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  La Voce 37 del (nuovo)Partito comunista italiano

Imparare, assimilare, applicare la concezione comunista del mondo

Lettera alla redazione - alcune riflessioni sul 2010

Cari compagni, vi scrivo per condividere con voi alcune riflessioni che ho maturato rispetto al 2010, analizzando la situazione che ho vissuto nel corso di quest’anno. L’entrata della crisi generale nella sua fase acuta e terminale ha generato una situazione straordinaria, ricca di sviluppi, accelerazioni, strappi e salti, nel nostro paese e a livello internazionale. Una situazione che non avevo mai vissuto prima: per via della mia età, infatti, non ho partecipato né alle guerre mondiali e alla Resistenza né agli anni ’60 e ’70 e non ho assistito al crollo del campo socialista. Non ho mai vissuto sulla mia pelle, in sostanza, situazioni di grandi sommovimenti e rivolgimenti. Nel mio bagaglio personale mancava un’esperienza diretta che mi fornisse punti di riferimento per orientarmi. Certo, avevo studiato il materiale del Partito sulla crisi e sulla situazione rivoluzionaria in sviluppo, ma trovarmi nella fase terminale della crisi mi ha veramente spiazzato, scombussolato. Il concetto che avevo di normalità è saltato, non sapevo che pesci prendere. È stato difficile svolgere i compiti che il Partito mi aveva affidato e non nascondo che in alcuni momenti è stato veramente complicato far fronte allo scoraggiamento.

Vedendo le cose con il senno del poi e con un certo distacco, mi rendo conto che il 2010 per me è stato un anno in cui mi sono dovuto abituare alla trasformazione della situazione, a concepire come ordinaria, normale, la situazione straordinaria.

Ma come mai il cambiamento della situazione oggettiva ha avuto questo impatto su di me? Nel senso: avevo studiato il materiale del Partito, avevo formato io stesso compagni sull’analisi della fase, su quello che sarebbe successo, sulla situazione rivoluzionaria in sviluppo, sulle due vie… però poi sono rimasto spiazzato e frastornato. Ritengo che l’assenza di punti di riferimento, nella mia esperienza passata, sia un pezzo della verità e che sia necessario tenere in considerazione questo aspetto nel fare l’analisi della situazione. Ma non è l’unico aspetto e neanche quello principale. La questione principale, infatti, è che non ho assimilato adeguatamente la concezione del Partito, l’analisi della fase, la linea. Insomma, ho un’adesione alla concezione del Partito ancora di tipo identitaria, di bandiera, dogmatica. Nel momento in cui è venuta meno l’idea che avevo di “normalità”, i nodi sono venuti al pettine. La scarsa assimilazione della nostra concezione mi ha fatto trovare “zoppo”, anziché muovermi agevolmente e con slancio, cosciente che la situazione era a noi favorevole e contribuire a sfruttare gli appigli che essa forniva per avanzare nella GPRdiLD.

Oggi mi sento più sereno. Riesco ad orientarmi meglio nella situazione attuale e via via sto riacquistando lo slancio morale, la determinazione e la creatività intellettuale nel portare avanti i compiti che il Partito mi ha assegnato. Il mio concetto di normalità si è modificato e la realtà mi risulta meno “complessa” di quello che invece mi appariva nel corso del 2010 (perché, come diceva Marx, “complesso” è ciò che non si conosce adeguatamente e che non si sa analizzare). Questo salto è stato possibile grazie all’azione svolta su di me dal mio collettivo e dai dirigenti: all’azione di formazione, di stimolo, di critica che hanno portato avanti nei miei confronti, al loro sprone (a volte anche, giustamente, con “calci nel sedere”: se mi avessero dato la “spalla su cui piangere” o se fossero stati liberali con me, ora starei marcendo) e alla cura della mia comprensione della fase. Da solo non ce l’avrei fatta a superare questa tempesta, ad uscire da questo avvitamento, stante il mio livello ideologico. L’avanzato ha diretto e spinto in avanti l’arretrato. Il collettivo, ancora una volta, ha mostrato la sua forza e superiorità rispetto al singolo individuo. Chiaramente, in ultima istanza è l’individuo che deve decidere se darsi una mossa e riacquistare quota o continuare a rotolarsi nel fango, fino a dimenticare di poter volare.

