Non c’è emancipazione della donna senza rivoluzione, non c’è rivoluzione senza emancipazione della donna”

Rapporti Sociali n. 21 - febbraio 1999 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Legare le donne delle masse popolari alla ricostruzione del partito comunista

 

I CARC (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) sono impegnati nella ricostruzione del Partito Comunista della classe operaia per la rivoluzione socialista. Il materialismo dialettico, concezione del mondo della classe operaia, ci insegna che la storia e i cambiamenti della società sono opera delle masse, la mobilitazione delle masse è dunque strategica. Il partito comunista è lo strumento attraverso il quale la mobilitazione delle masse può prendere la via rivoluzionaria. In Italia, oggi, non esiste il partito comunista, ricostruirlo è il compito principale di tutte le FSRS (Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista) e di tutti coloro che aspirano a costruire una società socialista, passaggio indispensabile al comunismo. I CARC adempiono a questo compito essendo tra le masse, applicando la linea generale del futuro partito comunista in questa fase, nei limiti qualitativi e quantitativi delle loro forze, unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse popolari oppongono e opporranno al progredire della crisi, comprendere e applicare le leggi secondo cui questa resistenza si sviluppa, appoggiarla, promuoverla, organizzarla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo, adottando come metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa per imparare, formare, costruire e organizzare. Lavorano alla costruzione delle 4 condizioni.(1)

1. Le quattro condizioni da creare per la ricostruzione del nuovo partito comunista italiano sono:

1. formare compagni capaci di ricostruire il partito in modo che sia all’altezza del compito che il procedere della seconda crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo pongono ad esso e che tenga pienamente conto dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria;

2. tracciare il programma del partito, il suo metodo di lavoro, l’analisi della fase e la linea generale del partito;

3. legare al lavoro di ricostruzione del partito gli operai avanzati, i giovani e le donne delle masse popolari;

4. porre basi finanziarie per il nuovo partito comunista.

 

La rivoluzione può essere solo opera delle masse quindi necessariamente delle donne. La mobilitazione delle donne è dunque strategica e indispensabile per la trasformazione della società. Solo essendo tra le masse femminili potremo trasformare la loro mobilitazione in mobilitazione per la trasformazione della società e per la rivoluzione socialista.

Non bisogna porsi semplicemente il compito di ottenere l’adesione o di conquistare le donne alla causa del socialismo propagandandola, ma capire come lavorare per permettere concretamente che le donne possano svolgere fino in fondo il loro ruolo storico di cui la rivoluzione non può fare a meno.

L’esito della rivoluzione dipende dal grado in cui vi parteciperanno le donne, questo sosteneva anche Lenin, dobbiamo lavorare a favorire le condizioni per cui le donne assolvano a questo compito storico. Impostata in questo modo la questione diventa: quale mobilitazione dobbiamo favorire, appoggiare e promuovere? La risposta a questo quesito è una e concreta: dobbiamo partire dalla concezione della classe operaia, il marxismo-leninismo-maoismo e dal bilancio storico del movimento comunista.

Seguendo come guida il marxismo-leninismo-maoismo troveremo una risposta alla nostra domanda.

Il maoismo ci insegna che ad ogni differenza esistente al mondo corrisponde una contraddizione, le contraddizioni e lo sviluppo di queste sono il motore della storia. Capire le leggi del loro movimento ed il rapporto in cui esse stanno tra loro permette di intervenire sulle condizioni del loro sviluppo. La differenza tra i sessi dà luogo ad una contraddizione che è nata con la storia dell’umanità. Secondo le fasi storiche quest’ultima ha assunto forme più o meno acute ed ha avuto un posto diverso nel rapporto con le altre contraddizioni. Ad esempio possiamo supporre che nel passaggio dalla  società matrilineare (società a discendenza materna) a quella patriarcale (società a discendenza paterna), la contraddizione tra i sessi abbia assunto una forma acuta generando nel suo svolgersi mutamenti profondi dell’assetto sociale. Nella nostra epoca, l’imperialismo, fase suprema del capitalismo, in quale posto sta questa contraddizione e come si svolge?

