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  La Voce 41 del (nuovo)Partito comunista italiano

I rivoluzionari di professione e gli altri membri del Partito

 

 Uno degli insegnamenti di Lenin (Che fare?, 1902) è che il partito comunista è composto da rivoluzionari di professione: compagni che si dedicano a tempo pieno al lavoro rivoluzionario in un’organizzazione del Partito e imparano professionalmente la scienza e l’arte della rivoluzione socialista. Accanto a loro ci sono i compagni che lavorano “in produzione”, cioè compiono un lavoro il cui scopo principale sono i soldi che ne ricavano, ma che anch’essi hanno messo la rivoluzione socialista come centro attorno a cui costruiscono il resto della loro vita.(1) I primi e i secondi oggi sono la massima espressione dell’individuo sociale del futuro, dell’individuo che si realizza costruendo la società, membro a parti eguali della nuova umanità che farà consapevolmente la sua storia. La morale comunista per ognuno di noi è liberazione dalle costrizioni a cui ogni membro delle masse popolari è oggi condannato, ma si esprime in criteri e regole di vita che ognuno di noi impone a se stesso e che il collettivo impone a ogni suo membro. Noi siamo, nelle ancora limitate condizioni della società borghese, la prima realizzazione di quel pieno dispiegamento dell’individuo nelle sue doti e nello sviluppo delle sue capacità come costruttore, organizzatore e dirigente della società, il ruolo che le classi dominanti hanno sempre riservato ai loro membri e comunque a una minoranza. Anche la borghesia, che proclamava l’uguaglianza e la libertà universali, per sua natura di fatto ha limitato ai pochi suoi membri il ruolo e la natura di individuo che costruisce la società.

1. La Voce n. 39 pagg. 27-30 - Diventare comunista?

Tutti i membri del Partito, anche quelli che lavorano in produzione, con la testa e con i sentimenti devono essere rivoluzionari di professione ed essere pronti a diventarlo a pieno titolo se il Partito li chiama. Noi abbiamo formulato il criterio di far diventare sistematicamente, con soluzioni creative (cioè senza aggravio per il sistema finanziario del Partito), rivoluzionari di professione tutti coloro che non svolgono un lavoro in produzione interessante per il Partito e che hanno le capacità di svolgere un compito da rivoluzionari di professione. Non lo applichiamo ancora sempre, non perché è un criterio sbagliato (inapplicabile), ma per via della scarsa iniziativa di chi gestisce sul campo gli uomini. Questo riguarda in particolare i compagni che vivono in una famiglia non monoreddito: molti di loro possono diventare funzionari di fatto.

Un membro del Partito che lavora in produzione deve tendere ad organizzare sempre più la propria vita e la propria attività con la concezione del rivoluzionario di professione. In una certa misura e in un senso ben preciso ogni membro del partito è un rivoluzionario di professione anche se è “in produzione”. All’inverso il compito di funzionario non è una carica a vita. Fare il funzionario, il rivoluzionario di professione, non è un lavoro per campare. È una scelta di vita, un compito, una missione. Il compagno che lo vive e lo sente come un peso, una costrizione e un lavoro, deve chiedere al Partito di fare un percorso di CAT, per elevare la sua assimilazione della concezione comunista del mondo.

Questi criteri erano formulati già nella concezione leninista del partito. Valgono più compiutamente in quella maoista (vedasi in proposito il sesto grande apporto del maoismo al pensiero comunista illustrato in questo numero di La Voce). Il Partito maoista è in senso pieno “un partito di quadri che svolge un lavoro di massa”.

 

I rivoluzionari di professione non fanno un lavoro, nel senso in cui è costretto a lavorare ogni adulto delle masse popolari (vedi MP pag. 166 - Analisi di classe, campo delle masse popolari), nelle forme dettate dalla lotta di classe. I rivoluzionari di professione dedicano la loro vita a una missione storica: promuovere la trasformazione di cui la nostra società ha bisogno, la trasformazione del suo sistema di relazioni sociali. Ovviamente l’organizzazione del Partito in cui  i rivoluzionari di professione svolgono la loro attività ha piani, tempi, orari e forme organizzative definite di lavoro: in esse il rivoluzionario inserisce la propria attività. Ma i rivoluzionari di professione non hanno orario di lavoro e non hanno tempo libero. Non si regolano con le misure con cui i proletari che compiono un lavoro salariato si proteggono dai capitalisti (norme, regole e principi dei contratti di lavoro). Giustamente il lavoratore dipendente cerca di ridurre il più possibile il tempo e le energie che dedica al padrone. Il rivoluzionario di professione non è un dipendente. Il Partito non è il padrone del funzionario. Il Partito non si arricchisce grazie al lavoro del funzionario. Un rivoluzionario di professione non lavora con la mentalità del lavoratore salariato. Non è un lavoratore salariato. Ogni funzionario è membro del Partito ed ha l’onore e il privilegio di dedicare pienamente alla causa della rivoluzione socialista il tempo e le energie che gli altri membri del Partito devono condividere con il lavoro in produzione. Egli è l’uomo del futuro nella forma limitata in cui può esistere oggi che la borghesia domina ancora la società.

