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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Comunicato CC 27/2013 - 24 giugno 2013

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Da Brasilia a Pomigliano!

Succedono in questi giorni fatti di grande importanza. Non nel senso che decidono quale strada prenderemo. Ma di grande importanza per le lezioni che danno a noi comunisti e a tutti quelli che nel campo delle masse popolari cercano una via d’uscita alla crisi del capitalismo.

 

1. La crisi del capitalismo è generale. Le rivolte in corso in Turchia e in Brasile ci confermano questa verità.

Esse smentiscono la tesi che i paesi emergenti (BRICS e altri) sono esclusi dalla crisi del capitalismo, che quindi non sarebbe generale. Tesi che si basa sul fatto che nei paesi che il capitale della Comunità dei paesi imperialisti europei, americani e sionisti ha invaso negli anni passati, il PIL cresce a ritmi vistosi. Tesi che ha qui da noi il grande ruolo pratico di facilitare la strada a varie linee politiche che deviano le masse popolari dei paesi imperialisti verso l’aggressione di altri paesi distogliendole dalla lotta di classe. La colpa della crisi che le colpisce è della Germania, della Cina, ecc. ecc., di tutti salvo che della borghesia imperialista del proprio paese e della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti di cui essa fa parte.

La crisi del capitalismo è generale nel senso preciso che è una crisi che riguarda tutti i paesi, tutto il mondo. Il contrario di questa tesi è la tesi che la crisi in corso riguarda solo i paesi imperialisti, detti anche paesi a capitalismo maturo o vecchi paesi capitalisti. E non è un caso che la sinistra borghese preferisce queste denominazioni a quella di paesi imperialisti. Perché esse non implicano esplicitamente (quindi in qualche modo attenuano, nascondono, fanno dimenticare) il fatto che questi paesi non sono isolati dal resto del mondo. Al contrario, uno dei loro tratti specifici è che la loro classe dominante, la borghesia imperialista con la sua succursale del clero cristiano e in particolare cattolico romano, ha sottoposto tutto il mondo al proprio dominio e lo ha sottomesso e lo sottopone a un sistema unificato di sfruttamento in cui essa si prende la parte del leone.

La crisi in corso è una crisi strutturale nel senso preciso che è una crisi della base economica della società borghese, vale a dire del sistema di produzione di beni e servizi fatta in aziende capitaliste che il capitalista crea e fa funzionare per valorizzare il suo capitale. La crisi in corso è una crisi finanziaria nel senso preciso che per circa trenta anni (1975-2007) il sistema imperialista mondiale ha evitato il precipitare della crisi strutturale (negli anni ’70 la chiamarono stagflazione, combinazione di stagnazione e inflazione) gonfiando il capitale finanziario finché questo è cresciuto a un livello tale e ha assunto nel mondo un ruolo tale che a partire dal 2007 ha dato luogo alla crisi finanziaria che ora si riversa sull’economia reale schiacciandola. Quindi la crisi finanziaria deriva dalla crisi strutturale. La crisi in corso è una crisi sistemica nel senso preciso che in ogni paese sconvolge l’intero sistema di relazioni sociali e sconvolge il sistema delle relazioni internazionali.

Crisi significa che le cose non possono più riprodursi come si sono riprodotte nei decenni passati, le classi dominanti non riescono più a governare nei modi in cui lo hanno fatto finora e le masse popolari non possono più vivere come vivevano. Quindi il mondo cambierà. Come cambierà, dipende da noi.

 

2. I due sabati di blocco della FIAT a Pomigliano hanno confermato che in ogni lotta seria delle masse popolari, in definitiva dirige chi ha una visione più lungimirante, lancia le parole d’ordine meglio corrispondenti al percorso che le masse popolari hanno bisogno di compiere, si dà i mezzi per portare le sue parole d’ordine alle masse che ne hanno bisogno.

FIOM, SLAI Cobas e Comitato di Lotta Cassaintegrati e Licenziati (CLCL) hanno per due sabati stretto d’assedio la FIAT per la prima volta insieme. L’aspetto principale del fatto è che i tre organismi hanno collaborato.

Nei paesi imperialisti, e in Italia più che in molti altri, ci sono organizzazioni di massa (es. CGIL, FIOM, ARCI, ecc.) che sono il risultato del lungo periodo di decadenza subito dal movimento comunista dopo che negli anni ’50 i revisionisti moderni ne hanno preso la direzione. Esse ora collaborano con la borghesia e il clero, sono un puntello importante del loro regime. Ma il loro ruolo, la loro forza e il valore che hanno per lo stesso regime dipendono dal seguito e dal consenso che ancora hanno presso le masse. Ovunque noi comunisti agiamo in coerenza con il materialismo dialettico, quelle organizzazioni sono costrette a correrci dietro, a fare qualcosa che assomiglia a quello che facciamo noi, per cercare di mantenere seguito e prestigio tra le masse. Questo rafforza noi comunisti. Ci rafforzerà tanto più quanto più sapremo mantenere la nostra posizione d’avanguardia.

