Indice generale dei supplementi alla voce

Commissione Preparatoria

del congresso di fondazione del

(nuovo)Partito comunista italiano

 

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Supplemento 2 a La Voce n. 9

marzo 2002

 indice

1. Chi sono i comunisti e quali sono i loro compiti in questa fase

2. La ricerca quadriennale su "dove va il mondo?" (1998-2001)

3. Alla ricerca dell'identità del movimento comunista

4. La posizione di classe

5. Il bilancio dell'esperienza presente

6. Ma se non ora, quando costituire il partito comunista?

 

(seconda parte)

 

5. Il bilancio dell'esperienza presente

 

I compagni della Rete potranno giudicare meglio quanto fin qui detto considerandolo alla luce del lavoro che hanno svolto nel movimento di massa politico e sindacale e delle decisioni a cui stanno arrivando. Il lavoro che avete compiuto cercando di porvi come "rappresentanza politica del nuovo blocco sociale antagonista" e cercando di costruire un "sindacato di classe" è un lavoro prezioso per la costruzione del nuovo partito comunista. Già nel DP si tirano da esso alcuni importanti insegnamenti per la ricostruzione del partito comunista, benché molti di essi restino tra le righe. Sicuramente altri, anche più importanti, se ne possono tirare, conducendo il bilancio di quel lavoro con una maggiore assimilazione del patrimonio scientifico del movimento comunista, del materialismo dialettico che insegna a non spaventarsi perché una cosa è ancora piccola, ma preoccuparsi piuttosto di capire se è vitale, se ha possibilità di svilupparsi, a non spaventarsi perché si sviluppa la mobilitazione reazionaria delle masse, ma a vedere in essa una conferma che siamo veramente in una situazione rivoluzionaria in sviluppo, a scoprire i modi per sviluppare la mobilitazione rivoluzionaria delle masse e a scoprire le vie per trasformare la mobilitazione reazionaria delle masse in mobilitazione rivoluzionaria. Giustamente nel DP dite che gli insegnamenti che si possono tirare da una esperienza non dipendono solo dall’esperienza stessa, ma anche dalla capacità di leggerla e di leggerla in maniera giusta. Quanta esperienza viene inutilmente dispersa, proprio perché nessuno la usa per confermare e arricchire la conoscenza scientifica, guida per un’esperienza più avanzata! Una concezione sbagliata impedisce anche una interpretazione scientifica dei dati empirici.

Di fronte alle difficoltà incontrate nei due terreni di lavoro e alla modestia dei risultati, a me pare che nel DP si delineano sia una tendenza a trovarne le ragioni nella concezione che ha presieduto all'impostazione del lavoro e che ha guidato gli sforzi fatti (quindi una tendenza a mettere in discussione se stessi), sia una tendenza a ricavare conclusioni liquidatorie e attendiste come se il problema fosse che le masse si sono rivelate non ancora all'altezza delle attese dei comunisti (quindi una tendenza a rifiutare la "cattiva realtà").

Dalla modestia dei risultati ottenuti alcuni tirano la conferma che abbiamo davanti a noi un periodo di “ripresa dell’imperialismo”, che i riformisti e l’aristocrazia operaia hanno davanti un avvenire per essi favorevole di lunga durata, che le masse popolari dei paesi imperialisti non sono disponibili per la mobilitazione rivoluzionaria, che la classe operaia dei paesi imperialisti non è in condizioni di riprendere la direzione delle masse popolari e di guidarle all’instaurazione del socialismo, che i comunisti devono rassegnarsi a sopravvivere ancorandosi a settori e soggetti marginali o sperare nella rivoluzione dei paesi oppressi: "mantenere sul territorio e in ogni settore sociale tutte quelle strutture e iniziative che esistono e che hanno, in ogni caso, le caratteristiche di basi concrete di una prospettiva di rappresentanza politica". In definitiva tirano conclusioni che portano alla dispersione delle forze e all'attenuazione degli sforzi, anziché a orientare meglio il loro impiego.

