TRIBUNA LIBERA - La classe operaia

Rapporti Sociali n. 26/27 - gennaio 2001 (versione Open Office / versione MSWord )

 

L’articolo che segue è un testo in massima parte pubblicato a puntate nei numeri di Resistenza 2, 3, 4 e 5 (dal febbraio al maggio 2000 incluso). La politica di classe, ciò di cui in quest’articolo si tratta, poggia sull’analisi di classe, argomento trattato nell’articolo precedente. L’analisi è l’inchiesta sulla situazione oggettiva, la politica è l’attività soggettiva che da quell’analisi consegue. Perciò si scrive, nell’ultima parte di quest’articolo: “Da quest’analisi della situazione discendono i principi che guidano oggi, qui ed ora, l’atteggiamento e l’attività dei comunisti verso le altre classi delle masse popolari e che essi propugnano come principi guida dell’atteggiamento e dell’attività della classe operaia verso le altre classi delle masse popolari.”

 

1. Perché la classe operaia tra tutte le classi delle masse popolari è l’unica che può assumere il ruolo di combattente d’avanguardia contro l’imperialismo?

2. Perché nonostante la differenza di interessi materiali le altre classi delle masse popolari seguono la direzione della classe operaia quando essa lotta con energia e con successo contro la borghesia imperialista?

Se la classe operaia proclama apertamente la sua aspirazione al potere e all’instaurazione di una società socialista, non indebolirà nell’immediato la comune lotta contro la borghesia imperialista, non renderà impossibile o più difficile un accordo con le altre classi delle masse popolari su obiettivi e scontri pratici, non le renderà più paurose ed esitanti nello scendere in lotta contro la borghesia imperialista, non le spingerà a schierarsi dalla parte della borghesia imperialista? Non è più prudente, più utile per la classe operaia nascondere o attenuare, sfumare i suoi obiettivi, non proclamarli troppo ad alta voce (come Togliatti & C riuscirono a imporre ai comunisti e ai partigiani durante la Resistenza)? Deve la classe operaia avere una sua organizzazione separata o deve avere solo organizzazioni comuni con tutte le altre classi delle masse popolari?

 

Nella lotta contro l’attuale ordinamento della società la classe operaia deve assumere una posizione non solo indipendente dalla borghesia imperialista, ma distinta anche dalle posizioni delle altre classi delle masse popolari e deve creare e mantenere una sua organizzazione indipendente. Infatti soltanto essa è fino in fondo un nemico coerente e irriducibile dell’imperialismo. Soltanto nella classe operaia la causa della lotta contro l’imperialismo può trovare un partigiano senza riserve e senza indecisioni, che non guarda al passato, che non può risolvere i suoi problemi chiudendosi nelle attuali frontiere, costruendo un regime autarchico, creando regolamenti corporativi, conservando istituzioni e ordinamenti arretrati, rendendo rigida e statica la società nell’illusione di difendere in questo modo i legittimi interessi delle masse, opponendosi allo sviluppo dei mestieri e delle tecniche, al progresso delle idee e delle istituzioni, alla collaborazione e alla fusione dei popoli e delle nazioni. La classe operaia non si limita a protestare contro lo stato presente delle cose, essa combatte per il comunismo. Anche ai suoi interessi diretti e immediati essa può dare una soluzione stabile solo sostituendo la sua dittatura a quella della borghesia imperialista. Solo la classe operaia può essere il combattente d’avanguardia contro l’attuale regime.

1. In primo luogo perché tutto il carattere oppressivo e sfruttatore di questo regime grava sugli operai più che su qualsiasi altra classe. Essi non trovano nella loro situazione di classe alcun correttivo all’oppressione e allo  sfruttamento: né in termini di benessere personale, né in termini di soddisfazione delle proprie capacità creative e di soddisfazioni professionali, né in termini di successo e prestigio sociale. Col procedere della crisi generale del capitalismo si riducono le speranze di promozione sociale individuale e scarse diventano perfino le speranze di promozione sociale per i propri figli.

2. In secondo luogo soltanto gli operai sono interessati a democratizzare fino in fondo il regime politico e sociale perché la democratizzazione del regime per gli operai significa un miglioramento della propria posizione politica, economica, sociale e culturale. Per essi la regola da ognuno secondo le proprie capacità e a ognuno secondo il suo lavoro significa un immediato miglioramento delle proprie condizioni in tutti i campi.

