Indice della letteratura comunista

Indice del  MANIFESTO PROGRAMMA DEL NUOVO PARTITO COMUNISTA ITALIANO

Capitolo I

La lotta di classe durante i 150 anni del movimento comunista e le condizioni attuali

1.1. Il processo di produzione capitalista

    1.1.1. La nascita e lo sviluppo del modo di produzione capitalista

    1.1.2. La natura del modo di produzione capitalista

1.2. Le classi e la lotta di classe

1.3. L’imperialismo, ultima fase del capitalismo

1.4. La prima crisi generale del capitalismo, la prima ondata della rivoluzione proletaria e il leninismo

1.5. La ripresa del capitalismo, il revisionismo moderno, la Rivoluzione Culturale Proletaria e il maoismo

1.6. La seconda crisi generale del capitalismo e la nuova ondata della rivoluzione proletaria

1.7. L’esperienza storica dei paesi socialisti

    1.7.1. In cosa consiste il socialismo?

    1.7.2. Il socialismo trionfa in uno o in alcuni paesi per volta, non contemporaneamente in tutto il mondo

    1.7.3. La fasi attraversate dai paesi socialisti

    1.7.4. I passi compiuti dai paesi socialisti verso il comunismo nella prima fase della loro esistenza

    1.7.5. I passi indietro compiuti dai revisionisti moderni nella seconda fase dell'esistenza dei paesi socialisti

    1.7.6. Come è potuto avvenire che i revisionisti moderni prendessero il potere?

    1.7.7. Gli insegnamenti dei paesi socialisti

1.8. Conclusioni

 

1.5. La ripresa del capitalismo, il revisionismo moderno, la Rivoluzione Culturale Proletaria e il maoismo

La fine della Seconda guerra mondiale segnò anche la fine della prima crisi generale del capitalismo. Durante questa prima crisi generale il movimento comunista aveva raggiunto grandi successi. Proprio questi successi e la svolta intervenuta nel capitalismo ponevano ad esso compiti nuovi e maggiori sia per quanto riguardava l'avanzamento della transizione dal capitalismo al comunismo nei paesi socialisti, sia per quanto riguardava lo sviluppo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e della rivoluzione di nuova democrazia nei paesi coloniali e semicoloniali.

I paesi socialisti avevano difeso la propria esistenza ed avevano formato un vasto campo socialista che andava dall’Europa centrale all’Asia sudorientale e comprendeva un terzo della popolazione mondiale: ora dovevano trovare una linea per proseguire al nuovo livello la transizione verso il comunismo. La grande influenza raggiunta dal movimento comunista nei paesi imperialisti e nei paesi coloniali e semicoloniali poneva in questi paesi il compito di portare avanti la lotta per la vittoria. Il movimento comunista doveva compiere un salto di qualità. Di conseguenza nel movimento comunista internazionale si aprì nuovamente uno scontro a livello mondiale tra due linee antagoniste.

Da una parte la sinistra sosteneva la prosecuzione della lotta contro l’imperialismo sui tre fronti (paesi socialisti, paesi imperialisti, colonie e semicolonie). Essa tuttavia non aveva alcun sentore che la prima crisi generale del capitalismo era conclusa e che si apriva per il capitalismo, che nel mondo rimaneva ancora il sistema economico dominante, un periodo relativamente lungo di ripresa dell’accumulazione e di espansione dell’attività economica. Quindi non aveva una linea generale adeguata alla situazione e in generale peccava di dogmatismo.

Dall’altra la destra sosteneva la linea dell'intesa e della collaborazione con la borghesia imperialista. Essa aveva la sua base teorica nel revisionismo moderno. In contrasto con la legge dell'acutizzazione della lotta di classe, il revisionismo moderno sosteneva che la forza acquisita dalla classe operaia attenuava gli antagonismi di classe, rendeva possibile una trasformazione graduale e pacifica della società, riduceva la borghesia a più miti consigli e la rendeva propensa a concessioni e riforme. Secondo la destra il sistema capitalista non generava più crisi e guerre, come la bufera genera la grandine. Tale era la "nuova" teoria con cui si presentarono Kruscev, Togliatti e gli altri revisionisti moderni. Nei paesi socialisti la destra cercava di attenuare gli antagonismi di classe, sosteneva che non esistevano più né divisione in classi né lotta tra le classi perché oramai la vittoria del socialismo era completa e definitiva; nei rapporti internazionali sosteneva l’integrazione economica, politica e culturale dei paesi socialisti col mondo imperialista sostituendo la convivenza pacifica tra paesi a regime sociale diverso e il sostegno alla rivoluzione proletaria con la competizione economica, politica e culturale dei paesi socialisti con i paesi imperialisti. Nei paesi imperialisti la destra proponeva la via parlamentare e riformista al socialismo: riforme di struttura e ampliamento delle conquiste in campo economico, politico e culturale avrebbero gradualmente trasformato la società capitalista in società socialista. Nei paesi semicoloniali e coloniali la destra era contraria alla prosecuzione delle guerre antimperialiste di liberazione nazionale e sosteneva la direzione della borghesia burocratica e compadrora che puntava a strappare gradualmente concessioni agli imperialisti.

In queste condizioni a livello mondiale prevalse il revisionismo moderno, così come all’inizio del secolo il revisionismo promosso da Bernstein era prevalso a livello di tutto il movimento comunista. Il suo successo era favorito, oltre che dalla debolezza della sinistra e dalla novità dei compiti che la fase iniziata con la fine della prima crisi generale del capitalismo poneva ai comunisti, anche dalla circostanza oggettiva della fine, con la Seconda guerra mondiale, della prima crisi generale del capitalismo.

Gli sconvolgimenti politici ed economici e le distruzioni operati durante la prima crisi generale e in particolare dalle due guerre mondiali aprirono infatti alla borghesia lo spazio per una ripresa dell'accumulazione del capitale con la conseguente nuova espansione nel suo ambito del processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza. In queste condizioni i contrasti economici tra gruppi imperialisti e tra borghesia imperialista e masse popolari cessarono di essere antagonisti e ciò apparentemente smentiva la legge dell'acutizzazione della lotta di classe.

Nei trent'anni (1945-1975) successivi alla Seconda guerra mondiale il modo di produzione capitalista poté espandersi nuovamente in tutto il mondo in cui la borghesia aveva mantenuto il potere.

In questa nuova situazione il proletariato e le masse lavoratrici dei paesi imperialisti, forti dell'esperienza rivoluzionaria acquisita nel periodo precedente, riuscirono a strappare una serie di miglioramenti nelle condizioni economiche, lavorative, politiche e culturali: miglioramento delle condizioni materiali dell'esistenza, politiche di pieno impiego e di stabilità del posto di lavoro, diritti di organizzazione sul posto di lavoro, diritti di intervento nell'organizzazione del lavoro, riduzione delle discriminazioni per razza, sesso ed età, scolarizzazione di massa, misure di previdenza contro l'invalidità e la vecchiaia, sistemi di assistenza sanitaria, edilizia a prezzi regolati, ecc. In tutti i paesi imperialisti si avviò di fatto in quegli anni la costruzione di un capitalismo dal volto umano, ossia di una società in cui, pur sempre nell'ambito dei rapporti di produzione capitalisti e del lavoro salariato (quindi della capacità lavorativa come merce e del lavoratore come venditore di essa), ogni membro delle classi oppresse disponesse in ogni caso dei mezzi necessari per un'esistenza normale e per il sostentamento e l'educazione delle persone a suo carico, avesse nella vita produttiva della società un ruolo in qualche misura confacente alle sue caratteristiche, progredisse ragionevolmente nel diminuire la fatica, fosse assicurato contro la miseria in caso di malattia, invalidità e vecchiaia.

