La critica e la denigrazione

Rapporti Sociali n. 28 - luglio 2001 (versione Open Office / versione MSWord)

 

A proposito di Resistencia n. 54 e dell’attacco contro i CARC e l’ASP

 

Il Partito comunista spagnolo (ricostituito) - PCE(r) - è un organismo poco conosciuto in Italia tra le masse popolari. È abbastanza conosciuto invece tra le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS). Non possiamo qui tracciarne la storia. Basti sapere che il PCE(r) è un partito che opera nella clandestinità e che si è dotato di un “embrione di esercito popolare”, costituito dai GRAPO, un’organizzazione combattente conforme alla linea del PCE(r). Il PCE(r) e i GRAPO hanno partecipato alla lotta del popolo spagnolo contro il dittatore fascista Franco; dopo la morte di Franco nel 1975, si sono opposti con fermezza alla Riforma, cioè al tentativo dell’oligarchia spagnola di conservare il potere dei grandi finanzieri, dei banchieri, dei monopolisti e degli agrari mascherandolo con vesti democratiche, animando e guidando la lotta delle masse popolari spagnole contro il governo dell’ex-fascista Suarez e del suo partito, l’Unione del Centro Democratico (UCD); hanno indicato chiaramente alle masse che il governo “socialista” di Felipe Gonzales (succeduto nel 1982 a quello dell’UCD) aveva ricevuto dai padroni il compito di conservare il loro potere mascherandolo con vesti e parole socialiste e si sono posti all’avanguardia nella lotta degli operai e delle masse popolari spagnole contro le misure economiche e politiche del governo “socialista”; infine i prigionieri del PCE(r) e dei GRAPO hanno costituito e costituiscono un esempio di resistenza e di eroismo in Spagna e a livello internazionale. Per tutto questo si sono meritati attenzione e rispetto a livello internazionale.

I CARC, la Casa Editrice Rapporti Sociali, l’Associazione Solidarietà Proletaria (ASP) hanno contribuito molto a far sì che l’attività e la linea del PCE(r) venisse conosciuta in Italia. Chi volesse saperne di più può richiedere materiale alla nostra casa editrice. Al di là del fatto che oggi il PCE(r) ci sceglie come bersaglio di invettive feroci, restiamo noi il principale punto di riferimento per chi intenda avere il suo materiale tradotto in italiano, proprio per l’intenso lavoro che abbiamo fatto in questi anni, volto a far conoscere questa importante organizzazione del movimento comunista internazionale e a promuovere la solidarietà con essa, con i suoi membri prigionieri e con la classe operaia, il proletariato e le masse popolari delle varie nazionalità oppresse dallo Stato spagnolo.

Sul n. 54 (aprile 2001) di Resistencia, rivista del PCE(r), veniamo attaccati e denigrati pesantemente. Anche se non ci sembra un bell’esempio di solidarietà internazionalista denigrare in questo modo un’organizzazione che da due anni è sottoposta a un attacco da parte delle forze della repressione del proprio paese proprio perché lavora all’obiettivo della ricostruzione del partito comunista, esaminiamo alcuni aspetti di tale attacco, ripromettendoci di tornare in seguito sulle sue cause.

Innanzitutto diciamo che non si tratta di critiche nei confronti della nostra attività e della nostra linea, o di alcuni loro aspetti, ma si tratta di denigrazione. Le critiche sono un’ottima cosa e sono le benvenute. Ci vengono fatte da compagni che non condividono il nostro percorso e ne praticano un altro. Servono alla crescita reciproca e si alimentano del rispetto reciproco. Gli attacchi e la denigrazione invece mirano ad abbattere un’organizzazione. Non ci meravigliamo quindi che le forze della repressione ci attacchino, ma restiamo sorpresi (e preoccupati) quando l’attacco arriva dal campo di chi dichiara di lottare per la rivoluzione e per il socialismo. La critica fa parte della tradizione del movimento comunista, è un aspetto della lotta teorica tra comunisti, può assumere diverse forme e toni, ma in definitiva per essere costruttiva e positiva, quindi efficace deve individuare le ragioni dell’eventuale errore di chi viene criticato, il problema che quest’ultimo ha tentato, senza successo, di risolvere e darne la soluzione giusta; la denigrazione non solo è del tutto estranea alla tradizione del movimento comunista, ma anzi è un’arma di cui si è avvalsa e si avvale la borghesia nella sua lotta contro di esso.