3. In terzo luogo la lotta per i loro interessi diretti e immediati e persino la lotta individuale per la sopravvivenza hanno fatto nascere tra gli operai spontaneamente la lotta contro il capitalismo e l’organizzazione rudimentale necessaria, cioè simultaneamente da mille parti, capillarmente, senza bisogno di un piano d’insieme e di una visione complessiva della situazione, di un centro organizzativo o spirituale. I capitalisti stessi hanno riunito gli operai in singoli stabilimenti, li hanno resi a decine e a centinaia di migliaia dipendenti dalla stessa azienda, hanno loro imposto di lavorare collettivamente gomito a gomito e in condizioni di dipendenza l’uno dall’altro, li hanno raggruppati per categorie e in classe. Anche quando lottano solo per i loro interessi diretti e immediati gli operai si scontrano con “le leggi oggettive dell’economia” (cioè del capitalismo, che per il capitalista è l’unica economia concepibile), cioè con il modo di produzione capitalista e l’ordinamento sociale che si regge su questo. A causa di tutto ciò nei 150 anni di movimento comunista gli operai hanno accumulato un’ineguagliata esperienza di organizzazione, di lotte rivoluzionarie e di lotte rivendicative.

 

Perché nonostante la differenza di interessi materiali le altre classi delle masse popolari seguono la direzione della classe operaia quando essa lotta con energia e con successo contro la borghesia imperialista?

 

I

La sopravvivenza del capitalismo sta colpendo gli interessi materiali di un numero vasto di classi. Il progredire della seconda crisi generale del capitalismo accentua la pressione della borghesia imperialista non solo sulla classe operaia, ma anche sulle altre classi delle masse popolari (dipendenti pubblici, allevatori, coltivatori, benzinai, negozianti, artigiani, camionisti, insegnanti e altri). La pressione è diventata più pesante dopo la svolta del ‘89-91 che ha tolto ai capitalisti una spina nel fianco e ai lavoratori dei paesi imperialisti e alle masse dei paesi semicoloniali l’appoggio del “campo socialista”. Si estende l’arco di classi e categorie che vedono compromesse dall’imperialismo le possibilità della loro riproduzione come classe o categoria. Spesso è compromessa la stessa sopravvivenza dei componenti attuali della classe e la ricollocazione sociale dei loro figli. Al malessere materiale di queste classi si aggiunge il disagio creato da un brusco e brutale sovvertimento di idee, di usi e abitudini che l’imperialismo per i suoi interessi impone a grandi masse di persone. Anche se non ci fosse un degrado materiale, è facile comprendere il disagio che crea quando con l’emigrazione costringe brutalmente milioni di persone a essere circondate da persone che non parlano la loro lingua e con cui quindi comunicano con difficoltà, oppure stravolge i valori volgarizzandoli e per esempio circonda di immagini di donne nude e belle milioni di persone che hanno da sempre protetto con cura il proprio corpo come un aspetto della propria intimità (della propria dignità e libertà personale, della propria privacy), le costringe a uno svantaggioso confronto col proprio fisico segnato dalla fatica, dalle gravidanze e dalla povertà. La borghesia imperialista impone in modo repressivo e oppressivo persino le misure che le masse strappano a proprio favore (es. il divieto del lavoro dei bambini). Ogni lettore può continuare l’elenco.

Tutto questo crea un grande potenziale di ribellione all’ordinamento esistente della società, alle sua autorità, ai suoi  valori, alle sue istituzioni. Tutto questo crea in milioni e milioni di individui atteggiamenti e stati d’animo che sono antisociali, perché sono diretti contro la società esistente: esempi arcinoti sono “la violenza delle periferie urbane”, l’abuso di alcool, droghe e le superstizioni. Tutto questo fa insorgere contro gli ordinamenti della società attuale milioni di persone, in particolare giovani, di varie classi sociali, a volte anche della stessa classe dominante. Questa carica spontaneamente è distruttiva, ma a volte anche costruttiva: le chiese, le organizzazioni ecologiste, le Organizzazioni Non Governative e Governative ne incanalano una parte nelle missioni, nelle opere pie, nel volontariato, nel servizio civile. Il movimento comunista può e deve attingere a questo serbatoio di energie umane, ma vi può attingere proficuamente solo se non cancella il ruolo particolare della classe operaia, se non fa confusioni, se non cancella volontaristicamente e soggettivisticamente (cioè se non ignora) le reali differenze degli interessi tra le classi della società attuale, se non devia verso programmi idealisti. Vi può attingere proficuamente solo se fa leva, in ogni classe e strato, sui suoi interessi reali. Vi può attingere proficuamente solo se tiene nettamente distinta l’organizzazione della classe operaia dalle organizzazioni di tutte le altre spinte eversive dell’ordinamento attuale. Vi può attingere solo nella misura in cui la classe operaia si pone realmente come combattente d’avanguardia contro l’ordinamento attuale della società.

