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Storia del movimento comunista

Una introduzione

Il movimento comunista è iniziato in Europa circa 200 anni fa, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’ottocento. In alcuni periodi e paesi è stato chiamato movimento socialista anziché movimento comunista. Ma in realtà si tratta di un unico movimento. È un movimento di massa dei proletari che ha come obiettivo l’emancipazione dei proletari dalla borghesia.

Chi erano, chi sono i proletari? Le persone prive di proprietà: senza terra propria, senza una propria azienda, senza denaro da impiegare in commerci o in altri traffici, senza mezzi per procurarsi di che vivere, salvo la propria capacità di lavorare (forzalavoro) che possono mettere in opera solo se trovano da venderla.

Alla fine del Settecento in Europa Occidentale (in particolare e in gradi diversi in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Italia, Svizzera) e nell’America del Nord vi erano società che avevano già abolito, almeno per l’essenziale, e stavano sempre più abolendo i privilegi dei re, dei nobili, del clero e degli altri ordini e ceti privilegiati che avevano dominato sul resto degli uomini durante i secoli precedenti del Medioevo. Eppure in questi paesi una parte importante della popolazione pur non essendo più né servi della gleba né schiavi, si ritrovava egualmente ad avere grandi difficoltà a vivere, si trovava a vivere in grande miseria, tra grandi tribolazioni e, soprattutto, in modo del tutto precario, senza alcuna sicurezza del domani. Con l’abolizione dei privilegi i proprietari di aziende e i professionisti erano diventati pari ai nobili, ai membri del clero e degli altri ordini prima privilegiati. Invece i proletari erano in una condizione più precaria di prima. I proletari non dipendevano, per la loro vita, da se stessi, dalla propria laboriosità e dal proprio ingegno; dipendevano in generale dai ricchi e in particolare dai borghesi.

Una condizione che faceva a pugni con l’abolizione dei privilegi che era proclamata a gran voce e in ogni campo. “Libertà, eguaglianza, fraternità” avevano scritto sulle loro bandiere i protagonisti della grande Rivoluzione Francese (1789). Ma per i proletari la vita era, se possibile, peggiorata. Il movimento comunista sorge allora con l’obiettivo di migliorare la condizione dei proletari e di fare in modo che non dipendano più né dalla borghesia né dagli altri ricchi, che siano liberi da questa dipendenza (emancipazione del proletariato).

Marx ed Engels, nello scritto in cui spiegano perchè hanno aderito al movimento comunista (L’ideologia tedesca, 1846), definiscono il movimento comunista come “il movimento pratico che trasforma lo stato presente delle cose”, cioè la società borghese. “Pratico” per distinguerlo dall’opera dei filosofi e dei letterati che nei loro scritti e discorsi criticavano la società borghese. Questi si rivolgevano soprattutto ai ricchi e in particolare ai borghesi (agli industriali, ai commercianti, ai proprietari di aziende agricole, di trasporto o minerarie, ai capitalisti e ai loro esponenti intellettuali). Parlavano ad essi in nome del loro proprio interesse o della morale, della civiltà o della giustizia. Li esortavano ad attenuare lo sfruttamento degli operai, a provvedere con opere pubbliche e con opere private ad alleviare la misera condizione dei proletari. Cercavano di spaventarli prospettando quello che sarebbe successo se prima o poi i proletari si fossero ribellati e avessero a loro modo ripetuto le imprese compiute contro re, nobili, preti e loro seguaci durante la Rivoluzione Francese. Invece i comunisti (i socialisti) miravano a mobilitare ed educare i proletari perché essi stessi ponessero fine alla loro condizione. Per questo il movimento comunista è un movimento di massa. Il movimento comunista (socialista) è costituito dall’opera svolta dai proletari per cambiare l’ordinamento della società, l’ordinamento sociale.

Al movimento comunista hanno fin dall’inizio partecipato anche persone che individualmente provenivano dalle classi ricche o comunque non proletarie. Alcuni vi hanno portato e vi portano abitudini, sentimenti, concezioni e metodi delle loro classi di origine e spesso provocano anche dei danni. Ma alcuni hanno invece svolto un ruolo di grande rilievo nel movimento comunista: basta pensare a Marx, Engels, Lenin. Quali che siano i motivi personali, individuali che inizialmente spingono ognuno di loro verso il movimento comunista, quello che li lega ad esso e li fa suoi membri a pieno titolo è il grado in cui condividono la convinzione del movimento comunista che sono i proletari che devono emancipare se stessi dalla borghesia. Infatti l’emancipazione del proletariato deve per sua natura essere opera del proletariato, non può avvenire in altro modo. Perché? Lasciamo per ora in sospeso questa domanda, troveremo la risposta più avanti.