Ma posto questo, il Partito fissa principi e criteri per la gestione dei suoi funzionari. È una necessità 1. per espandere in continuazione le file dei rivoluzionari di professione senza dover elaborare ogni caso come un caso a sé, quindi spontaneamente, senza comprendere le leggi del fenomeno e 2. per avere un metro di valutazione della mobilitazione di ogni singolo compagno. Una volta fissati i criteri per l’inquadramento dei funzionari, il Partito deve d’altra parte praticare le mediazioni necessarie, perché viviamo in un contesto sociale non fatto su nostra misura e alcuni compagni vivono con familiari che non hanno fatto propria la concezione comunista del mondo. Alcune mediazioni fatte in passato erano sbagliate, come ad es. quella di non ridurre il tenore di vita della famiglia dei rivoluzionari di professione: in alcuni casi va alzato, in altri va abbassato. Dobbiamo insomma imparare dall’esperienza e progredire.

Comunque, a parte l’adattamento sempre necessario al “caso concreto”, il Partito fissa principi e criteri per la gestione. Ma in definitiva il Partito si basa sulla volontà, che il funzionario ha in comune con gli altri membri del Partito, di dedicare la sua vita alla causa e di mettere il lavoro per l’instaurazione del socialismo al centro dell’organizzazione della sua vita, come scelta di vita, come risposta individuale alle domande: a cosa dedico la mia vita? cosa faccio della mia vita? Questo comporta che il comunista non guarda agli altri compagni di partito con la preoccupazione di non fare più di quello che fanno gli altri, con la preoccupazione che chi lo dirige non chieda a lui di fare più di quello che chiede di fare agli altri. Impara dalla propria esperienza e da quella degli altri a fare meglio; insegna agli altri a fare meglio, ovviamente nell’ambito della dialettica tra libertà e necessità.

Da una parte (libertà) il comunista è un individuo arrivato a un livello di coscienza e di relazioni sociali tali per cui decide lui lo scopo che dà alla sua vita, cosa ne fa. A differenza di chi è ancora imbevuto della concezione clericale e feudale del mondo: questi è convinto che ogni individuo esiste per fare la volontà del suo signore e servirlo; a differenza del borghese e di chi condivide la concezione borghese del mondo: questi è convinto che ogni individuo ha come scopo della sua vita l’arricchirsi.

Dall’altra (necessità) ogni comunista dipende dai presupposti fisici e caratteriali insiti nella sua formazione e dalle leggi proprie della materia sociale e naturale su cui opera.

Chi è avanti insegna a chi è indietro. Chi è indietro impara da chi è più avanti e cerca di avanzare. Insomma emulazione socialista. Senza questa premessa, al di fuori di questo contesto, non c’è organizzazione di rivoluzionari di professione e in generale non c’è partito comunista.

 

Ovviamente i rivoluzionari di professione si riposano e soddisfano i bisogni che corrispondono a ciò di cui si alimenta e si deve alimentare la vita materiale, morale e intellettuale di ogni individuo. Ognuno deve riposarsi, occuparsi delle relazioni, della conoscenza, ecc. benché “non come evasione, ma per arricchire la nostra personalità e gli strumenti della nostra attività”. Dobbiamo concepire e far concepire la nostra attività come una missione, non come un lavoro: noi siamo creatori, costruttori, artisti. All’interno di questo che è principalmente passione, ci sono anche regole, criteri, cose  che ci costringiamo a fare, piani, archivi, ecc. I nostri ritmi sono dettati dalla lotta di classe.

 Come ogni individuo anche un rivoluzionario di professione è una particolare e concreta formazione fisico-sociale, prodotto della sua storia e, da un certo punto della sua vita in poi, prodotto del processo di CAT in cui si impegna sotto la direzione e nell’ambito del Partito. Egli deve organizzare la sua vita attorno all’asse centrale del suo ruolo e del suo compito nel promuovere e condurre la rivoluzione socialista. Gli altri aspetti della sua vita diventano aspetti “secondari”, non nel senso di trascurabili o che possono anche non esserci, ma nel senso che vanno diretti e organizzati attorno all’asse centrale della sua vita. (2)