I movimenti eversivi delle più diverse classi potranno confluire nel fiume della rivoluzione socialista tanto meglio e con risultati tanto migliori quanto più il partito comunista riconoscerà e porterà gli operai a riconoscere la diversità di interessi di classe, assieme alla comunanza di interessi. Quanto più la classe operaia sarà esitante, moderata, incerta, debole e arrendevole verso la borghesia imperialista, tanto più le altre classi delle masse popolari cercheranno la loro salvezza mettendosi al servizio dei gruppi eversivi della borghesia imperialista (mobilitazione reazionaria delle masse). Quanto più la classe operaia (il suo partito comunista) sarà forte, audace, energica e rivoluzionaria, tanto più sicuri saranno l’adesione e l’appoggio che le altre classi delle masse popolari daranno ad essa nella lotta contro la borghesia imperialista (mobilitazione rivoluzionaria). Questa è la lezione fornita da tutti gli avvenimenti della prima ondata della rivoluzione proletaria.

I gruppi e gli organismi politici o di massa, che esprimono la ribellione chi di questa chi di quella di queste classi, hanno un ruolo tanto più positivo quanto meno confondono e mascherano gli interessi della loro classe, quanto meno cercheranno di atteggiarsi a comunisti o di scimmiottare il marxismo (contribuendo senza volerlo alla causa borghese della sua deformazione), quanto più invece avvicinano, aggregano e mobilitano sulla base dei loro propri interessi gli elementi della loro classe che hanno un atteggiamento di opposizione all’attuale ordinamento sociale e al regime che lo impone. Essi così contribuiranno a destare la coscienza politica della piccola borghesia, dei piccoli commercianti, degli artigiani, la coscienza politica degli intellettuali, dei giovani, delle donne, degli omosessuali, dei lavoratori immigrati, dei membri di nazionalità, culture e religioni oppresse. Quanto più faranno questo, tanto maggiore sarà il loro contributo allo sforzo comune per rovesciare l’attuale ordinamento della società. Quanto più vigorosamente e senza riserve una classe o un organismo combatte per i suoi interessi contro l’ordinamento esistente, tanto più esso si troverà nella necessità di accostarsi e allearsi alla classe operaia se questa sarà la combattente d’avanguardia contro l’imperialismo. Le altre classi delle masse popolari non si uniscono alla classe operaia per amore del comunismo o perché noi riusciremo a imbrogliarle meglio della borghesia imperialista: si uniranno alla classe operaia perché sulla base dei loro reali interessi non hanno possibilità migliore. Perché esse vedranno (e solo se vedranno) che tra la classe operaia e la borghesia imperialista a loro conviene unirsi alla classe operaia.

L’importante è che quei gruppi politici e quegli organismi di massa non si trincerino dietro vuote declamazioni ideali, ma si accostino agli interessi reali delle masse, rompano il distacco diffuso tra le proclamazioni e i programmi da una parte e dall’altra gli interessi reali delle masse, smascherino le mistificazioni dei reali interessi su cui conta la borghesia imperialista. Sul terreno degli interessi reali la classe operaia può stabilire una solida alleanza e costruire un grande  fronte di tutte le classi e di tutte le organizzazioni antimperialiste. Sul terreno di vuote declamazioni ideali e di programmi campati in aria la borghesia imperialista può invece giovarsi della sua consumata esperienza di potere.

 

II

La politica della classe operaia verso il resto del proletariato e verso il resto delle masse popolari, cioè verso le altre classi delle masse popolari, deve a sua volta essere basata sui seguenti fatti, che ogni lettore può verificare se non ne è già convinto.

1. La classe operaia non è sfruttata o è sfruttata solo marginalmente dalle altre classi delle masse popolari e, dal punto di vista puramente economico, non ha rivendicazioni (o per lo meno non ha rivendicazioni importanti) nei confronti delle altre classi delle masse popolari.

2. La borghesia imperialista lede gli interessi economici e materiali dei membri delle altre classi delle masse popolari e dei loro familiari e il procedere della crisi generale del capitalismo rende inevitabile e aggrava la rapina della borghesia imperialista ai loro danni.

3. La difesa da parte delle altre classi delle masse popolari delle proprie condizioni contro la rapina della borghesia imperialista non lede in misura importante gli interessi economici della classe operaia e rafforza la sua lotta politica contro la borghesia imperialista.