A partire dall’inizio del secolo XIX una parte crescente del proletariato ha partecipato in prima persona, direttamente al movimento comunista, alle sue iniziative, alle sue organizzazioni. Un numero crescente di proletari è diventato almeno in qualche misura consapevole della lotta in corso e dei suoi obiettivi. Ha incominciato a pensare che la propria condizione era ingiusta; che essa non era un destino immutabile, né una condanna divina, né un mezzo per meritare il paradiso nell’al di là; che era dovuta a un ordinamento della società che poteva avere una fine, così come aveva avuto un inizio; che era qualcosa che gli uomini avevano costruito e che essi, i proletari, potevano cambiare.

In che cosa consiste in sostanza questo ordinamento sociale? Perché si era formato?

Quale nuovo ordinamento bisognava instaurare perché la miseria, la sofferenza, la precarietà e la dipendenza avessero fine? Quanta parte della sofferenza umana dipendeva dall’ordinamento sociale? Cosa bisognava fare per eliminare l’attuale ordinamento sociale e instaurare il nuovo? Ecco le cinque principali domande a cui i teorici del movimento comunista hanno cercato di dare risposte sempre più profonde. La coscienza del movimento comunista, il pensiero comunista, consiste delle risposte a queste domande.

All’inizio del movimento comunista non vi erano risposte a queste domande. Le domande stesse non erano neanche poste chiaramente. Le domande sono state formulate e delle risposte via via più avanzate, più giuste, più comprensive e più profonde sono state date man mano che i proletari si sono mobilitati per cambiare o almeno migliorare la loro condizione, man mano che hanno formato organizzazioni in cui discutere e definire obiettivi e compiti, man mano che hanno lottato per rimuovere in se stessi e all’esterno gli ostacoli alla propria emancipazione o al miglioramento della propria condizione.

La storia del movimento comunista è la storia delle lotte condotte dai proletari per migliorare la loro condizione o per emancipasi; è la storia delle organizzazioni in cui essi si sono uniti e suddivisi per condurre quelle lotte; è a storia della coscienza che hanno elaborato e che li ha guidati a condurre quelle lotte con più efficacia, con risultati più avanzati e su scala via via più larga. Dal movimento comunista inteso come abbiamo detto all’inizio, si è quindi venuto sviluppando un movimento comunista cosciente e organizzato: un insieme di organizzazioni, con il rispettivo patrimonio di concezioni, di analisi e di metodi per realizzare i propri obiettivi, un complesso di relazioni con la corrispondente divisione dei compiti.

Prima di andare più avanti nell’esporre e comprendere la storia del movimento comunista fissiamo ora sette punti: concetti e problemi che ci aiuteranno poi a capire meglio e a procedere più spediti.

1. Emancipazione dei proletari dalla borghesia e dagli altri ricchi - miglioramento delle condizioni dei proletari

In quanto precede abbiamo introdotto silenziosamente questi due concetti che riguardano una questione che nella storia del movimento comunista ha avuto e ha grande importanza. Abbiamo detto che i proletari lottano per emanciparsi dalla borghesia e dagli altri ricchi, per non dipendere più da loro. Abbiamo anche detto che i proletari lottano per migliorare la loro condizione. Si tratta di due obiettivi molto diversi.

Migliorare le proprie condizioni, per i proletari significa indurre i borghesi e gli altri ricchi a dare salari più alti, indurli a concedere condizioni di lavoro e orari meno gravosi, a creare servizi sociali (scuole, pensioni, ospedali, ecc.) e condizioni di vita (abitazioni, ecc.) migliori. L’ordinamento sociale resta lo stesso, i proletari continuano a dipendere dai borghesi e dagli altri ricchi, ma questi si rassegnano a trattarli meglio. A questo obiettivo corrispondono le lotte rivendicative contro i padroni, le loro Autorità, la loro Pubblica Amministrazione, i loro Enti, il loro Stato. In particolare a questo obiettivo mirano le lotte sindacali.

Emanciparsi dalla borghesia e dagli altri ricchi, comporta invece (il perché lo vedremo meglio più avanti) il superamento del modo di produzione capitalista e il superamento della produzione mercantile (la produzione di beni e di servizi per la vendita), l’instaurazione di un nuovo modo di produzione e la trasformazione di tutte le relazioni sociali e delle idee, dei sentimenti, degli atteggiamenti e delle abitudini che corrispondono al modo di produzione capitalista e a quanto dei modi di produzione precedenti è sopravvissuto nella società borghese. A questo obiettivo corrisponde la lotta rivoluzionaria per instaurare il socialismo.

