La Voce n. 12


Dalla teoria alla pratica

Pescara, 14 ottobre 2002

 

(...) Per teoria intendo quella rivoluzionaria. Quella che arma la classe operaia e il proletariato e coloro che sono stufi di marcire in questa società degenerata. L'arma che costituisce lo strumento principe per l'attacco al sistema capitalista è un partito comunista rivoluzionario basato sul marxismo-leninismo-maoismo. La pratica è quella che viviamo oggi ed è un serie di lotte che si sviluppano nel nostro paese. Un campo d'azione è l'opposizione al governo Berlusconi rappresentante degli interessi del Vaticano, dei mafiosi, delle camice nere, degli onesti avvocati dello studio Previti e affini e degli avventurieri nemici degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari. I principali luoghi della nostra pratica sono le mobilitazioni della classe operaia, gli scioperi dei metalmeccanici e tutti gli altri scioperi in difesa della scuola, della sanità e di tutti quei servizi essenziali che il governo Berlusconi si ingegna a distruggere. Quanto è maggiore lo sdegno contro questo governo tanto più le masse popolari e la classe operaia reagiscono. Questa forza inarrestabile e sincera ha un grave difetto. Non può colpire con efficacia i veri interessi di chi sta portando il nostro paese sulla via di un abbrutimento, che non è solo la povertà in senso stretto, ma è anche incultura, amoralità e decadenza generale del livello di vita.

Ora la teoria rivoluzionaria, con in primo piano la costruzione di un partito comunista come arma principale, si salda in modo sempre più evidente con la lotta che conduciamo nella nostra vita per difendere assieme a milioni di altre persone il benessere che con le lotte ci siamo conquistati. Oggi le occasioni pratiche per lavorare in modo da affermare la teoria rivoluzionaria si moltiplicano. Da quando sono iniziati gli scioperi dei metalmeccanici fino alla violenza fascista di Genova, dove il nuovo governo di centro-destra ha ucciso il compagno Carlo Giuliani con le armi affilate in precedenza dal governo di centro-sinistra (vedi la repressione di Napoli). Da allora fino ai "girotondi" le occasioni di sferrare un'offensiva reale sul piano della costruzione del (n)PCI si sono moltiplicate. La teoria rivoluzionaria di cui oggi disponiamo ci permette in questo frangente di iniziare le prime schermaglie contro la borghesia imperialista. Oggi dobbiamo essere contenti perché le prime scaramucce col nemico si possono affrontare armati della nostra giusta linea della costruzione del (n)PCI. Inoltre è giunto sostanzialmente il momento di applicare praticamente la nostra teoria tra i nostri compagni e amici per orientarli ad accumulare forze tali da poter attaccare con la profondità necessaria lo Stato della borghesia imperialista. Un primo scontro a cui saremo costretti sarà contro la borghesia di sinistra e l'aristocrazia operaia. Con i governi di centro-sinistra si sono poste le basi pratiche del defenestramento e licenziamento di questi due insiemi della società italiana. Gli accordi sindacali di luglio [1992] e la conseguente concertazione hanno ridotto i sindacati a una macchina timbra carte. La borghesia di sinistra, con l'attuazione di un programma di destra da parte dei governi di centro-sinistra, ha smesso in questi anni di produrre la sua attività di orientamento delle masse. Infatti essa appoggiando quel programma si è resa indistinta agli occhi delle masse rientrando nelle fila della borghesia imperialista. Così anche culturalmente il suo declino è stato clamoroso. Senza uno scopo preciso, senza un obbiettivo, le fertili menti della borghesia di sinistra si sono arenate in una lenta crisi esistenziale e hanno vagato in mille direzioni disperdendosi tra tendenze guerrafondaie e mistico-trascendentali fino a concedere le loro prestazioni al Vaticano e alla destra al potere.

Ma il ruolo della borghesia di sinistra e accoliti torna di nuovo a essere utile come quando le cassandre, gli pseudointellettuali della sinistra, cantavano dell'epica disfatta del sogno di una società giusta e relegavano qualsiasi possibilità di riscatto solo all'interno delle riforme del sistema stesso, leggi più giuste, sacrifici più giusti e riforme del capitalismo che facessero riprendere quota al capitalismo stesso. Ecco che con l’accentuarsi degli effetti della crisi anche gli schieramenti delle classi in Italia ritornano ad essere determinanti per il futuro del paese. I metalmeccanici hanno aperto la stagione delle lotte a cui però si affiancano in sempre più ampi settori altre lotte come la difesa dei piccoli ospedali, del sistema sanitario e della scuola. Così come hanno inaugurato questo periodo di lotte, tocca di nuovo alla classe operaia incarnata dai metalmeccanici in lotta per il loro contratto riprendere le redini di questa lotta di difesa.