Noi pensiamo che nei paesi imperialisti la contraddizione principale della nostra epoca, manifestazione della contraddizione fondamentale di questa società, quella tra il carattere sociale della produzione e il carattere privato della proprietà, è quella tra la classe operaia e borghesia imperialista. Ogni altra contraddizione dipende per il suo sviluppo da questa. La contraddizione tra i sessi è secondaria. Questo non significa che vada trattata dopo in senso temporale ma semplicemente, secondo le leggi del materialismo dialettico, che va vista e va trattata alla luce della principale e che nel rapporto dialettico tra le contraddizioni dipende dalla principale. La differenza tra i sessi, preesistente al capitalismo, ha assunto nel capitalismo una forma tipica ed è questa che oggi dobbiamo trattare. Il capitalismo ha ereditato questa differenza dallo sviluppo storico precedente e l’ha usata sfruttandola per i suoi scopi. Il capitalismo nella nostra epoca, l’epoca dell’imperialismo, ha immesso in forma massiccia le donne nella produzione. In questo processo hanno avuto grande importanza le guerre mondiali durante le quali milioni di donne sono state incorporate nell’economia. Il capitalismo nella fase dell’imperialismo ha reso quindi l’emancipazione delle donne condizione indispensabile per il suo superamento. Il capitalismo ha in sé le condizioni per l’emancipazione della donna, l’emancipazione della donna implica la sua distruzione.

Noi oggi consideriamo quindi la questione della donna alla luce della contraddizione principale, quella di classe, siamo per la mobilitazione delle donne delle masse popolari e consideriamo uniti nella stessa sorte le donne e gli uomini del proletariato nella lotta per la loro emancipazione che potrà avvenire solo emancipando l’intera società. Questa impostazione ci preserva dal femminismo borghese, dalle divisioni che contrapponendo uomini e donne fanno il gioco della borghesia mettendo masse contro masse. Il femminismo borghese si è sviluppato a beneficio delle classi sfruttatrici e ha agito come elemento di divisione e freno della lotta delle masse popolari. La storia ha mostrato ampiamente che esiste identità di interessi tra il movimento femminile e la lotta delle masse popolari; il suo progredire o il suo regredire è legato ai progressi e ai regressi del popolo e della rivoluzione. Questo insegnamento storico è presente in tutte le rivoluzioni.

Nel dare una risposta al nostro quesito iniziale dobbiamo tenere presente inoltre la tesi fondamentale del marxismo sulla questione femminile. La donna e l’uomo sono il prodotto di relazioni sociali storicamente date in funzione dei cambiamenti della società nel suo processo di sviluppo. La donna è dunque un prodotto sociale e la sua trasformazione esige la trasformazione della società. Il marxismo tratta il problema femminile in relazione con la proprietà, la famiglia e lo stato perché nel processo storico la condizione della donna è legata a queste questioni. La tesi fondamentale è che la condizione della donna si basa sui rapporti di proprietà e l’oppressione nasce con la nascita della proprietà privata. Questa tesi è importantissima perché stabilisce che l’origine dell’oppressione femminile è la nascita e lo sviluppo storico del diritto di proprietà sui mezzi di produzione e che quindi oggi il superamento dell’oppressione è legato alla distruzione di tale diritto nella forma attuale della proprietà privata capitalistica. Anche questa impostazione ci preserva dal femminismo borghese che fa nascere l’oppressione della donna dalla divisione del lavoro in funzione della diversità dei sessi rendendo quindi l’oppressione della donna fatto immutabile derivante dalla natura umana e non dai rapporti sociali.

L’emancipazione della donna, secondo la concezione del mondo della classe operaia, è quindi possibile solo abolendo la proprietà privata capitalistica sui mezzi di produzione.

Anche qui il più elementare studio della storia, in particolare della storia delle rivoluzioni proletarie del nostro secolo, comprova questa tesi. L’insegnamento che viene dalla Rivoluzione d’Ottobre è che con l’instaurazione del potere del proletariato che ha messo in discussione la proprietà privata dei mezzi di produzione, nella Repubblica sovietica “non è restata pietra su pietra delle leggi che ponevano la donna in uno stato di soggezione” (Lenin, Discorso pronunciato alla  conferenza delle operaie senza partito, 23/9/1919).

In sintesi la risposta alla domanda “Quale mobilitazione dobbiamo favorire, appoggiare, promuovere?” è: “Dobbiamo favorire, appoggiare, promuovere la mobilitazione delle donne delle masse popolari per la rivoluzione socialista (abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione)”.

Qual è oggi la mobilitazione delle donne delle masse popolari?

