La politica da Fronte e le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista

Rapporti Sociali 31-32 - dicembre 2002  (versione Open Office / versione MSWord)

 

La campagna “Primavera Rossa” ci ha permesso di svolgere un’azione politica da Fronte rispetto alle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS). Fare politica da Fronte significa:

1. fare aderire al Fronte tutte le FSRS che reputano importante lavorare alla ricostruzione del partito comunista,

2. far partecipare alla politica da Fronte anche coloro che non vogliono aderire, trovando comune terreno d’azione nei contenuti, cioè nella ricostruzione del partito, nel portare sostegno al movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi, nella lotta antimperialista e antifascista, nella lotta contro la repressione.

Gli organismi promotori del FP-rpc hanno con insistenza invitato tutte le FSRS, le organizzazioni di massa e singoli compagni alla discussione franca e aperta sulla proposta del FP-rpc, sui temi proposti nell’Appello - Piattaforma e sul processo di ricostruzione del partito comunista. Abbiamo diffuso centinaia di copie dell’Appello - Piattaforma, fatto decine di incontri con FSRS e organismi di massa, partecipato ad assemblee e convegni promosse da altre FSRS. In questo dibattito abbiamo coinvolto direttamente o indirettamente una trentina di FSRS del nostro paese. In Rapporti Sociali abbiamo ospitato diversi articoli e dedicato uno spazio importante al dibattito sul Fronte.(1)

Fare politica da Fronte entro le FSRS significa appunto sviluppare il dibattito e partecipare a iniziative di massa comuni aventi come scopo principale la conoscenza reciproca, il confronto, la verifica delle linee e dei metodi in vista del comune obiettivo, cioè la ricostruzione del partito. Significa lavoro comune. Significa applicare la linea di massa e lo stile di partito e non lo stile movimentista e da intergruppi.(2) Infatti nel lavoro da intergruppi convivono, con pari dignità, posizioni diverse e contrastanti. Regna l’eclettismo e l’unità si ottiene per accordi tra i vertici o mediando sul livello più basso e più arretrato. In pratica è l’arretrato che dirige, mentre ognuno cerca di fare valere la propria posizione. Nell’intergruppo non esiste un franco e aperto dibattito sulle diverse linee e sulle posizioni delle FSRS riguardanti le questioni all’ordine del giorno della lotta di classe (sul governo Berlusconi, sulla Palestina, sulla repressione, sulla lotta sindacale, ecc.). Solo da un confronto aperto emerge la posizione che consente di ereditare in modo creativo il patrimonio storico e teorico degli oltre 150 anni del movimento comunista, la posizione più giusta, più scientifica e adeguata a far progredire il nostro lavoro.(3)

 

1. Vedi in questo numero pag. 8, nota 1.

 

2. Vedi in questo numero pag. 8, nota 6.

 

3. “Tra le FSRS non c’è solo il negativo, ma bisogna dibattere perché le discriminanti tra il positivo e il negativo vengano espresse sempre più chiaramente. Dobbiamo partire sempre dal punto più alto. Non si parte mai da zero: abbiamo a disposizione bilanci approfonditi, svolti anche a prezzo di sacrifici e scontri ideologici. Abbiamo l’esperienza del vecchio PCI, che si è espressa al punto più alto con la Resistenza. Abbiamo avuto anche l’esperienza degli anni ’70, quando è entrata in crisi la cosiddetta società del benessere, esperienza che ha avuto il limite di non saper fare il salto a partito. Il dibattito su questi punti, tra le FSRS, si svolge in modo sbagliato (cioè tra “addetti ai lavori”) o non si svolge affatto. Facciamo un bilancio pubblico e aperto. Soltanto attraverso questo svilupperemo (anche noi) quegli anticorpi che ci serviranno contro le deviazioni che si producono nel lavoro di ricostruzione del partito comunista” (Relazione all’Assemblea Nazionale del FP - rpc del Comitato di Resistenza Popolare di Roma, aderente al FP- rpc).