4. La perpetuazione a tempo indeterminato delle caratteristiche della società che determinano o permettono l’esistenza delle altre classi delle masse popolari è incompatibile con la transizione della società dal capitalismo al comunismo. Non si tratta né solo né principalmente dell’aspetto strettamente materiale, delle differenze di reddito e di livello di vita. Per migliorare radicalmente le condizioni di vita della classe operaia e delle parti più povere della società basta eliminare la borghesia imperialista. Il motivo principale è legato all’influenza corruttrice che la sopravvivenza della divisione sociale del lavoro (in particolare della divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale) avrebbe sul nuovo Stato e sulla stessa classe operaia e all’ostacolo che essa frapporrebbe al passaggio dal capitalismo al comunismo.

5. La classe operaia con la società socialista offre a tutti i lavoratori, a tutti quelli che sono disposti a dare alla società un contributo adeguato alle proprie capacità, la possibilità di avere una vita dignitosa, di svolgere un ruolo attivo e dignitoso nella società. Offre ad essi di trasformare solo gradualmente, tramite la propria partecipazione attiva e consapevole, le caratteristiche ereditate dalla società capitalista che sono incompatibili con la transizione dal capitalismo al comunismo e che li riguardano direttamente, in modi e tempi concordati e senza ledere gli interessi materiali immediati, ma anzi sulla base del miglioramento delle loro condizioni materiali e spirituali. Economicamente la miseria della classe operaia e degli strati poveri della società è da ascrivere alla borghesia imperialista e non alle altre classi delle masse popolari. La classe operaia non ha bisogno di togliere nulla a queste sul piano economico. Essa ha bisogno di togliere il potere politico, economico e culturale alla borghesia imperialista e di eliminarla come classe e, partendo da questa base, di condurre avanti la trasformazione socialista della società, dal capitalismo al comunismo.

Alcune delle altre classi delle masse popolari sono abituate a una divisione del lavoro incompatibile con la società comunista (es. lavoro intellettuale e lavoro manuale) e a lavori che esistono solo perché esiste un ordinamento capitalista della società. Sono abituate ad una certa indipendenza individuale nell’attività economica (attività economica individuale); non sono abituate a trattare e risolvere collettivamente i problemi della loro vita; sono abituate a indirizzare l’intelligenza, la creatività, l’energia, l’ambizione degli individui all’arricchimento individuale; sono abituate a sfruttare le piaghe della società (i mali del prossimo) per arricchirsi anziché cercare di eliminarle; non sono abituate a impiegare l’intelligenza e l’energia degli individui nella soluzione collettiva dei problemi. La carriera e il successo individuale sono l’orizzonte entro cui sono chiuse le aspirazioni di alcune delle altre classi delle masse popolari, ecc. L’operaio più intelligente ed energico è quello che organizza e dirige la lotta politica ed economica dei suoi compagni  di lavoro; il piccolo borghese più intelligente ed energico è quello che si arricchisce di più, fino a cessare di essere un piccolo borghese e diventare un capitalista.

Nel secolo scorso Marx ha indicato più volte, riferendosi all’Inghilterra di allora, che non era da escludere la possibilità che la classe operaia “riscattasse” i mezzi di produzione dalla borghesia. Ebbene in un certo senso la classe operaia può attuare una forma di riscatto verso le altre classi delle masse popolari. Una volta preso il potere condurrà le varie classi e i vari strati delle masse popolari a liberarsi esse stesse da ciò che risulta incompatibile con la riorganizzazione socialista della società e con l’evoluzione socialista verso il comunismo. Lo farà gradualmente, con la convinzione, mobilitando le energie e gli aspetti migliori delle classi interessate stesse e facendo concessioni temporanee sul piano degli interessi materiali e delle abitudini di vita. Se gli adulti non saranno capaci di cambiare, non li faremo soffrire per questo costringendoveli: lasceremo che vivano come sono abituati. Cambieranno i loro figli o i figli dei loro figli. Quello che non riuscirà a fare una generazione, lo farà la successiva.

 

III

Da questa analisi della situazione (da questa teoria: vedano i lettori quanto è importante avere una teoria giusta, rivoluzionaria!) discendono i principi che guidano oggi, qui e ora, l’atteggiamento e l’attività dei comunisti verso le altre classi delle masse popolari e che essi propugnano come principi guida dell’atteggiamento e dell’attività della classe operaia verso le altre classi delle masse popolari.

I comunisti sostengono ogni classe o strato delle masse popolari che combatte contro la borghesia imperialista per difendere i suoi interessi. Essi sanno e dimostrano che gli interessi delle altre classi delle masse popolari sono lesi dalla borghesia imperialista e che è la borghesia imperialista (e non la classe operaia) che trae profitto dalla spoliazione e dalla proletarizzazione di esse. Essi non sostengono mai la rapina e l’oppressione messe in atto oggi dalla borghesia imperialista, in nome del fatto che quella particolare classe o categoria “comunque nella società comunista non potrà più esserci”. Un conto è mettersi un vestito migliore, un altro è essere denudati!

