Da dove viene il partito comunista

Rapporti Sociali n. 21 - febbraio 1999 (versione Open Office / versione MSWord )

 

La ricostruzione del partito comunista diventa un’esigenza riconosciuta da molti. Si tratta di comprendere qual è il metodo più efficace per raggiungere questo risultato, quali siano gli errori da evitare, gli ostacoli da superare, le posizioni da combattere. Per comprendere questo ci serviamo di quanto il movimento comunista internazionale ha prodotto sul piano pratico e teorico dalla sua nascita ad oggi e del confronto con la realtà che oggi abbiamo di fronte.

 

Partiamo da noi. I CARC sono impegnati nella ricostruzione del partito. I comitati sono pochi e comprendono un numero limitato di compagni e compagne. Considerato questo, molti dubitano che dal loro impegno possa sortire una forza quale il partito deve essere, una forza grande, capace di guidare un movimento rivoluzionario e di vincere contro una borghesia che oggi appare più forte di quanto non sia mai stata.

In realtà la borghesia è oggi più debole che mai. D’altro lato i comunisti, che oggi sono deboli, possono diventare forti. Per comprendere che dietro una forza apparente sta una debolezza reale, per comprendere che ciò che oggi è debole può diventare forte, noi dobbiamo avere una concezione dialettica della realtà. Stalin parlando della dialettica scrive: “Ciò, che nella vita nasce e cresce di giorno in giorno è insopprimibile; fermare il suo movimento in avanti è impossibile. Cioè se, per esempio, nella vita nasce il proletariato e cresce di giorno in giorno, ebbene, per quanto debole e poco numeroso esso sia oggi, in definitiva vincerà ugualmente. Perché? Perché si sviluppa, si rafforza e va avanti. Viceversa ciò che nella vita invecchia e va verso la tomba, deve inevitabilmente essere sconfitto, anche se oggi costituisce una forza gigantesca. cioè se, per esempio, la borghesia vede mancarsi gradualmente il terreno sotto i piedi e arretra di giorno in giorno, per quanto numerosa e forte sia oggi, essa, in definitiva, sarà ugualmente sconfitta. Perché? Perché la borghesia come classe si decompone, si indebolisce, invecchia e diventa un peso superfluo nella vita.”(1)

 

1. Stalin, Anarchia o socialismo (1906), in Opere di Stalin, Ed. Rapporti Sociali, vol. I, p. 254.

 

Consideriamo la situazione in Italia, dove non c’è un partito comunista. La fine del Partito comunista italiano lascia per ora in piedi Rifondazione Comunista, organismo che raccoglie ancora una quantità considerevole di adesioni. È grande e molti decidono di aderirvi appunto perché è grande. Tra di essi vi sono quelli che sbagliano per ingenuità, che non comprendono come ciò che oggi è grande domani può non esserlo; vi sono anche gli opportunisti, coloro che traggono utile dall’insediarsi in un organismo già strutturato piuttosto che sobbarcarsi la fatica di mettere in piedi una struttura nuova.

I comunisti, coloro che si prendono la responsabilità di ricostruire il partito comunista, devono impadronirsi del metodo dialettico perché il metodo dialettico è la concezione del mondo dei comunisti, della classe operaia, del proletariato, delle masse popolari. Non c’è alternativa: se non siamo padroni del metodo dialettico allora il nostro modo di pensare è quello borghese. Se non siamo padroni del metodo dialettico la nostra fiducia nella possibilità di ricostruire il partito sarà minima, sarà una dichiarazione, un desiderio, ma mai una base sufficiente per lavorare.

Serve, nel nostro caso, comprendere come dal lavoro di organismi come i CARC possa ricostruirsi il partito. Stalin spiega che il piccolo può diventare grande. Con il metodo dialettico possiamo comprendere che l’inferiore può diventare superiore. Anzi la regola generale in natura e nella società è che l’inferiore genera il superiore: dalla materia inanimata è nata la vita, dalle forme di vita primitive sono nati gli animali superiori e da questi gli esseri umani, dalle civiltà primitive le civiltà superiori, dal capitalismo il comunismo. Perciò il partito lo costruiranno quelli che oggi non sono ancora  partito, lo si vedrà crescere al nostro fianco, saremo noi a farlo crescere, noi con i limiti che abbiamo, riconoscendo quei limiti e superandoli. Come potrebbe essere altrimenti? Speriamo che il partito, l’organismo che ci deve guidare, ci cada dall’alto, da chi ha denaro e tempo a volontà, da chi ha cultura? In alto, con tempo, denaro e cultura ci sta soltanto la borghesia imperialista, che impiega ogni mezzo per impedire che il partito venga ricostruito.

