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Comunicato CC 20/2013 - 9 maggio 2013
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La crisi in corso,
l’Unione Europea e come la sinistra
borghese intralcia la lotta delle masse popolari
La crisi attuale è la
crisi del capitalismo!
Sull’economia reale capitalista del mondo
intero grava attualmente una massa enorme di capitale finanziario che la usa per
le sue operazioni e le succhia risorse
(denaro, capitali, funzionari e sacerdoti del capitale)
in misura crescente fino a renderne stentata e precaria la vita.
Si tratta di una massa di denaro, depositi, titoli di proprietà o
d’assicurazione e affini che tutto compreso ammontano a circa 10 milioni di
miliardi di dollari in valore nominale.
Essa si è formata negli
ultimi decenni come rimedio per salvare l’economia reale capitalista, quella
dove i capitalisti fanno lavorare manodopera a produrre beni e servizi, dagli
effetti della sovraccumulazione assoluta di capitale. Già nei primi anni ’70 del
secolo scorso questi effetti incominciavano a turbare nuovamente l’economia
capitalista mondiale con manifestazioni che allora vennero sintetizzate con il
termine stagflazione (“l’acqua c’è, ma il cavallo non beve”). Se nei paesi
imperialisti i capitalisti avessero continuato a investire nell’economia reale
tutto o anche solo gran parte del capitale che venivano accumulando nelle loro
mani, l’economia reale capitalista sarebbe stata rapidamente sconvolta e il
movimento comunista, allora ancora forte, avrebbe ripreso nuovo slancio anche
nei paesi imperialisti. Per alcuni decenni operazioni finanziarie di forme
svariate, vecchie alcune e altre nuove, hanno fornito ai capitalisti un terreno
d’investimento alternativo all’economia reale che così hanno preservato dalla
crisi. La borghesia imperialista ha costituito
istituzioni (società finanziarie, fondi d’investimento, banche, borse, ecc.) che
lo manovrano, lo creano e lo alimentano e ha creato e consolidato una rete di
conseguenti relazioni nazionali e internazionali tra proprietari, amministratori
e alti funzionari civili e militari del mondo intero, facenti capo alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti.
Il capitale finanziario è arrivato così a
costituire una massa enorme che oggi
ammonta già a circa 100 volte il PIL mondiale
(l’indice, grossolano ma pur sempre significativo, del volume delle transazioni
commerciali (degli scambi) e degli atti di compra-vendita che si fanno in un
anno nel mondo, ottenuto sommando l’importo in denaro di ogni transazione). È
una massa che, nata dall’economia reale, è
legata ad essa da mille fili e grava ora su di essa come una sua escrescenza
animata da un insieme di società finanziarie, banche e fondi d’investimento
proprietà di alcuni milioni di persone fisiche o giuridiche (che fanno comunque
capo direttamente o indirettamente a persone fisiche che le amministrano), che
costituiscono una rete di istituzioni e centri di potere che si contrappongono
l’uno all’altro e contemporaneamente collaborano.
Ognuno dei possessori (dei titolari e degli amministratori) considera la
sua parte come capitale che vuole e deve valorizzare. Complessivamente quindi
oggi i titolari e amministratori del capitale finanziario vorrebbero valorizzare
10 milioni di miliardi di dollari. Per valorizzare tutto il capitale
finanziario, anche solo al 2% all’anno, servirebbero 200 mila miliardi di
dollari, il doppio del PIL mondiale (che attualmente è di circa 100 mila
miliardi di dollari). È quindi facilmente
comprensibile che la valorizzazione di questa enorme massa di capitale
finanziario dà luogo a difficoltà, contrasti, manovre e operazioni di vario
genere. La valorizzazione avviene spremendo denaro dall’economia reale fino a
soffocarla, creando legalmente e illegalmente nuovo denaro e cannibalizzando una
parte del capitale finanziario stesso (ogni circostanza è buona per far fuori
concorrenti: così nel 2008 Goldman Sachs eliminò Lehman Brothers), tra contrasti
crescenti e laceranti.