Altri al contrario dalla modestia dei risultati ottenuti tirano la conferma di tesi già enunciate dal movimento comunista e più volte confermate dalla sua pratica di più di 150 anni: “senza una teoria rivoluzionaria è impossibile che il movimento rivoluzionario si sviluppi oltre un livello spontaneo ed elementare”; senza partito comunista la classe operaia non riesce a sottrarre alla borghesia imperialista la direzione delle masse popolari e non riesce neanche a difendere efficacemente le sue conquiste economiche e politiche dalla borghesia imperialista; in assenza di un vero partito comunista la stessa classe operaia è diretta dalla borghesia imperialista tramite l’aristocrazia operaia. Questi insegnamenti ("tanto giusti quanto inutili", secondo alcuni autori del DP) in realtà portano a orientare diversamente la propria attività. La modestia dei risultati ottenuti e gli accenni di mobilitazione reazionaria delle masse popolari sono non la causa della mancanza del partito comunista, ma l’effetto inevitabile della mancanza del partito comunista e della direzione della borghesia imperialista che in sua assenza si afferma su tutte le classi (“la cultura dominante è la cultura della classe dominante”). Al contrario, i risultati comunque ottenuti, benché modesti e le lotte più o meno spontanee che comunque operai, proletari e masse popolari dei paesi imperialisti ripetutamente hanno condotto e conducono contro la borghesia imperialista, il continuo ribollire di stati d’animo, culture e iniziative di ribellione all’ordine costituito e il ripetuto erompere di movimenti di protesta sono l’indizio del terreno favorevole ad una attività di lungo respiro di un vero partito comunista che raccolga, accumuli le forze rivoluzionarie e le educhi impegnandole di fase in fase in conformità ai concreti rapporti di forza e in relazione alle situazioni concrete, per conquistare vittorie parziali e tramite esse aprire ulteriormente la via alla rivoluzione socialista. L’imperialismo è attanagliato da una crisi generale (economica, politica e culturale) di lunga durata che, tra alti e bassi e con sfasature tra paesi e zone, si aggrava; una crisi generale che aggrava sia le contraddizioni tra gruppi imperialisti, tra Stati imperialisti e tra aree imperialiste, sia le contraddizioni tra paesi imperialisti e paesi oppressi dall’imperialismo, sia la contraddizione tra la borghesia imperialista e la classe operaia; una crisi generale che non ha altro sbocco che la rivoluzione socialista o la guerra interimperialista, che né l'una né l'altra sono per domani e di cui non possiamo prevedere in dettaglio tempi e forme, ma che già determinano l'orientamento del nostro lavoro attuale; una crisi generale che non può essere risolta che da uno scontro tra mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Quale delle due analisi è vera? Quale delle due linee seguire?

Per rispondere a queste domande è sostanzialmente inutile accumulare fatti e avvenimenti a sostegno di una tesi o dell’altra. Certamente i sostenitori dell’una e dell’altra ne possono entrambi raccogliere a non finire. Quello che interessa sia chiaro a questo livello è che numerosi fatti e ripetuti avvenimenti possono essere addotti a sostegno della seconda tesi. Ma ciò che confuta i sostenitori della prima tesi non è che i fatti e gli avvenimenti da essi addotti non sono reali, ma il fatto che o essi si arrestano a un ragionamento empirico (adducono l’uno accanto all’altro una serie di fatti ed avvenimenti a cui si possono però contrapporre una serie almeno altrettanto lunga e significativa di fatti ed avvenimenti di segno opposto che essi non possono interpretare altrimenti che sorvolando su di essi) oppure devono inquadrare quei fatti ed avvenimenti con teorie pescate dall’arsenale della borghesia imperialista, in particolare dalla cultura borghese di sinistra. E il carattere apologetico, ideologico, non scientifico di simili teorie, oltre che essere in qualche misura segnalato dal fatto che con esse non si possono interpretare i fatti e gli avvenimenti di segno opposto che come anomalie e bizzarrie della storia, è già stato largamente dimostrato dalla storia dei 150 anni di movimento comunista che abbiamo alle spalle e dalla teoria del movimento comunista. I sostenitori della seconda tesi possono invece, se solo vogliono attingere al patrimonio teorico e d’esperienza del movimento comunista, inquadrare i fatti e gli avvenimenti su cui essi fanno leva in una visione scientifica della storia, quella del movimento comunista, che non solo li interpreta, ma interpreta anche i fatti e gli avvenimenti di segno opposto, porta a scoprire la strada da prendere per raccogliere ciò che è immediatamente disponibile, valorizzarlo e impiegarlo efficacemente nella lotta per un ulteriore avanzamento, per compiere la marcia di avvicinamento alla instaurazione del socialismo e porta a scoprire la strada per rovesciare contro la borghesia imperialista i suoi temporanei successi.