Il partito, dunque, in questo senso nascerà dal “basso”: sarà quindi superiore rispetto al movimento da cui nasce, il movimento di resistenza che le masse popolari oppongono al procedere della crisi economica, politica e culturale. Ma è meglio dire che le masse popolari, con il partito, diventano qualcosa di superiore. Diventano superiori rispetto a come erano e superiori rispetto alla borghesia imperialista che fino ad oggi le ha sfruttate e oppresse. Nel partito le masse popolari ragionano con la propria testa, comprendono di poter vincere e vincono. Il partito sta alle masse popolari come la coscienza sta alla materia: è il movimento di resistenza delle masse popolari che genera il partito, così come è la materia che genera la coscienza.

Molti pensano il contrario, che sia la coscienza a generare la materia, così come molti credono che sia dio ad aver creato l’uomo. Ormai quasi tutti sanno che gli uomini non vengono da dio, ma dalle scimmie. Perciò le vecchie favole ci vengono raccontate in veste nuova: la fantascienza ci spiega che saremmo rimasti scimmie se non fossero venuti gli extraterrestri a darci la scintilla del pensiero.

La realtà è un’altra: le scimmie elaborarono il pensiero come strumento di difesa efficace per la propria sopravvivenza, mutarono pelle e non sparirono dalla faccia della terra come è accaduto ai dinosauri, che pure erano più grandi delle scimmie e con centinaia di denti acuminati. Noi abbiamo più da imparare da quelle scimmie che da tutti i preti, i filosofi borghesi, gli scrittori di fantascienza di oggi.

Un artista che disegna una figura umana inizia dai piedi, non dalla testa, perché così vedremo una testa libera di muoversi su un corpo ben piantato a terra. Chi invece comincia dalla testa avrà il problema di appenderci un corpo come si appende un abito all’attaccapanni. Avrà così qualcosa di rigido e non vero.

Altrettanto rigido è il metodo di coloro che pensano di essere rivoluzionari o comunisti perché hanno acquisito “coscienza” dello sfruttamento e dell’oppressione o perché hanno acquisito la scienza esposta nelle opere dei dirigenti e teorici del movimento comunista internazionale. La loro rigidità consiste in questo, che pensano di “mettere in movimento le masse” o di ricostruire il partito diffondendo la verità di cui essi si sentono padroni. Iniziano il disegno dalla testa. Pensano che sia la coscienza a generare il movimento delle masse, mentre è l’esatto contrario: è il movimento che genera la coscienza (2). Per essi la verità cala dall’alto dove sta già formata e non è cosa che si apprende giorno dopo giorno, con la pratica, con il lavoro.

 

2. In generale è la pratica che genera la teoria. Le prime teorie che il movimento comunista ha avuto a disposizione, quelle elaborate da Engels e Marx alla metà dell’Ottocento, furono prodotto di un’esperienza pratica, quella delle lotte operaie che iniziarono già nella seconda metà del Settecento.

 

Costoro si chiamano soggettivisti, perché pensano che siano i soggetti, cioè loro stessi, a generare il movimento. Da un lato ci stanno loro, dall’altro le masse. Da loro parte l’insegnamento e le masse lo apprendono. Nulla cambia: in definitiva, nulla si trasforma. Non c’è quel rapporto di trasformazione che è il rapporto dialettico. Infatti chi insegna non si trasforma, perché si pone dal lato di chi ha già capito quello che c’è da capire. Dall’altro lato le masse apprendono d’essere sottoposte a sfruttamento e oppressione, cosa che già sanno per esperienza diretta.

