Torna all'indice del La Voce 10 - marzo 2002

L’ottava discriminante

- Sulla questione del maoismo terza superiore tappa del

pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo

- Sulla necessità che i nuovi partiti comunisti siano marxisti-leninisti-maoisti e non solo marxisti-leninisti

(seconda puntata, segue da La Voce n. 9)

(prima puntata, La Voce n.9)

indice della seconda puntata

 

1. La guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata

Quale strada dobbiamo seguire noi comunisti dei paesi imperialisti per portare la classe operaia a instaurare la dittatura del proletariato, dare inizio alla fase socialista di trasformazione della società e contribuire alla seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale?

 

2. Le rivoluzioni di nuova democrazia

La strategia dei comunisti nei paesi coloniali e semicoloniali oppressi dall'imperialismo

 

3. La lotta di classe nella società socialista

Il contributo storico dei paesi socialisti costruiti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e gli insegnamenti della loro esperienza

 

4. La linea di massa

La linea di massa come principale metodo di lavoro e di direzione di ogni partito comunista

 

5. La lotta tra le due linee nel partito

La lotta tra le due linee nel partito come principio per lo sviluppo del partito comunista e la sua difesa dall’influenza della borghesia

 

NOTE ATTIVE selezionando il numero della nota si accede direttamente ad esse

 

1. Stalin, Principi del leninismo (1924), Introduzione.

2. Simili “maoisti” sono una razza fiorita soprattutto negli anni ‘70, ma non ancora estinta. In essa, sull’onda dell’entusiasmo per il socialismo che in quegli anni pervase vari strati e classi, sono confluiti, oltre a comunisti entusiasti ma un po’ ingenui, anche persone (in particolare provenienti dal mondo cattolico e dalle università) prive di legami col vecchio movimento comunista e persino veri e propri attivi oppositori del vecchio movimento comunista e antisovietici (membri di gruppi socialisti come quello dei Quaderni Rossi, intellettuali e studenti formatisi in ambienti di destra come ad esempio Gioventù Studentesca (GS) e Giovani Lavoratori (GL) di don Giussani, ecc.). Indico questa discriminante perché non sono mancati e non mancheranno, tra chi si oppone al marxismo-leninismo-maoismo, persone che, in buona o cattiva fede, anziché affrontare le argomentazioni qui esposte, abbracciano l’espediente polemico di riferirsi alle parole di quei “maoisti” e insorgono contro “il tentativo dei maoisti di rinnegare o rivedere il marxismo-leninismo”. Da simili espedienti metto in guardia i lettori.

3. È probabile che le perplessità di alcuni lettori non siano tutte sciolte dalle argomentazioni svolte in questo articolo. Ciò è comprensibile. Il valore di una concezione in definitiva lo si verifica mettendola alla prova della pratica, applicandola. Alle argomentazioni qui esposte è facile contrapporre l’obiezione che “tuttavia i seguaci di Mao non sono riusciti a impedire l’avvento dei revisionisti nemmeno nel Partito comunista cinese”. A questa obiezione, se si occupassero seriamente della teoria, effettivamente dovrebbero dare una risposta quelli che (come ad es. Rossoperaio) proclamano che il maoismo è la terza superiore tappa del pensiero comunista e contemporaneamente sostengono che paesi coloniali o semicoloniali possono svolgere il ruolo di centro della rivoluzione proletaria e quindi rifiutano la semplice verità che, nonostante il maoismo, la RPC non era in grado di essere il centro mondiale della rivoluzione mondiale.

Invito quindi i lettori a “fare la prova della pratica” e rispondere essi stessi alle seguenti tre domande. 1. Come mai in una certa fase il revisionismo moderno ha preso la direzione di quasi tutti i partiti comunisti creati dalla prima IC e li ha corrosi fino a trasformarli nel loro contrario (in promotori della restaurazione pacifica e graduale del capitalismo) e a distruggerli? 2. Quali sono stati i limiti della sinistra di questi partiti comunisti per cui essa non è riuscita a impedire il successo del revisionismo moderno? 3. Quali sono i principali insegnamenti che essi traggono dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e di cui dobbiamo far tesoro nella ricostruzione dei partiti comunisti e nella preparazione, promozione e direzione della seconda ondata della rivoluzione proletaria?

Chi cercherà di rispondere a queste tre domande, ed è evidente che chiunque vuole avere un ruolo d’avanguardia nella ricostruzione del partito comunista deve rispondervi, troverà nel maoismo la guida per arrivare a risposte feconde. E con ciò verificherà che il maoismo è la terza superiore tappa del pensiero comunista.

