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  La Voce 41 del (nuovo)Partito comunista italiano

La pausa prima della tempesta

Noi comunisti dobbiamo portare le masse popolari organizzate a prendere l’iniziativa!

 

I lavori del Consiglio d’Europa del 29-30 giugno hanno confermato

1. che i mercati finanziari internazionali, cioè le istituzioni finanziarie aggregate attorno alle istituzioni politiche federali USA non osano ancora colpire a fondo la coalizione politico-finanziaria della grande borghesia europea attorno alla grande borghesia tedesca;

2. che grande borghesia tedesca è tentata dall’avventura di rafforzare la coalizione europea e farne un polo contrapposto al polo USA: per questo tira la corda e cerca di costringere gli altri membri della coalizione a costituire una direzione europea, mentre non è chiaro come conti di ridurre il sistema politico-finanziario USA a così mal partito da rinunciare al protettorato politico-militare sull’Europa in cambio del sostegno politico-finanziario europeo;

3. che i potenziali alleati antiamericani dell’Europa (Cina, Russia, ecc.) si difendono ma non osano ancora entrare decisamente in guerra conto la dominazione politico-finanziaria USA sul mondo.

Gli USA non hanno condotto e non conducono a fondo la loro aggressione contro l’Europa probabilmente perché la demolizione dell’area finanziaria dell’euro trascinerebbe la recessione (la riduzione della produzione di beni e servizi) in Europa e la recessione in Europa trascinerebbe la recessione anche negli USA e nel resto del mondo e quindi sconvolgerebbe i piani delle aggressioni promossi dagli imperialisti USA e dai sionisti d’Israele: cosa che preoccupa i gruppi dirigenti USA, una parte in modo particolare tanto più che a novembre negli USA ci saranno nuove elezioni presidenziali.

Siamo quindi in una fase di suspense. Vediamo più analiticamente il contesto.

 

 Al punto attuale di sviluppo cui è giunta la società borghese, economia significa finanza. L’economia reale (le aziende capitaliste che producono beni e servizi e dove i proletari trovano il lavoro in cambio del quale ricevono un salario) è subordinata alla finanza e sta in piedi grazie alla finanza. Senza la parte di economia reale promossa o indotta dalle grandi speculazioni finanziarie e quella promossa o indotta dai grandi investimenti pubblici militari e spaziali, tutta l’economia reale languirebbe da molti anni.(1) Sono le grandi operazioni finanziarie (e ogni guerra oltre che un’operazione di morte, distruzione, mutilazioni e sofferenze, nella società borghese è anche una grande operazione finanziaria), i grandi progetti speculativi (le opere pubbliche inutili o addirittura nocive), gli acquisti agevolati, gli ammortizzatori sociali finanziati con il debito pubblico (perché ai ricchi i soldi lo Stato borghese li chiede in prestito, mentre ai lavoratori fa pagare imposte), che dagli anni ’70 in qua hanno impedito che l’economia reale rallentasse in alcuni settori e paesi o si riducesse in altri ancora più di quanto è avvenuto.

1. Non importa se molti o tutti gli obiettivi reali delle grandi operazioni finanziarie (nuove reti di trasporto, messa a punto di nuove fonti di petrolio e di gas naturale, nuove coltivazioni di derrate alimentari, ecc. ecc.) non hanno prospettiva. Prima che il problema si ponga, i promotori delle speculazioni finanziarie avranno piazzato i titoli in altre mani e avranno ottenuto quanto in realtà cercano. Forse che le speculazioni lanciate verso la fine del secolo XX della finanza francese sulla costruzione del Canale di Panama sfociarono nell’apertura del Canale? Forse che i prestiti russi promossi dalla finanza francese e inglese all’inizio del secolo XX fruttarono qualcosa a chi se li ritrovò tra le mani nel 1917? Ma ai promotori delle speculazioni fruttarono somme enormi.