Su questo terreno in tutti i paesi imperialisti si affermarono i revisionisti moderni e i riformisti. Essi in tutti i paesi imperialisti assunsero la direzione del movimento operaio quali teorici, propagandisti e promotori in seno ad esso del miglioramento nell'ambito della società borghese. Essi proclamarono che lo sviluppo della società borghese avrebbe proceduto illimitatamente di conquiste in conquiste, di riforme in riforme fino a trasformare la società borghese in società socialista. Le bandiere, gli slogans e i principi che essi inalberarono furono diversi da paese a paese a secondo delle concrete condizioni politiche e culturali ereditate dalla storia, ma eguale fu in quel periodo il loro ruolo nel movimento politico ed economico della società.

Grazie al nuovo periodo di sviluppo del capitalismo anche nella maggior parte dei paesi dipendenti dai gruppi e dagli Stati imperialisti la direzione del movimento delle masse venne presa dai sostenitori e promotori della collaborazione con gli imperialisti, portavoce della borghesia burocratica o compradora. La maggioranza di questi paesi divennero semicolonie: costituirono Stati autonomi dipendenti da uno o più gruppi imperialisti (colonialismo collettivo), alcuni residui feudali vennero in qualche misura limitati distruggendo però anche le condizioni di riproduzione di larghe masse di contadini che si riversarono come poveri nelle città, altri residui feudali vennero assunti dall'imperialismo sotto le sue ali e utilizzati per tenere in piedi il colonialismo, crebbe il capitalismo burocratico e compradore.

Nei paesi socialisti i fautori della via capitalista e i promotori della restaurazione del capitalismo trassero anch'essi grande forza dal nuovo periodo di sviluppo del capitalismo. Essi trovarono nei revisionisti moderni capeggiati da Kruscev, Breznev e Teng Hsiao-ping i loro esponenti in seno agli organismi degli Stati dei paesi socialisti, alle organizzazioni delle masse e ai partiti comunisti. Essi impedirono che fossero prese le misure economiche, politiche e culturali necessarie a portare avanti la trasformazione della società verso il comunismo, posero i loro paesi alla scuola dei capitalisti scimmiottandone le istituzioni e allacciarono stretti legami economici (commerciali, tecnologici e finanziari), politici e culturali con i capitalisti fino a trasformare i paesi socialisti in paesi economicamente e culturalmente dipendenti e politicamente deboli.

In conclusione i trenta anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale costituirono complessivamente un periodo di ripresa della borghesia. Tuttavia le forze rivoluzionarie conseguirono alcuni successi di grande significato (Cuba, Indocina) e, soprattutto, si arricchirono dell’esperienza della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976). In controcorrente rispetto alla maggioranza del movimento comunista mondiale, il Partito comunista cinese condusse infatti una lunga lotta contro il revisionismo moderno a livello internazionale e cercò di portare avanti la transizione verso il comunismo nella Repubblica popolare cinese. Anche se la lotta del PCC non ha potuto nell'immediato invertire il corso del movimento comunista mondiale né preservare il PCC stesso dal cadere in mano ai revisionisti, essa ha lasciato ai comunisti di tutto il mondo il maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo, bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e dell’esperienza della lotta di classe nei paesi socialisti.*(21bis)

Il successo del revisionismo moderno ha fatto arretrare il movimento comunista rispetto ai risultati raggiunti alla fine della prima crisi generale del capitalismo. Ma il successo dei revisionisti moderni fu per forza di cose temporaneo: per sua natura esso è un freno allo sviluppo del movimento comunista, una controtendenza rispetto alla tendenza principale e, nel peggior dei casi, riporta al capitalismo da cui per forza di cose rinasce il movimento comunista. Lo sviluppo pratico degli eventi derivati dal suo temporaneo successo ha insegnato a tutti i comunisti che il revisionismo fa gli interessi della borghesia imperialista e il collasso cui il revisionismo ha portato alla fine degli anni ‘80, paragonabile per gravità al collasso dei partiti socialdemocratici nel 1914, ha posto le basi per una nuova più alta ripresa del movimento comunista.

1.6. La seconda crisi generale del capitalismo e la nuova ondata della rivoluzione proletaria

Nei trent'anni (1945-1975) trascorsi dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale la borghesia imperialista ha infatti di nuovo esaurito i margini di accumulazione che si era creata con gli sconvolgimenti e le distruzioni delle due guerre mondiali. Dagli anni settanta il mondo capitalista è entrato in una nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. L'accumulazione del capitale non può più proseguire nell'ambito degli ordinamenti interni ed internazionali esistenti, di conseguenza il processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza dell'intera società è sconvolto ora in un punto ora in un altro in misura via via più profonda e sempre più diffusamente.

Apparentemente i capitalisti sono alle prese ora con l'inflazione e la stagnazione, ora con l'oscillazione violenta dei cambi tra le monete, qui con l'ingigantirsi dei debiti pubblici, là con la difficoltà di trovare mercati per le merci prodotte, un momento con la crisi e il boom delle Borse e un altro momento con 1a sofferenza dei debiti esteri e la disoccupazione di massa. Essi e i loro portavoce non possono comprendere la causa unitaria dei problemi che li assillano. Ma la sovrapproduzione di capitale produce i suoi effetti anche se i capitalisti non la riconoscono e anche se gli intellettuali che riflettono l'esperienza di quelli (sia pure alcuni proclamandosi marxisti e perfino marxisti-leninisti e marxisti-leninisti-maoisti) non ne hanno coscienza alcuna. I contrasti economici tra i gruppi imperialisti diventano nuovamente antagonisti: la torta da dividere non aumenta quanto necessario per valorizzare tutto il capitale accumulato e ogni gruppo può crescere solo eliminandone un altro.

In tutti i paesi imperialisti i contrasti economici tra la borghesia imperialista e le masse popolari stanno diventando nuovamente antagonisti. In tutti i paesi imperialisti la borghesia sta eliminando una dopo l'altra le conquiste che le masse lavoratrici avevano strappato o abrogandole (scala mobile, stabilità del posto di lavoro, ecc.) o lasciando andare in malora le istituzioni in cui esse si attuavano (scuola di massa, istituti previdenziali, sistemi sanitari, industrie pubbliche, edilizia pubblica, servizi pubblici, ecc.). Il capitalismo dal volto umano ha fatto il suo tempo. In tutti i paesi imperialisti la borghesia viene via via abolendo quei regolamenti, norme, prassi ed istituzioni che nel periodo di espansione hanno mitigato o neutralizzato gli effetti più destabilizzanti e traumatici del movimento dei singoli capitali e le punte estreme dei cicli economici. Ora, nell'ambito della crisi, ogni frazione di capitale trova che quelle istituzioni sono un impedimento inaccettabile alla libertà dei suoi movimenti per conquistarsi spazio vitale. La deregulation, la privatizzazione delle imprese economiche statali e in generale pubbliche, ecc. sono all'ordine del giorno in ogni paese imperialista. La parola d'ordine della borghesia è in ogni paese "flessibilità", cioè libertà per i capitalisti di sfruttare senza limiti i lavoratori.

