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  La Voce 43 del (nuovo)Partito comunista italiano

La Guerra Popolare Rivoluzionaria

La rivoluzione socialista non è un’insurrezione popolare (rivolta, sollevazione, rovesciamento del tavolo o altro del genere) che prima o poi scoppia e che il Partito accelera con la propaganda e alimentando le lotte popolari e a cui si prepara per prenderne la testa. La rivoluzione socialista è una guerra che il Partito promuove e nel corso della quale costruisce il Nuovo Potere.

 

La rivoluzione socialista non è e non può essere una sollevazione popolare come le rivoluzioni d’altro genere che l’hanno preceduta e l’accompagnano.

Queste consistono in un sommovimento che di colpo scuote l’intera società. Per il concorso di un insieme di circostanze in un dato momento convergono e si combinano la volontà degli esponenti di una nuova classe di sfruttatori in ascesa e il malessere, l’insofferenza, l’indignazione e il furore delle masse degli sfruttati che costituiscono il grosso dei combattenti della sollevazione che abbatte le vecchie classi di sfruttatori in declino.

Invece per sua natura (per il suo contenuto) la rivoluzione socialista elimina ogni classe di sfruttatori. Quindi quanto alla forma ha questo di nuovo:

essa è una guerra di lunga durata nel corso della quale le masse popolari si organizzano fino a costituire una rete via via più fitta di organismi di forza crescente, si aggregano attorno ai propri esponenti d’avanguardia (che per lo più fanno parte del Partito comunista e nel collettivo del Partito formano e attingono gli strumenti spirituali e materiali che li fanno capaci del loro ruolo), attaccano in mille punti e con intensità crescente le istituzioni e le forze delle classi dominanti impegnandole in scontri continui e ripetuti fino a paralizzarle o disgregarle, organizzano autonomamente la propria vita sociale e la produzione appropriandosi di parti crescenti dell’apparato produttivo del paese e costruendone nuove parti.

In questa maniera esse creano nel paese il Nuovo Potere che si contrappone al potere delle vecchie classi dominanti, lo limita, lo erode e lo disgrega fino a rovesciare i rapporti di forza ed eliminarlo.

Nell’Introduzione del 1895 all’edizione in opuscolo degli scritti di Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850  Engels riconosce apertamente che lui e Marx (morto nel 1883) in questa questione si erano sbagliati. Essi avevano pensato che la rivoluzione socialista sarebbe avvenuta allo stesso modo delle rivoluzioni borghesi. Il Partito comunista avrebbe accelerato e preparato l'insurrezione facendo propaganda del futuro sistema di relazioni sociali (il socialismo, l’obiettivo), denunciando l’oppressione, lo sfruttamento e la miseria (il cattivo presente), promuovendo la creazione di organizzazioni di ogni tipo (sindacali, politiche nel senso della partecipazione alle lotte politiche correnti della società democratica borghese, generalmente rivendicative, cooperative, culturali), organizzando proteste e pressioni delle masse popolari e in particolare del proletariato indirizzate contro le autorità e i capitalisti. In questo modo il Partito comunista avrebbe anche preparato se stesso a prendere la testa e la direzione delle masse popolari in rivolta quando questa fosse scoppiata e a costituire il futuro governo rivoluzionario che avrebbe sancito la vittoria dell’insurrezione popolare e iniziato ad attuare le misure per le quali le masse popolari si erano rivoltate. In effetti, come Lenin ben illustra nello scritto La guerra e la rivoluzione del 27 maggio 1917 (in Opere vol. 24), le rivoluzioni borghesi avvenute nei paesi europei prima della rivoluzione russa del 1905 avevano dato vita a nuovi governi ma non avevano creato una rete duratura di organizzazioni delle masse popolari capillarmente diffuse nel paese come i soviet (i consigli) in Russia.