Tuttavia, benché gonfiata dalla finanza, comunque la produzione di beni e servizi oramai richiede una quantità di lavoro che è solo una frazione decrescente del lavoro a tempo pieno di tutti i proletari: la fonte principale della ricchezza in beni e servizi non è più il tempo di lavoro che viene dedicato alla produzione, ma la comprensione della natura e il dominio su di essa che gli uomini hanno acquisito  attraverso la loro esistenza come società. Persino le guerre richiedono una quantità decrescente di uomini. Ma i proletari ancora dispongono di beni e servizi principalmente in base a un reddito che proviene dalla vendita della loro forza-lavoro: quindi perdurando il sistema capitalista le condizioni a cui sono condannati a vendersi peggiorano e i beni e servizi di cui possono usufruire sono in quantità limitata e spesso di qualità scadente se non addirittura adulterati e nocivi. Nei paesi più progrediti i beni e servizi sono però diventati in misura crescente anche un mezzo con cui le classi dominanti distraggono dalla lotta di classe e dalle attività specificamente umane che riservano a sé le classi oppresse ed emarginate (in proposito rimando al capitolo 1.3.3. del Manifesto Programma del nuovo PCI, pagg. 46-56: La controrivoluzione preventiva). A sua volta la massa dei beni e servizi prodotti non può essere aumentata oltre certi livelli perché vi si oppongono sia il reddito disponibile per l’acquisto, sia i limiti ecologici e ambientali, sia lo spreco e la distruzione che sono già la destinazione di una parte importante dei beni e servizi prodotti.

 

A loro volta finanza e potere politico sono indissociabili. Senza il potere politico i debitori non restituirebbero i soldi ricevuti in prestito: né a livello internazionale né nei singoli paesi. La finanza non è comando allo stato puro come il potere politico, ma è comando imposto tramite denaro. Lo stesso potere politico per esercitarsi richiede una quantità crescente di denaro. Per comprendere l’evoluzione del mondo finanziario, bisogna tener presente questa connessione tra finanza e potere politico, una connessione imprescindibile nell’epoca imperialista della società borghese.

Nel 2007 il sistema finanziario del dollaro (le cui istituzioni hanno sede negli USA e che è imprescindibilmente connesso alle istituzioni dello Stato federale USA) è esploso dopo che con i mutui immobiliari per un po’ di tempo aveva tirato l’economia reale degli USA e del resto del mondo. Mutui immobiliari senza garanzia, ma che nel frattempo, tramite titoli derivati da essi e derivati dei derivati, le banche che li avevano concessi avevano rifilato con grandi guadagni alle istituzioni finanziarie, ai fondi di investimento (assicurazioni e pensioni), alle banche, ai risparmiatori (alle classi intermedie) di tutto il mondo.

La combinazione finanziaria e politica USA era già appesantita da enormi e crescenti indebitamenti pubblici e privati che ne minavano la forza rispetto agli altri sistemi finanziari e nelle relazioni politiche internazionali. Ha quindi cercato di uscire dai guai scaricando la crisi sul sistema finanziario dell’euro. Questo d’altronde da tempo stava erodendo quello del dollaro, un’erosione analoga a quella abbozzata dal sistema finanziario giapponese negli anni ’80 e stroncata dagli USA negli anni ’90. La crisi finanziaria USA del 2007-2008 offrì alle istituzioni USA l’occasione per contrattaccare. Il sistema politico-finanziario USA non poteva tollerare che questa erosione procedesse oltre certi limiti, pena rinunciare al proprio ruolo mondiale. Ma è su questo ruolo mondiale che in larga misura poggia l’egemonia della borghesia imperialista USA sulla popolazione del suo paese. Quindi è un ruolo a cui solo la rivoluzione socialista negli USA può indurla a rinunciare.

 La Germania a sua volta è il solo paese in cui il sistema finanziario dell’euro può avere il suo centro, ma è anche un paese ancora occupato militarmente dagli USA a più di 65 anni dalla fine della II Guerra Mondiale. Neanche l’unificazione tedesca e l’accordo della Francia (Accordo Kohl-Mitterrand) su questa hanno cambiato la situazione.(2)

2. Basi militari e agenzie di vario genere tengono la Germania sotto controllo USA. Inoltre la Germania è circondata da paesi (in particolare dell'Europa Orientale) controllati dagli USA con basi militari e agenzie varie.

Con l’accordo Kohl-Mitterrand la Francia accettò l’unificazione tedesca (1989) in cambio di impegni finanziari (sistema monetario europeo) e d’altro genere da parte della Repubblica Federale Tedesca.

