Ritorna all'indice del Manifesto Programma

 

2.2.  Analisi di classe della società italiana

 

In campo economico la crisi generale in corso divide e sempre più dividerà la popolazione del nostro paese in due campi nettamente distinti e contrapposti:

-      da una parte quelli che riescono a vivere solo se riescono a lavorare: questi costituiscono il campo delle masse popolari;

-      dall’altra il campo della borghesia imperialista costituito da quelli che godono di tutti i vantaggi senza lavorare o che, se lavorano, non lo fanno per vivere, ma per aumentare la loro ricchezza.

Il lavoro condotto dal partito per raccogliere ed accumulare le forze rivoluzionarie mira a far coincidere il più possibile la contrapposizione in campo politico con la contrapposizione creata dalla crisi generale in campo economico. Più lo scontro politico diverge dallo scontro economico, maggiormente “la politica è sporca”, perché maggiore è il ruolo che hanno nella vita politica l’imbroglio, la corruzione, l’intimidazione, il ricatto, l’abbrutimento, la fatica, l’ignoranza, l’abitudinarismo, l’inerzia, l’isolamento, il clientelismo, la dipendenza personale e il pregiudizio. Quanto più esattamente lo scontro politico è il riflesso dello scontro economico, tanto più la lotta politica corrisponde alla lotta tra interessi veramente contrapposti e che il procedere della crisi generale rende antagonisti, tanto più avrà fine la “disaffezione delle masse dalla politica” e tanto più generosamente le masse popolari getteranno le proprie energie nella lotta politica.

La classe operaia offre a tutti quelli che appartengono al campo delle masse popolari una soluzione di vita e di lavoro, l’unica per alcuni e la migliore per altri, adeguata alle condizioni concrete della società moderna, corrispondente alle possibilità create dalle attuali forze produttive quando sono pienamente impiegate, nel modo più ragionevole che oggi possiamo concepire e realizzare, per il benessere materiale e spirituale di tutti e nell’ambito di un sistema sociale in cui “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti”.

Qual è la consistenza dei due campi e quali i rapporti all’interno di ognuno di essi?

 


 

2.2.1.  Borghesia imperialista

 

Il capitale finanziario unifica in qualche misura tutti i ricchi. Infatti nei paesi imperialisti ogni patrimonio, azienda e attività può essere trasformato in un patrimonio finanziario che frutta una rendita. Ai fini della lotta il partito deve però distinguere tra essi classi, strati e categorie: imprenditori, dirigenti d’azienda, finanzieri, redditieri (gente che vive di rendite), alti funzionari, alti prelati, grandi professionisti, ufficiali di livello superiore, ecc.

Ogni alto funzionario e dirigente della Amministrazione Pubblica o delle aziende private, ogni grande professionista, ogni artista di successo, ogni ufficiale di livello elevato, ogni amministratore di patrimoni o di enti di una certa grandezza, ogni prelato di alto rango, ogni uomo politico di successo, se non possiede già un patrimonio personale per eredità o stato sociale, in breve tempo lo accumula ed entra a far parte o della categoria dei redditieri o della categoria dei capitalisti e dei finanzieri dei vari settori dell’economia capitalista (società finanziarie, banche, assicurazioni, industria, commercio, agricoltura, servizi, ecc.).(112)

Senza commettere grandi errori possiamo ritenere che appartiene a questo campo ogni individuo proprietario di un patrimonio fruttifero non inferiore a 2 milioni di euro, su cui quindi percepisce o può percepire 100 mila euro di reddito annuo netto o che svolge mansioni e attività cui sono legati a qualsiasi titolo redditi annui netti non inferiori a 100 mila euro o che a tale reddito arriva combinando reddito da lavoro e reddito da capitale.

Il nostro paese è un paese imperialista, per di più centro del gruppo imperialista del Vaticano e della Chiesa Cattolica con le sue congregazioni e i suoi ordini. Un po’ più del 10% della popolazione appartiene a questo campo comprendendo anche i familiari dei titolari del patrimonio o dell’attività, quindi circa 6 milioni di persone.

Questo è il campo di coloro che sono nemici della rivoluzione socialista per condizioni oggettive, per i propri interessi personali. Essi godono dei privilegi che l’attuale ordinamento sociale riserva alle classi dominanti. Salvo eccezioni, è per loro spontaneo concepire l’attuale ordinamento sociale come il migliore dei mondi possibili. Ovviamente si possono avere casi di individui che “tradiscono” la propria classe e passano dalla parte delle masse popolari.

 

2.2.2.  Masse popolari

 

Le masse popolari comprendono l’intera popolazione meno quelli che appartengono al campo della borghesia imperialista. Le masse popolari sono quella parte della popolazione che per vivere deve lavorare, che quindi vive, almeno in parte, grazie al proprio lavoro e non può vivere solo grazie allo sfruttamento del lavoro altrui. Le masse popolari sono il campo più vasto a cui la classe operaia può aspirare a estendere la sua direzione man mano che la crisi generale procederà, benché questo campo comprenda anche classi attualmente nemiche della classe operaia. La classe operaia è una parte delle masse popolari.