Ciò rende instabile in ogni paese imperialista il regime politico, rende ogni paese meno governabile con gli ordinamenti che fino ad ieri avevano funzionato. I tentativi di sostituire pacificamente questi ordinamenti con altri, che in Italia si riassumono nella riforma della Costituzione, vanno regolarmente in fumo. In realtà non si tratta di cambiare regole, ma di decidere quali capitali vanno sacrificati perché altri possano valorizzarsi e nessun capitalista è disposto a sacrificarsi. Tra capitalisti solo la guerra può decidere. Infatti nelle relazioni tra i gruppi borghesi la parola non è più principalmente all'accordo e alla spartizione, ma è principalmente alla lotta, all'eliminazione e alle armi. Tentativi di ridurre l'espressione politica dei contrasti proprio perché questi crescono, espansione del ricorso delle classi dirigenti a procedure criminali ed a milizie extralegali e private, creazione di barriere elettorali, accrescimento delle competenze dei governi e degli apparati amministrativi a spese delle assemblee elettive, restrizione delle autonomie locali, limitazione per legge degli scioperi e delle proteste, ecc. sono all'ordine del giorno in ogni paese imperialista. Ogni Stato imperialista per ostacolare la crescita dell'instabilità del regime politico nel proprio paese deve sempre più ricorrere a misure che accrescono l'instabilità di altri Stati: dall'abolizione nel 1971 della convertibilità del dollaro in oro e del sistema monetario di Bretton Woods, alla politica degli alti tassi d'interesse e dell'espansione del debito pubblico seguita dal governo federale USA negli anni '80, alle misure protezionistiche e di incentivazione delle esportazioni commerciali sempre più spesso adottate da ogni Stato, alla guerra che si profila tra i sistemi monetari del dollaro e dell'euro. "Mondializzazione" è diventata la bandiera che copre e giustifica le brigantesche aggressioni degli Stati e dei gruppi imperialisti in ogni angolo del mondo, la nuova "politica delle cannoniere".

La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale ha dato luogo alla seconda crisi generale del capitalismo: una crisi economica che trapassa in crisi politica e culturale. Una crisi mondiale, una crisi di lunga durata.

La maggior parte dei paesi semicoloniali è diventata dapprima un mercato dove i gruppi imperialisti hanno riversato le merci che la sovrapproduzione di capitale rendeva eccedenti; poi un campo in cui gli stessi gruppi hanno impiegato come capitale di prestito i capitali che nei paesi imperialisti non potevano essere impiegati come capitale produttivo che a un tasso di profitto decrescente o che, se impiegati come capitale produttivo, avrebbero addirittura ridotto la massa del profitto; infine un terreno che i gruppi imperialisti devono invadere direttamente per farne un nuovo campo di accumulazione di capitale. I gruppi imperialisti razziano le risorse umane e ambientali dei paesi semicoloniali, li devastano e quindi ad opera compiuta li abbandonano e si trasferiscono in altri paesi. I paesi coloniali vengono ridotti nuovamente al rango di colonie, ma ora di colonie collettive dei gruppi imperialisti sicché nessuno di questi assume alcuna responsabilità per la conservazione a lungo termine delle fonti di profitto e di rendita. L’emigrazione disordinata di masse di lavoratori e una sequela interminabile di guerre sono le inevitabili conseguenze di questa nuova coloniazzazione.

Nella maggior parte dei paesi socialisti i regimi instaurati dai revisionisti moderni si sono trovati dapprima schiacciati nella morsa della crisi economica in corso nei paesi imperialisti da cui si erano resi dipendenti commercialmente, finanziariamente e tecnologicamente, quindi sono crollati rivelando la fragilità politica dei regimi stessi. La borghesia ha dovuto prendere atto che era impossibile restaurare gradualmente e pacificamente il capitalismo e ha precipitato questi paesi in un turbine di miseria e di guerra, aprendoli alla restaurazione violenta e a qualsiasi costo. Il sistema imperialista li ha ingoiati, ma non riesce a digerirli. Anzi essi hanno accelerato il procedere della crisi generale anche nei paesi imperialisti.

Tutto ciò viene creando una nuova situazione di guerra e di rivoluzione, analoga a quella attraversata nella prima metà del secolo. Il mondo deve cambiare e inevitabilmente cambierà: gli ordinamenti attuali dei paesi imperialisti e le attuali relazioni internazionali ostacolano la prosecuzione dell'accumulazione di capitale e quindi saranno inevitabilmente sovvertiti. Saranno le grandi masse, prendendo l'una o l'altra strada, a "decidere" se il mondo cambierà ancora sotto la direzione della borghesia creando ordinamenti diversi di una società ancora capitalista o se cambierà sotto la direzione della classe operaia e nell’ambito del movimento comunista, creando una società socialista. Ogni altra soluzione è esclusa dalle condizioni oggettive esistenti: gli sforzi dei fautori di altre soluzioni in pratica faranno il gioco di una di queste due soluzioni che sono le uniche possibili. Questa è la nuova situazione rivoluzionaria di lungo periodo che si sta sviluppando e nella quale si svolgerà il lavoro dei comunisti.

La borghesia imperialista può superare l'attuale crisi per sovrapproduzione di capitale e conquistarsi così un altro periodo di ripresa o con l'integrazione degli ex paesi socialisti nel mondo imperialista, o con la ricolonizzazione e un maggiore grado di capitalizzazione dell'economia dei paesi semicoloniali e semifeudali, o con una distruzione di capitale di dimensioni adeguate negli stessi paesi imperialisti, o con una qualche combinazione delle tre vie precedenti. Ognuna di queste soluzioni porta tuttavia anzitutto a un periodo di guerre e di sconvolgimenti, ognuna delle quali sarà ovviamente presentata alle masse nella veste più lusinghiera: di guerra per la pace, di guerra per la giustizia, di guerra per la difesa dei propri diritti e bisogni vitali, di ultima guerra. Ma l’esito di questo periodo e la direzione che prenderà la mobilitazione delle masse che in ogni caso si svilupperà, e che la stessa borghesia imperialista in ogni caso dovrà promuovere, sarà deciso dalla lotta tra le forze soggettive della rivoluzione socialista e le forze soggettive della borghesia imperialista. In definitiva il dilemma è o la rivoluzione precede la guerra o la guerra genera la rivoluzione.*(21tris)

La classe operaia può infatti superare l'attuale situazione rivoluzionaria prendendo la direzione della mobilitazione delle masse popolari e guidandole alla lotta contro la borghesia imperialista fino a conquistare il potere ed avviare la transizione dal capitalismo al comunismo su scala maggiore di quanto è avvenuto durante la prima crisi generale. Questa è la via della ripresa del movimento comunista già in atto nel mondo, che ha i suoi punti più alti nelle guerre popolari rivoluzionarie in corso in alcuni paesi.

1.7. L’esperienza storica dei paesi socialisti

Più di un secolo fa la classe operaia costituì il primo Stato socialista, la Comune di Parigi (marzo-maggio 1871). La Comune durò solo pochi mesi e fu sempre in guerra per la propria sopravvivenza contro le forze coalizzate della reazione francese e dello Stato tedesco. Essa tuttavia ha costituito, con la sua esperienza pratica e anche per la carneficina, per quei tempi spaventosa, con cui la borghesia cercò di cancellarne perfino il ricordo, una fonte di insegnamenti preziosi a cui ha attinto tutto il movimento comunista che l’ha seguita.

Di conseguenza, come disse Marx, "Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l’araldo glorioso di una nuova vita".*(22)

È tuttavia durante la prima ondata della rivoluzione proletaria che la classe operaia forma i primi paesi socialisti.

1.7.1. In cosa consiste il socialismo?*(23)

Prima di essere una teoria, prima di esistere nella coscienza dei comunisti, il comunismo ha incominciato ad esistere come movimento pratico, come processo attraverso il quale i rapporti sociali di produzione e le altre relazioni sociali si trasformano per adeguarsi al carattere collettivo che le forze produttive hanno assunto durante il periodo del capitalismo.