A questo punto la borghesia di sinistra scende in piazza, richiamata al suo ruolo naturale di direzione delle masse contro il potere. Lancia i suo appelli a serrare le fila. Moretti è uno dei primi a rompere il ghiaccio. Bisogna rimboccarsi le maniche, tornare, come nel '68, a dirigere questi sprovveduti non contro un governo fascista, mafioso, filo USA e filo Vaticano, ma solamente contro un governo che non rispetta quei patti sottintesi della democrazia di facciata che esiste in Italia. Quindi si tratta di conquistare il proprio posto al ballo dei debuttanti. Tornare a essere di nuovo invitati alle feste del palazzo. Entrare con l'accredito di dirigenti di una forza potenzialmente distruttrice del sistema. Ma al banchetto si invitano coloro che collaborano, che non cercano di distruggere il sistema.

Di sicuro quello che passa nella testa dei professoroni della sinistra è mille miglia lontano dalla testa di un operaio della FIAT di Termoli. Quest'ultimo ha ben capito che ciò che realmente incide sulla vita di tutti i giorni non è la farsa della democrazia nei palazzi romani ma l'attacco ai suoi diritti e al suo livello di vita. Ben prima che Moretti e compagnia si svegliassero questo era chiaro. Ora sia i borghesi di sinistra che gli operai attaccano il governo Berlusconi, ma il loro obbiettivo è completamente diverso.

Il ruolo dei comunisti uniti nell'intento di armare efficacemente i lavoratori in questa lotta consiste, oltre che accumulare le forze per la costruzione del (n)PCI, anche nel far capire di che pasta sono fatti i dirigenti attuali. Far comprendere il ruolo determinante e negativo della borghesia di sinistra, il suo ruolo reale, la sua dottrina inutile per gli interessi della classe operaia e delle masse popolari italiane. La lezione che deriva dal bilancio del revisionismo moderno è utile. In effetti molto di quello che abbiamo perso, lo abbiamo perso grazie alla sinistra riformista italiana, diretta discendente del PCI revisionista, giunta alla sua massima espressione con la serie di governi di centro-sinistra che hanno preceduto l'ultimo governo Berlusconi.

Molti uomini che si riaffacciano nelle piazze e nei girotondi soffrono certamente di amnesie, non ricordano bene il loro ruolo durante il centro-sinistra. Ma, a parte chi sedeva in parlamento e chi era ministro o sottosegretario, si tratta anche di gente che non ha avuto alcun ruolo significativo durante i governi di centro-sinistra. Raramente chiamati a difenderlo, essi come nel film 2001 odissea nello spazio, sono stati automaticamente risvegliati dallo stato di ibernazione per risolvere i problemi tecnici dell'astronave del centro-sinistra. Ora sono piuttosto indolenziti, qualcuno questo autunno indosserà l'eskimo odoroso di naftalina. Scalfari l'ha già mandato in tintoria. Costoro, i borghesi di sinistra, devono risolvere alcuni problemi tecnici: portare la forza degli operai al servizio dei revisionisti di sinistra e regolare questa forza in modo da dissiparla al momento opportuno.

Se ci guida una teoria rivoluzionaria e un corretto bilancio storico del revisionismo, noi comunisti ricopriremo un ruolo fondamentale nell'accumulo di forze rivoluzionarie in Italia. In ogni lotta che si svilupperà dovremo affrontare con queste armi anche in campo aperto i cari Moretti e Agnolotti di turno. Sfideremo sul piano pratico la loro voglia di disperdere la giusta incazzatura dei lavoratori italiani contro l'infame Berlusconi. Ad essi chiederemo per esempio se i sacrifici li devono fare i ricchi o i lavoratori, chiederemo se è giusto e morale trattare i malati come carne da macello e se ci deve essere una scuola di serie A e una di serie B. Chiederemo insomma di anticipare la visione della società che si vorrebbe costruire con le lotte, anche se queste ora sono essenzialmente di difesa. Chiederemo se in una società che misura tutto col metro dei soldi, per i lavoratori invece è valido quello dei sacrifici. Ovvero un buon lavoratore fa molti sacrifici e un bravo borghese fa molti soldi.