Prendiamo il voto di maggio '01, l'analisi che ne fa il DP e le conclusioni che ne trae. Cosa vuol dire essere rappresentanza politica del nuovo blocco sociale antagonista? Vuol dire che vorreste che il nuovo blocco sociale antagonista facesse riferimento a voi, rifiutasse ogni contiguità con forze politiche diverse da voi, vi eleggesse come suoi portavoce e rappresentanti, attingesse da voi il suo orientamento e le sue opinioni sullo stato delle cose e seguisse le vostre indicazioni su come influire sulla loro trasformazione e su cosa fare per influenzarla. Ma perché il nuovo blocco antagonista dovrebbe seguire proprio noi comunisti, fare di noi la sua rappresentanza politica, se noi stessi non abbiamo fiducia nelle nostre concezioni e non abbiamo neanche fiducia l'uno nell'altro? Il partito conquisterà certamente la fiducia delle masse, se avrà una linea giusta, se di fase in fase saprà condurre le masse a raggiungere gli obiettivi che in quella fase esse possono raggiungere (e quindi anzitutto sarà capace di individuarli), se sarà capace di resistere alla repressione più feroce e alle lusinghe della borghesia imperialista. Insomma se meriterà la fiducia delle masse popolari.

Le masse oggi non hanno un orientamento comunista e antagonista alla borghesia: "il movimento di massa oggi non ha i caratteri strategici di rottura sociale radicale propri dell'identità comunista". Quindi concludete che i comunisti non possono essere i rappresentanti e portavoce delle masse. Addirittura che i comunisti "devono darsi una identità di classe non comunista ed un programma con caratteristiche di radicalità politica, sociale culturale e di indipendenza dagli schieramenti bipolari". A somiglianza di quelli che evitano di dichiararsi comunisti per paura che, proclamandosi tali, allontanerebbero da sé le masse popolari che lottano contro il capitalismo e farebbero il gioco della borghesia che fa di tutto per isolare i comunisti dalle masse.