Nel movimento comunista a volte si sono combinate lotta per l’emancipazione e lotta per il miglioramento; a volte si sono contrapposte le due lotte come se l’una escludesse l’altra. A volte si è preteso di combinarle in nome del “passaggio dalla quantità alla qualità” come se fosse possibile arrivare all’emancipazione ampliando all’infinito i miglioramenti. A volte si sono combinate le due lotte usando le lotte per i miglioramenti come ausiliarie della lotta per l’emancipazione, come “scuola di comunismo”. Ma non sempre la lotta per l’emancipazione implica immediatamente la conquista di miglioramenti. Nemmeno l’emancipazione implica sempre, dovunque e per tutti i proletari, un miglioramento immediato delle loro condizioni di vita e di lavoro. Alcuni hanno sostenuto che fosse impossibile per i proletari migliorare le loro condizioni finché restavano alle dipendenze della borghesia. Altri al contrario hanno sostenuto che i proletari potevano migliorare con continuità e senza limiti le loro condizioni pur restando alle dipendenze della borghesia. Altri hanno sostenuto che i proletari sarebbero riusciti a migliorare le loro condizioni, ma solo in misura limitata, in modo precario, provvisorio, e solo per alcune frazioni del proletariato. Alcuni hanno perso di vista la distinzione dei due obiettivi, delle due lotte e delle rispettive organizzazioni. Quanto alle forme, ai metodi e alle organizzazioni corrispondenti a ognuno dei due obiettivi molto varie e anche contraddittorie sono state, come vedremo, le esperienze e le concezioni del movimento comunista.

Abbiamo prima accennato ai filosofi e letterati che esortavano i borghesi e gli altri ricchi ad alleviare la sorte dei proletari, facendo intravedere i pericoli a cui si esponevano se non avessero provveduto. Ovviamente tra questi personaggi (e i loro seguaci) e i membri del movimento comunista fautori del miglioramento delle condizioni dei proletari potevano esserci relazioni e collaborazioni e in effetti si ebbero. Più il movimento comunista crebbe di forza, più la borghesia fu indotta a dividersi tra chi puntava principalmente o solo sulla repressione (e quindi conduceva una lotta di classe più aspra e sanguinosa) e chi puntava principalmente su concessioni e accomodamenti che, quali che fossero le aspirazioni e le intenzioni dei singoli, puntavano a dividere o almeno smorzare il movimento comunista. La Teologia della Liberazione e il Concilio Vaticano Secondo sono state le più clamorose manifestazioni (pur così diverse tra loro) di questa seconda corrente. Ovviamente il movimento comunista può ricavare forza anche da questa corrente che sorge in campo nemico, ma può anche esserne indebolito, se non la tratta in modo giusto.

2. Il comunismo

Analizzando lo sviluppo della società umana nella sua plurimillenaria esistenza e, più in dettaglio, la società borghese e la dipendenza dei proletari dalla borghesia (che è la sostanza della società borghese), vedremo che la dipendenza dei proletari dalla borghesia può cessare solo se si pone fine all’esistenza del modo di produzione capitalista e quindi all’esistenza dei capitalisti e degli altri ricchi. Più ancora, solo se si chiude quel lungo capitolo della storia umana caratterizzata dalla divisione del genere umano in classi di sfruttati e di sfruttatori. Vedremo anche che, per porre fine definitivamente a questa divisione, occorre porre fine anche a una serie di altre forme di dipendenza e oppressione: alla dipendenza delle donne dagli uomini, dei bambini dagli adulti, all’oppressione di popoli, nazioni e razze, alla divisione tra regioni e settori avanzati e regioni e settori arretrati, alla divisione tra lavoratori intellettuali e lavoratori manuali, tra dirigenti e diretti. Le condizioni che rendono possibile porre fine alla divisione del genere umano in classi di sfruttati e di sfruttatori, per la loro natura legano l’instaurazione di una società senza divisione in classi alla scomparsa anche delle divisioni appena indicate.

L’ordinamento sociale che succederà alla società borghese è la società comunista. Questa non è la fine della storia, ma l’inizio di una nuova fase della storia della umanità, dell’umanità oramai non più divisa in classi sociali. La società comunista comporta un grado di organizzazione e un livello di coscienza quali gli uomini non hanno finora mai avuto. Essa comporta che la massa della popolazione partecipi, ogni individuo in conformità alle sue doti e caratteristiche e al meglio che esse consentono, al patrimonio spirituale della società; che la massa della popolazione partecipi, ogni individuo al meglio delle sue attitudini, alla vita della società, si occupi dei problemi della società e abbia la sua parte nelle sue decisioni e nella loro attuazione. Per la natura stessa delle cose, la libertà personale dell’individuo non si esplica nella nuova società come si è esplicata finora la libertà personale dei singoli membri delle classi dominanti, né come si è esplicata finora la libertà personale che la società borghese ha conferito al proletario. Quest’ultima consiste nella mancanza o limitazione di vincoli giuridici o contrattuali nella vendita della propria capacità lavorativa a chiunque sia disposto a comperarla, nella libertà di acquistare col prossimo salario qualunque merce sia disponibile sul mercato, nella libertà che ha ogni individuo di intraprendere nella misura del denaro o del credito di cui riesce a disporre e di tentare così la propria fortuna (un lavoro salariato meglio pagato, il passaggio alla piccola borghesia, il passaggio alla borghesia: in breve la via della emancipazione individuale dalla condizione proletaria). Per ogni membro della classe dominante la libertà personale è consistita e consiste nella esistenza di un ambito di cose e di persone di cui egli poteva disporre a suo piacimento (jus utendi e abutendi: diritto di usare ed abusare), senza che altri individui o autorità interferissero, salvo i casi e i limiti previsti dalla legge e dai contratti: il dominio della sua proprietà privata. La sua libertà si basa sulla sua proprietà ed è proporzionale alla grandezza della sua proprietà. Per lui abolizione della proprietà privata vuol dire abolizione della libertà personale, effettivamente!