Comprendendo anche i pensionati, gli invalidi e i familiari, complessivamente in Italia le masse popolari ammontano a 51 milioni di persone.(113)

 

a. Proletariato

Proletari sono i lavoratori che per vivere devono vendere la loro forza-lavoro e il cui reddito proviene almeno per la parte principale dalla vendita della propria forza-lavoro. In Italia ammontano a circa 15 milioni. Con i familiari e i pensionati fanno 36 milioni.

a1. Classe operaia

È costituita dai lavoratori assunti dai capitalisti per valorizzare il loro capitale producendo merci (beni o servizi).(114)

Occorre che chi li assume sia un capitalista (industriale, agricolo, dei servizi, banchiere, finanziere, ecc.) e che lo assuma non perché presti servizi personali né in fondazioni, enti “senza fine di lucro”, ma in un’azienda il cui scopo principale è la valorizzazione del capitale.

Tra gli operai esistono divisioni oggettive politicamente importanti, come lavoratore semplice e lavoratore qualificato, operaio e impiegato, operai di città e operai di località di campagna; divisioni determinate dal possesso di redditi non da lavoro, dalle dimensioni dell’azienda, dal settore cui l’azienda appartiene, dal sesso, dalla nazionalità, ecc. Da sottolineare che non sono operai quei dipendenti di aziende capitaliste il cui lavoro è, almeno per una parte rilevante, lavoro di direzione, organizzazione, progettazione e controllo del lavoro altrui per conto del capitalista (per dare un indice rozzo ed approssimativo, ma semplice, possiamo ritenere che appartengano a questa categoria tutti i dipendenti che ricevono un salario o stipendio annuo netto superiore a 50 mila euro).(115)

Gli operai così indicati in Italia sono circa 7 milioni (di cui quasi 1 milione lavorano in grandi aziende, con più di 500 dipendenti). Comprendendo i familiari e i pensionati fanno 17 milioni.

Questa è la classe operaia che dirigerà la rivoluzione socialista. Il partito comunista è il suo partito.

a2. Altre classi proletarie

Gli appartenenti alle classi sotto indicate sono gli alleati più vicini e più stretti della classe operaia. Molti lavoratori nel corso della loro vita passano da una di queste classi alla classe operaia e viceversa. Ciò rafforza ulteriormente i legami di queste classi con la classe operaia (e porta nella classe operaia pregi e difetti di queste classi).

In Italia ammontano a circa 8 milioni. Con i familiari e i pensionati fanno 19 milioni. Si dividono nelle seguenti tre classi principali:

-    i dipendenti (esclusi i dirigenti) della Amministrazione Pubblica centrale e locale e degli enti parastatali;

-    i lavoratori impiegati in aziende non capitaliste (aziende familiari, artigiane e altre aziende che i proprietari creano e gestiscono non per valorizzare un capitale, ma per ricavare un reddito);

-    i lavoratori addetti ai servizi personali (camerieri, autisti, giardinieri, ecc.).

 

b. Classi popolari non proletarie

La crisi generale pone e sempre più porrà queste classi nell’alternativa: accettare la direzione della classe operaia o confluire nella mobilitazione reazionaria? Sono classi piuttosto diverse tra loro ed eterogenee al loro interno, con legami con il proletariato e legami con la borghesia imperialista. Vi si distinguono due grandi gruppi. Uno è formato dai lavoratori (sempre meno) autonomi che sono proprietari dei mezzi del proprio lavoro (artigiani, contadini, bottegai, trasportatori, ecc.). L’altro è formato da quei lavoratori formalmente dipendenti ma con alte qualifiche che forniscono prestazioni nelle quali non sono facilmente rimpiazzabili. Essi hanno più la caratteristica di venditori di servizi che di proletari.

Quale sarà il loro atteggiamento pratico nello scontro futuro, sarà deciso principalmente dalla lotta politica tra classe operaia e borghesia imperialista. Sono classi che tendono a seguire il più forte. Di sicuro per ora c’è che non potranno nel futuro continuare a vivere come nel passato.

In Italia ammontano a circa 6 milioni. Con i familiari e i pensionati fanno 15 milioni. Comprendono le seguenti sette classi principali:

-      lavoratori autonomi che ordinariamente non impiegano lavoro altrui;

-      proprietari di aziende individuali o familiari il cui reddito proviene in parte rilevante dal proprio lavoro e solo in misura minore dallo sfruttamento di lavoro altrui;

-      piccoli professionisti, soci di cooperative di produzione e affini;

-      lavoratori dipendenti che nelle aziende svolgono il lavoro di quadri di livello inferiore e quindi in parte partecipano ai ruoli propri del capitalista (indice grossolano: reddito annuo netto compreso tra 50 e 100 mila euro);

-      risparmiatori e piccoli proprietari (con redditi non da lavoro inferiore a 50 mila euro netti annui);

-      persone che tra redditi da lavoro e redditi da capitale incassano tra 50 e 100 mila euro netti all’anno;

-      persone che “sbarcano il lunario in qualche modo” (sottoproletari, extralegali poveri, prostitute, ecc.).