Ma come potrebbero le masse avere spontaneamente un orientamento comunista? Anche nel DP si riconosce che la condizione delle masse nella società borghese è tale che spontaneamente non possono averlo. Riconoscete anzi che subiscono l'influenza ideologica e morale della classe dominante. Quindi la conclusione è che i comunisti devono costituirsi in partito in modo da disporre delle risorse e delle forze per condurre sistematicamente un'azione di lungo respiro di orientamento che faccia leva sull'esperienza pratica delle masse e organizzi, educhi e accumuli le forze rivoluzionarie che via via si formano. Proprio la linea di massa (che è uno degli apporti del maoismo al movimento comunista) insegna d'altra parte che i comunisti non devono puntare a portare direttamente, quale che sia la fase e quali che siano le condizioni, le masse popolari a "lottare per il comunismo". Le masse popolari "vogliono il comunismo" ma al modo delle masse popolari e vanno verso il comunismo al modo delle masse popolari e non al modo dei comunisti. Questa differenza tra comunisti e masse popolari si estinguerà solo in una fase avanzata del socialismo, quando anche lo Stato e la politica come professione specifica andranno verso l'estinzione. Nel DP da una parte si riconosce che la borghesia compie consapevolmente, sistematicamente, su grande scala e con grandi risorse un'opera di "manipolazione ideologica" delle masse che si somma all'influenza intellettuale e morale che una classe dominante ha "naturalmente e spontaneamente" sulle masse oppresse. E dall'altra ci si sorprende che le masse, in assenza di un partito comunista, non abbiano un orientamento comunista, votino per Bertinotti, per il centro-sinistra, per Berlusconi e per Bossi. La mobilitazione rivoluzionaria delle masse può svilupparsi solo sotto la direzione della classe operaia che è capace di esercitarla solo tramite il suo partito comunista che applica la linea di massa. In assenza di mobilitazione rivoluzionaria, in un periodo di crisi come l'attuale le masse sono inevitabilmente attratte nella mobilitazione reazionaria alla quale il normale andamento della società borghese fornisce mille strumenti. Come potrebbe essere diversamente? Voi ammettete che la borghesia imperialista  condiziona le coscienze e perfino esagerate l'efficacia di questa sua attività. Riconoscete che l'influenza ideologica della borghesia sulle coscienze è un importante fattore del movimento politico. Ma non traete da ciò la conclusione che le masse popolari  hanno bisogno dell'azione del partito comunista , di un centro che le illumini sulla loro situazione e orienti la loro azione e che, in assenza di questo centro e anche nella misura in cui la sua azione è debole, prevale tra le masse l'influenza ideologica e politica che la classe dominante esercita per sua natura stessa, spontaneamente ("la cultura dominante è quella della classe dominante") e che l'azione consapevole e mirata della borghesia (che è un aspetto costitutivo essenziale di ogni regime di controrivoluzione preventiva) potenzia. Non tirate la conclusione che nel movimento politico delle masse un fattore determinante è l'influenza di un partito comunista che propone i suoi obiettivi, le sue analisi, il suo programma e le sue parole d'ordine e svolge la sua attività di organizzazione delle masse. Non considerate il ruolo determinante che ha nel movimento politico l'esistenza di un partito comunista . La sua esistenza o meno, a lungo andare cambia radicalmente il movimento politico di un paese. Nel bilancio del lavoro che avete condotto, non tenete conto (o tenete troppo poco conto) che mancava proprio questo ingrediente essenziale. Trascurandolo, si apre la porta a conclusioni pessimiste, disfattiste e liquidatorie.

Compito dei comunisti è raccogliere le esperienza (inevitabilmente sparse e contraddittorie) e le opinioni (inevitabilmente confuse) delle masse popolari, elaborarle (giovandosi del fatto che essi "conoscono le condizioni, l'andamento e i risultati generali del movimento delle masse"), ricavarne obiettivi, linee, metodi, criteri e direttive e portarli alle masse perché li facciano propri e li realizzino. In questo senso i comunisti sono "rappresentanza" delle masse: non perché le masse hanno le stesse opinioni dei comunisti e i comunisti hanno le stesse opinioni delle masse. E i comunisti possono svolgere questo compito sistematicamente, su grande scala e professionalmente solo se superano lo stadio del lavoro individuale e artigianale e si sono riuniti in partito.

In sintesi: il principale lavoro che i comunisti devono compiere oggi è la costruzione del partito. Il lavoro di massa è indispensabile, ma deve essere finalizzato anch'esso a questo compito. Se lo si svolge indipendentemente da questo compito o addirittura si dedicano ad esso la maggior parte delle energie e delle risorse, vuol dire riporre in esso aspettative che esso non può soddisfare. Senza partito comunista il lavoro di massa politico e sindacale non può andare oltre un livello elementare. La delusione che deriva da un lavoro di massa senza partito comunista o porta a correggere la propria concezione o porta ad abbandonare anche il lavoro di massa, a dare ad esso un orientamento sempre più di destra (la "rincorsa al centro"), a farne un'avventura individuale.