Essi svolgono tra gli operai a seconda dei casi propaganda o agitazione per mostrare che non la classe operaia ma la borghesia imperialista trae profitto da ogni passo della spoliazione delle altre classi delle masse popolari (eliminazione di “privilegi”, ecc.); denunciano il tentativo della borghesia imperialista di usare gli operai come massa di manovra contro le altre classi delle masse popolari (la “abolizione dei privilegi” sostenuta da D’Alema, Cofferati, D’Antoni e compagnia) e il tentativo più a lungo termine di isolare la classe operaia per reprimere e sconfiggere la sua lotta per il potere mobilitando contro di essa le altre classi delle masse popolari (mobilitazione reazionaria).

Essi promuovono, appoggiano e organizzano il sostegno degli operai alle altre classi delle masse popolari ogni volta che queste lottano contro la borghesia imperialista e difendono le loro conquiste e le loro posizioni dalla rapina della borghesia imperialista.

Nei casi in cui vi è un reale contrasto diretto tra gli interessi di un gruppo di operai e gli interessi di un’altra classe delle masse popolari, i comunisti dimostrano che è l’ordinamento sociale della borghesia imperialista che rende antagonisti gli interessi delle due classi (nel socialismo infatti vi è posto per tutti i lavoratori), indirizzano entrambe le classi a spostare il loro bersaglio sulla borghesia imperialista e individuano le parole d’ordine e gli obiettivi atti a rafforzare le posizioni della classe operaia nella sua lotta per il potere.

Tra le altre classi delle masse popolari i comunisti esprimono apertamente le loro vedute e i propri obiettivi comunisti e il sostegno alle loro lotte immediate contro la borghesia imperialista. Essi promuovono l’alleanza in tutti i movimenti pratici in cui la classe operaia e le altre classi delle masse popolari possono colpire insieme la borghesia imperialista (tasse, monopoli, politica economica, ecc.); smascherano le iniziative truffaldine della borghesia imperialista che cerca costantemente con concessioni, con promesse e con calunnie di irretire le altre classi delle masse popolari e trascinarle  al proprio seguito; fanno conoscere con la propaganda e l’agitazione la linea che la classe operaia seguirà con loro (proposta della classe operaia a loro) quando avrà conquistato il potere.

La borghesia imperialista non è in grado di proporre alle altre classi delle masse popolari che di partecipare alla spoliazione, alla rapina e alla guerra (mobilitazione reazionaria delle masse). Quindi questa aperta politica che i comunisti illustrano (con la propaganda o con l’agitazione a secondo dei casi) e attuano a nome della classe operaia (e che chiamano la classe operaia a praticare), ha ampie possibilità di successo. Queste possibilità saranno tanto maggiori e si trasformeranno da possibilità di successo in successo se la classe operaia riuscirà ad essere forte, ad avere un forte partito comunista e forti organizzazioni di massa e sarà capace di imporsi alla borghesia imperialista con le sue proprie risorse.

“Se la classe operaia proclama apertamente la sua aspirazione al potere e all’instaurazione di una società socialista, non indebolirà nell’immediato la comune lotta contro la borghesia imperialista, non renderà impossibile o più difficile un accordo con le altre classi delle masse popolari su obiettivi e in scontri pratici, non le renderà più paurose ed esitanti nello scendere in lotta contro la borghesia imperialista, non le spingerà a schierarsi dalla parte della borghesia imperialista? Non è più prudente, più utile per la classe operaia nascondere o attenuare, sfumare i suoi obiettivi, non proclamarli troppo ad alta voce (come Togliatti & C riuscirono a imporre ai comunisti e ai partigiani durante la Resistenza)?”.

No, la determinazione e la forza della classe operaia rafforzerà tutti coloro che hanno reali contrasti di interessi con la borghesia imperialista. La classe operaia riuscirà ad unirsi solo se porrà apertamente i propri obiettivi comunisti e riuscirà a stabilire con le altre classi delle masse popolari una solida alleanza e a costruire un ampio fronte nella lotta contro la borghesia imperialista solo se altrettanto apertamente riconoscerà i loro interessi per quelli che sono, se fornirà alle altri classi una guida forte, sicura e senza tentennamenti.

Solo la lotta risoluta e intransigente della classe operaia per il comunismo può unire la classe operaia e tutte le altre classi delle masse popolari in un ampio e vittorioso fronte antimperialista, perché il comunismo e solo il comunismo è lo sbocco inevitabile dell’attuale marasma sociale.

 

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