Il comunismo è quindi il movimento della società mondiale che si trasforma in modo da porre alla base della sua vita economica il possesso comune e la gestione collettiva e consapevole delle sue forze produttive da parte dei lavoratori associati. La realizzazione di questo obiettivo implica anche la trasformazione non solo dei rapporti di produzione, ma anche di tutte le relazioni sociali e quindi anche dell’uomo stesso, la creazione di un "uomo nuovo" per i suoi sentimenti, per la sua coscienza, per il modo di gestire se stesso e le sue relazioni.

Secondo l’uso introdotto da Marx,*(24) chiamiamo socialismo la prima fase del comunismo, la fase di transizione dal capitalismo al comunismo.

La transizione dal capitalismo al comunismo è un movimento oggettivamente necessario e inevitabile. Il carattere collettivo delle forze produttive afferma inevitabilmente in una certa forma i suoi diritti già nella società imperialista, prima ancora che nella società socialista. Nella società imperialista questi diritti si esprimono negativamente come tentativi di sottomissione di tutto il movimento economico della società borghese, quindi di tutti i capitalisti, alle "associazioni di capitalisti" (Stato, enti economici pubblici, monopoli, società finanziarie, ecc. ) che alcuni capitalisti cercano di far esistere scontrandosi con l'impossibilità di eliminare la divisione del capitale in frazioni contrapposte, all'interno di ogni paese e a livello mondiale; come sottomissione gerarchica e amministrativa, oltre che economica, del resto della popolazione a queste associazioni di capitalisti; come repressione e soffocamento delle manifestazioni dei rapporti borghesi più contraddittorie e distruttive; come tentativo di instaurare direzione e controllo dei capitalisti sulle coscienze e sui comportamenti della massa dei proletari. In conclusione come tentativi di reprimere le manifestazioni più distruttive dei rapporti di produzione capitalisti che per loro natura non consentono né ordine né direzione.

Le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale e in particolare il capitalismo monopolistico di Stato sono infatti la preparazione delle premesse materiali, la preparazione materiale del socialismo più completa che si possa immaginare nel capitalismo, l’anticamera del socialismo.*(25) Ma il salto dalla società capitalista più preparata per il socialismo al socialismo è costituito dalla rivoluzione socialista, dall'eliminazione dello Stato della borghesia e dall'instaurazione dello Stato della classe operaia. Il socialismo è la trasformazione dei rapporti di produzione e del resto dei rapporti sociali promossa e diretta dalla classe operaia che in essa trova la realizzazione della sua propria emancipazione. Confondere le società socialiste con le società a capitalismo monopolistico di Stato vuol dire cancellare la distinzione tra le classi, fare dell’interclassismo in campo teorico e porta al disperato tentativo di comprendere un modo di produzione superiore con le categorie dell’inferiore.

Tuttavia la transizione dal capitalismo al socialismo è un processo complesso e di lungo periodo che la conquista del potere inizia solamente. Si tratta infatti per i lavoratori di trasformarsi in massa in modo da diventare capaci di dirigere se stessi e di trovare le forme associative ed organizzative adatte a realizzare la loro direzione sul proprio processo lavorativo e su se stessi. Infatti la transizione dal capitalismo al comunismo nella società socialista si manifesta nella creazione della direzione di tutto il movimento economico della società da parte della comunità dei lavoratori. La sostanza della transizione dal capitalismo al comunismo, che si attua nella società socialista, consiste appunto nella formazione dell'associazione dei lavoratori di tutto il mondo che prende possesso delle forze produttive già sociali e ha instaurato tra i suoi membri rapporti sociali che essa stessa dirige.

Nella società borghese sono già state poste alcune premesse della formazione di questa associazione: il partito comunista e le organizzazioni di massa. Esse però riguardano una parte minima dei lavoratori e presentano ancora molti limiti rispetto all’eguaglianza reale degli individui che le compongono. Esse vengono rafforzate dalle lotte rivoluzionarie attraverso le quali il proletariato arriva alla conquista del potere. La completa costituzione di quella associazione, la sua articolazione in organismi ed istituzioni, la creazione ed il consolidamento di rapporti sociali adeguati ad essa e l'inglobamento in essa dell'intera popolazione costituiscono il risultato dell'intera epoca storica del socialismo: in ciò principalmente consiste la transizione dal capitalismo al comunismo. Quando questa associazione raggiungerà la capacità di dirigere l'intero movimento economico e spirituale della società, la sua formazione sarà compiuta. Allora non avremo più bisogno né di Stato né di partito comunista e i dirigenti saranno semplici delegati a svolgere determinate funzioni, sostituibili in ogni momento perché migliaia di altri individui sapranno svolgere quel compito altrettanto bene.

Nella società socialista il carattere collettivo delle forze produttive si esprime quindi positivamente come spinta alla trasformazione della società attuale, alla soppressione della proprietà privata e di gruppo di tutte le forze produttive compresa la forza-lavoro, all'eliminazione della divisione in classi, alla riduzione delle differenze tra città e campagna e tra paesi arretrati e paesi avanzati, alla riduzione della differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, alla diffusione di massa di un alto livello culturale e delle attività organizzative, progettuali e direttive, all’instaurazione di una comunità mondiale in cui la spinta allo sviluppo della produttività del lavoro umano sono la riduzione della fatica e della durata del lavoro obbligatorio e la crescita delle libere attività creative e delle relazioni sociali di ogni individuo, finché il lavoro avrà cessato di essere una condanna e sarà diventato l’espressione principale della creatività di ogni uomo, il bisogno primario della sua esistenza sociale.*(26)

L'esperienza dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie ha confermato quello che l'analisi marxista del modo di produzione capitalista aveva già messo in luce: il passaggio dell'umanità dal capitalismo al comunismo si realizza e si può realizzare solo con un avanzamento ad ondate successive il cui motore è la lotta tra le classi. Ad ogni nuova ondata nuovi popoli passano al socialismo e la trasformazione delle società socialiste verso il comunismo procede più avanti. All'ondata succede il riflusso: le trasformazioni vengono assimilate, diffuse, concretizzate, verificate, corrette, consolidate, scartate, bloccate o invertite. Avanzamenti ed arretramenti sono inevitabili mentre l'umanità si apre nel suo complesso la strada verso il comunismo. La borghesia e i suoi portavoce nei periodi di avanzamento lottano con selvaggia determinazione per stroncarlo e sabotarlo e ad ogni riflusso si precipitano a proclamare che il comunismo è impossibile, che il comunismo è morto. Ma il punto è che il capitalismo non risolve nessuno dei problemi che avevano spinto le classi ed i popoli oppressi verso il comunismo e quindi questi ripeteranno i tentativi finché non raggiungeranno il successo. Il proletariato e i suoi portavoce imparano anche da ogni riflusso, accumulano le forze materiali e spirituali con cui preparano il nuovo periodo di avanzamento che immancabilmente segue ogni periodo di riflusso.

1.7.2. Il socialismo trionfa in uno o in alcuni paesi per volta, non contemporaneamente in tutto il mondo

I paesi socialisti hanno coinvolto una parte limitata benché considerevole dell’umanità, circa un terzo. Il movimento comunista è per sua natura mondiale, l’unità economica del mondo, creata dal capitalismo, si riflette nel carattere internazionale della situazione rivoluzionaria che permette alla classe operaia di prendere il potere e nel carattere mondiale che avrà il comunismo. Ma lo squilibrio nello sviluppo materiale e spirituale dei diversi paesi e delle diverse parti dell’economia mondiale sotto il capitalismo si riflette nel fatto che la classe operaia ha conquistato, e probabilmente anche nel futuro conquisterà il potere in tempi diversi nei singoli paesi e quindi la transizione dal capitalismo al comunismo inizierà in tempi diversi e procederà a ritmi diversi e con forme diverse nei vari paesi.