Consideriamo più da vicino il lavoro in campo sindacale. Nel nostro paese sono stati fatti ripetuti tentativi di regolare i conti con l’aristocrazia operaia, che dirige per conto della borghesia i sindacati di regime, attaccandola in ordine sparso e artigianalmente e avendo di mira di raggiungere immediatamente successi su grande scala . Questi tentativi sono regolarmente falliti. Finché i comunisti hanno affrontato e affronteranno individualmente, a piccoli gruppi, con un orientamento incerto essi stessi, persino incerti sulla propria identità, un'aristocrazia operaia che ha alle spalle il potere della borghesia imperialista ed è forte di una esperienza pluriennale di organizzazione e di manipolazione da cui trae la propria esistenza (e che quindi difenderà con le unghie e con i denti), come volete che i comunisti possano prevalere? Falliranno, benché, proprio per la crisi generale da cui è travolta, la borghesia imperialista talloni sempre più d'appresso anche l'aristocrazia operaia e le tolga quindi credito tra le masse e potere e la costringa ad assumere pose e iniziative belligeranti, come vediamo proprio in questi giorni nello scontro tra il governo del regime e i sindacati di regime. Questi fallimenti portano alcuni all’abbandono della tattica leninista di “lavorare nei sindacati reazionari” e in generale in ogni organizzazione del regime che aggrega le masse popolari, che trae la ragione della sua esistenza e della sua utilità per il regime dal fatto che aggreghi e conquisti il consenso di masse popolari. Questi fallimenti portano altri ad assimilare gli insegnamenti del movimento comunista (come si vede, non è vero che sono "tanto giusti quanto inutili") che il sindacato può e deve essere una scuola di comunismo e una “cinghia di trasmissione” tra partito e masse. Ma finché i comunisti non si costituiscono in partito i sindacati funzionano da cinghia di trasmissione tra il partito comunista e le masse e da scuola di comunismo solo in modo primitivo e limitato. Una volta che il partito svolge la sua opera su grande scala, è possibile impadronirsi in qualche modo dei sindacati di regime. Quanto all'aristocrazia operaia, essa non può sfuggire alle contraddizioni del suo stato. La sua esistenza, il suo potere e il suo ruolo sociale si basano sul controllo che riesce a mantenere e il consenso che riesce a riscuotere tra le masse per poterle asservire alla borghesia imperialista. Ma quando la borghesia imperialista, che neanche essa può sfuggire alle contraddizioni del proprio stato, deve togliere alle masse popolari sistematicamente e senza limiti quello che le masse popolari hanno conquistato, essa mina le basi del potere del suo agente tra le masse popolari, l'aristocrazia operaia corrotta e asservita.

Tutto ciò conduce di per sé stesso le masse ad avere un orientamento comunista, "caratteri strategici di rottura sociale radicale"? Assolutamente no. È una verità che il movimento comunista ha acquisito da decenni. Senza una teoria rivoluzionaria (e un partito che la elabora e la usa come sua guida della sua attività) un movimento rivoluzionario non può svilupparsi oltre un livello elementare e spontaneo. Come avviene in questo periodo nel nostro paese. Ma tutto ciò crea una condizione per cui le masse popolari si mobiliteranno o sotto la direzione di qualche gruppo della borghesia imperialista (mobilitazione reazionaria delle masse e guerra imperialista) o sotto la direzione della classe operaia e del suo partito comunista (mobilitazione rivoluzionaria delle masse e rivoluzione socialista o di nuova democrazia). Ma perché questa ultima possibilità diventi realtà, è indispensabile che i comunisti si costituiscano in partito: cioè programma e organizzazione.

 

6. Ma se non ora, quando costituire il partito comunista?

 

Ma se non ora, quando noi comunisti ricostruiremo un vero partito comunista? Gli autori del DP per alcuni versi giocano sporco.