 Veniamo definiti “trotzkisti”, “sabotatori”, “canaglie”, “banditi” e “intriganti”!!! Mentre per il resto si tratta di insulti buttati lì con tanto livore ma senza spiegazione, si può (con molta buona volontà e pazienza da parte nostra) dedurre che, secondo l’articolista di Resistencia, saremmo "trotzkisti e sabotatori" perché abbiamo partecipato alla campagna elettorale, partecipazione che viene in poche righe liquidata come sforzo per arrivare alla formazione di un gruppo parlamentare che appoggi la ricostruzione del partito comunista per mezzo dei soldi dello stipendio, quindi per trovare un posticino nel sistema e per vivere con i soldi dello Stato.

È palesemente falso che abbiamo partecipato alla campagna elettorale con questi fini, e questo è evidente non solo per chi ha in qualche modo collaborato alla campagna per la partecipazione alle elezioni politiche costruendo il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito comunista, ma anche per chi solamente ne ha seguito lancio, sviluppo e bilancio attraverso la nostra stampa. È inutile quindi stare a spiegarlo o ribadirlo. In questo numero di Rapporti Sociali pubblichiamo il bilancio di questo lavoro che ha impegnato per molti mesi i CARC, i collaboratori, alcune FSRS e alcuni lavoratori avanzati che hanno iniziato a dare il loro contributo alla causa della ricostruzione del partito comunista proprio grazie al lavoro della campagna.

Detto questo, però, vogliamo ricordare ai nostri denigratori, ma soprattutto ai nostri lettori che:

- all’interno del movimento comunista non si è mai negata per principio la partecipazione alle elezioni borghesi. Questo lo fanno solo gli anarchici. Anzi i comunisti hanno utilizzato ogni tipo di mobilitazione delle masse, anche quelle promosse dalla borghesia, e impiegato ogni forma di lotta per avvicinare l’obiettivo della rivoluzione. Lenin, che non può certo essere tacciato come "trotzkista e sabotatore", indicava che "il marxismo si distingue da tutte le forme primitive di socialismo perché non lega il movimento a una qualsiasi forma di lotta determinata". E ancora: sbagliamo, o il PCE(r) nel 1999, in occasione delle elezioni europee, diede l’indicazione di votare per Herri Batasuna e la sua coalizione elettorale Euskal Herritarrok? Quindi il problema non ci sembra essere la partecipazione o meno alle elezioni borghesi e l’uso, in determinati contesti e fasi politiche, della lotta parlamentare come una delle forme di lotta dei comunisti!

- È buona pratica all’interno del movimento comunista essere molto cauti, prudenti e modesti quando si tratta di entrare nel merito della tattica che un partito o un’organizzazione segue nel proprio paese. Mao Tse-tung, che qualche merito indubbiamente l’aveva, nel 1962 prendendo posizione contro la tesi della “via pacifica e democratica al socialismo” enunciata da Togliatti, diceva: “Sebbene a nostro parere l’attuale linea del Partito comunista italiano sia sbagliata, noi non abbiamo mai cercato di interferire perché, naturalmente, si tratta di una cosa sulla quale soltanto i compagni italiani devono decidere. Ma ora, poiché il compagno Togliatti proclama che questa teoria delle ‘riforme di struttura’ è una ‘linea comune all’interno del movimento comunista internazionale’ (...) e poiché tale questione coinvolge non solo la fondamentale teoria marxista-leninista della rivoluzione proletaria e della dittatura proletaria, ma anche il problema fondamentale dell’emancipazione del proletariato e del popolo di tutti i paesi capitalisti, come membri del movimento comunista internazionale e come marxisti-leninisti non possiamo non esprimere le nostre opinioni al riguardo”. È alla luce di questi insegnamenti che abbiamo considerato le trattative che il PCE(r) ha intavolato con il governo Gonzalez e poi con il governo Aznar. In Italia alcune FSRS conclusero che il PCE(r) aveva preso la strada della svendita e della liquidazione e smisero di sostenere e solidarizzare con i prigionieri del PCE(r) e dei GRAPO per questo, in nome del principio che “non si tratta mai con il nemico”. Ebbene a queste noi obiettammo sostanzialmente che la lotta di classe, proprio perché è una lotta, contiene attacco e difesa, offensive e ritirate, campagne e pause e che non potevamo arrogarci il diritto di andare a dire come stavano le cose in Spagna e cosa il PCE(r) doveva o non doveva fare in Spagna, perché l’applicazione di principi e la traduzione delle teorie generali in linee politiche specifiche per ogni singolo paese sono di competenza di chi conduce la lotta nel paese.(1)