Come avviene di fatto la valorizzazione del capitale finanziario?
L’economia reale, quella che produce beni e servizi, oggi è ancora in
larga misura economia monetaria capitalista.
Finché resta tale, essa è costretta dalle leggi e dalle relazioni di
proprietà e creditizie a contribuire a valorizzare il capitale finanziario
pagando ogni anno profitti, interessi sul credito corrente e sul debito pubblico
e privato, affitti, imposte, tasse e restituendo quote del debito pubblico e
privato in scadenza e a sottostare alle regole del capitale finanziario da cui
attinge capitali. In ogni paese le cui autorità sono ligie alla Comunità
Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, esse
vegliano al rispetto di quelle leggi e relazioni. Il capitale impiegato nella
produzione di beni e servizi è asservito al capitale finanziario e da esso
schiacciato; gli operai sono spremuti (Marchionne ha rubato perfino i dieci
minuti di pausa); le masse popolari sono via via immiserite e gettate ai margini
dell’attività economica a vivere di ripieghi, sotterfugi e sussidi
(ammortizzatori sociali). Ma non basta. Le vie principali per valorizzare il
capitale finanziario sono infatti cinque:
1. spremere le masse popolari (riducendo salari e pensioni, aumentando
tariffe e prezzi),
2. spogliare con procedure legali (fiscali e altre) e illegali
(investimenti fallimentari e crolli di borsa) i proprietari di risparmi (il ceto
medio),
3. buttare a mare (far fallire) una parte dei possessori (le vittime
sacrificali, i calimeri) di capitale finanziario (crolli di borsa, fallimenti),
4. creare nuovo denaro (FED, BCE, le banche centrali di altri paesi
imperialisti: Giappone in testa),
5. creare nuovi titoli finanziari (finanza creativa).
Se qualcuno non sta al gioco, bisogna rifare tutto e decidere chi
soccombe. A lungo andare ... “non preoccupatevi, noi saremo tutti morti”, diceva
Keynes ai capitalisti del suo tempo. Ma intanto le masse popolari ci vanno di
mezzo, le aziende capitaliste chiudono, riducono o delocalizzano, l’economia
reale va a pezzi, la società si disgrega, disoccupazione, precarietà e
criminalità imperversano, anche nelle masse popolari l’abbrutimento cresce in
proporzione inversa allo sviluppo della loro mobilitazione rivoluzionaria.
Il processo di valorizzazione del capitale finanziario funziona comunque
solo finché una parte sufficiente dei paesi che hanno un ruolo rilevante
nell’economia mondiale sono governati da autorità ligie alle istituzioni (in
sostanza americane ed europee) del sistema finanziario mondiale. I paesi che si
sottraggono al gioco (dal Venezuela alla Corea del Nord, dall’Argentina alla
Siria, da Cuba all’Iran, dalla Libia alla Bolivia, ecc., ecc.), sono messi al
bando della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti come “paesi canaglia”, sono colpiti da sanzioni economiche (commerciali
e finanziarie), da manovre di destabilizzazione politica, da aggressioni
camuffate da guerre civili (colpi di Stato, rivolte, “rivoluzioni”, ecc.) e da
aggressioni aperte da parte degli Stati imperialisti o per l’interposta persona
di Stati loro amici e clienti. È ovvio però che le manovre delle istituzioni e
dei governi della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei,
americani e sionisti diventano tanto più difficili quanto più il sistema
economico del “paese canaglia” è intrecciato (ad esempio per le forniture di
materie prime) con il sistema economico della sopraddetta Comunità
Internazionale. Ancora più difficili se sono il sistema monetario e il sistema
finanziario del “paese canaglia” a essere intrecciati con quelli della Comunità
Internazionale: per colpire il “paese canaglia” la Comunità internazionale deve
colpire nella propria carne viva, una parte delle sue proprietà e delle sue
relazioni: un combattimento ravvicinato, “corpo a corpo”, dalle conseguenze
laceranti per la stessa Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei,
americani e sionisti.