2. La Voce n. 38 pag. 61 - Il principale e i secondari.

Noi viviamo e lottiamo in un paese imperialista. Il clero e la borghesia hanno messo a punto un raffinato sistema di controrivoluzione preventiva. In esso si combinano minacce, ricatti, allettamenti e corruzione intellettuale e morale (MP, pagg. 46-56). Questo regime ha una notevole efficacia nel distogliere i membri delle masse popolari dalla lotta di classe, nell’indurre o costringere ogni individuo a ripiegarsi su se stesso (consumismo, sesso, droga, sballo: comunque evasione dalla società di cui è parte), sulla sua famiglia, sul suo vicinato (volontariato). Noi in proposito dobbiamo svolgere un’azione di massa, ma prima ancora dobbiamo curare le nostre file. Terreni particolarmente importanti sono il terreno dei rapporti di coppia e il terreno dei rapporti familiari e in particolare il terreno dei rapporti genitori-figli e figli-genitori. La borghesia e il clero, quanto è loro interesse, calpestano ogni sentimento: il lavoro, l’emigrazione, la disoccupazione, il carcere, la guerra lo mostrano chiaramente. Ma con pari cinismo fomentano nei membri delle masse popolari sentimenti e abitudini per cui la famiglia e i figli in particolare diventano un impedimento all’attività rivoluzionaria e un’arma di pressione e di ricatto. Su questi terreni il Partito non ha fissato regole, ma ha chiarito principi e criteri. Anche in questi terreni i membri del Partito e a maggior ragione i funzionari del Partito devono mettere al primo posto il loro compito di comunisti e subordinare ad esso sia le relazioni di coppia e le relazioni sessuali sia le relazioni familiari. Anche avere o non avere figli deve essere una decisione assunta da ogni compagno e da ogni compagna avendo coscienza che la cura dei figli per il membro e a maggior ragione per il funzionario del Partito è subordinata ai compiti della rivoluzione. È malsano e illusorio assumere come compito principale della propria vita “educare bene mio figlio” o “mantenere mio figlio, non fargli mancare niente”. Il compito principale è “instaurare il socialismo”: da questo in definitiva dipenderà anche la vita di tuo figlio. Non dobbiamo permettere che la borghesia, il clero e le loro autorità intralcino la nostra attività facendo leva sui costumi, le abitudini e i sentimenti, meno ancora con i loro ricatti. Dobbiamo prevenire la loro azione con decisioni concrete.

 

Costituendo un corpo di rivoluzionari di professione, il Partito ha creato un’arma importante per la rivoluzione. Avere reclutato un certo numero di compagni e averli formati per il lavoro di rivoluzionari di professione è un importante aspetto della costruzione del Partito e una vittoria. Il Partito deve imparare a rafforzare ideologicamente e moralmente il corpo dei suoi funzionari curando la formazione di ogni compagno e aiutandolo ad affrontare ogni situazione. Il Partito deve impegnarsi anche ad aumentare costantemente il numero dei rivoluzionari di professione.

I funzionari sono la parte più mobile del Partito che promuove la guerra popolare rivoluzionaria. Non sono truppa stanziale, sono al cento per cento truppa mobile. Questo implica 1. la possibilità di spostare di abitazione i funzionari dove serve per il lavoro di partito, 2. la possibilità di inviare in ogni momento i funzionari in diverse zone del paese per attività politica.

Per reclutare nuovi funzionari il partito deve anche mettersi nelle condizioni di assicurare loro condizioni di vita dignitose. Ogni rivoluzionario di professione e ogni membro del nostro Partito devono avere uno stile di vita modesto e di dura lotta, ma dignitoso.

Nella catastrofe che incombe sul nostro paese, il Partito deve distinguere nettamente il suo rapporto con le masse popolari e il suo rapporto con i propri membri e funzionari.

 Tutto il Partito (ogni suo organismo, ogni suo membro) deve impegnarsi a mobilitare le masse popolari perché facciano fronte alla catastrofe come solo esse possono fare e si procurino quanto è necessario agendo in modo organizzato e con fermezza, secondo le situazioni concrete e i concreti rapporti di forza, senza vincoli legalitari e senza mentalità individualista da banditi. Il partito alle masse non regale il pesce, ma insegna a pescare. Il Partito mobilita le masse popolari perché facciano valere contro la borghesia e il clero i propri diritti e i propri interessi: da quelli minimi (lavoro, salario, abitazione, servizi, ecc.) ai massimi (instaurare il socialismo).

Invece tutto il Partito deve, a questo fine e per svolgere efficacemente la sua opera, assicurare la sopravvivenza in condizioni dignitose seppur modeste a ogni suo membro (e alla sua famiglia) e tanto più a ogni suo funzionario in modo che svolga con serenità il ruolo che il Partito gli ha assegnato.

Da parte sua ogni membro del Partito e tanto più ogni funzionario deve

1. svolgere scrupolosamente, con lealtà e slancio il compito che il Partito gli ha affidato e attenersi alla disciplina del Partito,

2. adottare lui e la sua famiglia uno stile di vita modesto e di dura lotta, benché dignitoso e rafforzare in ogni modo il legame di ognuno dei suoi familiari con il Partito,

3. concorrere, come aspetto essenziale dell’attività del Partito, ad assicurare al Partito le risorse (finanziarie e d’altro genere) necessarie perché il Partito faccia quanto deve fare verso ogni suo membro.

Non dobbiamo trattare i membri di Partito come trattiamo le masse popolari. Non dobbiamo permettere che un membro Partito sia costretto ad arrangiarsi individualmente e personalmente per provvedere ai bisogni suoi e della sua famiglia. Dobbiamo trattare come collettivo la questione della sopravvivenza di ogni membro perché compia serenamente il suo lavoro: ciò è possibile proprio perché (e solo se) il membro del Partito accetta la disciplina e lo stile di vita propri dei membri del Partito.

Forte di questa concezione, il nostro Partito porterà a compimento il suo compito: fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Franco S.

 

 

 

La Voce n. 41
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