Ma è chiaro che non si avventureranno in campo aperto. Si sono premuniti. Per esempio è luogo comune lasciar fuori la politica, vedansi le polemiche interne ai "girotondi" e il ruolo neutrale della CGIL rispetto alla spallata contro il governo Berlusconi. Anche la democrazia non è più un pilastro della sinistra, vedasi ancora come esempio la ricerca dei portavoce unici di Ulivo e "girotondi". La democrazia  come valore economico è in calo. Ogni organizzazione diretta dalla borghesia di sinistra ha come caratteristica fondamentale un sistema che non riconosce la democrazia come guida della vita politica dei movimenti stessi. Insomma si combatte, si parte all'attacco, ma di quali armi ci si fornisce? Le armi sono quelle spuntate costruite nei laboratori della borghesia di sinistra, sono armi per così dire political correct: se le usi ti esplodono in mano. In fondo Berlusconi era stato buttato giù al suo primo tentativo da queste armi, le quali si sono rivelate pericolose per chi le usava. Hanno generato il governo Prodi, carico di effetti negativi verso tutti i lavoratori e soprattutto quegli stessi pensionati, a cui la CGIL aveva fatto intendere sfracelli. Ora che il testimone, dopo anni di attese e sacrifici, è passato al centro-destra, si ritrovano addosso la somma dei sacrifici dei governi di sinistra e di destra.

Il problema importante per i lavoratori è difendersi da chiunque li attacchi e questo attacco è continuo e indistinto finché al governo della nostra nazione c'è la borghesia imperialista di qualunque tendenza politica essa sia. Bisogna evidenziare gli effetti nefasti del riformismo di sinistra sugli interessi dei lavoratori e delle masse popolari. Se i Moretti e i Cofferati sono l'incarnazione della sinistra riformista, allora il compito dei comunisti è di contrastare il più possibile la loro influenza sulle masse e sui lavoratori, smascherando i veri obbiettivi di questi dirigenti. Più rendiamo evidente la stridente divergenza fra interessi reali dei lavoratori e interessi della borghesia di sinistra, più iniziamo a spostare sulla via della coscienza rivoluzionaria il maggior numero di operai e altri elementi avanzati delle masse. Gli esempi di contrasto tra interessi dei lavoratori e interessi della borghesia si sprecano. Per esempio sulla questione degli Alpini in Afganistan o dell'attacco all'Irak. Agli operai, anche a quelli meno coscienti, cosa ne viene in tasca con una guerra in cui per di più saranno dei civili a morire? Delle privatizzazioni cosa importa, visto che le tariffe sono aumentate e, se è vero che queste hanno generato nuovi posti di lavoro, lì ancora l'interesse dei lavoratori è leso con i nuovi contratti infami che giovani e neo assunti devono accettare (qui dobbiamo ancora ringraziare le riforme del centro-sinistra)? Quanti altri mille sfavillanti progressi possono elencare coloro che hanno appoggiato il centro-sinistra e che ora scendono in piazza a cercare di utilizzare la forza dei lavoratori per i loro interessi personali? Del resto di fronte a una crisi come quella di oggi cosa può proporci un governo che sia di centro, di destra o di sinistra se non sacrifici o riforme con inclusi comunque dei sacrifici? Se portiamo il discorso su questo piano scopriamo il vero volto di un sistema putrefatto, corrotto e irriformabile la cui unica possibilità di azione positiva è la sua sostituzione con un sistema socialista. Cosa che, ovviamente, neanche i più "violenti" osano proporre. Il massimo a cui aspirano è essere disobbedienti. Ovvero scendere in guerra senza armi e far fallire ogni lotta in modo scientifico e con l'effetto indotto di spargere sfiducia e far uscire dalla scuola degli pseudorivoluzionari persone distrutte nella loro sana volontà di cambiamento.

È quindi un momento felice per applicare la nostra teoria nelle mille lotte che si svilupperanno in Italia. Attaccare le riforme che arricchiscono i ricchi e depredano i poveri. Guardare negli occhi questi manovratori delle masse e puntare su di loro l'arma dell'ideologia rivoluzionaria, il bilancio storico del movimento comunista e la lezione del revisionismo. Probabilmente le prime volte saremo incerti, ma le loro risposte saranno altrettanto confuse e sarà sempre più chiaro il distacco tra i loro interessi e quello dei lavoratori. Comunque, se sapremo orientare la lotta distinguendo bene la borghesia dalla classe operaia, renderemo evidenti i tentativi di patteggiamento dei dirigenti borghesi. Potremo così prolungare la lotta e sviluppare a un livello più alto le capacità di difesa della classe operaia.

Certo la borghesia di sinistra e il suo ruolo di pifferaio magico non sono che uno dei tanti nemici, ma è quello che incontreremo tra i primi perché è quello che per primo si sta impegnando a sostenere tra i lavoratori una visione perdente delle lotte e a bloccarne l'efficacia. è quello con cui misureremo le nostre capacità di far comprendere anche ai compagni e alle masse più vicine a noi quale è la visione del mondo che abbiamo e per quale motivo è l'unica che apre la strada a un futuro positivo attraverso la costruzione del socialismo in Italia. (...)

Donato