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  La Voce 39 del (nuovo)Partito comunista italiano

L’efficacia dell’opera di un comunista

 

Spesso un comunista si pone e deve porsi le domande: quale ruolo svolgo io effettivamente? di che livello è il lavoro che svolgo?

Per dare risposte giuste a queste due domande, non deve basarsi sulle impressioni, non deve lasciarsi trasportare dal suo stato d’animo, ecc. Deve basarsi sui risultati del suo lavoro, sui progressi che fanno (o non fanno) i compagni che dirige.

Quanto vale, che peso deve dare, che valore deve attribuire un dirigente comunista al giudizio che danno su quello che lui fa i compagni e le persone che lo circondano? Come valorizzare il loro giudizio?

Il loro giudizio positivo del suo lavoro è molto importante. Gli permette di dirigere. Il loro giudizio positivo del suo lavoro aumenta la sua autorevolezza, quindi l’autorevolezza del Partito. È molto importante per realizzare il nostro progetto. Perché essi seguano le sue direttive e quindi le realizzino. Un dirigente comunista quindi deve curare molto il fatto che i compagni che dirige e le masse che deve orientare (linea di massa) siano entusiasti della sua attività di direzione. La loro approvazione è ciò che fa delle sue direttive una forza materiale che trasforma il mondo, a condizione che le sue direttive siano però conformi alle leggi della trasformazione del nostro paese, nel particolare e nel concreto.

Ma lo sono? L’approvazione dei compagni vale come prova che le sue direttive sono giuste, che sta facendo un buon lavoro? Da dove proviene il loro giudizio positivo rispetto al suo operato volto a realizzare un progetto nel campo di un’arte (l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti, in concreto in Italia) che essi non conoscono? Folle immense confluivano ai comizi di Togliatti e lo applaudivano con sincero entusiasmo. Eppure Togliatti era fuori strada.

Però un modo per capire dal loro giudizio se lavora effettivamente bene c’è, anche se non è definitivo. È un criterio di giudizio che un comunista deve sistematicamente adottare.

Il loro giudizio può essere un effetto della loro adesione identitaria al Partito. Tutto quello che viene dal Partito, essi lo guardano con occhio di simpatia e con tendenziale approvazione e identificazione: quella che Gramsci illustra come “meccanica adesione” alla linea del Partito e che Gramsci giustamente indica come una forza potente ai fini dell’azione del Partito [quello che i denigratori e invidiosi del PCI chiamano adesione ideologica, cioè pregiudiziale], fattore del successo del Partito ... se la linea del Partito è giusta.

In effetti la prova definitiva che l’opera di un dirigente è giusta è il successo pratico (ma questo arriva a posteriori). Una prova in prima istanza (cioè preventiva e in corso d’opera) è la valutazione del collettivo: il collettivo impegnato con il compagno nel condurre la lotta che lui dirige sul posto.

Tuttavia una cosa molto significativa, se non una conferma definitiva della bontà della sua attività, è l’atteggiamento dei compagni che lavorano allo stesso progetto sotto la sua direzione diretta o indiretta (quindi anche delle OO e OP con cui ha a che fare): consiste nell’osservare se essi (quanti di essi e in che misura) traggono da quello che lui dice e fa, elementi e sprone per operare meglio loro stessi, osservare che cosa loro traggono da quello che dice e fa. È per ogni dirigente sia un elemento importante per valutare ognuno di loro (la sua capacità e volontà di imparare e migliorare), sia un elemento importante per valutare l’efficacia e la bontà della sua opera. Quanti più compagni per effetto della sua attività si mobilitano in senso positivo e quanto più si mobilitano, traggono dai suoi discorsi e dal suo comportamento elementi e spunti per migliorare la propria attività, tanto migliore è la sua attività. Ai compagni che applaudono ma continuano imperterriti come prima, il dirigente deve nel modo concretamente più efficace far capire che se le sue parole servono solo a muovere l’aria, lui non se ne accontenta.

Alcuni compagni tendono a considerare il consenso e l’applauso una prova della bontà del loro lavoro. Quando parlano dell’intervento di un compagno in un’assemblea, la sola o la principale cosa che mettono in luce sono l’attenzione e gli applausi (che certo sono importanti e significativi). Ma è importante anche l’effetto che il suo intervento ha avuto sugli interventi successivi, l’effetto che riscontrano dopo l’assemblea sui presenti, le ripercussioni che ha avuto. A volte non sono gli applausi ma l’ostilità dei nemici la conferma migliore dell’efficacia della nostra opera, come lo è la mobilitazione degli amici e dei vicini a migliorare.

La verifica di quello che siamo, l’abbiamo attraverso l’analisi dei processi concreti, della realtà, dei risultati che otteniamo e non a partire dalle idee che abbiamo di noi stessi.

Dario B.

  

La Voce n. 39
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