Fingono di ignorare tutto il lavoro di ricerca condotto in questi anni dai comunisti su dove va il capitalismo (seconda crisi generale e scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse e mobilitazione reazionaria delle masse), sulla storia e sugli insegnamenti del movimento comunista (il maoismo come terza e superiore tappa del pensiero comunista), sulla composizione di classe del nostro paese e sulle sue relazioni internazionali, sulla natura del regime politico borghese nel nostro paese (controrivoluzione preventiva); fingono di ignorare le proposte per la costituzione del partito comunista tratte da quelle analisi e la ricostruzione in corso (e ovviamente hanno buon gioco in questo: basta far leva sugli innegabili limiti pratici del nostro lavoro, sullo stadio iniziale in cui esso si trova) e con questo sotterfugio si esimono dal criticarle e mantengono fermo come orizzonte in cui condurre la loro ricerca il campo del movimento rivendicativo. "La ricostruzione effettiva dello strumento di difesa dei lavoratori ... è l'obiettivo, per noi, più avanzato politicamente da raggiungere date le condizioni generali odierne". E anche nell'ambito di questo orizzonte, hanno buon gioco a far leva sul fatto che effettivamente in esso ancora praticamente non si sente l'effetto della ricostruzione del partito.

Interpretano fatti reali in modo contrario ai nostri interessi. Un esempio per tutti. La classe operaia concentrata in grandi aziende è diminuita, fa notare il DP. Cosa vera. Ma il DP trascura che nonostante la diminuzione effettuata negli ultimi due decenni, oggi nel nostro paese gli operai concentrati in grandi aziende sono, come numero assoluto e come percentuale sull’intera massa dei lavoratori, più di quanti fossero nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria e devono stabilire la loro direzione su una massa di lavoratori (proletari e autonomi) per condizioni pratiche e culturali più aperti a questa direzione di quanto lo fossero le classi delle masse popolari non operaie durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Una base per la lotta per il socialismo inferiore a quella che si aveva negli anni '70, ma superiore a quella mai avuta prima degli anni '50 e più importante di quella di cui ha mai disposto alcun partito comunista, rispetto alla popolazione del paese in cui operava, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria. Nel 1999 in Italia almeno tre milioni di operai lavoravano in 4.000 aziende di più di 250 dipendenti cadauna. Attorno a questi stanno quattro milioni di operai di aziende capitaliste minori. Attorno a questi stanno circa sette milioni di proletari dipendenti dalla pubblica amministrazione o da altre aziende non capitaliste. Attorno ad essi stanno circa otto milioni di lavoratori autonomi alla maggior parte dei quali il capitale finanziario e la pubblica amministrazione estorcono un'alta quota del frutto del loro lavoro (a titolo di interessi, affitti, assicurazioni, tariffe, diritti e brevetti, imposte e contributi, prezzi di monopolio) e che tiranneggiano in mille modi.

Ne distorcono altri. Un esempio per tutti: la questione del regime politico dei paesi imperialisti. Il DP denuncia qua e là il contrasto tra la realtà e il concetto di democrazia (che non qualifica come democrazia borghese, benché solo di questa democrazia finora abbiano fatto esperienza i proletari moderni: cioè eguaglianza di diritti politici di individui appartenenti a classi che hanno nella società un ruolo contrapposto di oppressori e di oppressi, di capitalisti e di proletari). Ma non si preoccupa di elaborare un concetto adeguato alla realtà di cui tratta (controrivoluzione preventiva). "Accentuazione dei caratteri autoritari delle istituzioni": ma è solo di una accentuazione quella di cui si tratta, quando da circa cent'anni in tutti i paesi imperialisti, a partire dal più "democratico" di essi, gli USA, la prevenzione dei movimenti delle masse popolari e la "sicurezza nazionale" sistematicamente, programmaticamente e istituzionalmente prevalgono sul rispetto da parte dello Stato dei diritti individuali e associativi dei membri delle classi popolari e delle sue stesse leggi e costituzioni? L'impressione che si ricava dalla lettura del DP è che i suoi autori siano convinti di vivere e operare in un regime democratico (di cui non si specifica neanche il carattere borghese), rispetto al quale, per motivi che restano oscuri, vengono compiute più o meno spesso violazioni e deviazioni, "accentuazioni dei caratteri autoritari". E ogni lettore comprende quanto la questione sia importante. Anche perché l'incomprensione di questa realtà è proprio uno dei maggiori limiti anche del vecchio movimento comunista.