Cipro, l’Islanda, l’Argentina hanno mostrato, in tempi e su scala diversi,
che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti ha una gran paura che le autorità di qualche paese non stiano al gioco,
rifiutino di pagare e sottostare alle sentenze a cui i caporioni sono arrivati e
che aggravino per questa via i contrasti tra loro. Hanno soprattutto paura che
chi si mette su questa strada contagi altri. Se le autorità di qualcuno dei
paesi importanti non stessero al gioco, tutta la baracca finanziaria mondiale
sarebbe sottoposta a scombussolamenti ancora più gravi degli attuali, perché
aumenterebbero i fallimenti di istituzioni finanziarie e di banche e nessuno
vuole essere lui a fallire. Fin che possono si tengono in piedi e fanno fallire
i calimeri (i Lehman Brothers) della situazione. Da qui anche i rapporti tesi
tra la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti da una parte e dall’altra le autorità di paesi come la Cina e la Russia
che, per motivi e in misura diversi, mantengono una certa indipendenza da essa.
Questo conferma che un governo italiano (come il GBP) non succube alla
Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti,
proprio grazie all’intreccio tra il sistema monetario e finanziario
internazionale e quello nazionale avrebbe in mano armi potenti nella sua lotta
contro la Comunità Internazionale, come abbiamo già illustrato nel
Comunicato CC 10/2013
dello scorso 8 marzo.
Nel nostro paese la crisi attuale si
presenta principalmente come una crisi finanziaria (debito e deficit della
Pubblica Amministrazione) e bancaria che obbligherebbe le autorità della
Repubblica Pontificia ad adottare una politica di riduzione della spesa pubblica
e di aumento delle imposte e delle tasse. Questa politica sarebbe la causa della
recessione: riduzione dei posti di lavoro, del reddito e dei consumi delle masse
popolari, degli investimenti e delle attività produttive.
La Repubblica Pontificia ha ampiamente
sterilizzato ma non abolito le forme della democrazia borghese: le elezioni
svolgono ancora un ruolo nella lotta tra i gruppi della classe dominante e in
qualche misura mobilitano le masse popolari e interferiscono con la lotta di
classe. Quindi le autorità della Repubblica Pontificia giustificano le misure
antipopolari come imposizione delle istituzioni dell’Unione Europea. Ma queste
istituzioni loro stesse le hanno create e le tengono in piedi d’accordo con le
autorità degli altri paesi europei. In ogni paese europeo oggi la borghesia
giustifica come imposizione esterna la sua volontà e i suoi interessi. Maschera
l’antagonismo che la contrappone alle masse popolari del suo stesso paese come
contrapposizione tra paesi. La Germania viene additata come responsabile della
crisi, perché già all’inizio di questo secolo, con il governo del
socialdemocratico Schröder la borghesia imperialista tedesca è riuscita ad
asservire la massa dei lavoratori tedeschi ai propri progetti di far fronte alla
crisi montante del capitalismo concentrando nelle proprie mani la produzione di
beni che esporta in tutto il mondo scalzando i concorrenti e ha instaurato sui
lavoratori tedeschi e immigrati un sistema di crescente abbrutimento al servizio
dei capitalisti. Proprio questa è la particolarità della posizione della
borghesia imperialista tedesca nel mondo.
Questo intreccio di relazioni lo capisce
bene solo chi non affronta i singoli problemi uno a uno e ognuno solo dal punto
di vista della sua “attualità”, ma affronta ognuno di essi come aspetto
particolare della situazione generale, rivolge il suo sguardo allo sfondo
generale di quel quadro su cui incidono i singoli provvedimenti pratici,
affronta la situazione non come un insieme di punti (un male e il suo rimedio)
sconnessi, ma come una questione generale e di principio, composta di vari
aspetti. In una parola, chi ha una visione scientifica e quindi dialettica della
situazione. Per chi non impiega il materialismo dialettico il mondo attuale è
incomprensibile e i suoi discorsi parole in libertà, narrazioni, affabulazioni,
creazioni di fantasia, congetture.