Il rapporto dialettico è altro. Le masse si muovono, si trasformano e in esse nasce qualcosa di diverso da esse, prendono coscienza di se stesse nel processo di formazione del partito e il partito è lo strumento con cui la loro trasformazione avviene a un livello più elevato. Così, ad esempio, le masse muovendosi nell’ambito di quella formazione - educazione (limitata) che loro è possibile nel capitalismo (quindi generando il partito comunista della classe operaia e combattendo la  borghesia imperialista) fanno la rivoluzione e instaurano il socialismo. Ciò crea le condizioni per cui le masse si trasformano su grande scala e possono formare l’ “uomo nuovo”, cioè possono andare verso il comunismo.

Il movimento di resistenza delle masse popolari è generale e particolare, investe tutti nel loro insieme e ognuno nella sua singola condizione. È trasformazione. La crisi economica, politica e culturale che si sta sviluppando aggrava le condizioni in cui le masse popolari si trovano a vivere; le masse sono obbligate a cambiare, a trasformarsi, a reagire: questo è il loro movimento. Ogni oggetto si trasforma per ragioni interne: è un oggetto unico, ma allo stesso tempo diviso in elementi contraddittori che si combattono l’un l’altro. Nel caso delle masse popolari gli elementi sono tendenze: una, negativa, che rende possibile il mantenimento del potere da parte delle borghesia imperialista, l’altra, positiva, che apre la strada alla conquista del potere da parte della classe operaia.

Nella resistenza delle masse popolari all’inizio prevale la difesa: le masse cercano di difendersi a fronte del peggioramento delle loro condizioni di vita. È un movimento spontaneo, che è determinato da un fattore esterno qual è il procedere della crisi; è un movimento che quindi non ha coscienza di se stesso. Può anche tradursi in mobilitazione reazionaria se la tendenza negativa prevale. In questo senso è un movimento di livello inferiore, relativamente al movimento superiore, l’attacco al regime della borghesia imperialista. Quando nella resistenza delle masse popolari prevale l’attacco, il movimento delle masse popolari diventa organizzato, cosciente, orientato alla conquista del potere, mosso da obiettivi politici non solo superiori, ma supremi, perché sono gli obiettivi più avanzati della storia che l’umanità fino a oggi ha percorso.

Il passaggio dalla difesa all’attacco è una trasformazione dialettica. Questo significa che non abbiamo da un lato la difesa, dall’altro l’attacco e i due aspetti che si influenzano a vicenda, ma che l’uno sorge dall’altro, che l’uno non può stare senza l’altro, perché sono sì diversi, ma sono uniti. L’attacco sorge dalla difesa: l’economia capitalista non è più in grado di garantire le condizioni elementari di vita per le masse popolari ed esse reagiscono difendendosi, ma la difesa di livello più elevato è l’eliminazione dell’economia capitalista. Questo è già completamente attacco, ma tuttavia un attacco che sempre da quella difesa trae ragione di esistere. A sua volta la difesa non può stare senza attacco: può vincere in casi particolari, ma in generale e alla lunga perde, perché la causa prima del peggioramento delle proprie condizioni è l’economia capitalista. Un particolare posto di lavoro è a rischio per determinate e particolari cause e oggi si può vincere e mantenerlo, ma le cause della crisi generale riproporranno il rischio domani e, se non verranno tolte definitivamente, la vittoria diventerà per forza sconfitta. Perciò una difesa che non genera l’attacco, che non si trasforma in attacco, che non si combina con l’attacco è destinata alla sconfitta, è inefficace.

In tutto ciò sta la funzione dei Comitati d’Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo. Compagne e compagni che fanno parte dei CARC appoggiano le lotte di difesa delle masse popolari, imparano a fare in modo che nel movimento di resistenza si sviluppi la mobilitazione rivoluzionaria, così che la difesa diventi attacco e la lotta diventi lotta per il comunismo. Nell’appoggiare la resistenza compagne e compagni non vanno dalle masse a insegnare, ma a imparare e solo imparando diventano soggetti in grado di attuare la ricostruzione del partito, il salto di qualità nel passaggio da difesa ad attacco.

 

Angelo Crippa

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