Nella società comunista ogni individuo attingerà alla ricchezza della società quanto a lui è necessario e contribuirà a produrre la ricchezza della società nella misura delle sue forze e delle sue capacità personali. L’eguaglianza sociale degli individui non implica infatti individui immaginari di eguali capacità, con le stesse doti e gli stessi bisogni. Bensì per ognuno la piena valorizzazione delle sue capacità e delle sue doti e la piena soddisfazione dei bisogni che ne conseguono. La libertà personale di ogni individuo si esplica nella sua libera e piena partecipazione alla formazione delle decisioni della società e alla loro messa in opera e nella libertà che per la sua ricchezza la società può lasciare e lascia a pratiche differenti e alla sperimentazione di nuove concezioni e di nuovi progetti. In breve una comunità di persone mature e libere, molto solidali e molto tolleranti. La relazione tra l’individuo e la società è uno dei campi in cui la società comunista maggiormente innova rispetto alle società di classe, l’attuale e quelle passate. Quindi costituisce e costituirà una delle questioni dell’epoca socialista più controversa e più soggette a sperimentazioni.

La società borghese e il movimento comunista hanno creato e creano le premesse e gli strumenti materiali e spirituali della nuova società comunista. Essa è l’unica via di ulteriore progresso, oltre il livello attuale, che è aperta alla umanità: alla sua conservazione e al suo progresso sulla base delle più avanzate conquiste della società borghese, delle forze materiali e spirituali che ha raggiunto e del dominio che essa ha conquistato sul resto della natura. L’umanità ha già raggiunto il massimo sviluppo che poteva raggiungere nell’ambito del modo di produzione capitalista. Ma questo non crollerà, continuerà ad aggrovigliarsi su se stesso in una caotica spirale senza fine, fino a quando il movimento comunista cosciente e organizzato vi porrà fine e avvierà la transizione della società attuale alla società comunista. Questa transizione per sua natura non può completarsi da un giorno all’altro. Essa avverrà nel corso di un’epoca storica di cui abbiamo vissuto e stiamo vivendo i primi passi. Noi chiamiamo quest’epoca, l’epoca del socialismo, della transizione dal capitalismo al comunismo.

3. All’inizio abbiamo chiarito chi sono i proletari. Abbiamo detto che essi dipendono per vivere dai borghesi e dagli altri ricchi. Qui le cose sono meno chiare: chi sono i borghesi e chi sono gli altri ricchi?

Dei borghesi diciamo per ora che sono i capitalisti, i proprietari del capitale. Il modo di produzione capitalista è il modo di produzione dominante nella società di cui ci stiamo occupando. Riferendoci al loro ordinamento, le chiamiamo infatti società borghesi o società capitaliste. Chiariremo più avanti in cosa consiste il modo di produzione capitalista.

Chi sono gli altri ricchi? Le società borghesi non sono sempre esistite né sono nate dal nulla. Sono il risultato di un processo storico. Noi per ora consideriamo l’Europa occidentale (e l’America del nord, l’Australia e la Nuova Zelanda, che nella loro versione attuale sono nate come estensioni, colonie di popolamento di alcuni paesi dell’Europa occidentale). Qui la società borghese si è formata dalla società feudale, ha preso il suo posto e si è trascinata dietro una serie di funzioni sociali, di istituti e di istituzioni che si sono in qualche modo inserite nella società borghese e sono sopravvissute in essa. I loro esponenti si sono più o meno amalgamati con i borghesi veri e propri. Si tratta dei proprietari terrieri, dei monarchi, dei nobili, del clero, dei militari, dei magistrati e degli altri funzionari dello Stato. A loro volta i borghesi nel senso stretto del termine, i capitalisti, hanno dato vita a funzionari e professionisti che li aiutano a dominare e governare la società, ad amministrare le loro aziende. A queste funzioni e professioni corrispondono altrettanti nuovi gruppi di ricchi. Questi e i sopravvissuti del passato costituiscono gli “altri ricchi” di cui parlavamo.

La descrizione abbastanza dettagliata delle varie categorie di borghesi e di altri ricchi, del proletariato e delle sue suddivisioni e delle altre classi che, come vedremo, continuano in qualche modo ad esistere benché il capitalismo sia il modo di produzione dominante: tutto questo costituisce l’analisi di classe della società. Essa è uno strumento indispensabile per condurre con successo la lotta dei proletari. L’analisi di classe fa quindi parte della coscienza del movimento comunista, è una sua parte indispensabile.