Essere materialisti dialettici infatti vuol
dire considerare in ogni cosa la trasformazione in corso, quindi la sua storia e
le relazioni che la legano al resto. Quindi vuol dire fare una politica di
principio, invece che navigare a vista, invece che limitarsi ad approfittare
delle opportunità che via via si presentano e trovare a naso soluzioni per
tirare in lungo.
Questa è la situazione dal lato del capitale e della borghesia
imperialista. Cosa succede nel campo delle masse popolari?
Dopo che le elezioni dell’ultimo febbraio
hanno confermato l’estromissione dal parlamento della Repubblica Pontificia (e
dai suoi pingui benefici) di gran parte dei personaggi [dico gran parte perché
ne restano alcuni in SEL e forse perfino nel PD] che si reclamano alla
sinistra borghese e alcuni perfino
(udite, udite!) al comunismo, nei gruppi della
sinistra borghese e nei gruppi sedicenti comunisti, tra i residuati
del revisionismo moderno di togliattiana o berlingueriana memoria, in Rete dei
Comunisti, Sinistra Popolare, Comunisti Uniti e altri, si è innescato un
dibattito sul che fare e forse anche sul bilancio del movimento comunista. È un
dibattito ancora disordinato e non può che essere così, visto da dove partono e
che ancora si ostinano a non tener conto del bilancio e dell’elaborazione che il
nuovo Partito Comunista Italiano ha fatto e che è riassunto nel suo
Manifesto Programma.
Ma è un dibattito proficuo, che può dare grandi frutti. Infatti se si affronta
l’esame delle situazione come una questione generale di principio, con una
concezione materialista dialettica del mondo, si capisce cosa fare.
La sinistra borghese è quella congerie di uomini politici, di
sindacalisti, di preti di buon cuore e di intellettuali che denunciano e persino
si indignano di fronte ai mali della società borghese, ma vi oppongono misure,
regole e leggi che restano all’interno delle relazioni proprie della società
borghese, costruite attorno e sulle fondamenta delle aziende capitaliste che
producono beni e servizi per valorizzare il proprio capitale (fare profitti). E
proprio per questo per lo più restano misure, regole e leggi sulla carta, perché
“i mali della società borghese” non esistono a caso, non sono sconnessi tra loro
(semplicemente e a caso l’uno accanto all’altro), né sono venuti al mondo
principalmente ognuno per l’ignoranza o la malvagità personale dei suoi fautori
e promotori. Grazie al materialismo dialettico abbiamo imparato che ognuno di
essi è uno sviluppo naturale (cioè conforme alla natura) della società borghese
ed è organicamente connesso agli altri suoi aspetti. Se accettate il maiale,
dovete accettare anche il suo odore! Nel migliore dei casi lo correggerete con
un po’ di profumo che fa quel che può!
Quali sono attualmente le parole d’ordine e
le più o meno coerenti analisi della situazione correnti tra i leader dei gruppi
più combattivi della sinistra borghese
e negli ambienti popolari e anche operai che subiscono la loro influenza
ideologica?
L’Unione Europea è il nostro problema! Farla finita con l’Unione
Europea per farla finita con la crisi! La politica di austerità ci è imposta
dall’Europa e dalla finanza mondiale! Rovesciare questa Europa! Sottrarsi al
diktat della Germania! Ristabilire l’autonomia nazionale in campo monetario!
Coalizzare i paesi deboli dell’Unione Europea e costituire con loro una
miniEuropa (l’ALIAS dei PIIGS patrocinata da Luigi Vasapollo, Paolo Leon, Tonino
Perna e altri)! Lanciare un programma di spese pubbliche finanziate in deficit
(New Deal, politiche keynesiane e simili di cui sono fautori Luciano Gallino e
altri eminenti personalità)!