 

Fare una politica da Fronte significa quindi: favorire la sinistra esistente in ogni FSRS e in ogni organismo di massa, aiutandola a lavorare con maggiore energia e chiarezza ai compiti relativi alla creazione delle condizioni della ricostruzione del partito comunista, ad “unire a sé il centro e isolare la destra”. Questo, nella fase attuale, vuol dire concretamente lottare perché ogni FSRS esca dall’indeterminatezza di organismo che fa per fare, che fa qualcosa per i  lavoratori, che chiama i lavoratori a lottare, che lotta per rispondere agli attacchi della borghesia, che in definitiva si pone come obiettivo la riproduzione di se stessa e la testimonianza della propria esistenza. Vuol dire lottare perché ogni FSRS si ponga come compito principale quello di contribuire alla ricostruzione del partito comunista.

Fare una politica da Fronte vuol dire sviluppare la lotta in corso contro l’influenza del revisionismo, del riformismo e della cultura borghese di sinistra nelle FSRS, nei lavoratori avanzati e nelle masse popolari, influenza che produce il movimentismo, il dogmatismo e il settarismo.

È lotta contro il movimentismo. Combatte, cioè, la deviazione secondo cui il movimento è tutto e il fine è nulla e secondo cui non serve il partito ma basta il movimento, la deviazione che nega l’importanza dell’organizzazione e della teoria. È lotta contro il dogmatismo, che ripropone teorie e pratiche senza tenere conto del bilancio dell’esperienza del movimento comunista e dell’analisi materialistica e dialettica della realtà. Combatte il settarismo, contro la deviazione per cui la lotta per il socialismo appartiene a una piccola setta di “puri” staccati dalle masse e dal contesto della lotta di classe.

La politica da Fronte favorisce la trasformazione di tutte le attuali FSRS, noi compresi. Costringe le FSRS a confrontarsi con il lavoro teorico e pratico fin qui svolto per la costruzione del nuovo partito comunista ( le 4 condizioni su cui lavoriamo per dare fondamento alla ricostruzione del partito,(4) il Progetto di Manifesto Programma del nuovo Partito comunista italiano, ecc.). Le aiuta a comprendere che senza una base ideologica e politica comune e giusta, ogni tentativo di unirsi in partito è condannato all’insuccesso. Le aiuta a comprendere che in assenza del partito possono unirsi solo entro un ambito in cui si riconoscono reciprocamente come organizzazioni operanti verso un comune obiettivo, cioè la ricostruzione del partito stesso. Entro questo ambito ognuna può svolgere di comune accordo un lavoro aperto per la definizione del programma del futuro partito e per la creazione delle altre condizioni necessarie per la sua costituzione. Il Fronte è un coordinamento, unito verso un obiettivo.

 

4. I CARC hanno individuato 4 condizioni necessarie:

1. formare compagni in grado di costruire un partito che sia all’altezza del compito che il procedere della seconda crisi generale del capitalismo e la conseguente situazione rivoluzionaria in sviluppo pongono a esso e che tenga pienamente conto dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria,

2. sviluppare il lavoro sul programma del partito, sul suo metodo di lavoro, sull’analisi della fase e sulla linea generale del partito,

3. legare al lavoro di ricostruzione del partito i lavoratori avanzati, in particolare gli operai avanzati, e gli elementi avanzati delle masse popolari,

4. creare il fondo per il partito.

 

Fare politica da Fronte significa raccogliere sotto la bandiera della ricostruzione del partito comunista la parte più avanzata che emerge dalla lotta contro il governo Berlusconi e impedire che ancora una volta, come fu nel 1994, siano i partiti della sinistra borghese e riformista a raccogliere tutti i frutti di questa lotta.

La politica da Fronte permette ad ogni singolo organismo (o compagno) di superare la sfiducia nel futuro e nella nostra causa e di uscire dall’impotenza e dalla sfiducia paralizzanti per dare il suo contributo, qualunque sia, alla causa dell’abbattimento della borghesia e dell’instaurazione di un ordinamento sociale superiore, alla causa del comunismo. Permette ad ogni FSRS, attraverso il confronto teorico e pratico, di superare le difficoltà derivanti da una concezione non ancora pienamente comunista (non ancora, cioè, ispirata al materialismo dialettico e all’esperienza del movimento comunista), di combattere lo stato di demoralizzazione e sfiducia da cui sono affette, di contrastare più efficacemente le intimidazioni della borghesia.