4. Le altre classi

Il modo di produzione capitalista si basa su due classi: i capitalisti e gli operai. Queste sono le due classi fondamentali in ogni società in cui il capitalismo è il modo di produzione predominante. Man mano che il capitalismo ha preso il predominio, in ogni paese le classi dominanti si sono sempre più aggregate attorno alla borghesia, sono diventate borghesi, si sono legate alla borghesia.

Nell’altro campo, tra le classi lavoratrici, gli operai sono cresciuti di numero e si sono formati numerosi altri gruppi di proletari, in parte simili e in parte differenti dagli operai. Man non tutti i lavoratori sono diventati proletari e tanto meno operai. In ogni società borghese sono sopravvissuti, da una parte e dall’altra si sono formati e si formano vari gruppi sociali di lavoratori proprietari dei loro mezzi di produzione, lavoratori non proletari.

Il modo di produzione capitalista si è formato nell’ambito della produzione mercantile che, a sua volta, esisteva da tempi immemorabili, con un ruolo ausiliario sia nella società feudale, sia nelle società precedenti. Il capitalismo ha esteso, universalizzato la produzione mercantile, l’ha estesa ai settori fondamentali della vita sociale e ha creato innumerevoli nuovi settori di produzione mercantile. Ma d’altra parte ha tolto i mezzi di produzione, l’organizzazione e la direzione della produzione e del commercio al lavoratore, al produttore diretto e li ha concentrati nelle mani dei capitalisti. Sono tuttavia rimasti un gran numero di lavoratori proprietari dei propri mezzi di produzione, sia in molte delle vecchie attività sia in nuove attività generate dalla società borghese. Si tratta di una massa di lavoratori più o meno importante a seconda del grado di capitalizzazione dell’economia di ogni paese.

In tutti i paesi capitalisti una caratteristica comune di questi lavoratori autonomi è la loro dipendenza dal capitale, una dipendenza però di tipo diverso da quella dei proletari. Quanto più il capitale diventa monopolistico e finanziario, tanto più essi dipendono dai capitalisti per il credito, per le assicurazioni, per lo smercio dei loro prodotti, per la fornitura di materie prime e di mezzi di produzione. Tanto più dipendono dalle Autorità borghesi per le autorizzazioni, i regolamenti, le sovvenzioni e le imposte; dagli istituti di ricerca e sviluppo dei monopoli per le innovazioni del processo lavorativo e dei prodotti. Tanto più la loro attività si riduce a coprire nicchie loro lasciate dai capitalisti o a vivere nelle pieghe e ai margini dell’economia capitalista. Tanto più l’andamento dei loro affari è succube dell’andamento dell’economia capitalista. Spesso sono, nella sostanza, reparti esterni, distaccati delle aziende capitaliste, del tutto privi di forza contrattuale nei confronti di esse. Essi funzionano come camera di compensazione della economia capitalista, come ammortizzatori degli alti e bassi nell’andamento degli affari.

Il movimento comunista ha sviluppato linee contrastanti nei confronti delle classi dei lavoratori autonomi, con approcci dipendenti dalla sua maturità e della sua strategia. A sua volta la borghesia ha usato i lavoratori autonomi contro il movimento comunista, giovandosi dei suoi strumenti economici, politici ed ideologici. Dati il numero dei lavoratori autonomi e l’importanza sociale dei lavori che svolgono, la linea sviluppata nei loro confronti ha avuto un ruolo importante ai fini del successo o della sconfitta del movimento comunista.

5. I paesi coloniali e semicoloniali

Il movimento comunista è nato in Europa occidentale. Da quasi cento anni tuttavia esso è diventato un movimento esteso a tutti i paesi, mondiale. I paesi dell’Europa occidentale (in prima fila la Gran Bretagna e la Francia) a un modo, gli USA e la Russia zarista in un altro hanno sottomesso tutto il resto del mondo e hanno inglobato tutti i paesi nel mercato mondiale capitalista prima e nel sistema imperialista mondiale poi, come colonie o semicolonie. Tutto il mondo già cento anni fa era diviso in un piccolo numero di paesi imperialisti che dominavano il resto del mondo costituito da paesi oppressi e arretrati. In questi ultimi paesi si sono formate società con una composizione di classe sostanzialmente diversa da quella dei paesi imperialisti. In essi istituti e relazioni tipicamente capitalisti si sono combinati con le relazioni e gli istituti dei loro vecchi modi di produzione su cui la dominazione imperialista faceva leva, destabilizzandoli definitivamente da una parte e dall’altra imponendone con la forza la perpetuazione. I rapporti di dipendenza personale tipici dei vecchi modi di produzione si sono combinati con rapporti mercantili e capitalistici, ma in generale la loro forza e la loro estensione è ancora tale che la rivoluzione necessaria alla maggior parte di questi paesi è una rivoluzione democratica: una rivoluzione che abolisce i rapporti di dipendenza personale abolendo i modi di produzione che si basano su di essi. Per il sistema mondiale in cui sono inseriti la borghesia non è però in grado di assumere la direzione di simile rivoluzione. È il proletariato che deve assumerne la direzione. Per questo parleremo di una rivoluzione di nuovademocrazia. Queste rivoluzioni fanno comunque parte della rivoluzione proletaria mondiale e nei rispettivi paesi aprono la via alla rivoluzione socialista.