Gli altri grandi centri di potere politico e finanziario nel mondo (Cina, Russia, Brasile, India, ecc. - il Giappone oltre che essere come e più della Germania occupato dagli USA persino militarmente da più di 65 anni (basi militari e altro), è stato sottomesso finanziariamente dagli USA negli anni ’90 e almeno per ora è ancora fuori gioco) non possono sottostare completamente al sistema finanziario del dollaro perché dovrebbero esaurirsi per servirlo e tenerlo in piedi. Per di più sono cresciuti sfruttando la crisi dell’economia reale capitalista degli USA e dei paesi europei (delocalizzazioni, globalizzazione, esportazioni) e sono ancora  lontani dall’emanciparsi da questa origine, né mai lo potranno fare sulla base del modo di produzione capitalista. D’altra parte si difendono ma non osano neanche essi scendere apertamente in guerra contro il sistema politico-finanziario USA e quindi prendere l’iniziativa di attaccare sui fronti di volta in volta più favorevoli. I rapporti di forza internazionali in definitiva sono ancora largamente favorevoli agli USA rispetto a ognuno di loro presi uno a uno e sarebbe un grave errore d’analisi sommare i molti sistemi finanziari concorrenti del sistema finanziario del dollaro fino a considerarli un tutt’uno (“i BRICS”). Per di più nessuno di loro può al suo interno appoggiarsi a fondo sulle masse popolari per contrastare il predominio politico e finanziario degli USA nel mondo (questa è una delle grandi differenze tra la Russia e la Cina di oggi e l’Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese di ieri, oltre al ruolo propulsivo che queste avevano sulla lotta delle classi sfruttate negli USA e negli altri paesi imperialisti e sulla lotta dei popoli oppressi dagli imperialisti, imperialisti USA compresi). Gli USA oggi sono in grado di montare operazioni di destabilizzazione in ogni paese, dalla Cina alla Russia, per non dire dell’India e del Brasile, mentre tra tutti i paesi imperialisti essi oggi sono quello politicamente più stabile: il movimento comunista USA a nostra conoscenza non ha ancora tirato lezioni efficaci dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria.

In conclusione la potenza della finanza USA si è ridotta ma è ancora essa che la fa da padrona nel mondo. Dopo l’esplosione della bolla finanziaria USA nel 2007, essa si è ripresa alimentandosi principalmente a spese del sistema finanziario europeo: Stati europei (titolari di Debito Pubblico), istituzioni finanziarie e banche dei paesi europei sono da allora sotto il tiro delle istituzioni finanziarie e delle agenzie di valutazione dei titoli (agenzie di rating) aggregate negli USA e sostenute dallo Stato federale USA. Nel giro di alcuni mesi i Debiti Pubblici degli Stati europei sono ingigantiti, banche fino a ieri reputate e agognate sono diventate pericolanti e si dichiarano sull’orlo del fallimento.

Questo a grandi linee è la condizione in cui la borghesia ha portato il sistema delle relazioni internazionali. All’interno di ogni area politico-finanziaria in ogni paese vi sono il Debito Pubblico di cui è direttamente titolare lo Stato e quindi connesso con la spesa pubblica, le istituzioni finanziarie, le banche e le imprese. Tra loro è la corsa a chi spoglia chi, mentre nessuna delle parti può eliminare l’altra e nello stesso tempo ognuna è anche terreno di manovra di parti delle altre aree politico-finanziarie che vi cercano bersagli e complici. Vittime e bersagli di questo sistema politico-finanziario tramite il credito, la spesa pubblica e il ruolo propulsivo che la finanza da anni esercita sull’economia reale, vi sono quanto ancora resta del sistema di sicurezza sociale, i salari dei lavoratori dipendenti privati e pubblici, i bersagli agognati della privatizzazione (beni demaniali, servizi pubblici e aziende pubbliche), le ricchezze e i redditi dei ceti medi, l’occupazione (i posti di lavoro) e tutta l’economia reale delle imprese capitaliste, della piccola borghesia e dei lavoratori autonomi. La disoccupazione, il lavoro precario, i lavori marginali, gli orari flessibili, le attività marginali, illegali o addirittura criminali sono diventati il contesto che influenza, la luce che dà il proprio colore a tutto il resto della vita dei proletari e dei lavoratori autonomi.