I CARC, che sono la FSRS più forte e organizzata oggi presente nel FP-rpc, non hanno utilizzato e non hanno nessuna intenzione di utilizzare il FP-rpc in senso strumentale. Sanno che l’obiettivo della loro attività non è il rafforzamento dei CARC come FSRS, ma favorire in ogni modo il processo di ricostruzione del partito comunista. La loro decennale pratica lo conferma, e lo possono testimoniare tutte le organizzazioni, gli organismi di massa che hanno lavorato o  lavorano con i CARC. Quindi il Fronte Popolare non ha l’obiettivo né di combattere né di eliminare le attuali FSRS, ma quello di farle progredire, cioè di farle convergere nel lavoro per la ricostruzione del partito comunista secondo una linea giusta, cioè efficace, che realizza le condizioni necessarie alla ricostruzione. Siamo disponibili all’autocritica se qualcosa si dimostra sbagliato, se il percorso intrapreso non serve alla nostra causa e alla causa del socialismo, se altri percorsi si dimostrano più adeguati per favorire la mobilitazione rivoluzionaria delle masse.

Oggi la maggior parte delle FSRS non crede sia necessario fare una politica da Fronte. Prevale tra le forze soggettive la tendenza di destra, quella che si rifugia nell’attendismo, nel coltivare il proprio orticello, nella denuncia che si limita a se stessa, nel mantenere un atteggiamento difensivo, nell’ignorare o addirittura nel combattere il lavoro di ricostruzione del partito comunista. Le forze soggettive in questa condizione sono poco “soggettive”, cioè hanno un livello di coscienza basso e si fanno trascinare da quello che succede nella realtà oggettiva.(5)

 

5. Un basso livello di coscienza è quello che esprime un basso grado di autonomia rispetto all’ideologia borghese. È basso anche il livello della coscienza che magari ha una vasta conoscenza di questioni politiche, economiche o filosofiche relative al movimento comunista, ma che non sa mettere questo patrimonio in funzione della pratica.

 

Abbiamo verificato le resistenze da parte delle maggiori FSRS a unirsi al Fronte e al fare politica da Fronte nonostante i nostri ripetuti appelli al loro indirizzo e la comunanza di percorsi di lotta e mobilitazione che si sono determinate in alcune situazioni a livello locale. Abbiamo constatato che esistono atteggiamenti settari, riflesso dello stato di frammentazione che divide le forze soggettive e indice dell’incapacità a uscirne.

Questo settarismo riguarda anche noi che apparteniamo ai CARC. A differenza di chi per non perdersi resta fermo noi abbiamo fatto passi avanti e anziché perderci ci siamo ritrovati, perciò dichiariamo la giustezza del nostro percorso. Da un lato questo è non solo positivo ma necessario: chiunque deve scegliere una strada, deve scegliere quella giusta e rivendicarne la giustezza a se stesso e a tutti. Dall’altro il fatto che noi si creda di essere nel giusto può essere fondamento per il settarismo, per credere che “siamo i migliori”, che basti avere la verità ed esprimerla. Ogni forza soggettiva della rivoluzione socialista crede di essere la migliore (se non lo credesse dovrebbe accettare di essere diretta da chi è migliore di lei). Quindi non ci si distingue per il fatto che si crede di essere migliori. Ci si distingue se si è migliori, se si procede nella ricostruzione del partito rispondendo ai criteri che garantiscono il successo. Uno di questi criteri richiede il superamento del settarismo.

In particolare teniamo presente che la dialettica non è opposizione di dichiarazioni giuste contro dichiarazioni sbagliate: così intesa degrada facilmente nella sofistica, nell’arte di opporre un discorso a un altro e si prolunga all’infinito senza approdare a nulla. Il metodo materialista dialettico più che dichiarato va messo in pratica, va finalizzato all’obiettivo, che nel caso nostro è sviluppare una politica da Fronte, superare la frammentazione tra le FSRS nei fatti, non nelle parole, e contribuire alla ricostruzione del partito.

Contrastare il settarismo al nostro interno, praticare sempre meglio una politica da Fronte rispetto alle FSRS per noi che apparteniamo ai CARC è un passo avanti che si aggiunge a quelli che abbiamo già compiuto. A fronte di ogni passo avanti è normale che si manifestino incertezze e resistenze. Se ne manifestarono, ad esempio, anche di fronte alla proposta di partecipare alla campagna elettorale del 2001. In quel caso si trattava di superare la posizione pregiudiziale secondo cui la partecipazione alle elezioni indette dalla borghesia imperialista è inutile. Quella posizione non era dialettica. Non teneva in conto che per il partito e per chi lavora alla sua ricostruzione ogni campo d'intervento è praticabile, come insegna la storia del movimento comunista. Non teneva in conto che la partecipazione delle masse popolari alle elezioni ha aspetti positivi: il diritto di voto è una conquista delle masse popolari, anche se, al pari delle altre conquiste, viene svuotato di efficacia.