 

 1. E questo pur avendo delle perplessità e delle divergenze non tanto sulla trattativa in sé, come strumento, ma sulla concezione che sembrava sottendere circa la natura del regime politico dei paesi imperialisti come l’Italia, la Germania, la Francia, gli USA, che il PCE(r) indicava come paesi democratici in contrapposizione alla Spagna che indicava come paese ancora fascista e circa le caratteristiche dei partiti comunisti di questi paesi. Questa questione l’avevamo posta pubblicamente, in tempi non sospetti, nella presentazione dell’antologia di scritti del PCE(r) Que camino debemos tomar? del 1987 e di La guerra di Spagna, il PCE e l’Internazionale Comunista del 1997, che, assieme a La guerra rivoluzionaria del 1990, ai numerosi articoli pubblicati su il Bollettino e sul Foglio d’Agenzia dell’ASP e alla diffusione di Resistencia e Antorcha nelle nostre sedi fanno parte del grande lavoro compiuto dai CARC e dall’ASP per far conoscere fuori dalla Spagna la linea e l’attività del PCE(r).

 

Un altro aspetto che vogliamo sottolineare e che percorre tutto l’articolo in questione, è la confusione tra CARC e ASP da una parte e Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo) partito comunista italiano (CP) dall’altra, fino ad arrivare ad affermare cose palesemente false, tipo che i CARC hanno costituito la CP e che la CP avrebbe pubblicato il Progetto di Programma. È risaputo infatti che il Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano, pubblicato nel 1998, è stato elaborato dalla Segreteria Nazionale dei CARC e che la CP si è costituita per conto proprio (pur comprendendo al suo interno il nostro ex segretario nazionale, il compagno Giuseppe Maj), visto che si tratta di un organismo con ruoli e ambiti di azione diversi, profondamente diversi da quelli dei CARC. Anche qui non possiamo fare a meno di notare che la confusione è un’arma usata dalla borghesia in generale contro il movimento comunista e nello specifico contro la ricostruzione del partito comunista nel nostro paese. L’operazione repressiva del 19 Ottobre e la campagna della stampa di regime contro i CARC poggia le sue inesistenti fondamenta sulla confusione strumentale tra CARC e CP, tra CP e BR-PCC, tra CARC e BR-PCC e così via. Ribadiamo, come già fatto in passato, che chi ha a cuore la causa del comunismo deve lottare con forza contro la confusione, perché “finché lasceremo regnare la confusione, ci lasciamo menare per il naso dalla borghesia, ci agitiamo menando colpi a destra e sinistra, ma senza un obiettivo a lunga scadenza, senza un piano, senza un partito (...) Solidarietà è combattere la confusione che invece la borghesia alimenta”.

Detto questo, osserviamo che l’articolista di Resistencia si scaglia con rabbia, con invettive e insulti feroci anche contro la CP, incolpandola di aver appoggiato e sostenuto “i frazionisti”, cioè quei membri del PCE(r) che hanno espresso posizioni di dissenso rispetto alla linea della direzione, che hanno dato vita alla Frazione Ottobre del PCE(r) e hanno spiegato la loro posizione nella rivista La Gaceta e che per questo sono stati espulsi dal partito. È chiaro che non sta a noi rispondere di questo, però non possiamo non dire, a onor del vero, che ci risulta che i compagni della CP, come si può leggere sul n. 6 della sua rivista, La Voce, abbiano sostenuto solamente che “la formazione della Frazione Ottobre del PCE(r) e l’uscita della rivista La Gaceta pongono con maggiore urgenza un problema antico che non riguarda solo i compagni del PCE(r) ma tutti i comunisti dei paesi imperialisti: l’accumulazione delle forze rivoluzionarie” e che non stava a loro né “valutare le forme concrete dello svolgimento della lotta tra le due linee in un altro partito”, né entrare nel merito “al regime interno di un altro partito, né alle forme in cui si sviluppa la lotta tra le linee, né alle linee particolari”.

Ma si va oltre: l’articolista infatti va nei particolari, nei dettagli, descrivendo a modo proprio alcuni passaggi delle relazioni organizzative tra PCE(r) e CP. Non è una questione su cui possiamo né ci compete entrare nel merito, ma non possiamo non domandarci e domandare a questi compagni: “Fate parte di un’organizzazione clandestina e perciò com’è possibile che mettiate in piazza cose del genere, al di là che siano vere o false? Non viola questo le norme più elementari del metodo che vi siete dato? L’avessero fatto altri, come avreste definito un comportamento del genere?”.