6. Le componenti del movimento comunista

Il movimento comunista consiste di lotte per imporre trasformazioni dei rapporti sociali a quanti vi si oppongono, dell’organizzazione delle forze che ne sono protagoniste, della coscienza che, sia pure a livelli diversi, queste forze hanno degli obiettivi del movimento comunista e dei compiti che devono svolgere per raggiungerli. Lotta, organizzazione, coscienza, sono tre aspetti diversi del movimento comunista, tutti e tre essenziali. Essi devono combinarsi.

I proletari devono cambiare la società. Devono instaurare ordinamenti, abitudini, relazioni che ancora non esistono. Quindi devono compiere un’opera pratica. Devono trasformare il mondo, la società. Devono perciò anche trasformare gli uomini e le donne che sono i soggetti, gli attori delle relazioni sociali. In primo luogo devono trasformare se stessi. La dipendenza è certo una condizione imposta, che la borghesia cerca di mantenere con ogni mezzo e a ogni costo. La sua opposizione deve quindi essere stroncata. Ma è anche una condizione subita da tempi immemorabili. La psicologia, le attitudini, le abitudini, i sentimenti e le idee dei proletari sono stati formati e si sono formati in conformità alla loro condizione di dipendenza. Questa condizione però comporta e genera anche attitudini, sentimenti e idee di ribellione. Il movimento comunista li raccoglie, rafforza, concentra e organizza in opposizione e in lotta con quelli conformi alla dipendenza. La confusione unitaria si scinde nelle due nature opposte e dalla lotta della seconda contro la prima nasce l’uomo nuovo. Il movimento comunista deve convincere e aiutare uomini e donne a compiere la trasformazione di cui hanno bisogno. Devono imporla a chi irriducibilmente vi si oppone. Per compiere quest’opera i proletari devono organizzarsi: unirsi per avere la forza e la capacità necessaria. Devono darsi un proprio ordinamento, dividersi in organismi, distribuirsi i compiti. Chi è più avanti deve organizzarsi per mobilitare e convincere chi è più indietro. Di conseguenza il movimento comunista ha bisogno di raffigurarsi più chiaramente possibile i compiti che occorre svolgere e i metodi da seguire per svolgerli con maggiore possibilità di successo, di verificarli nella pratica e di migliorarli col bilancio dell’esperienza. Ha bisogno di conoscere abbastanza in dettaglio la società e le leggi della sua trasformazione, gli uomini e le donne e le leggi della trasformazione loro e delle loro relazioni con il resto della natura, di definire i cambiamenti che occorre apportare per realizzare l’emancipazione del proletariato, cosa distruggere e cosa creare, su quali altre classi i proletari possono contare per trascinarle nel loro movimento, quali classi invece sono nemiche, come trattare ognuna di queste questioni: una scienza vasta e articolata che deve essere elaborata, assimilata, verificata, migliorata.

In definitiva e riassumendo: un movimento pratico con una sua organizzazione e una sua coscienza. Il movimento comunista deve tradursi in un movimento cosciente e organizzato.

Questa coscienza è:

sia una concezione del mondo: il mondo concreto reale di cui il genere umano è parte viene presentato come un concreto di pensiero costituito dalle sue parti distinte per la natura propria di ognuna di esse e interagenti tra loro;

sia un metodo di conoscenza: il metodo con cui il genere umano ha costruito quel concreto di pensiero a partire dal concreto reale e pratico della sua vita e indefinitamente lo arricchisce e ridefinisce rendendolo via via più aderente al concreto reale;

sia un metodo di azione: il metodo con cui il genere umano trasforma il concreto reale di cui esso fa parte.

Quindi in conclusione una coscienza che è contemporaneamente rappresentazione (immagine, riproduzione nella coscienza), metodo di rappresentazione (di riprodurre il reale nella coscienza), metodo di trasformazione di quel mondo concreto che il genere umano rappresenta (riproduce) nella sua coscienza.

7. L’esposizione della storia del movimento comunista

Raccontare avvenimenti, descrivere personaggi ed esporre idee del movimento comunista non è ancora comprendere la storia del movimento comunista. È solo la raccolta caotica di elementi ed aspetti del movimento comunista. Ogni avvenimento, ogni azione, ogni idea diventano comprensibili, cioè capiamo le cause che li hanno fatti nascere e la fonte che li ha generati, gli effetti che a loro volta hanno generato in alternativa ad altri che avrebbero generato se si fossero combinati diversamente con gli altri elementi del mondo in cui si è svolta la loro vita, solo se capiamo il corso complessivo delle cose all’interno del quale ogni avvenimento, ogni azione e ogni idea ha trascorso la sua esistenza.