Quella posizione pregiudiziale, comunque, tutto sommato fu superata con maggior facilità rispetto a quella che si oppone allo sviluppo di una politica da Fronte rispetto alle FSRS. Questo probabilmente è legato alla storia dei CARC,  che si sono distinti per una maggiore capacità nell'utilizzare lo strumento della critica e dell'autocritica. L'autocritica ci ha permesso di rafforzare il nostro legame con le masse popolari e la nostra partecipazione alla campagna elettorale è stata occasione per farlo. La critica ci ha permesso di condurre battaglie importanti nel campo delle FSRS. Questi processi hanno segnato il nostro percorso in questi dieci anni e ci hanno distinto tra le FSRS. Non ci hanno tuttavia distinto dalle FSRS. Pensare di essere un corpo separato dalle FSRS, magari per la loro arretratezza e per i nostri meriti, è appunto espressione della tendenza al settarismo. La nostra partecipazione al Fronte serve anche a liberarci da questo ostacolo.

Riflettere il settarismo che contraddistingue le FSRS di destra e le tendenze di destra nelle FSRS, cioè essere settari, significa in pratica negarsi la possibilità della relazione con la maggior parte delle FSRS italiane. La tendenza di destra infatti è dominante. Il fatto che tra le FSRS solo i CARC siano presenti nel Fronte ne è segno. La tendenza di destra è dominante per lo sviluppo ancora debole nel processo di ricostruzione del partito.

Al settarismo bisogna rispondere con la politica da Fronte. Questo significa utilizzare la linea di massa, che vuol dire prima di tutto fare inchiesta, individuare e riconoscere la sinistra, armati dalla convinzione che esiste sempre una sinistra. Questa convinzione serve per scavare oltre la constatazione che la tendenza di destra prevale. Nella relazione con le FSRS dobbiamo prima di tutto rivolgere attenzione alla sinistra, cioè dobbiamo prima di tutto considerare le FSRS per ciò che hanno di positivo.

Fare una politica da Fronte significa anche affrontare con maggiore consapevolezza e strumenti, grazie all’apporto e al confronto con diverse forze, i problemi relativi alle posizioni che i comunisti devono assumere nel lavoro sindacale, nel movimento di resistenza dei lavoratori e delle masse popolari, nello sviluppo dell’internazionalismo proletario (ad es. le manifestazioni di solidarietà alla lotta del popolo palestinese) o della solidarietà di classe (ad es. le manifestazioni contro la repressione, la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri, ecc.).

Anche in questo caso si tratta di sviluppare il dibattito e di fare iniziative comuni. Oggi le FSRS faticano a relazionarsi. A fronte di una prospettiva chiara ci si rinchiude a riccio. Noi non ci possiamo permettere che non ci si apra al confronto, che non ci si apra al dibattito, che non ci si apra alle masse. Sono le masse che fanno la storia e che creano le FSRS, entro cui operano e si formano molti lavoratori avanzati. Abbiamo creduto per anni che fossero le FSRS a creare il movimento, che fosse la coscienza a creare la realtà, come fanno gli idealisti. È l’opposto: le forze soggettive sono l’espressione della coscienza delle masse, e ne sono l’espressione imperfetta. Tanto più questa espressione è imperfetta quanto più si lascia incantare dall’ideologia borghese, quanto più si qualifica come “avanzata” rispetto alle masse che sarebbero arretrate, ignoranti e capaci di vedere solo il loro interesse immediato.(6) La coscienza compiuta delle masse popolari è il partito e quanto più le forze soggettive tendono al partito tanto più si perfezionano.

Tendere al partito significa far conoscere le varie posizioni, non nasconderle. Significa favorire la sinistra esistente in ogni forza soggettiva, quella che lavora contro la frantumazione. Significa favorire quella unità che le masse richiedono, che le stesse forze soggettive avvertono come un’esigenza sempre più acuta, che solo nel partito si può trovare. Significa sviluppare la lotta contro il revisionismo, il riformismo e la cultura borghese al nostro interno. Significa riconoscere che i lavoratori avanzati possono evitare di trasformarsi in semplici forze soggettive sindacalizzate se utilizzano il loro lavoro sindacale per far emergere un lavoro comune più strategico, qual è la lotta per la ricostruzione del partito.

