Dichiarazione del compagno G. Maj al Giudice Istruttore Thiel

Rapporti Sociali 34 - gennaio 2004   (versione Open Office / versione MSWord)

 

Sono passati 4 mesi da quando il 27/06 il Giudice istruttore (GI), sig. Gilbert Thiel, ha chiesto l’incarcerazione dei 2 membri della CP per “detenzione di documenti falsi nel contesto di una associazione di ‘malfattori’ in vista di preparare atti di terrorismo”.

Pur trascurando le varie violazioni del CPP francese compiute da magistrati e poliziotti fino a quel momento, già il 27 giugno noi abbiamo tuttavia mostrato chiaramente che il GI non stava amministrando la giustizia, sia pure in conformità a leggi fatte apposta per soffocare nel nascere i centri, veri o presunti, di promozione, orientamento, organizzazione e direzione della resistenza collettiva delle masse popolari all’eliminazione delle conquiste che, sotto la direzione dei comunisti, esse hanno strappato alla borghesia imperialista nell’ambito della prima ondata della rivoluzione proletaria fino alla metà degli anni ’70 del secolo appena finito; i centri della risposta collettiva delle masse popolari alla guerra non dichiarata di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro di esse in ogni angolo del mondo, ivi compresa l’Italia, la Francia e gli altri paesi dell’UE.

Il GI andava oltre quelle stesse leggi, violava perfino le leggi già predisposte dalle Autorità francesi contro persone e organizzazioni come noi. Tutto ciò per fare un servizio alle Autorità della borghesia imperialista italiana, che vuole tenerci fuori circolazione il più a lungo possibile. Infatti risultava già allora, dalla documentazione presentata dall’avvocato Giuseppe Pelazza di Milano, che le Autorità italiane dal 1981 a oggi ci hanno perseguitato con almeno 6 procedimenti giudiziari. Ognuno di essi ha compiuto perquisizioni, intimidazioni, sequestri molto onerosi economicamente e intellettualmente, fermi, interrogatori, detenzioni. Tutti i 6 procedimenti giudiziari erano in realtà campagne di repressione della nostra attività di comunisti, mascherate come procedimenti giudiziari contro una nostra presunta implicazione nella preparazione o nella esecuzione di attentati. Tutti i 6 procedimenti si sono conclusi o con l’archiviazione d’ufficio o con l’assoluzione con formula piena.

Orbene, la nostra attuale detenzione preventiva da parte delle autorità francesi sta legalmente in piedi solo grazie al settimo procedimento giudiziario lanciato contro di noi dalle Autorità italiane con ben due Commissioni Rogatorie Internazionali che hanno dato luogo alle perquisizioni del 23 giugno. Essa infatti si giustifica legalmente con le affermazioni delle autorità italiane, persino contrastanti tra loro come spesso succede tra imbroglioni e falsari, che noi saremmo implicati nella preparazione o esecuzione di attentati: dichiarazioni, ben inteso, non accompagnate né da indagini né da riscontri.

Non era già allora, a fine giugno, chiaro per tutte le persone oneste che anche il settimo procedimento penale è anch’esso solo una nuova mascheratura della vecchia e persistente persecuzione contro i comunisti? Non era già allora chiaro a ogni persona onesta che le Autorità italiane si servivano delle Autorità francesi per tenerci in galera, cioè fuori circolazione, più a lungo di quanto potessero tenerci esse stesse con la legislazione italiana per la stessa imputazione? Era forse un caso che le autorità italiane non avevano emesso in proprio alcun mandato d’arresto né avanzato domanda di estradizione per atti di terrorismo, benché sostengano che noi siamo implicati nella preparazione o nell’esecuzione di atti di terrorismo?

Ma il GI sig. Gilbert Thiel ha invece fatto finta di non capire questo e ha chiesto un’incarcerazione che legalmente sta in piedi proprio solo per l’implicazione in attività di terrorismo. Ma l’ha chiesta solo per fare alle autorità italiane il servizio che esse chiedono. Infatti vale solo per noi membri della CP e italiani: i cittadini francesi con la stessa imputazione formulata nello stesso contesto della retata del 23 giugno e con le stesse garanzie di reperibilità (garanties de répresentation) che do io, grazie ai miei legami familiari in Seine-Saint-Denis, sono perseguiti a piede libero.