Anche il percorso della transizione sarà necessariamente diverso, perché rifletterà sia le diversità dei punti di partenza, sia la diversità dei caratteri nazionali che è lungi dall’essere scomparsa, benché il capitalismo abbia fortemente attenuato l’isolamento delle nazioni e dei paesi.

1.7.3. La fasi attraversate dai paesi socialisti

La vita dei paesi socialisti creati durante la prima ondata della rivoluzione proletaria copre un periodo relativamente breve, dal 1917 ad oggi. Nella loro vita i paesi socialisti hanno attraversato fondamentalmente tre fasi.

La prima fase inizia con la conquista del potere da parte della classe operaia ed è caratterizzata dalle trasformazioni che allontanano i paesi socialisti dal capitalismo e li portano verso il comunismo. È la fase della "costruzione del socialismo". Questa fase per l’Unione Sovietica è durata quasi 40 anni (1917-1956), per le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale circa 10 anni (1945-1956), per la Repubblica popolare cinese meno di trent’anni (1950-1976).

La seconda fase inizia quando i revisionisti moderni conquistano la direzione del partito comunista e invertono la marcia della trasformazione. È la fase caratterizzata dal tentativo di restaurazione graduale e pacifica del capitalismo: non vengono più compiuti passi verso il comunismo, i germi di comunismo vengono soffocati, si dà spazio ai rapporti capitalisti ancora esistenti e si cerca di richiamare in vita quelli scomparsi, si ripercorre a ritroso il cammino percorso nella prima fase, fino alla patetica proposta della NEP*(26bis) fatta da Gorbaciov alla fine degli anni ottanta! È la fase del "tentativo di restaurazione pacifica e graduale del capitalismo". Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1956 ed è durata fino alla fine degli anni ‘80, per la Repubblica popolare cinese si è aperta nel 1976 ed è ancora in corso.

La terza fase è la fase del "tentativo di restaurazione del capitalismo a qualsiasi costo". È la fase della restaurazione su grande scala della proprietà privata dei mezzi di produzione e della integrazione a qualsiasi costo nel sistema imperialista mondiale. È la fase di un nuovo scontro violento tra le due classi e le due vie: restaurazione del capitalismo o ripresa della transizione verso il comunismo? Questa fase si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1989 ed è ancora in corso.

1.7.4. I passi compiuti dai paesi socialisti verso il comunismo nella prima fase della loro esistenza

Il socialismo è la trasformazione dei rapporti di produzione, del resto dei rapporti sociali e delle conseguenti concezioni per adeguarli al carattere collettivo delle forze produttive e il rafforzamento del carattere collettivo delle forze produttive per cui esso è ancora secondario. Quindi i passi avanti compiuti dalla classe operaia nella prima fase della vita dei paesi socialisti vanno individuati nei rapporti di produzione (proprietà delle forze produttive, rapporti tra i lavoratori nel processo lavorativo, distribuzione del prodotto),*(27) nel resto dei rapporti sociali (politica, diritto, cultura, ecc.) e nelle concezioni, nella coscienza degli uomini e delle donne.

1. Lo Stato e il potere politico

Ruolo dirigente del partito della classe operaia e creazione di un sistema di dittatura del proletariato

Mobilitazione delle masse ad assumere compiti nella pubblica amministrazione

Internazionalismo proletario e sostegno alla rivoluzione proletaria in tutto il mondo

Coesistenza pacifica tra paesi a regimi sociali diversi (contro l'aggressione degli Stati e dei gruppi imperialisti).

2. La trasformazione nei rapporti di produzione

- Proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione

Eliminazione della proprietà privata delle maggiori strutture produttive, eliminazione dei rapporti mercantili tra le principali unità produttive: assegnazione dei compiti produttivi e delle risorse tramite il piano, distribuzione pianificata dei prodotti.

Trasformazione delle attività individuali (contadini, artigiani, ecc.) in attività cooperative.

Obbligo universale di svolgere un lavoro socialmente utile.

Attenuazione della proprietà privata della capacità lavorativa, in particolare della capacità lavorativa qualificata.

Sviluppo su grande scala del lavoro volontario per far fronte a necessità sociali (sabati comunisti).

- Rapporti tra gli uomini nel lavoro

Misure di integrazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale (direttivo, organizzativo, progettuale, amministrativo, contabile, ecc.).

Distribuzione tra tutta la popolazione del lavoro necessario e del lavoro intellettuale (in campo culturale, ricreativo, politico, ecc.).

Misure di integrazione tra lavoro semplice (astratto) e lavoro complesso (concreto).

Integrazione di città e campagna: urbanizzazione della campagna.

- Distribuzione del prodotto

Eliminazione dei redditi non da lavoro (profitti, rendite, interessi, diritti d’autore, ecc.).

Retribuzione secondo la quantità e la qualità del lavoro svolto.

Aumento della disponibilità libera o quasi libera di beni di consumo di prima necessità.

Fornitura di alcuni servizi secondo la necessità (istruzione, salute, ecc.).

Attribuzione alla funzione anziché all’individuo dei privilegi non ancora eliminabili.

3. La trasformazione nei rapporti sovrastrutturali

Costituzione delle organizzazioni di massa e affidamento ad esse della organizzazione e gestione di alcune attività dell’amministrazione pubblica (riduzione del ruolo dei funzionari pubblici professionali).

Promozione dell’accesso universale all’istruzione ad ogni livello e per ogni età.

Eliminazione delle religioni di Stato, dei privilegi delle chiese e libertà universale per tutti i culti e le religioni, libertà di non professare culti e di professare e propagandare l’ateismo.

Lotta contro le sette e le società segrete.

Diffusione e approfondimento delle autonomie locali in tutti i campi (politici, culturali, economici, dell’istruzione, giudiziari, dell’ordine pubblico, militari, ecc.): i soviet in Unione Sovietica, le comuni nella RPC.

Riconoscimento della maternità e della cura dei bambini come funzione sociale.

Emancipazione delle donne dagli uomini.

Emancipazione dei ragazzi e dei giovani dai genitori.

Lotta contro le discriminazioni nazionali e razziali.

Gli intellettuali del settore culturale al servizio dei lavoratori e diffusione delle attività culturali tra i lavoratori.

Controllo di massa sui dirigenti e sui membri del partito comunista.

Epurazione periodica dei dirigenti.

1.7.5. I passi indietro compiuti dai revisionisti moderni nella seconda fase dell'esistenza dei paesi socialisti

I passi indietro compiuti nella seconda fase dei paesi socialisti sono individuabili con lo stesso criterio usato per individuare i passi avanti compiuti nella prima fase.

1. Lo Stato e il potere politico

Abolizione delle misure che tutelavano la natura di classe del partito ("partito di tutto il popolo") e del sistema politico ("Stato di tutto il popolo").

Fine delle campagne di mobilitazione delle masse ad assumere nuovi e più ampi compiti in campo economico, politico e culturale.

Integrazione economica, politica e culturale dei paesi socialisti nel mondo imperialista: sostituzione della convivenza pacifica tra paesi a regimi sociali diversi e del sostegno alla rivoluzione proletaria con la competizione economica, politica e culturale tra i paesi socialisti e i paesi imperialisti.

2. La trasformazione nei rapporti di produzione

- Proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione

Introduzione dell’autonomia finanziaria delle aziende.

Attenuazione dell’autorità del piano.

Introduzione di rapporti diretti tra le aziende per lo scambio di beni e servizi.

Ampliamento della proprietà individuale (nelle campagne, nel commercio al dettaglio, nelle prestazioni lavorative tra privati).