Quali che siano le buone intenzioni dei
loro fautori, queste e simili parole d’ordine con le analisi corrispondenti
mascherano il fatto che la crisi attuale è una crisi del capitalismo: è
diventato impossibile per l’umanità continuare a produrre e riprodurre le
condizioni della propria esistenza tramite il sistema delle aziende capitaliste
e le connesse relazioni di compra-vendita della forza lavoro. La crisi attuale è
una crisi del sistema di relazioni sociali e del sistema di relazioni
internazionali che è cresciuto sulle fondamenta delle aziende capitaliste e
poggia su di esse. È una crisi che obbliga l’umanità a trasformare radicalmente
il suo sistema di vita, le relazioni e concezioni connesse: in questo senso
chiude un’epoca della sua evoluzione e ne apre un’altra.
I fautori di quelle parole d’ordine invece
indicano come causa della crisi la gestione della politica monetaria o
finanziaria fatta dalle istituzioni delle UE e in particolare dalla BCE o dalla
Troika (i fautori della miniEuropa PIIGS e i fautori dell’autonomia monetaria
nazionale) o le scelte delle autorità della Repubblica Pontificia in materia di
politica della spesa pubblica (i fautori di New Deal e di politiche keynesiane
che, travisando la storia, dicono
che nella prima parte del secolo scorso avrebbero dato soluzione alla prima
crisi generale del capitalismo). Conseguentemente indicano soluzioni che se
anche fossero applicate o non avrebbero alcun effetto o accentuerebbero i
contrasti tra governi e paesi fino alla guerra.
È facile infatti capire che le proposte di creare nuove
comunità monetarie e finanziarie (come ad esempio l’area ALIAS dei PIIGS
sostenuta dal prof. Luciano Vasapollo (vedi
Il risveglio dei maiali, Jaca Book
2012) e da Rete dei Comunisti) o di ristabilire l’autonomia monetaria nazionale
(come sostenuto ad esempio dal Movimento Popolare di Liberazione - MPL) sono
dettate dall’illusione che la crisi attuale sia una crisi causata dal disordine
del mondo finanziario o dalla cattiva gestione del sistema monetario. Infatti
l’autonomia della nuova area monetaria e finanziaria (nazionale o internazionale
che fosse) non porrebbe fine alla crisi dell’economia reale, sarebbe soggetta
alle costrizioni imposte dai più forti sistemi monetari e finanziari del dollaro
e dell’euro e nascerebbe gravata dalle condizioni imposte da questi per una
separazione consensuale. Il vantaggio che comporterebbe per il nostro paese
un’area monetaria e finanziaria indipendente dal sistema dell’euro, sarebbe la
possibilità di svalutare rispetto all’euro e al dollaro, quindi di accrescere la
competitività delle merci italiane rispetto a quelle di altri paesi e di
lanciarci in una guerra commerciale (il cui esito dipenderebbe da quello che
farebbero i concorrenti dei capitalisti italiani). In sostanza si tratta di
proposte basate su una alleanza interclassista (in pratica sulla sottomissione
delle masse popolari alla borghesia e al clero) all’interno e sulla competizione
internazionale: “il programma dei Marchionne sia pure adottato e gestito dai
Landini”.
La soluzione della crisi che affligge le masse popolari italiane e quelle
di tutti gli altri paesi in definitiva sta nel superamento dell’economia
capitalista, nel superamento dell’economia monetaria, nel superamento
dell’economia commerciale: cioè nell’instaurazione del socialismo. In tutti i
paesi i comunisti devono mobilitare le masse popolari a condurre immediatamente,
da subito, iniziative che portino a questa soluzione. Quello che cambia da paese
a paese è la via per arrivare all’instaurazione del socialismo, cioè le
condizioni e le forme della lotta di classe e della rivoluzione socialista. È
principalmente facendo la rivoluzione nel proprio paese che i comunisti
contribuiscono alla nuova ondata della rivoluzione proletaria che avanza in
tutto il mondo. Noi comunisti italiani dobbiamo assumere le nostre
responsabilità, consapevoli che il primo paese imperialista che romperà le
catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani
e sionisti, aprirà la strada anche agli altri, tanto più nel caso dell’Italia
che è la sede della Corte Pontificia e della sua Chiesa, uno dei pilastri del
sistema imperialista mondiale.