Il generale è fatto, costituito dai particolari. Non esiste che tramite e nei particolari. Non c’è genere umano senza individui umani. Non c’è firmamento senza stelle. Non c’è prateria senza erbe. Ma ogni particolare è determinato dal generale: la sua nascita, le cause del suo particolare svolgimento, i suoi effetti e il suo ruolo sono determinati dal generale. Ogni individuo assume e svolge uno dei ruoli che il genere umano del suo contesto comporta (nessun individuo diventa papa se non esiste nella società il papato, nessun individuo diventa ladro se non esiste nella società il furto). Un individuo del genere umano nasce solo se esiste il genere umano.

Sono il contesto e il processo concreti di cui ogni particolare fa parte, ciò che conferisce ad esso il ruolo che esso svolge nel processo di cui noi vogliamo capire la storia.

A chi cerca di studiarlo, il movimento comunista si presenta dapprima come un insieme caotico di avvenimenti, di azioni di individui o di organizzazioni, di idee. Per capirlo bisogna anzitutto analizzarlo, individuare e studiare singoli avvenimenti, singoli personaggi e singole organizzazioni, singole idee. Lo studio di questi a sua volta richiede lo studio delle relazioni sociali in cui sono avvenuti, del modo di produzione sottostante a queste relazioni sociali, delle istituzioni della società in cui sono avvenuti, delle idee del loro tempo e luogo. E così via, fino a che la natura dell’avvenimento, il senso di un’attività e il significato e ruolo di un’idea ci è chiaro. Allora riusciamo a ricostruire le relazioni che hanno avuto tra loro avvenimenti, individui, organismi e idee e, via via risalendo, arriviamo a ricomporre tutti gli elementi in un insieme organico quale quello in cui quelli si sono effettivamente svolti.

Partire da un concreto reale che si presenta come un insieme caotico e confuso; attraverso un processo di analisi e di sintesi approdare a un concreto di pensiero, in cui quel concreto reale ora compare come un organismo le cui varie parti componenti rivestono e svolgono ognuna il ruolo che è suo proprio, in conformità alla sua specifica natura: questo processo conoscitivo è il metodo materialista dialettico della conoscenza, è il modo materialista dialettico di conoscere (riferimento: Il metodo dell’economia politica - K Marx, Introduzione dei Grundrisse).

Nell’esporre la storia del movimento comunista bisogna procedere a rovescio di come si deve procedere per ricostruirla: partire dal concreto di pensiero e arrivare al concreto reale, in cui noi operiamo. Avremo, allora anche la guida per l’azione, la guida di cui abbiamo bisogno e il cui apprendimento è il motivo del nostro studio.

Così impostata, l’esposizione della storia del movimento comunista assume la forma dell’esposizione di una teoria, diventa una storia in forma di logica, come Il capitale di K. Marx è l’esposizione in forma di logica della storia del modo di produzione capitalista e Sulla contraddizione di Mao Tse Tung è l’esposizione in forma di logica della storia della rivoluzione cinese. Come ben spiega F. Engels nella sua Recensione a una critica dell’economia politica: “Il modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto. Questo non è però altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbativi. Nel modo come comincia la storia, così deve pure incominciare il corso dei pensieri e il suo corso ulteriore non sarà altro che il riflesso, in forma astratta e teoricamente conseguente, del corso della storia; un riflesso corretto, ma corretto secondo le leggi che il corso stesso della storia fornisce, poiché ogni momento può essere considerato nel punto del suo sviluppo in cui ha raggiunto la sua piena maturità, la sua classicità.”.

L’esposizione della storia del movimento comunista comprende quindi tre parti.

1. Una teoria generale della storia del genere umano, delle relazioni tra il genere umano e il resto della natura, dell’attività conoscitiva del genere umano. Chiamiamo filosofia questa teoria generale. Essa riguarda le leggi generali che risultano considerando tutte le scienze particolari in cui si è concretizzato lo sforzo del genere umano per comprendere la propria storia e quella dell’ambiente in cui essa si svolge.