 

Il 30 giugno il Consiglio d’Europa ha deciso di sostenere con mezzi messi a disposizione dagli Stati europei l’urto con la finanza USA, attribuendo maggiori poteri alle istituzioni comunitarie dell’Unione Europea e quindi allo Stato e alle istituzioni della grande borghesia tedesca. Forse che quindi la borghesia tedesca ha trovato una sua unità nell’imboccare la strada dell’unificazione europea e della lotta contro il sistema politico-finanziario USA? È estremamente improbabile, perché l’occupazione militare USA in Germania e in Europa e i legami degli Stati europei con i sionisti d’Israele negli ultimi mesi si sono rafforzati e i rapporti di forza politici nel mondo non si sono modificati. Il coinvolgimento degli apparati militari europei e delle basi USA e NATO nella politica di guerra (contro l’Iran, contro la Siria, ecc.) diretta dagli USA e da Israele si è aggravata. Una simile decisione da parte della borghesia imperialista tedesca ed europea implicherebbero inoltre che la borghesia dei vari paesi europei si sentisse sicura della sua egemonia sulle masse popolari. Tutti gli avvenimenti di questi ultimi tempi, ivi compresa l’elezione di Hollande in Francia e la  campagna di propaganda antitedesca che dilaga in Europa mentre poco si parla dell’aggressiva condotta USA che è l’origine immediata e diretta delle difficoltà del sistema dell’euro, hanno certamente accresciuto il senso di debolezza e d’instabilità nella borghesia europea.

A questo va aggiunto il problema del Vaticano. La borghesia italiana ha abbandonato la fiducia di risolvere a suo favore la “questione romana” e ha finito per accettare la Repubblica Pontificia. Ma il potere del Vaticano è incompatibile con l’unificazione europea e la borghesia europea non ha la forza di sbarazzarsi del Vaticano: i contrasti emergono, ma una soluzione non è in vista.

Quindi le decisioni del Consiglio d’Europa sono da interpretarsi come una manovra per guadagnare tempo verso una soluzione che la borghesia europea non intravede, su cui è profondamente divisa e che non dipende principalmente da essa.

 Questa è la situazione. A fronte di questa situazione e di fronte alle sfide e ai compiti che la situazione pone, è chiaro quanto parole d’ordine come “io la crisi non la pago”, “abolire il debito pubblico, “uscire dalla UE”, “uscire dall’euro”, ecc. in bocca a chi non ha una strategia per farla finita con il capitalismo e il sistema di relazioni sociali che su di esso è cresciuto e si regge, sono riduttive e rinunciatarie. Come l’atteggiamento di bambini che nel mezzo di una tormenta che scuote tutta la loro casa, chiudono gli occhi e sperano così di salvarsi. A questo sono ridotti i portavoce più avventurosi della sinistra borghese, proprio perché non concepiscono un mondo oltre l’orizzonte del capitalismo, le sue relazioni economiche e finanziarie, il gioco di guardie e ladri che si svolge nel suo ambito. Non concepiscono la produzione di beni e di servizi senza le aziende capitaliste che l’organizzano. Proclamano di non sapere cosa significhi un sistema di produzione non capitalista o se l’immaginano sulla falsariga della piccola economia da vicinato di Viale-Proudhon.(3)

3. Reputo che le tesi di Guido Viale sull’alternativa alla recessione economica e al saccheggio del pianeta, un’alternativa basata sulla piccola produzione di vicinato, siano note a tutti i lettori di La Voce. Esse sono state ripetutamente e per esteso esposte su il manifesto e qui ripetute ancora in questi giorni (5 luglio) da Piero Bevilacqua. Le stesse tesi sono state esposte, illustrate e difese da molti altri giornalisti, tra cui Pierluigi Sullo (Carta) e Paolo Cacciari.

Quanto alle simili tesi di Pierre-Joseph Proudhon (1809-1965), rimando all’analisi critica che ne ha fatto Marx in Miseria della filosofia (1847) in Opere Complete Editori Riuniti vol. 6.

Sul ruolo positivo e i limiti della piccola produzione di vicinato, delle cooperative di produzione e affini, vedasi anche l’Indirizzo inaugurale dell’Associazione Internazionale degli Operai (1864) in Opere Complete Editori Riuniti vol. 20.