 

2.2.3.  Conclusioni all’analisi di classe

 

Questa analisi di classe è approssimativa non solo nelle cifre (le statistiche statali non permettono di fare molto di più), ma anche nelle categorie. Il lavoro di inchiesta del partito permetterà di verificare, raffinare, correggere questa analisi. Si tratta di rendere più concreta la nostra conoscenza delle relazioni economiche in cui le singole persone sono inserite e dei modi in cui le singole persone si procurano da vivere.

Tra i propri criteri di lavoro il partito annovera anche quello di definire costantemente e in ogni caso, nel modo migliore possibile, la classe di origine di ogni suo membro e la classe a cui appartiene ogni membro di organizzazione di massa, ogni collaboratore, i gruppi in cui svolge il suo lavoro. Questa pratica aiuterà sia a condurre meglio il lavoro specifico, sia a completare e migliorare l’analisi di classe della società (sull’analisi di classe si basa tutto il lavoro del partito) e a comprendere meglio sia il legame tra la condizione oggettiva di classe e lo schieramento politico sia le leggi secondo cui la prima si trasforma nel secondo.

 

----------

 

Note

 

112.  (pag. 168)

Un patrimonio, quale che sia la sua natura, è fruttifero se dà o può effettivamente dare un reddito corrispondente a quello che dà un patrimonio finanziario di eguale valore. Ciò esclude dalla nostra considerazione ad es. la casa “di inestimabile valore” che un individuo possiede per eredità in una data zona, ma che per lui è un bene di consumo e non un patrimonio fruttifero. Nella nostra analisi il patrimonio è importante perché individua le persone che vivono o possono “vivere bene” anche senza lavorare loro, che possono vivere del lavoro altrui, che quindi sono effettivamente libere di decidere cosa fare nella loro vita, non sono costrette a vendere la propria forza-lavoro XE “forza-lavoro”  per vivere.

Si assume grossolanamente che un individuo che ha un reddito annuo netto di 100 mila euro, quale che sia la fonte da cui gli proviene (quindi anche se all’origine ci fosse una sua prestazione personale, come ad es. nel caso di un calciatore, di un professionista, ecc.), possa nel giro di alcuni anni accumulare un patrimonio per cui non è più costretto a svolgere né quella né altra attività per “vivere bene”. D’altra parte un individuo che percepisce un reddito annuo netto di 100 mila euro ha relazioni sociali tali da consentirgli di accumulare un patrimonio mobiliare o immobiliare che lo fa rientrare rapidamente nella borghesia imperialista.

 

113.  (pag. 169)

Tra i familiari sono inclusi i minori (circa il 15% della popolazione ha meno di 16 anni), gli studenti, i conviventi che non ricevono un reddito personale dal lavoro che svolgono (es. le casalinghe) o che non ne svolgono alcuno: in Italia secondo fonti ufficiali almeno 3 milioni di persone, oltre i disoccupati ufficiali, vorrebbero svolgere un lavoro. I pensionati sono classificati in base alla classe cui appartenevano quando lavoravano.

 

114.  (pag. 169)

Operaio e lavoratore produttivo di plusvalore XE “plusvalore”

Per comprendere cosa i marxisti intendono per operaio o lavoratore produttivo di plusvalore XE “plusvalore”  vedere K. Marx, Il capitale, libro 1 cap. 14. Coloro che riducono gli operai ai lavoratori manuali del settore industriale sostituiscono al marxismo XE “marxismo”  una concezione materialista volgare, confortati in questa operazione dal dogmatismo che resta fermo a una identità che cento anni fa era ancora empiricamente grossomodo valida.

 

115.  (pag. 170)

I proletari tipici sono genericamente lavoratori che possono vivere solo vendendo la loro forza-lavoro XE “forza-lavoro”  e che svolgono un’attività che può essere svolta da gran parte degli adulti, previo un periodo relativamente breve di addestramento. Essi di conseguenza vendono la loro forza-lavoro in concorrenza con un gran numero di lavoratori. Le qualifiche e i settori di appartenenza dividono i proletari. Ad un estremo vi sono quelli senza alcuna qualifica, semplice manodopera. All’altro estremo vi sono quelli che per l’abilità acquisita o le doti naturali sono difficilmente rimpiazzabili, hanno un quasi monopolio delle prestazioni che compiono. Questi ultimi sconfinano nelle masse popolari non proletarie. Diventano più venditori di servizi che venditori di forza-lavoro.