4. Per una rassegna più vasta degli apporti di Mao al pensiero comunista si vedano le seguenti tre fonti.

- L’articolo Per il marxismo-leninismo-maoismo. Per il maoismo, in Rapporti Sociali n. 9/10 pag. 7 e segg. (settembre 1991). In esso sono illustrati 10 contributi di Mao relativi ai seguenti temi: l’analisi delle classi in cui è divisa la società, la situazione rivoluzionaria in sviluppo, la teoria della conoscenza e lo stile di lavoro del partito, i metodi di direzione del partito comunista nella guerra rivoluzionaria, l’atteggiamento verso il nemico, il popolo come campo delle forze non ostili alla rivoluzione, la società socialista, il revisionismo moderno nei paesi socialisti, il revisionismo moderno nei paesi imperialisti, il materialismo dialettico.

- L’opuscolo Sul maoismo, terza tappa del pensiero comunista, Edizioni Rapporti Sociali (1993). In esso sono illustrati in dettaglio 5 contributi (la teoria del processo rivoluzionario come teoria della contraddizione quale forza motrice del processo, la lotta di classe nella società socialista, la situazione rivoluzionaria in sviluppo, il fronte unito delle classi e dei popoli rivoluzionari, la linea di massa come metodo principale di lavoro e di direzione del partito comunista) e sono indicati 17 altri contributi e precisamente: 2 nel campo della filosofia (teoria delle contraddizione e teoria della conoscenza), 3 nel campo dell’economia politica (capitalismo burocratico, paesi semicoloniali e semifeudali, economia politica del socialismo) e 12 nel campo del socialismo (analisi delle classi nella società borghese, situazione rivoluzionaria in sviluppo, rivoluzioni di nuova democrazia, fronte unito delle classi rivoluzionarie sotto la direzione della classe operaia, distinzione tra contraddizione tra noi e il nemico e contraddizioni in seno al popolo [contraddizioni antagoniste e contraddizioni non antagoniste], la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata come forma universale della rivoluzione proletaria, la teoria militare del proletariato, la lotta tra le due linee come legge dello sviluppo del partito comunista, la linea di massa come principale metodo di lavoro e di direzione del partito comunista, la teoria della lotta tra le classi nel socialismo e l’analisi delle classi nella società socialista [dove è la borghesia nei paesi socialisti: i tre aspetti dei rapporti di produzione, il secondo aspetto e lo Stato], le fonti del revisionismo moderno, la rivoluzione culturale proletaria).

- Le Opere di Mao Tse-tung, Edizioni Rapporti Sociali (1991-1994), 25 volumi, disponibili anche su CD.

5. Qui intendo la spontaneità non lo spontaneismo. La prima è la positiva condizione iniziale, di crescita: ogni individuo prima fa grosso modo quello che altri già fanno e poi incomincia a pensare come può fare meglio quello che già sta facendo e cosa può fare di meglio. Allora esce dalla spontaneità e incomincia sempre più ad agire consapevolmente e a ragion veduta. Invece lo spontaneismo è sia la teoria in base alla quale bisogna restare allo stadio primitivo (fare quello che si è abituati a fare, quello che capita di fare, non elaborare una scienza nel campo in cui si opera, non cercare di prevedere le circostanze della lotta, di tracciare piani, di fare progetti, di creare condizioni più adeguate, di stringere alleanze, di trovare le vie più convenienti, ecc.), sia il comportamento di chi non vuole riflettere, non vuole impiegare materia grigia nella lotta, ma solo fare.

6. CARC, F. Engels. 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista, 1995 pag. 14.

7. Nella lettera dell’8 marzo 1895 a Richard Fischer, in cui difende la sua Introduzione a Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 dalla censura legalitaria dei dirigenti del partito in Germania, Engels scrive: “Se voi non volete far capire a quelli del governo che noi aspettiamo [a scatenare una rivoluzione] solo perché non siamo ancora abbastanza forti da farcela da soli e perché l’esercito non è ancora radicalmente infettato [dalle nostre idee], allora, cari miei, perché vi vantate ogni giorno sui giornali dei progressi giganteschi e dei successi del partito? Costoro sanno bene quanto noi che stiamo marciando con forza verso la vittoria, che fra qualche anno non potranno più opporci resistenza ed è per questo che vogliono farci fuori ora, solo che non sanno come farlo. I nostri discorsi non possono cambiare niente. Essi sanno queste cose non meno bene di noi e altrettanto bene sanno che noi, una volta preso il potere, lo useremo come serve a noi e non a loro. ... Legalità fin quando e nella misura in cui ci conviene, ma nessuna 'legalità ad ogni costo', neanche a parole” (F. Engels, Opere complete vol. 50).

8. L'articolo L'attività della prima Internazionale Comunista in Europa e il maoismo di questo fascicolo è un necessario complemento di questo articolo.

