunismo è in effetti il mondo intero). Il comunismo non è una maniera di giocare in mezzo a tanti altri. Avendo per obiettivo l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, si oppone a tutte le tendenze, che al di là di tutto ciò che le differenzia, si accordano a voler conservare la proprietà privata, come a un’unica tendenza. (Il comunismo) pretende di essere il prolungamento unico e diretto della grande filosofia occidentale e in questa misura trasformare radicalmente la funzione di questa filosofia - in quanto essendo l’unico prolungamento pratico dell’evoluzione (capitalista) occidentale, trasforma radicalmente la funzione di questa economia evoluta.(...) Noi non parliamo in nome nostro, in nome di una piccolissima parte dell’umanità, ma in nome dell’umanità tutta intera, essendo di essa la parte che rappresenta non i suoi interessi particolari ma quelli dell’umanità tutta intera. Nessuno ha diritto, con il pretesto che noi lottiamo, di negare la nostra obiettività. Se ai giorni nostri qualcuno tenta di passare per obiettivo dando l’impressione di essere al di fuori della lotta, sarà sufficiente guardare un po’ più da vicino per prenderlo in flagrante delitto di soggettivismo incurabile: sono gli interessi di una frazione minima dell’umanità che lui difende; tradisce obiettivamente gli interessi dell’umanità intera difendendo rapporti di proprietà e di produzione capitalisti.(...)

 

***** Manchette

"Noi dobbiamo tendere a che ogni compagno e ogni operaio cosciente si formino delle idee precise su tutti i problemi fondamentali; se manca questa condizione, una propaganda e un’agitazione vaste e sistematiche sono impossibili" (Lenin, Dichiarazione dell’Iskra e della Zarià (estate 1900), in Opere, vol. 4, pag. 357).

*****

 

Qualunque sia il significato di parole come ‘libertà’, ‘uguaglianza’, ‘umanità’, ‘istruzione’, ‘produttività’, ‘audacia’, ‘regolarità’ - noi ci interdiremo di usarle fino a quando non siano state purificate da tutto ciò di cui servendosene la società borghese le ha macchiate. I nostri avversari sono quelli dell’umanità. Non hanno ragione dal loro punto di vista: è il loro punto di vista che è il loro torto.

(...) È comprensibile che si difendano, ma difendono il furto e i privilegi; si può comprenderli, non perdonarli. Colui che è un lupo per l’uomo, non è un uomo, ma un lupo.

 

Sul realismo socialista (1937-41)

La parola d’ordine Realismo socialista è ricca di significato, concreta, fruttuosa quando venga precisata nel tempo e nello spazio. Essa significa che laddove si edifica il socialismo lo scrittore appoggia tale edificazione indagando e rappresentando a tal fine la realtà, dato che, come dice Bacone, la natura si domina assoggettandosi ad essa. La parola d’ordine significa che laddove si combatte per l’edificazione del socialismo, lo scrittore appoggia tale lotta indagando e rappresentando a tal fine la realtà. Questa parola d’ordine fornisce eccellenti criteri, criteri che non rientrano nel campo  estetico, formale. (Lo scrittore appoggia davvero l’edificazione del socialismo, gli edificatori del socialismo, la lotta per il socialismo e coglie davvero la realtà, oppure si limita per esempio a generare illusioni, a banalizzare i compiti, ecc.?) Quando si sia già posto mano all’edificazione del socialismo - la quale naturalmente comporta essa stessa una lotta incessante contro i suoi nemici - occorre indubbiamente che si aggiungano anche altri criteri, criteri di natura estetica e formale; infatti il perfezionamento delle arti, lo sviluppo della produzione artistica sulla scala più vasta possibile, rientrano senza dubbio nell’edificazione del socialismo. (…)

 

***** Manchette

 

Mao Tse-tung

Discorsi alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l’arte (1942), in Opere di Mao Tse-tung, vol. 8.

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Annotazioni sul lavoro letterario (1935-41)

Consenso

Quando dalla classe borghese, presso la quale non avevo trovato alcun consenso, passai a quella proletaria, non speravo di trovare in seno ad essa questo consenso. (Se avevo lasciato la classe borghese, non era certo perché mi aveva negato il suo consenso). Speravo però di trovare - e la trovai - una lotta ricca di prospettive; lì cioè aveva un senso l’insegnare e aveva un senso l’imparare.

 

L’influsso di Gorki sulla letteratura (1936)

(...) Naturalmente con i suoi racconti Gorki raggiunge lo scopo di rendere parte in causa tutto a un tratto un numero enorme di persone. In tal modo però egli è riuscito ad attirare l’attenzione sulla causa lei lavoratori che egli presenta come la causa più generale e più ampia, come la causa dell’intera umanità. E dato che egli è interessato al successo di questa causa, la classe operaia russa è interessata, nella stessa misura, al successo di questo scrittore.

 

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