Nel nostro paese la via è quella della costituzione del governo
d’emergenza delle masse popolari organizzate, il
Governo di Blocco Popolare.
Questo nel nostro paese è la primo passo verso l’instaurazione del socialismo.
Le masse popolari organizzate lo possono fare. Il compito dei comunisti
sta nel promuovere da subito, partendo dallo stato soggettivo e oggettivo
attuale, la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari. I comunisti
devono costituirsi in Partito per elaborare le concezioni e i metodi e
raccogliere le forze necessarie a svolgere questo compito.
Avanti quindi nel consolidamento e
rafforzamento del nuovo Partito Comunista Italiano!
Costituiamo nella clandestinità Comitati di
Partito in ogni azienda, in ogni scuola, in ogni istituzione civile e militare
dello Stato, in ogni località!
Chi immagina e auspica che le masse
popolari combattano senza partito comunista, finisce per denigrare le masse
popolari di essere passive e rassegnate, per scoraggiarsi o addirittura per
passare dalla parte della borghesia imperialista. Man mano che il partito
comunista si rafforzerà e si porrà
all’altezza dei suoi compiti, crescerà anche la mobilitazione delle masse
popolari: sotto la sua direzione le masse popolari combatteranno fino
all’instaurazione del socialismo!
Le masse popolari organizzate e solo le masse popolari
organizzate possono porre fine alla crisi del capitalismo!
Moltiplicare il numero delle Organizzazioni Operaie e
Popolari, promuovere la costituzione di reti di OO e OP, rafforzarle
politicamente perché ogni OO e OP si ponga l’obiettivo della costituzione del
Governo di Blocco Popolare come contesto nazionale indispensabile del
raggiungimento del suo obiettivo particolare!
Adottare ad ogni costo dovunque le misure anche solo
provvisorie utili per far fronte subito almeno agli effetti economici,
ecologici, sanitari, morali e intellettuali più devastanti della crisi generale
del capitalismo!
Diffondere e rafforzare ogni iniziativa adatta a tenere
aperte le aziende che i capitalisti vogliono chiudere, a riaprire quelle che
hanno chiuso, a crearne di nuove in modo da realizzare la parola d’ordine: a
ogni adulto un lavoro utile e dignitoso!
Le OO e OP devono prendere in mano le aziende: dalla FIAT di
Termini Imerese, all’Irisbus di Avellino, all’Ilva di Taranto, alla FIAT di
Pomigliano, alle aziende partecipate di Napoli e della Campania, alla Richard
Ginori di Firenze, alla Ri-Maflow di Milano, ecc. ecc.: nessuna azienda deve
essere chiusa!
Indurre le Amministrazioni locali a usare le loro risorse e
il loro potere per creare aziende partecipate e attuare le parole d’ordine “a
tutti un lavoro utile e dignitoso”, “A ogni individuo quanto è necessario per
una vita dignitosa”!
Prendere in mano il sistema produttivo convertendo le
produzioni nocive agli uomini o all’ambiente nella produzione di merci e servizi
utili in misura adeguata a soddisfare i bisogni interni e le relazioni
internazionali!
Mobilitare le masse popolari e organizzarle a prendere in
mano e migliorare i servizi, la manutenzione del patrimonio immobiliare e delle
strutture pubbliche e la protezione del territorio e dell’ambiente!
Rafforzare i movimenti per la difesa dell’ambiente e della
salute e contro il riarmo e la guerra: dal NOTAV della Val di Susa al NOMUOS di
Niscemi!
Far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia la
costituzione del Governo di Blocco Popolare!
I Parlamentari del M5S devono costituirsi in Governo Ombra!
In tutto il paese e a ogni livello le persone autorevoli e
gli organismi che godono di qualche prestigio tra le masse popolari devono
costituirsi in Comitati di Salvezza Nazionale!
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Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste nell’usare TOR [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html].