La sottovalutazione della teoria rivoluzionaria, dello studio è il principale freno allo sviluppo della trasformazione in comunisti, della costruzione del Partito, della GPRdiLD. Spesso lo diciamo, l’ho detto a mia volta moltissime volte, ma altrettanto spesso è più uno slogan che guida per l’azione. Quanto tempo dedichiamo allo studio nel corso di una settimana? Abbiamo studiato tutto il Manifesto Programma e lo utilizziamo per approfondire, verificare concetti che non ci sono chiari o per formare altri compagni? Leggiamo o studiamo i comunicati del Partito e La Voce? Come li usiamo? Questi sono alcuni dei criteri di verifica per capire chi siamo veramente, cosa facciamo oggettivamente in termini di studio, in termini di traduzione nella nostra attività concreta del principio “la pratica senza teoria è pratica cieca”. E, ritengo, più è basso il livello di studio (e ognuno più verificarlo rispondendo a queste domande), più ampie sono le possibilità di crisi, avvitamenti, periodi in cui non si sa che pesci prendere, soprattutto in una fase storica dinamica e in sviluppo come quella attuale che mette alla prova la nostra concezione reale: cioè la capacità acquisita, fino a diventare abitudine spontanea, di vedere il generale nei mille particolari che ci circondano e nei casi concreti di ogni momento e interpretare particolari e concreti alla luce del generale.

La GPRdiLD avanza solo se i comunisti organizzati nel Partito hanno una coscienza giusta e profonda di quello che stanno facendo. Senza questa coscienza essa non si concluderà vittoriosamente. La rivoluzione non è qualcosa che “scoppia” all’improvviso. La costruiamo noi passo dopo passo, tenendo conto di dove vogliamo arrivare (fermi nella strategia) e, su questa base, orientando quello che facciamo qui ed ora (flessibili nelle tattiche). La politica rivoluzionaria è una scienza e come tale ha le sue leggi: solo se le conosciamo a fondo, otteniamo i risultati che miriamo a raggiungere.

Per noi che veniamo dalle classi oppresse, studiare inizialmente è un vero e proprio sforzo. Ma solo facendo fronte a questo ostacolo ideologico, solo impegnandoci e superando le resistenze iniziali, solo investendo forze morali e intellettuali per vincere questa battaglia interna a noi stessi, ci eleveremo fino ad essere all’altezza dei compiti che la situazione pone e riusciremo a guidare la classe operaia e il resto delle masse popolari nella lotta per sovvertire il dominio della borghesia imperialista e instaurare il socialismo.

Potrebbero sembrare cose scontate, ripeto. Ma che ognuno verifichi nella sua pratica le domande che ho posto nelle righe precedenti rispetto allo studio.

Per quanto mi riguarda iniziare il 2011 con questa superiore consapevolezza di quello che effettivamente sono e di dove devo “mettere le mani” per procedere nella mia trasformazione in dirigente comunista e aver iniziato nella pratica questo percorso di rettifica, è fonte di serenità e rinnovato slancio. Il mondo, ora, per me è meno “complesso” e la strada da seguire più chiara. E più andrò a fondo con lo studio, più questa chiarezza, questa serenità e questo slancio aumenteranno. Di questo, ora, sono certo!

Avanti nella trasformazione in comunisti!

Possiamo vincere! Dobbiamo vincere!

Dipende da noi!

Il 2011 è l’anno del Governo di Blocco Popolare!

Viva la GPRdiLD che farà dell’Italia un nuovo paese socialista!

Gianluca F. di Terni