Abolizione dell’obbligo universale di svolgere un lavoro socialmente utile.

Attenuazione del ruolo sociale del lavoro volontario.

- Rapporti tra gli uomini nel lavoro

Attenuazioni o eliminazione delle misure di integrazione e combinazione di lavoro manuale e lavoro intellettuale (direttivo, organizzativo, progettuale, amministrativo, contabile, ecc.).

Attenuazione o eliminazione delle misure che attuavano la partecipazione di tutta la popolazione al lavoro necessario e che promuovevano la partecipazione dei lavoratori al lavoro intellettuale (in campo culturale, ricreativo, politico, ecc.): esaltazione della professionalità.

Allargamento della divisione tra lavoro semplice (astratto) e lavoro complesso (concreto).

Allentamento delle misure dirette a combinare città e campagna.

Sviluppo diseguale tra zone e quindi promozione di contraddizioni tra le masse.

- Distribuzione del prodotto

Legittimazione dei redditi non da lavoro (profitti, rendite, interessi, diritti d’autore, ecc.).

Uso degli aumenti retributivi per tacitare contraddizioni tra le masse e le autorità.

Ruolo principale attribuito agli incentivi economici individuali per aumentare la produttività del lavoro.

Diminuzione della disponibilità libera o quasi libera di beni di consumo di prima necessità.

Riduzione della fornitura di servizi secondo la necessità (istruzione, salute, ecc.), introduzione di due categorie di servizi (pubblici e privati) e deterioramento dei servizi pubblici.

Legalizzazione e legittimazione morale dell’arricchimento individuale.

3. La trasformazione nei rapporti sovrastrutturali

Trasformazione delle organizzazioni di massa in organi di controllo.

Decadimento delle autonomie locali.

Attenuazione della lotta a favore dell’emancipazione delle donne dagli uomini.

Rivalutazione del ruolo della famiglia nei confronti dei ragazzi e dei giovani.

Concessioni di privilegi alle chiese e al clero in cambio di collaborazione e lealtà al potere politico.

Aumento del ruolo dei funzionari professionali nello svolgimento delle funzioni sociali.

Autonomia degli intellettuali dai lavoratori.

Abolizione del controllo di massa sui dirigenti e sui membri del partito comunista.

Abolizione dell’epurazione periodica dei dirigenti.

1.7.6. Come è potuto avvenire che i revisionisti moderni prendessero il potere?

La possibilità di ritorno all’indietro è insita nella natura dei paesi socialisti. Negare questa possibilità equivale a negare che la lotta di classe continua anche dopo che la classe operaia ha conquistato il potere.

In generale i paesi socialisti nella prima fase della loro esistenza hanno fatto grandi passi nella trasformazione della proprietà dei mezzi di produzione, il primo dei tre aspetti dei rapporti di produzione. "La trasformazione socialista della proprietà è da noi per l’essenziale compiuta", diceva Mao negli anni ‘60. Ma la proprietà individuale sussisteva ancora in piccola misura e la proprietà di gruppo era ancora presente su larga scala (colcos, comuni, cooperative). Inoltre era ancora in larga misura irrisolto il problema dell'eliminazione della proprietà privata della propria forza-lavoro, in particolare della forza-lavoro più qualificata: tecnici, intellettuali, scienziati, ecc. Questo per quanto riguarda il primo aspetto dei rapporti di produzione.

Nei paesi socialisti al termine della prima fase la massa dei lavoratori era ancora lontana dal potersi dirigere direttamente, era ancora lontana da quella condizione, per dirla con Lenin in cui "anche una cuoca può dirigere gli affari di Stato",*(28) anche se avevano fatto passi avanti in questa direzione e se le premesse materiali per realizzare questa condizione sono state, sul piano storico, pienamente poste dal capitalismo stesso. Finché le masse sono lontane da questa condizione, chi dirige non è un semplice delegato a svolgere una data funzione, sostituibile in ogni momento con migliaia di altri altrettanto capaci. Egli dispone di un potere personale che la grande maggioranza degli altri individui non è in grado di esercitare e che tuttavia è socialmente necessario: non può essere semplicemente soppresso. Questo per quanto riguarda il secondo aspetto dei rapporti di produzione e i rapporti sovrastrutturali.

I paesi socialisti al termine della prima fase erano ancora lontani dal poter realizzare una distribuzione dei prodotti basata sul principio "a ognuno secondo i suoi bisogni",*(29) anche se avevano fatto alcuni passi avanti in questa direzione e se le premesse materiali per realizzare questa condizione sono state, sul piano storico, pienamente poste dal capitalismo stesso. Nella misura in cui questa condizione non è realizzata, chi dirige per assolvere i suoi compiti dispone di condizioni di vita e di lavoro di cui la grande maggioranza degli altri individui non dispone. La distribuzione "a ognuno secondo il suo lavoro" crea di per se stessa grandi disparità tra gli individui, tende a ristabilire rapporti di sfruttamento e apre inoltre mille spiragli a violazioni del principio "a ognuno secondo la quantità e la qualità del lavoro svolto".*(30) Questo per quanto riguarda il terzo aspetto dei rapporti di produzione e i rapporti sovrastrutturali.

Nei paesi socialisti nella prima fase della loro vita erano stati fatti grandi passi avanti nel mettere la cultura, l’arte e la scienza al servizio dei lavoratori, in modo che il patrimonio culturale, artistico e scientifico servisse ai lavoratori per comprendere e risolvere i problemi dello loro vita spirituale e materiale. Tuttavia la cultura, l’arte e la scienza costituivano ancora in larga misura settori in cui predominava la concezione borghese. Intellettuali, artisti e scienziati si consideravano persone speciali e vivevano per molti aspetti una vita appartata e privilegiata. La massa della popolazione usufruiva ancora limitatamente del patrimonio culturale, artistico e scientifico della società.

Risulta quindi chiaramente che nei paesi socialisti esisteva ancora lotta tra borghesia e classe operaia e che nei paesi socialisti la borghesia è costituita per l'essenziale da quella parte dei dirigenti della nuova società che si oppongono alla trasformazione e seguono la via del capitalismo. La loro presenza alimenta tendenze e sogni di restaurazione. Tendenze e sogni di restaurazione portano inevitabilmente a tentativi di restaurazione. Questo è un dato oggettivo, che sarà presente in tutta l’epoca socialista, in tutti i paesi socialisti.

Cosa è che trasforma questa possibilità in realtà? Gli errori della sinistra. Sono gli errori che accumulandosi e non essendo corretti diventarono sistematici fino a costituire una linea di restaurazione del capitalismo e di soffocamento dei germi di comunismo e a permettere che la direzione fosse assunta dai promotori e partigiani della restaurazione.

L’errore è insito in ogni esperienza nuova, che non ha precedenti. Lo studio approfondito dell’esperienza dei paesi socialisti e la collaborazione fraterna con i comunisti dei primi paesi socialisti forniranno ai comunisti la possibilità di evitare di commettere gli errori già commessi nei primi paesi socialisti e in genere di commettere meno errori. La lotta tra le due linee, la consapevolezza della lotta di classe, la pratica della critica e dell’autocritica e in generale gli insegnamenti circa la lotta di classe in seno alla società socialista compendiati nel maoismo permetteranno ai futuri paesi socialisti di procedere più lontano.

