Il Poema pedagogico

Rapporti Sociali 33 - aprile 2003   (versione Open Office / versione MSWord)

 

Il Poema Pedagogico di A. S. Makarenko è la narrazione della nascita e delle vicende della Colonia Gorki. La Colonia Gorki è un istituto per la rieducazione di minori resisi responsabili di attività criminose.

Al maestro Makarenko l’Istruzione Popolare affida il compito di costruire la colonia nel settembre del 1920. L’esordio dell’attività è quanto mai difficoltoso; alla mancanza dei mezzi atti a soddisfare i bisogni primari si aggiunge la problematica di costruire un nuovo metodo rieducativo socialista, un metodo volto a forgiare l’uomo nuovo. Il Poema Pedagogico è anche lo scontro con la concezione spontaneista dell’“educazione secondo natura” che, permeata dall’illusione libertaria, nega qualsiasi forma di disciplina e qualsiasi autorità dell’educatore. è uno scontro tra un’impostazione teorica astratta, quella del cosiddetto Olimpo Pedagogico, e un’impostazione teorica legata alla pratica, quella che si esprime nelle conquiste, nelle difficoltà e negli avanzamenti quotidiani del collettivo dei giovani della Colonia Gorki.

Leggendo le prime pagine di Makarenko risalta l’abisso che c’è tra la Colonia Gorki e le case di correzione dell’epoca zarista (e in genere di tutti i regimi borghesi). La borghesia imperialista vede nel giovane che ha compiuto atti illegali un criminale nato la cui “educazione” (se si può usare questo termine) è delegata ai pestaggi degli sbirri nelle strade e alla carcerazione. Makarenko dimostra come un metodo di rieducazione socialista trasforma giovani dediti all’illegalità e al banditismo in dirigenti del Partito, soldati dell’Armata Rossa, operai specializzati, insegnanti e medici.

“Dobbiamo educare un lavoratore sovietico colto ed evoluto. Dobbiamo educare in lui il sentimento del dovere e il concetto dell’onore, o in altri termini: egli deve sentire la dignità sua e della sua classe e deve esserne orgoglioso, deve sentire gli obblighi che ha verso la sua classe. Deve essere capace di subordinarsi al compagno e di dare ordini al compagno. Deve essere un attivo organizzatore. Perseverante e temprato, egli deve saper dominare se stesso e saper influenzare gli altri: se il collettivo lo punisce, egli deve saper rispettare e la punizione e il collettivo. Deve essere lieto, cordiale, alacre, capace di lottare e di costruire, capace di vivere e amare la vita: deve essere felice, e non soltanto nel futuro, ma in ogni giorno presente della sua vita”. Questo è l’ideale educativo di Makarenko.

Makarenko riuscendo ad educare giovani che sotto lo zarismo erano trattati solo con il bastone dimostra che il reinserimento di chi è in carcere nella società è possibile solo con il socialismo. La sua pedagogia è applicazione concreta del materialismo dialettico. Pone il lavoro produttivo come strumento di educazione, pone la priorità del collettivo rispetto all’individuo e la vera realizzazione dell’individuo solo nel collettivo, pone la disciplina come limite a un arbitrio falsamente inteso come libertà: la sua pratica è integralmente materialista, e diversamente non avrebbe potuto avere successo nelle durissime condizioni della Russia post-rivoluzionaria, ed è dialettica, cioè si afferma in contrasto con i primi indirizzi della pedagogia sovietica, incerti nel determinare la relazione tra individuale e collettivo, tendenti a fondare l’educazione sulla libertà assoluta di chi è educato e sulla totale adesione alle sue esigenze da parte dell’educatore.

L’opera va oltre l’aspetto pedagogico, dando un’immagine autentica della situazione della regione di Kriukov degli anni ’20, dalle difficoltà enormi, apparentemente insormontabili di un territorio stremato da anni di occupazione tedesca, durante la guerra imperialista, e successivamente dalle guardie bianche durante la guerra civile.

L’opera va oltre l’aspetto pedagogico e oltre il proprio tempo. Riguarda noi, e tutti coloro che vogliono formarsi e trasformarsi in comunisti, il che significa formarsi e trasformarsi per avanzare nella ricostruzione del partito comunista italiano. Per tutta l’opera scorre un critica viva nei confronti dell’anarchismo intellettuale e organizzativo che si spaccia per rivoluzionario ed è causa di infinite sconfitte per le masse popolari. Contro quello che oggi chiamiamo  movimentismo Makarenko illustra il valore della disciplina cosciente, della pianificazione dell’attività, della gioia di vivere che scaturisce da tutto questo. Scrive: “Il programma ha una grande importanza nella vita dell’uomo. Perfino l’uomo più dappoco, se invece di vedere davanti a sé uno spazio vuoto, terra, colline, burroni, paludi, scorge la più modesta delle prospettive - stradette o strade con le loro brave curve, ponti e pali - incomincia a dividere anche la propria vita in piccole fasi precise, guarda con più allegria al domani e la natura stessa gli appare più ordinata: questa è la sinistra, questa è la destra, quello si trova più vicino alla strada e quell’altro più lontano.”

La storia della Colonia Gorki, nel suo passaggio da insieme di giovani banditi a collettivo cosciente ed esemplare di giovani sovietici, combattenti sulla barricata della costruzione del socialismo, può essere considerata un paradigma della storia dell’URSS di quegli anni; un paese, il primo paese socialista, che nonostante le distruzioni della guerra, l’accerchiamento di forze ostili, l’aspra lotta sul fronte interno contro il terrorismo borghese, l’arretratezza economica ereditata dalla Russia zarista, trova, diretto dal suo partito comunista quella forza umana che ne farà per oltre trent’anni una locomotiva possente lanciata verso la realizzazione del diritto e dovere di tutti a vivere e lavorare, verso la società senza classi, verso il comunismo.

 

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