Ma noi comunisti invece vediamo e mostriamo chiaramente l’instaurazione del socialismo e la transizione al comunismo che porranno fine al capitalismo, ai sistemi di relazioni sociali che ne sono derivati in ogni paese e al suo sistema di relazioni internazionali. Proprio per questo noi abbiamo quanto occorre per mobilitare anche quelli che in quelle parole d’ordine infantili o nei sogni di Viale-Proudhon trovano le bandiere sotto cui mobilitarsi contro la borghesia imperialista e le rovine che essa impone. Mobilitarli certo sviluppando il loro lato positivo, perché imparino dalla loro stessa esperienza, fino a confluire nella rivoluzione socialista e nella guerra popolare rivoluzionaria che è la sua strategia. Le condizioni del nostro successo sono riunite.

 

La borghesia imperialista europea vuole far pagare ai proletari e alle classi intermedie i Debiti Pubblici e i crediti delle banche e delle istituzioni finanziarie munte dal sistema politico-finanziario USA. Ma proprio questo obiettivo verso cui la spinge la sua natura e la sua collocazione nelle contraddizioni interimperialiste, sarà la sua rovina. I Debiti Pubblici e i debiti privati hanno raggiunto livelli tali per cui comunque non possono essere pagati. Anzi più essi sono pagati, più cresceranno. Le costrizioni che la borghesia cerca di imporre provocheranno una recessione crescente sia nel nostro paese sia a livello internazionale.

1. I Debiti Pubblici e i debiti privati comunque non saranno pagati, come non lo furono i crediti di guerra e le riparazioni che le borghesie francese, inglese e americana pretendevano dopo la I Guerra Mondiale. Ma è del tutto diverso, per le sofferenze e le distruzioni che accompagneranno questa abolizione e soprattutto per il suo risultato, se a  cancellarli saranno governi popolari d’emergenza decisi ad attuare programmi del tipo di quello enunciato nelle nostre Sei Misure Generali o se saranno governi ligi al sistema imperialista mondiale, alle sue pratiche e abitudini: essi tratterebbero al modo in cui trattano debitori morosi o insolventi che cercano un accomodamento con i creditori con cui il giorno dopo contano di tessere ancora affari. Chi ha letto le dotte e articolate proposte di Luciano Vasapollo, Rita Martufi e Joaquin Arriola (Il risveglio dei maiali. PIIGS Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna - settembre 2011) ha visto esporre in dettaglio trattative di questo genere. Inutile dire che sono progetti del tutto velleitari.

2. Le istituzioni dell’UE cesseranno comunque di esistere perché la grande borghesia tedesca non è in grado di costituire uno Stato federale europeo. Ma il risultato e il decorso degli avvenimenti saranno del tutto diversi se saranno sconvolte e travolte da governi popolari d’emergenza che instaureranno rapporti di solidarietà, collaborazione e scambio con istituzioni e Stati decisi a rompere con le abitudini e le regole del sistema imperialista mondiale o se saranno abolite tramite trattative tra Stati e istituzioni della borghesia imperialista o sue emanazioni. Un conto è sconvolgere il sistema imperialista mondiale, un altro conto è fare la fronda e contrattare la propria collocazione e collaborazione nell’ambito del sistema imperialista mondiale.

3. Un conto è perseguire la liberazione dal protettorato USA come risultato di una lotta di classe che al punto in cui le cose sono arrivate si propagherebbe anche negli USA dove le masse popolari sono schiacciate in misura crescente dalla borghesia imperialista la cui egemonia è in caduta libera. Tutt’altro conto è sognare di liberarsi dal protettorato USA nell’ambito dello scontro e della guerra tra grandi schieramenti imperialisti.

Certe imprese, non è perché sono difficili che non le affrontiamo. Al contrario, è perché non osiamo affrontarle che ci sembrano difficili

 

Plinio M.

Il futuro del Vaticano

Edizioni Rapporti Sociali 2007 - via Tanaro 7, 20128 Milano - www.carc.it

(La Voce n. 23 (luglio 2006) - www.nuovopci.it)

 

I revisionisti moderni prima, la sinistra borghese poi hanno steso il silenzio sull’effettivo ruolo che la Corte Pontificia esercita in Italia. La borghesia italiana non ha osato risolvere la “questione romana”. La rivoluzione socialista la risolverà a beneficio delle masse popolari italiane e della rivoluzione proletaria mondiale. Un residuo dell’Europa medioevale, che inquina ancora tutto il mondo, sarà definitivamente relegato nel museo della storia.