 

Ora sono passati 4 mesi dal 27 giugno. Che cosa ha fatto il GI signor Gilbert Thiel in questi 4 mesi?

 1. Il GI in questi 4 mesi ci ha isolato il più possibile, per quanto era in suo potere, dai nostri compagni, dalle organizzazioni comuniste, dalle altre organizzazioni anticapitaliste, dall’opinione pubblica e persino dalle nostre famiglie.

1.1. Ha trattenuto da uno a due mesi plichi di stampe legali e pubbliche e corrispondenza privata, persino cartoline, che infine ha inoltrato: e questo dimostra che non avevano alcun reale interesse ai fini della sua inchiesta. Persino la corrispondenza tra noi e i nostri avvocati è stata ritardata o dispersa e comunque ostacolata. Lo conferma la protesta presentata il 06/10/03 dal nostro avvocato G. Pelazza di Milano.

1.2. Ha impedito persino che i nostri familiari potessero visitarci. Ha ritardato più che ha potuto, con la scusa che lui era in vacanza, il permesso di visita anche ai familiari più stretti e in particolare a quelli che abitano vicino a Parigi e che quindi potevano visitarci più spesso. Ancora oggi nega il permesso di visita a vari familiari, ivi compresi due ragazzi di 13 anni, quindi certamente di nessun rilievo ai fini della sua inchiesta.

2. Dopo 4 mesi di detenzione preventiva, il nostro dossier è ancora tale e quale era il 27 Giugno. Nessun riscontro e nessun indizio concreto della nostra “attività terroristica”, se non la parola delle Autorità italiane certo non una “parola perbene” dopo 6 procedimenti dimostrati pretestuosi.

Oggi, per la prima volta in 4 mesi, il GI ci chiama per interrogarci. Perché? Per darsi una parvenza di rispettabilità professionale e di dignità morale costruendo una parvenza di legalità attorno alla richiesta di prolungare la nostra detenzione preventiva che scade tra 4 giorni, il 20 ottobre.

Stare al gioco che questo Signore conduce, non ci interessa se per sua volontà o per volontà dei suoi capi, vorrebbe dire da parte nostra collaborazione e diventare, almeno in qualche misura, complici della persecuzione contro il movimento comunista e in particolare contro il nostro partito, che questo Signore gestisce in proprio o per conto terzi. Cosa che assolutamente non vogliamo fare: sarebbe contraria non solo alla nostra coscienza e alla nostra dignità morale, ma anche al nostro dovere verso i nostri compagni e verso gli operai e le masse popolari che hanno bisogno di un vero partito comunista per contrastare l’eliminazione delle conquiste, per smascherare la macabra e oscena sceneggiata con cui la borghesia cerca di coprire la degradazione intellettuale, morale ed economica in cui spinge le masse popolari, per far fronte efficacemente alla guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia conduce contro di loro.

Quindi noi rifiutiamo ogni ruolo, ogni forma di dialogo e di collaborazione nella farsa che oggi il GI vorrebbe mettere in onda.

Chiedo formalmente agli avvocati del nostro collegio di difesa di non fare alcun intervento oggi come miei difensori in questa sede. L’unica forma di difesa reale che possono fare a noi e a nostro favore è denunciare all’opinione pubblica democratica e popolare la persecuzione di cui siamo oggetto e che ci accomuna ai duecento e più prigionieri politici rinchiusi nelle carceri dello Stato francese e smascherare presso l’opinione pubblica la farsa con cui il GI cerca di coprirla. Di conseguenza per quanto mi riguarda questa seduta è terminata.

 

Giuseppe Maj

N° 280502 D I 223

42 rue de la Santé

75014 PARIS

 

Parigi, 16 ottobre 2003

 

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