9. La sottovalutazione delle potenzialità rivoluzionarie della classe operaia, del proletariato e delle masse popolari dei paesi imperialisti permea la concezione di varie FSRS. Un esempio sono le posizioni espresse da Il futuro (organo dell'area MPA, ora ANA) secondo cui la classe operaia dei paesi imperialisti, in forza delle conquiste che ha strappato, costituirebbe una enorme aristocrazia operaia (v. Rapporti Sociali n. 23/24 Anzitutto facciamo pulizia nella nostra testa!). Un altro esempio è la posizione di Rossoperaio (vedi il Comunicato Opponiamo alla “guerra globale” dell’imperialismo la guerra popolare fino al comunismo pubblicato in Rossoperaio n. 12, ottobre 2001) che, analizzando gli attentati di martedì 11 settembre a Washington e New York e i loro effetti, non vede tra i bersagli dei gruppi imperialisti proprio le masse popolari dei paesi imperialisti. Questa posizione si intreccia con la tesi che la contraddizione principale oggi nel mondo è quella tra paesi oppressi e paesi imperialisti. Tesi inconciliabile, per chi rifletta a fondo sulle questioni, con la tesi che il maoismo è la terza superiore tappa del pensiero comunista, che Rossoperaio dice di condividere.

Queste concezioni sono empiriste nel senso preciso che si basano su quante lotte e che tipo di lotte oggi la classe operaia dei paesi imperialisti conduce, senza illuminare anche questi dati con una teoria che ne spiega l'origine e ne mostra lo stato contraddittorio e quindi indica come agire a partire da essi e dalle potenzialità in essi racchiuse.

10. In proposito vedasi Sulla forma della rivoluzione proletaria in La Voce n. 1, pag. 23 e segg. A questa conclusione è arrivato anche il PCE(r) nel suo bilancio della storia della sezione spagnola della IC. Questo bilancio è stato pubblicato in Italia dalle Edizioni Rapporti Sociali col titolo La guerra di Spagna, il PCE e l’Internazionale Comunista (1997).

11. I militaristi sostengono che la lotta per gli interessi particolari e immediati allontana (devia) le masse dalla rivoluzione. Noi comunisti sosteniamo invece 1. che nel corso della crisi generale del capitalismo di regola la borghesia imperialista lede gli interessi particolari e immediati di tutte le classi delle masse popolari, sia pure in misura e in tempi diversi e 2. che la classe operaia deve mobilitare, promuovere, appoggiare e dirigere ogni gruppo e classe delle masse popolari perché lotti anche per i suoi specifici particolari immediati interessi contro la borghesia imperialista perché proprio questa lotta può mobilitare su grande scala anche gli strati più arretrati delle masse e farli confluire nella lotta diretta dai comunisti e volta alla instaurazione della dittatura del proletariato. Se il partito non assolve a questo compito, lascia la strada aperta alla mobilitazione reazionaria delle masse.

12. Non si tratta principalmente di portare gli operai a condividere le idee della loro avanguardia comunista e a proclamare gli stessi suoi obiettivi. Si tratta principalmente di portare gli operai a lottare per gli obiettivi e secondo le linee indicati dalla sua avanguardia.

13. È sbagliata la tesi sostenuta da alcune forze soggettive secondo cui se le masse sono radicalizzate, allora c'è lavoro per noi comunisti; se invece le masse non sono radicalizzate, noi comunisti dobbiamo segnare il passo.

14. Sono le circostanze che decidono quale dei due opposti, l'unità o la lotta, è in ogni momento principale. Il partito può dirigere sia le forze sue alleate sia le forze che gli sono ostili, se conosce le leggi delle contraddizioni oggettive a cui le forze ostili per loro natura sottostanno. Mao ha più volte illustrato come il partito comunista ha portato gli eserciti ostili a cacciarsi nella trappola.

15. La tesi che i paesi coloniali e semicoloniali hanno avuto un regresso in assoluto rispetto “al passato” può essere sostenuta solo da chi ignora, occulta o abbellisce le nefandezze dell’economia naturale, delle società schiaviste e feudali e del vecchio colonialismo, oppure generalizza arbitrariamente fenomeni e casi particolari, limitati ad alcune zone, a periodi relativamente brevi, a settori relativamente ristretti.

16. Ricordiamo le rivoluzioni in Cina, in Messico, in Persia, in Afghanistan, in Turchia, in Sudan e in altri paesi coloniali e semicoloniali che all'inizio del secolo XX hanno contribuito a preparare la prima ondata della rivoluzione proletaria.

17. Rapporto sulla questione russa fatto il 7 dicembre da Stalin alla VIIa Riunione plenaria dell’Esecutivo allargato della IC (novembre-dicembre 1926).

18. Rapporti Sociali n. 11 (novembre 1991), Sull’esperienza storica dei paesi socialisti.

19. SN dei CARC, Progetto di Manifesto Programma, pag. 45 e segg.

20. Rapporti Sociali n. 8 (novembre 1990), La restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica.

21. L'importanza di questo allarme lanciato da Mao risalta ancora più se si ha presente che invece Henver Hoxa, nonostante la tenace difesa delle posizioni rivoluzionarie che egli condusse contro i revisionisti moderni, non ha mostrato di avere, nemmeno agli inizi degli anni '80, alcun sentore del rovesciamento che si preparava in Albania.

22. Rapporti Sociali n. 11 (novembre 1991), Linea di massa e teoria marxista della conoscenza e Rapporti Sociali n. 12/13 (novembre 1992), La linea di massa.