  La direzione dei comunisti è il processo realista della guerra popolare rivoluzionaria che terminerà con l’instaurazione del socialismo. In essa rientra la prima alternativa di ognuno dei tre dilemmi indicati. Ogni paese imperialista dove le masse popolari raggiungono una qualche unità attorno a un governo imposto dalle organizzazioni operaie e popolari e in qualche misura deciso a far fronte al sistema imperialista mondiale è un passo avanti nella guerra popolare rivoluzionaria che noi comunisti marxisti-leninisti-maoisti promuoviamo. Un passo incerto, instabile, provvisorio, ma comunque un passo avanti. Così nelle attuali condizioni sociali e politiche si sviluppa la guerra popolare rivoluzionaria nei paesi imperialisti. Ma le garanzie di continuità e di vittoria della guerra popolare rivoluzionaria non risiedono nell’uno o nell’altro dei passi avanti che essa fa. Risiedono nella concezione del mondo del Partito comunista che la guida e nella sua strategia. Al compimento di ogni singolo passo possono partecipare e certamente parteciperanno, persino con un ruolo importante, anche personaggi, gruppi e classi neanche consapevoli del processo in corso e tutt’altro che decisi ad andare fino in fondo. Anzi senza la partecipazione di personaggi, gruppi e classi simili sarebbe impossibile sviluppare direttamente a partire dalle condizioni attuali la guerra popolare rivoluzionaria. Ma il Partito comunista deve essere costituito per andare fino in fondo.

Alcuni compagni hanno detto che le posizioni del nuovo Partito comunista italiano e le posizioni della KOE o addirittura di Syriza nei confronti della crisi dell’Unione Europea coincidono.(4) In realtà il (n)PCI e KOE lanciavano una parola d’ordine analoga (“Uscire dalla UE, dal sistema monetario dell’euro, dalla NATO? No, grazie!”) ma da posizioni e in contesti diversi. Per noi del (n)PCI la parola  d’ordine è un aspetto della tappa attuale nell’attuazione della nostra strategia delle guerra popolare rivoluzionaria: costituzione del GBP. La KOE ha lanciato la stessa parola d’ordine durante la campagna elettorale del 17 giugno, ma per quanto ci risulta non ha alcuna strategia per instaurare il socialismo in Grecia. Se così è, il lancio di quella parola d’ordine si inserirebbe in un normale comportamento da opportunisti anche se dalle buone intenzioni: compagni e organismi che navigano a vista e cercano di approfittare delle opportunità che la situazione offre, dei venti e delle correnti d’aria popolari e di moda, per rafforzarsi. Una tattica senza strategia è al di sotto di ogni giudizio, avendo a che fare con un gruppo di cui si accetta per buona la dichiarazione di essere comunista.

4. Per la posizione del (n)PCI quei compagni facevano riferimento al Comunicato CC 18/12 del 18 maggio 2012 (www.nuovopci.it). Per la posizione della KOE facevano riferimento al Comunicato diffuso dalla KOE il 21 maggio 2012 (in francese dal sito: http://www.international.koel.gr, tradotto e diffuso in Italia da CARC Party <carc.int.dept@alice.it>).

I compagni che hanno fatto l’equazione non hanno tenuto conto che la stessa parola d’ordine in un dato momento concreto può essere lanciata da organizzazioni che hanno concezioni e strategie anche molto diverse. Sulla mossa tattica sono possibili convergenze che noi comunisti dobbiamo valorizzare. Ma possiamo valorizzarle proprio perché perseguiamo inflessibilmente la nostra strategia di guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata per instaurare il socialismo, perché siamo un partito costruito per promuovere e dirigere questa guerra. Solo a questa condizione noi dirigiamo il processo a cui partecipiamo e valorizziamo a beneficio del nostro obiettivo anche le convergenze casuali e provvisorie. In caso contrario saremmo opportunisti e portatori d’acqua a mulini della borghesia imperialista. Perché in definitiva le vie sono solo due.

Rosa L.

 

 

 

La Voce n. 41
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