 

6. Se oggi le FSRS hanno un seguito di massa insignificante, a fronte della crisi generale che avanza e delle condizioni favorevoli alla lotta, che pure si sviluppano, è per l’inadeguatezza delle loro proposte e delle loro linee e non perché le masse popolari sono troppo indietro nei loro confronti. Per questo è così importante imparare e trasformarsi.

 

In un’ampia parte delle FSRS lo sviluppo del dibattito e la partecipazione a iniziative comuni con il Fronte è difficile. Alcune FSRS che riconoscono il ruolo essenziale del partito ma non fanno nulla di pratico per costruirlo sono costrette a  fare riferimento ai partiti che esistono. Concretamente la situazione si polarizza, e i poli sono il campo della borghesia imperialista e quello della classe operaia. Nel campo della borghesia imperialista il “partito comunista” a disposizione sono i rottami del vecchio PCI, rappresentati oggi dal Partito della Rifondazione Comunista (PRC) e il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), organismi che godono della fiducia malriposta da parte di una fetta consistente delle masse popolari, quella che non si lascia ingannare dalla martellante e quotidiana propaganda anticomunista prodotta dal regime. Nel campo della classe operaia, al di là delle dichiarazioni, il partito comunista è quello che si costruisce “contando sulle nostre forze”, secondo il principio maoista, ed è quello a cui danno il proprio contributo le forze riunite nel FP-rpc. In un campo abbiamo il PRC e il PdCI, organismi quantitativamente consistenti, ma tendenti alla riduzione e comunque impossibilitati a crescere. Nel nostro campo abbiamo ciò a cui tende il FP-rpc, qualcosa che è destinato a crescere e che oggi si trova allo stato embrionale. Quanto più PRC e PdCI si riducono e quanto più cresce il vero PCI, tanto più il conflitto tra gli uni e l’altro organismo si fa aspro. Alcune FSRS si trovano dunque tra questi due poli, si definiscono come destra e sinistra rispetto a quanto tendono verso l’uno o l’altro, sono lacerate al proprio interno da una contraddizione tra le due tendenze destinata a crescere. La tendenza di destra si riferisce ai residui del vecchio PCI in senso critico: critica la loro deriva anticomunista ma non proponendo alternative concrete non ha altri riferimenti che quelli, è cioè legata a quelli in modo negativo, come un figlio che critica i suoi genitori ma continua ad abitare a casa loro.

Facendo politica da Fronte abbiamo capito meglio cosa significa per le forze soggettive “unire i lavoratori avanzati al processo di ricostruzione del partito comunista” e come questa posizione si scontra con la linea proposta da chi si occupa di unire in coordinamenti ciò che emerge dalle lotte rivendicative, in alternativa e in contrapposizione alla linea di lavorare per la ricostruzione del partito.

Abbiamo avuto una conferma di quanto sono ben vive tra i lavoratori e le masse popolari l’esperienza del movimento comunista e del vecchio PCI. Non è vero che le masse non vogliono sentir parlare di partito o di comunismo. All’opposto l’esperienza ci ha dato la conferma del carattere effimero e deviante delle iniziative che si contrappongono o nascondono il problema della ricostruzione del partito comunista, iniziative come i coordinamenti di lavoratori avanzati creati perché si occupino solo delle rivendicazioni economiche dei loro compagni di lavoro. I lavoratori avanzati oggi si uniscono solo nella ricostruzione del partito comunista ed è impegnandosi in questo lavoro che principalmente progrediscono nel loro ruolo di orientamento e aggregazione dei loro compagni di lavoro.

Abbiamo aperto nuove strade alla lotta sindacale dei nostri compagni e al legame con la lotta per la ricostruzione del partito comunista.

Oggi possiamo valutare positivamente i risultati qualitativi e quantitativi raggiunti. E questo perché l’analisi e le proposte che facciamo corrispondono alle necessità della lotta di classe, perché l’appello della CP, da noi raccolto, è un valido contributo alla lotta contro la frantumazione, per la ricostruzione del partito comunista, per infondere fiducia e raccogliere dalle masse popolari tutto ciò che possono mettere a disposizione, ed è un patrimonio inestimabile.

 

Rapporti Sociali 1985-2008 - Indice di tutti gli articoli