 

Nell’articolo si dice anche che i CARC e l’ASP avrebbero sviluppato le relazioni con il PCE(r), che avrebbero invitato in Italia i compagni spagnoli, che avrebbero pubblicato i loro libri, denunciato la repressione nei loro confronti, raccolta e indirizzata a loro la solidarietà, diffuso la loro stampa soltanto per guadagnarsi credenziali d’ingresso nel movimento rivoluzionario. Si sbaglia: sia i CARC che l’ASP sono sempre stati parte integrante, e importante, del  movimento rivoluzionario, per cui non avevamo bisogno di entrare da nessuna parte. Ma questo ogni nostro lettore può constatarlo da sé.

 

Infine, l’articolista di Resistencia conclude che nessuno deve avere più a che fare con noi, perché chi pretende di stare con gli uni e con gli altri è “d’accordo con i loro (dei CARC, ndr) maneggi e merita tutto il nostro disprezzo”. Possiamo solo dire che il PCE(r) deve avere problemi seri, se si manifesta in questo modo. Ci auguriamo che sappia affrontarli e risolverli positivamente, in modo fecondo per tutti i comunisti in Europa e nel mondo, svolgendo il ruolo che il suo glorioso passato e la sua ricca esperienza di lotta gli consentono di svolgere nel movimento comunista internazionale.

 

Al di là dei destini del PCE(r), tuttavia, e al di là dello stupore e dell’indignazione che ci colgono, come sentimenti immediati, a sentire le diffamazioni che si vanno spargendo in Europa nei confronti del processo di ricostruzione del partito comunista italiano, ci sono elementi positivi che i CARC possono individuare meglio di altri, grazie al fatto che in contingenze del genere si sono trovati. Parliamo del fatto che abbiamo già condotto due Lotte Ideologiche Attive al nostro interno, e ciò ci consente oggi non solo di far fronte alla repressione con saldezza, ma pure di affrontare un compito più difficile, quello di affrontare i contrasti interni al movimento rivoluzionario.

Le Lotte Ideologiche che abbiamo affrontato sono infatti iniziate in questo modo, con attacchi spropositati nei nostri confronti, e presentando tutta una serie di caratteristiche che ritroviamo nell’attacco del PCE(r). Quindi quest’attacco non è qualcosa di misterioso, qualcosa da attribuirsi a sentimenti strani ed inspiegabili di qualcuno, qualcosa da spiegarsi con l’analisi psicologica. Se così fosse dovremmo dire: “Non si riesce a fare un passo avanti senza dividersi, senza che tra gli stessi rivoluzionari ci si riduca a meschinità, ad attacchi personali, a ‘questioni di potere’”, eccetera. La realtà è all’opposto: abbiamo imparato dalle Lotte Ideologiche che i passi avanti sono segnati da divisioni, e che anzi le divisioni non compaiono a caso ma sono proprio esse segno che si stanno facendo passi avanti. Tali passi sono ostacolati non solo dalla repressione della borghesia, ma anche dall’interno del movimento rivoluzionario, da coloro che per un motivo o per l’altro, in buona o in mala fede, sia non hanno intenzione di compiere tali passi sia intendono impedire che altri lo facciano. La lotta scatenata da questi elementi, al di là del danno immediato che produce, della negatività che manifesta, e al di là della volontà di chi l’ha scatenata, indica che il processo di ricostruzione del partito avanza. Tale avanzamento ha riflessi continentali, interessa l’Europa e si estende al movimento comunista internazionale.

Per quanto possa sembrare strano, quindi, gli insulti e gli attacchi sconsiderati anche quando vengono da coloro che fino a ieri sembravano i compagni più vicini, da coloro per i quali abbiamo speso senza risparmio le nostre risorse, servono ai comunisti per guadagnare serenità e forza.

Con tale serenità e con tale forza possiamo affrontare questo passaggio: i termini del confronto allo stato attuale sono ancora imprecisi, ma indicano che andiamo ad affrontare questioni lasciate a incancrenirsi da decenni. La soluzione dei problemi lasciati in sospeso consentirà di respirare un’altra aria tra le forze soggettive della rivoluzione socialista. Il passaggio da affrontare è necessario, i problemi da risolvere sono fondamentali. Tutto questo ci fa pensare che il processo di ricostruzione del partito comunista italiano sta facendo passi definitivi.

 

Rapporti Sociali 1985-2008 - Indice di tutti gli articoli