Essa è insidiata dal fatto che nelle nostre stesse file ci sono sia compagni che aspettano solo che i dirigenti delle vecchie organizzazioni mostrino qualche ravvedimento per ritornare sotto la loro direzione, sia compagni che li rifiutano ma li  considerano sempre come dirigenti, da combattere ma dirigenti, sono mossi dall’indignazione e dall’odio nei loro confronti più che dalle leggi della lotta di classe.

Una parte delle nostre file, quella meno convinta e matura, tende a ritornare indietro, a rimettersi sotto la direzione delle vecchie organizzazioni (che hanno tradizione, storia, conoscenza del mestiere, forza e prestigio superiori a noi), a mettersi nuovamente al loro seguito. Questa tendenza (di destra) che si manifesta nelle nostre file, è da combattere

1. per se stessa, perché il riconoscimento della direzione (il cedimento alla direzione) delle organizzazioni di regime porta indietro e fuori strada i nostri, indebolisce il movimento rivoluzionario,

2. per la reazione settaria che desta nella nostre file, dove quella parte che è più indignata contro il ruolo di quelle vecchie organizzazioni, vede comunque di cattivo occhio l’accostamento che si crea tra noi e quelle organizzazioni che ci rincorrono; di fronte ai cedimenti della nostra destra, questa parte già settaria è rafforzata nel suo settarismo, nella sua insicurezza a proposito della strada che stiamo percorrendo, nella sua paura di sbandare, nella debolezza della sua assimilazione del materialismo dialettico e della concezione comunista del mondo.

Quindi vi è un duplice pericolo di indebolimento nostro che possiamo certo curare e prevenire e contenere, ma solo se siamo consapevoli della sua inevitabile esistenza e quindi dell’importanza di seguire la nostra linea. Se ci basiamo sul materialismo dialettico, le organizzazioni di massa ora sottomesse al regime, noi comunisti possiamo dirigerle indirettamente, facendo leva sulle masse. Possiamo costringerle a correre dietro a noi. Più che la denuncia delle malefatte e dei crimini dei loro dirigenti, che le masse ben vedono, conta che noi diamo alle masse una direzione sicura ed efficace nella lotta contro la borghesia, prendendo direttamente l’iniziativa in mano tramite le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari e tramite i Comitati di Partito clandestini.

 

3. Le rivelazioni di Edward Snowden, Julian Assange, Bradley Manning, Hervé Falciani, ecc. ecc. mostrano quante risorse i gruppi e le potenze imperialiste dedicano alla controrivoluzione e al riarmo. Le loro rivelazioni confermano che nei paesi imperialisti, retti da regimi più o meno ispirati alla democrazia borghese, i partiti comunisti devono costituirsi nella clandestinità, per essere in grado di promuovere e dirigere la guerra popolare rivoluzionaria quali che siano le operazioni e le manovre a cui la borghesia e il clero ricorreranno. Questa è la vera autonomia organizzativa che conta, condizione indispensabile ed espressione naturale dell’autonomia ideologica dei comunisti dalla borghesia e dal clero.

È tipico della sinistra borghese denunciare e lamentarsi delle deviazioni delle autorità della Repubblica Pontificia dalle leggi, delle loro illegalità e dei loro crimini. Ma è tipico anche considerare ogni fatto come un’eccezione, come una cosa a se stante, non derivarne una comprensione giusta della natura del regime in cui viviamo, non dedurne conclusioni sulle condizioni in cui dobbiamo metterci per condurre efficacemente la lotta contro questo regime.

Nei paesi imperialisti la clandestinità è condizione indispensabile per un vero Partito comunista.

 

La crisi del capitalismo affonda sempre più l’Italia, l’Europa e il mondo intero in un baratro di miseria, abbrutimento e sangue.

Il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, mostrerà e aprirà la strada anche agli altri paesi.

Le masse popolari organizzate possono e devono porre fine a questo corso delle cose, instaurando il socialismo!

È un’impresa complessa e difficile! Certo, ma è un percorso del tutto possibile da compiere per chi acquisisce una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spinge in avanti.

Costituiamo nella clandestinità Comitati di Partito in ogni azienda, in ogni scuola, in ogni istituzione civile e militare dello Stato, in ogni località!

 

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