L’internità alle masse popolari femminili, il metodo dell’inchiesta e della linea di massa può permettere di fare passi avanti nell’approfondimento della conoscenza della loro mobilitazione. La mobilitazione delle donne delle masse popolari è oggi una manifestazione dello sviluppo della contraddizione principale che genera lo scontro di classe attuale. Questa mobilitazione ha un suo carattere specifico dovuto alla particolarità della contraddizione tra i sessi, il capitalismo usa la contraddizione tra i sessi, come ha sempre fatto, per colpire più a fondo le masse popolari femminili e fomentare la divisione (masse contro masse). Noi dobbiamo saper cogliere la particolarità dell’attacco della borghesia e trasformarla in forza della mobilitazione contro di esso. Questo significa che noi dobbiamo appoggiare la lotta specifica per la difesa dei diritti e delle conquiste delle donne come scuola dentro la quale si realizza la consapevolezza che quei diritti e quelle conquiste vengono negati non perché la democrazia è malata ma perché è la struttura della società in cui viviamo che li nega. Solo dentro a questa lotta per l’affermazione dei diritti e delle conquiste che dentro al capitalismo non possono essere attuati pienamente è possibile che le masse popolari femminili concepiscano il socialismo. Dobbiamo imparare a combinare l’appoggio a questa lotta di massa con la lotta per la rivoluzione socialista, subordinando la lotta per la difesa dei diritti a quella per la rivoluzione socialista. Questa è la sostanza e la difficoltà del nostro lavoro.

Oggi all’interno di questa mobilitazione lavoriamo principalmente a costruire la condizioni per cui le donne possano svolgere il loro ruolo storico per la trasformazione della società, lavoriamo perché le donne siano in prima fila nella ricostruzione del partito comunista.

“Solo le donne possono liberare se stesse” diceva Lenin. Questo è possibile se le donne prendono in mano il loro destino. Se assumono la direzione ideologica e politica di questo processo, se si conquistano il posto che loro spetta nella ricostruzione dello strumento che trasformerà la mobilitazione delle masse in mobilitazione rivoluzionaria per l’instaurazione del socialismo: il partito comunista.

Noi che oggi lavoriamo alla ricostruzione del partito comunista dobbiamo essere nella resistenza delle masse popolari femminili per imparare, formare, costruire, fare in modo che molte donne appoggino e si leghino al processo di ricostruzione del partito comunista, che molte donne diventino dirigenti di questo processo. Sappiamo che questo cammino è irto di difficoltà. L’attivismo, la capacità e le aspirazioni delle donne delle masse popolari oggi sono grandi, storicamente il loro apporto alle trasformazioni sociali è stato potente, generoso ed eroico il loro contributo nella lotta di classe e nel movimento comunista; basti pensare, per citare un esempio a noi vicino, alla guerra partigiana. Sicuramente alla grande forza e al ruolo che le donne hanno avuto nelle trasformazioni sociali non è corrisposto storicamente nei partiti comunisti il posto necessario a valorizzarli. Questo fatto emerge dalla storica disparità di presenza tra i due sessi nei ruoli dirigenti. Il nostro lavoro consiste oggi nel far fronte a questo squilibrio. Facciamo nostra la posizione maoista secondo cui “quando per un compito di responsabilità ci troviamo di fronte a due persone, un uomo e una donna, che abbiano le stesse capacità per portarlo a termine, la politica del partito consiste nell’affidare di preferenza questo compito alla compagna donna”. È per noi una posizione di principio rivoluzionaria.

In questo lavoro siamo stimolate dall’esempio di grandi dirigenti comuniste del passato: Louise Michel nella Comune di Parigi, Clara Zetkin e Rosa Luxemburg in Germania, Kollontaj e la Krupskaja in URSS, Dolores Ibarruri in Spagna, Ana Pauker in Romania, Chiang-ching in Cina, Teresa Noce in Italia. Traiamo forza ed entusiasmo anche dal posto che molte donne stanno occupando, all’interno della rinascita del movimento comunista nel mondo, nei nuovi partiti comunisti.

 Con questo orientamento i CARC condurranno la campagna “Donne delle masse popolari: le lotte di difesa, la resistenza e la ricostruzione del partito comunista”. Questa campagna sarà la prima campagna nazionale dei CARC del 1999 e si svolgerà dal mese di gennaio a quello di marzo.

La responsabile nazionale dei CARC del settore mobilitazione delle donne delle masse popolari per la rivoluzione socialista.

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