Il motivo principale del crollo dei regimi revisionisti alla fine degli anni ottanta è la crisi generale del mondo capitalista. Essa non permetteva più di continuare la lenta e graduale erosione del socialismo. La borghesia che governava i paesi socialisti non era più in grado di far fronte ai debiti contratti con le banche e le istituzioni finanziarie internazionali, non era in grado di mobilitare le masse dei paesi socialisti per far fronte alle conseguenze di un annullamento dei debiti esteri e si era ridotta a svendere merci e risorse dei paesi socialisti sul mercato imperialista, facendo precipitare così la crisi economica interna che si trasformò in crisi politica. La borghesia dei paesi imperialisti aveva bisogno di nuovi campi di investimento, di nuove rendite e di nuovi mercati; inoltre faceva fronte con crescente difficoltà all'azione di disturbo che i paesi socialisti portavano nelle sue relazioni con le masse e con le semicolonie e nelle relazioni tra i gruppi imperialisti stessi. La borghesia ha dovuto quindi giocare il tutto per tutto: una partita dolorosa per le masse, ma molto rischiosa per la borghesia. Essa ha gettato la maschera e la lotta tra le due classi e le due vie ora è di nuovo aperta in tutti i paesi socialisti.

1.7.7. Gli insegnamenti dei paesi socialisti

Nella loro breve esistenza i paesi socialisti

- hanno dimostrato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve possedere un partito comunista e hanno fornito grandi e vasti insegnamenti sulla natura di questo partito;

- hanno insegnato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve prendere la direzione del resto del proletariato e delle masse popolari (fronte);

- hanno dimostrato che per instaurare il socialismo la classe operaia deve costruire proprie forze armate, che deve distruggere il vecchio Stato e la vecchia amministrazione pubblica della borghesia, che deve instaurare la propria dittatura;

- hanno dimostrato che la classe operaia deve mantenere la propria dittatura per un tempo indeterminato;

- hanno dimostrato che la classe operaia deve mobilitare le masse, organizzarle e formarle ad assumere compiti sempre più vasti nell’amministrazione pubblica, nell’economia e nella sovrastruttura;

- hanno fornito una dimostrazione su grande scala che il comunismo è possibile: nella prima fase della loro esistenza hanno dato una risposta affermativa pratica e su grande scala alla questione a cui Marx ed Engels avevano dato per forza di cose una risposta solo teorica;*(30bis)

- hanno mostrato di quali grandi imprese siano capaci le masse popolari guidate dalla classe operaia;

- hanno fornito una massa enorme di esperienze concrete su come organizzare la vita e trasformare i rapporti sociali in ogni campo dell’attività economica, culturale, artistica, scientifica, ecc.;

- hanno dimostrato che una volta costituiti i paesi socialisti non possono essere vinti da alcuna aggressione esterna (la Repubblica dei consigli ungherese del 1918 fu soffocata nei primi mesi);

- hanno mostrato che la lotta di classe continua anche dopo la conquista del potere e anche dopo aver per l’essenziale trasformato i rapporti di proprietà dei mezzi di produzione (lavoro morto);

- hanno mostrato che la cultura e in genere le attività sovrastrutturali sono il campo in cui la resistenza della borghesia è più tenace e più dura da vincere;

- hanno mostrato che nei paesi socialisti la borghesia da cui possono venire tentativi di restaurazione è costituita per l'essenziale dai dirigenti del partito, dello Stato, della pubblica amministrazione, delle organizzazioni di massa;

- hanno mostrato che l’involuzione (il ritorno all’indietro) è un processo possibile, ma difficile e lento e tanto più difficile quanto più è progredita la trasformazione verso il comunismo e quanto più le masse sono state attivamente protagoniste del processo di trasformazione.

La storia della terza fase dei paesi socialisti conferma che la restaurazione del capitalismo non è possibile, se non come processo di sconvolgimento e decadenza generale della società che prenderà un periodo non sappiamo quanto lungo. È impossibile riportare pacificamente gli uomini e le donne formati dal socialismo a vivere in un sistema inferiore: occorre deformarli, storpiarli e violentarli in una misura che finora non riusciamo a immaginare. A dieci anni dalla "rivoluzione democratica" i paesi socialisti restano ancora l’anello debole dell’imperialismo, i paesi dove la sorte della borghesia è più pericolante.

Come la Comune di Parigi fu di guida ai comunisti per svolgere il loro compito nella prima ondata della rivoluzione proletaria, l’esperienza dell’Unione Sovietica, della Repubblica popolare cinese, degli altri paesi socialisti e della Rivoluzione Culturale Proletaria saranno di guida ai comunisti nell’assolvimento del loro compito nella seconda ondata della rivoluzione proletaria.

1.8. Conclusioni

L’esperienza della lotta di classe che abbiamo riassunto ci insegna che il comunismo è diventato economicamente necessario oltre che possibile, è cioè economicamente possibile e necessario che la classe operaia prenda il potere; che il movimento politico delle società borghesi, per cause economiche che la borghesia non può eliminare, è tale che periodicamente si presentano lunghi periodi di crisi e di instabilità politica (situazioni rivoluzionarie di lungo periodo); che per l’avvio della transizione occorre che la classe operaia risolva i problemi politici e culturali della sua trasformazione in classe dirigente, in sostanza che si doti un "vero" partito comunista, onde approfittare di quelle situazioni rivoluzionarie per accumulare forze fino a prendere il potere.

Rispetto ai comunisti che svolsero il loro compito nella prima ondata della rivoluzione proletaria, cosa abbiamo di cambiato?

1. Abbiamo a nostro favore l’esperienza della prima crisi generale e della prima ondata della rivoluzione proletaria e l’esperienza dei primi paesi socialisti. Queste esperienze sono sintetizzate nel maoismo, fase superiore del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo.

2. Il fallimento del revisionismo moderno come politica proletaria è oggi manifesto a tutto il mondo: ogni sua pretesa di verità e di scientificità è stata smascherata dalla pratica.

Nei paesi socialisti i revisionisti moderni hanno per un lungo periodo cercato di restaurare pacificamente il capitalismo corrodendo e corrompendo passo dopo passo le istituzioni e le strutture della società socialista, rendendone impossibile il funzionamento, facendo marcire e incancrenire le contraddizioni, ridando spazio in campo economico, politico e culturale a tutti gli elementi e a tutte le pratiche arretrati ereditati dalla vecchia società borghese o feudale. Il progetto di restaurazione pacifica del capitalismo è però fallito grazie alla resistenza delle masse. I revisionisti moderni sono solo riusciti a precipitare i paesi socialisti nel caos e a condurre la situazione ad un punto tale che un nuovo scontro aperto si è reso inevitabile. I revisionisti moderni sono andati a gambe all'aria, il loro posto viene preso dai fautori aperti della restaurazione decisi a realizzarla a prezzo di ogni violenza e coercizione, a prezzo di qualsiasi sacrificio e sofferenza per le masse. La delimitazione dei fronti tra i fautori della ripresa dell'avanzata verso il comunismo e i fautori della restaurazione del capitalismo, le nuove "guardie bianche" e lo schieramento delle rispettive forze compongono il processo in corso nelle scaramucce di questi giorni.

Nei paesi imperialisti i revisionisti moderni hanno potuto sorgere ed affermarsi grazie alla fase di espansione e sviluppo economici avutasi nei trent'anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Essi sono stati gli organizzatori e gestori delle istituzioni e delle pratiche in cui il progetto di costruire un capitalismo dal volto umano si è concretizzato e sono stati i predicatori dell'illusione che esso potesse durare ed espandersi indefinitamente. Da quando c'è stata la svolta e la borghesia ha iniziato a smantellare una dopo l'altra le istituzioni e le pratiche del capitalismo dal volto umano, è venuto meno il terreno su cui i revisionisti moderni poggiavano, è iniziato il loro inarrestabile declino. Il riformismo ha perso la base reale (le conquiste economiche, politiche e culturali) che gli dava forza, è diventato e diventa ogni giorno di più riformismo senza riforme, velleità, avventurismo, discorso vuoto da cui le masse rifuggono. La forza dei gruppi e dei partiti riformisti e delle loro vecchie organizzazioni di massa (sindacati, ecc.) proviene proporzionalmente sempre meno dal sostegno delle masse e sempre più dai favori della borghesia. Ma la borghesia potrà sempre meno fare affidamento sui riformisti per governare le masse e quindi sempre meno elargisce ad essi i suoi favori, benché essi rimangano la sua risorsa estrema per dividere le masse in misura sufficiente per reprimerle con successo: essi aprono infatti la strada alla mobilitazione reazionaria delle masse.