Questa filosofia quindi la deriviamo dalle scienze particolari, è il frutto dell’elaborazione dei loro risultati, aiuta il loro sviluppo. Ma mai e poi mai è possibile sostituire allo sviluppo particolare di ognuna di esse la deduzione di nuove idee dalle idee che già compongono la filosofia, come in generale dalle idee che già compongono la coscienza. Non che tale deduzione sia da trascurare e tanto meno che sia inutile: se una teoria è giusta, anche le conclusioni che se ne deducono è molto probabile che siano giuste e la loro verifica e conferma nella pratica sono una ulteriore conferma che la teoria è giusta e il suo impiego fecondo. Nella pratica di ogni scienza è successo e succede che alcune scoperte (di pianeti, di comete, di particelle elementari, ecc.) vengono dalla teoria già esistente e sono solo più tardi confermate sperimentalmente. La lotta di classe imperversa anche in campo scientifico: più e più volte alcuni fenomeni sperimentali sono stati portati dagli esponenti della borghesia come “dimostrazione scientifica che il marxismo è sbagliato”. Alcuni marxisti benintenzionati si sono precipitati a negare quei fenomeni sperimentali in nome del loro contrasto col materialismo dialettico, col marxismo. Ci sono circostanze in cui se qualcuno ti spara addosso la prima e più importante cosa da fare è metterlo a tacere. Ma, fatto questo e grazie a questo, bisogna poi ritornare sui fatti e con pazienza e interesse verificarli. Ogni nuova scoperta arricchisce e rafforza il movimento comunista, se i comunisti sanno farne tesoro. L’attività rivoluzionaria consiste nel favorire un processo che già è in corso, aiutare a partorire una donna che devo partorire, coltivare un terreno che è seminato e concimato; non consiste nel cercare di cavare sangue dalle rape, pretendere quello che per la sua natura una cosa non può dare. Se il comunismo non fosse una necessità dell’attuale società, nessuno sforzo del movimento comunista avrebbe frutto né il movimento comunista avrebbe mai preso l’ampiezza che ha preso e dato i risultati che già ha dato nonostante la lotta accanita della classe dominante e di tutte le forze del vecchio mondo che essa ha evocato.

In definitiva sono la pratica e le scienze particolari che verificano e confermano (o smentiscono) le idee nuove (ipotesi) che si deducono dalle idee acquisite e convalidate. Queste non vanno gettate per ogni fatto in contrasto con esse, per ogni “miracolo”, per confermato che esso sia. Ma ogni fatto in contrasto con esse va messo in conto, accanto ai mille che hanno confermato e convalidato quelle idee, perché di questo contrasto prima o poi troveremo una spiegazione per noi feconda.

Nella filosofia del movimento comunista entrano a far parte

il materialismo dialettico: le leggi comuni di ogni trasformazione e di ogni movimento della realtà;

il materialismo storico: le leggi della storia dell’umanità ricostruita sulla base della successione di modi di produzione con cui il genere umano ha risolto il problema della propria sopravvivenza;

il metodo della conoscenza: da dove vengono le idee giuste e la lotta sul modo di pensare (gnoseologia).

2. La critica dell’economia politica borghese: la teoria del modo di produzione capitalista e della società borghese costruita su di esso.

Questa teoria riguarda la natura e il significato storico della produzione mercantile; lo sviluppo dell’economia mercantile in economia capitalista; la conseguente universalizzazione dell’economia mercantile sia alle attività che via via vengono separate dalla vita naturale degli individui ed elevate al rango di attività economiche a se stanti, sia alle attività nuove che nascono dallo sviluppo della civiltà; la natura del modo di produzione capitalista e le leggi del suo sviluppo; la diffusione dell’economia capitalista al mondo intero e l’imperialismo; le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale (FAUS) e la crescente coesione nazionale e mondiale del genere umano nell’ambito del modo di produzione capitalista; i conflitti crescenti che essa genera a causa della permanenza del modo di produzione capitalista.

Questa teoria mostra che, grazie al modo di produzione capitalista, il comunismo è diventato possibile, si sono create le condizioni oggettive e soggettive del comunismo. L’ordinamento sociale e non più la lotta contro la natura è il limite alla sopravvivenza del genere umano. Il proletariato ha acquisito un livello di coscienza politica e un grado di organizzazione che lo rendono capace di diventare classe dirigente dell’attuale società e dirigere la sua trasformazione in società comunista.

Questa teoria mostra anche che il comunismo è diventato il passo necessario che il genere umano deve compiere per progredire ulteriormente sulla base delle conquiste compiute nell’ambito della società borghese. Non c’è altra via di progresso e neppure di sopravvivenza per il genere umano.

3. Una teoria delle condizioni, delle forme, del metodo e dei risultati della lotta della classe operaia per la propria emancipazione dalla borghesia: noi chiamiamo socialismo questa teoria.

Il movimento comunista è un movimento internazionale che si realizza tramite rivoluzioni nei singoli paesi, compiute nell’ambito di una situazione rivoluzionaria mondiale. La teoria del socialismo comprende quindi la teoria del partito comunista e delle organizzazioni di massa a livello dei singoli paesi e a livello internazionale, della relazione tra l’individuo e il collettivo di cui fa parte, della combinazione tra la spontaneità e la coscienza rivoluzionaria, della lotta sul modo di pensare, dei settori e fronti in cui si articola la lotta di classe e delle relazioni tra essi, della strategia e delle tattiche della rivoluzione socialista e della rivoluzione di nuova democrazia (che insieme costituiscono la rivoluzione proletaria), dei paesi socialisti e della loro unione internazionale.

Umberto C.