È inevitabile che nella lotta in corso nelle FSRS per partorire il nuovo partito comunista alcuni facciano anche giochetti sporchi. Sono frutto delle nostre arretratezze, dell'influenza ideologica della borghesia, dell'influenza degli interessi individuali e di gruppo. Essi saranno via via ridotti solo man mano che la ricostruzione di un vero partito comunista procederà. Quindi anche per questa via siamo ricondotti alla conclusione che i comunisti devono costituirsi in partito: definizione del programma e organizzazioni di partito.

È possibile che sorga in qualche lettore la domanda: ma se la non costituzione dei comunisti in partito è quel collo di bottiglia dello sviluppo sociale indicato in questo scritto, perché quei comunisti che sono consapevoli di questa necessità non hanno già costituito il partito e comunque il loro lavoro non ha avuto lo sviluppo folgorante che questo scritto lascerebbe intravedere?

La coscienza di ciò che dobbiamo fare e delle nostre possibilità di sviluppo è essenziale come punto di partenza del nostro lavoro. Ma il nostro lavoro si sviluppa man mano che questa coscienza diventa pratica, si verifica nella pratica e si traduce nei mille particolari che costituiscono il lavoro dei comunisti, il lavoro di organizzazione loro proprio e il loro lavoro verso le masse. Gli inizi di questo lavoro sono difficili e di per se stessi lunghi perché costituiti da cose che si imparano solo con l'esperienza. E i comunisti in questo campo sono partiti e partono da zero, perché il 99% della scuola che il movimento comunista aveva costituito e in cui le nuove leve di comunisti si formavano imparando dalle vecchie leve, è stata dispersa dal revisionismo moderno che per lunghi anni ha lavorato alla corruzione e all'erosione del movimento comunista. È come per una valanga. Quando essa ha superato una certa dimensione, niente le può più resistere ed essa tutto travolge. Ma la sua formazione è invece un processo dall'andamento incerto e precario, in cui i primi nuclei si scontrano con ostacoli che hanno le loro stesse dimensioni o anche superiori e possono arrivare a bloccarli. Per questo in questa fase il contributo che ogni individuo, anche singoli individui portano a questo lavoro ha un'importanza storica notevole. Per questo ogni comunista consapevole di questa situazione deve dare la precedenza assoluta, nell'impiego delle proprie energie e delle proprie risorse, al lavoro di ricostruzione del partito, a creare le condizioni perché i comunisti attualmente già esistenti si fondano in partito, rompano gli indugi che ancora li trattengono, affrontino con chiarezza e con energia gli ostacoli che ancora si frappongono alla loro adesione a questa impresa. In una frase, partecipino alla realizzazione del "piano in due punti per la costituzione del partito: 1. formare organizzazioni (clandestine) provvisorie del partito i cui delegati terranno il congresso che approverà il Programma e lo Statuto ed eleggerà il comitato centrale del partito, 2. partecipare da subito tramite queste organizzazioni alla definizione del Programma e dello Statuto del partito e alla creazione delle condizioni per tenere il congresso di fondazione". Il resto, la conquista del consenso, dell'appoggio e della fiducia delle masse, che è la nostra arma decisiva e invincibile, verrà in seguito. Se ha una linea giusta, il partito comunista prima o poi conquisterà la fiducia delle masse popolari e supererà ogni ostacolo.

Questo contributo all'Assemblea Nazionale della Rete dei Comunisti si chiude con l'augurio che i compagni facciano un lavoro fruttuoso per la ricostruzione del partito comunista e con l'augurio in particolare che facciano progressi nei seguenti campi:

- guardare principalmente alla sinistra e non (solo) alla destra, al PRC,

- fare i conti principalmente col patrimonio del movimento comunista e non (principalmente) con la cultura borghese di sinistra,

- porsi come eredi e continuatori del movimento comunista e  della sua lotta contro il revisionismo moderno, per correggere gli errori e superare i limiti del vecchio movimento comunista,

- porsi all’avanguardia della nuova ondata della rivoluzione proletaria.