Nei paesi semicoloniali la conciliazione con l'imperialismo ha mantenuto la maggior parte dei paesi semicoloniali in uno stato di arretratezza economica e culturale e di dipendenza e fragilità politica. Chiamati nel linguaggio degli imperialisti "paesi in via di sviluppo", la crescita economica e culturale è rimasta per la maggior parte di essi un miraggio. Lo sviluppo della crisi generale strappa giorno dopo giorno inesorabilmente il sipario dei "miracoli economici" e mette a nudo lo sfruttamento, la miseria, la fame e i crimini che la borghesia imperialista celava con esso. La dominazione dell'imperialismo e dei gruppi indigeni feudali e capitalisti-burocratici o compradori ha distrutto le condizioni sia pur primitive di sopravvivenza di larghe masse, ha gettato la maggior parte della popolazione mondiale (che abita in questi paesi) in uno stato di emarginazione e di sottoalimentazione cronica che la spinge sempre più all'emigrazione nei paesi imperialisti. In quasi tutti i paesi semicoloniali però sono cresciuti il proletariato e le forze rivoluzionarie. L'avidità e la rapacità dei banchieri imperialisti e dei loro servi locali fanno della rivoluzione di nuova democrazia l'unica via di sopravvivenza per le ampie masse.

3. La contraddizione tra il carattere collettivo delle forze produttive e i rapporti di produzione capitalisti è diventata più aperta e più acuta.

Il processo produttivo delle società attuali è diventato ancora più profondamente e diffusamente opera collettiva di un organismo mondiale; ogni parte di questo può funzionare solo se funzionano anche le altre e grazie al funzionamento di tutte le altre. Nei cinquant'anni trascorsi dalla conclusione della Seconda guerra mondiale sono stati ulteriormente ridotti gli ambiti dei sistemi autonomi individuali o locali di produzione. Sul piano economico il mondo è diventato in senso più stretto un organismo unico, anche se sempre più lacerato da contraddizioni proprio a causa del carattere capitalista dei rapporti tra le parti che lo costituiscono. L’unità del mondo creata dal capitalismo diventa più profonda, ma proprio per questo le forme borghesi di questa unità diventano sempre più una fonte di malessere, di sopraffazione, di ribellione, di guerre e di rivoluzione. I capitalisti e i loro seguaci pretendono infatti di basare ancora il funzionamento di un organismo del genere sul possesso individuale delle forze produttive e sul furto di tempo di lavoro altrui, come ai tempi in cui il funzionamento e il risultato delle forze produttive dipendeva principalmente dalle risorse e dall'energia del singolo individuo o gruppo che ne disponeva. È impossibile eliminare questa contraddizione se non si elimina il capitalismo: i contrasti che lacerano le singole società imperialiste e la società mondiale (ivi compresa in particolare la distruzione dell'ambiente che negli ultimi cinquant'anni è diventata una contraddizione universale) in definitiva derivano da questo contrasto fondamentale, anche se derivano da esso attraverso una serie di passaggi intermedi che a volte danno alle manifestazioni concrete apparenze del tutto diverse. La realtà è che quelli che hanno i soldi e quindi possono avere iniziativa economica, vogliono e devono guadagnare subito e tanto, il massimo e le masse devono sprecare le proprie energie per loro, distruggendo se stesse e le condizioni della propria vita.

4. La borghesia non ha alcuna possibilità di porre direttamente fine all’attuale crisi; può solo travolgere nuovamente il mondo in un lungo periodo di guerre e rivoluzioni di dimensioni che oggi non immaginiamo ancora.

Le strutture che dirigono il processo produttivo delle società attuali (il capitalismo monopolistico di Stato, il capitale finanziario, i monopoli) sono sovrastrutture,*(31) escrescenze del capitalismo vecchio stile fatto di capitalisti produttori, commercianti e banchieri, speculatori e profittatori, produttori e venditori di merci che costituiscono ancora il grosso delle società borghesi. Quelle strutture poggiano sulla larga base della produzione mercantile capitalista e della proprietà individuale capitalista delle forze produttive. Ogni associazione di capitalisti e ogni accordo tra capitalisti è quindi temporaneo, funzionale al profitto dei capitali individuali e minato dall'interno dalla contraddizione tra le frazioni individuali di capitale. La vantata capacità degli Stati e delle associazioni nazionali e internazionali di capitalisti di pianificare il movimento economico della società, di dirigerlo secondo un piano preventivamente tracciato, di controllare e dirigere il movimento economico, politico e culturale della società, insomma la pretesa di essere entrati in un nuovo modo di produzione, il neocapitalismo, che avrebbe superato i punti deboli del vecchio capitalismo, si rivela sotto i nostri occhi un'illusione di alcuni, una menzogna interessata di altri, un incubo allucinato di altri ancora.*(32) Il piano del capitale è esistito solo come vanteria delle teste d'uovo del capitale e come speculazione degli "operaisti'*(33) e dei loro maestri della "scuola di Francoforte".*(34)

5. La classe operaia è più numerosa e più diffusa nel mondo e la proletarizzazione è cresciuta. Vaste masse hanno avuto un’esperienza recente, pratica e diretta del socialismo.

La nuova crisi generale ha generato e genera una nuova situazione rivoluzionaria di lungo periodo. Le masse popolari sono spinte dalla condizione oggettiva a mobilitarsi e anche la classe dominante dovrà favorire la loro mobilitazione per far fronte ai propri problemi. Essa cercherà di mantenere la propria direzione su di esse sviluppando la mobilitazione reazionaria. Non ha altre strade. Compito dei comunisti nei prossimi anni è far prevalere la direzione della classe operaia nella mobilitazione delle masse, trasformandola così in mobilitazione rivoluzionaria, in lotta per il socialismo.

Come possiamo raggiungere questo obiettivo?

Le masse popolari si mobilitano per resistere al procedere della seconda crisi del capitalismo. Lo sconvolgimento materiale e spirituale oggi in corso tra le masse è il modo in cui esse cercano di far fronte alle situazioni di fronte alle quali li pone il procedere della crisi.

La resistenza delle masse al procedere della crisi comprende sia la difesa delle conquiste strappate (aspetto difensivo) sia la lotta contro il regime che le elimina (aspetto offensivo).*(35)

Questa è l’impresa che le masse devono compiere e su questo terreno si scontrano le due classi antagoniste, la borghesia imperialista per conservare il potere e la direzione sulle masse popolari e la classe operaia per conquistarli. Ciò definisce la linea generale del partito comunista nei prossimi anni:

Unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse oppongono ed opporranno al procedere della crisi generale del capitalismo, comprendere ed applicare le leggi secondo cui questa resistenza si sviluppa, appoggiarla, promuoverla, organizzarla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo, adottando come metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa.

L’applicazione conseguente di questa linea generale porterà il partito comunista a definire sulla base del bilancio dell’esperienza le linee particolari da applicare in ogni paese e fase per fase, le forme di lotta e le forme conseguenti di organizzazione (la via alla rivoluzione proletaria nel proprio paese).