 Sulla base dell’esperienza della Comune di Parigi (1871) e dei successivi sviluppi del movimento comunista, nel 1895 Engels riconobbe che la storia smentiva le concezioni sue e di Marx. La rivoluzione socialista non avrebbe avuto la stessa forma delle rivoluzioni che l’avevano preceduta nella storia umana. Essa avrebbe avuto la forma di una guerra che gli operai e sulla loro scia il resto delle masse popolari avrebbero combattuto in seno alla società borghese fino a rendersi capaci, accumulando le risorse spirituali (intellettuali e morali) e materiali necessarie, di prendere il posto della borghesia e del clero eliminando il loro potere. Infatti non si trattava più di rivoluzioni in cui la vecchia classe sfruttatrice era sostituita da una nuova classe sfruttatrice che instaurava a sua volta il suo dominio sulla massa della popolazione (che restava relegata al lavoro ed esclusa dalle attività specificamente umane della gestione della società, della cultura, della conoscenza e dell’arte). Si trattava di una rivoluzione in cui per la prima volta nella storia la massa della popolazione (dei lavoratori) si organizzava e si costituiva in Stato, uno Stato nuovo che prendeva il posto di quello della classe dominante principalmente con il compito di reprimere quest’ultima.

I socialdemocratici dei paesi imperialisti (i paesi dove le condizioni oggettive della rivoluzione socialista erano mature) non solo non elaborarono essi stessi (e tanto meno tradussero in misure pratiche) riflessioni analoghe, ma addirittura dapprima travisarono (il quotidiano della Socialdemocrazia Tedesca, Vorwärts, il 1° aprile 1895 pubblicò un’edizione edulcorata in senso legalitario dell’Introduzione di Engels), poi tennero nascoste o comunque trascurarono quelle che Engels pubblicò nel 1895.

È sostanzialmente della mancanza di una strategia per fare la rivoluzione socialista che Lenin criticò apertamente i socialdemocratici durante la prima Guerra Mondiale. Vedasi, ma solo come esempio e a conferma di quanto dico, gli articoli di dettaglio (come Lenin, Posizioni di principio sul problema della guerra in La Voce n. 36, luglio 2011) dedicati alla condotta del Partito socialdemocratico svizzero di cui Lenin fece parte nel 1916 e nel 1917, fino alla partenza per la Russia in aprile.

I partiti comunisti dei paesi imperialisti creati nell’ambito della prima Internazionale Comunista (fondata nel 1919 e sciolta formalmente nel 1943, di fatto nel 1956), non elaborarono mai una linea conseguente con le concezioni espresse da Engels. Questa tesi è illustrata in dettaglio negli articoli Il ruolo dell’Internazionale Comunista - conquiste e limiti in La Voce n. 2, luglio 1999 e L’attività della prima Internazionale Comunista in Europa e il maoismo in La Voce n. 10, marzo 2002.

Lenin e Stalin applicarono in Russia le concezioni di Engels, ma nelle forme adatte alle condizioni sociali (economiche, culturali e politiche) russe, molto diverse da quelle dei paesi imperialisti d’Europa e d’America. Applicazioni coerenti con le considerazioni di Engels vennero fatte, nelle condizioni specifiche dei rispettivi paesi ma sempre nell’ambito della prima Internazionale Comunista, anche da Ho Chi Minh e in particolare da Mao Tse-tung. Questi, traendo lezione dall’esperienza della rivoluzione in Cina ma anche dall’esperienza del Fronte Popolare in Francia e in particolare da quella del Fronte Popolare in Spagna e dalla guerra civile spagnola (1936-1939), arrivò fino ad elaborare un’organica teoria della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata riferendosi però sempre alla rivoluzione in Cina, senza esporla come strategia universale. I partiti comunisti dei paesi imperialisti europei mantennero invece sempre una concezione e una condotta equivoca in proposito: da un lato adottarono misure e linee di attesa e preparazione dell’insurrezione che non scoppiava (attendiste); dall’altra sospinti dalla prima IC adottarono linee e misure coerenti con le riflessioni di Engels: la linea del Fronte Popolare e la Resistenza contro il nazifascismo rientrano in questa seconda parte della loro condotta. Quando venne meno la spinta della IC questi partiti abbandonarono completamente ogni linea e misura coerenti con le riflessioni di Engels sulla forma della rivoluzione socialista.

 Per portare a un livello superiore la lotta di classe, i comunisti devono anzitutto elevare il livello della loro elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta.

Il basso livello dell’elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe è l’ostacolo principale allo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria.

L’elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe è lo strumento principale da imbracciare per accelerare il nostro percorso.

Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, il movimento comunista dei paesi imperialisti non ha avuto dirigenti che si dedicassero senza riserve ad elaborare la via che i comunisti, la classe operaia, le masse popolari dovevano percorrere per instaurare il socialismo. Questo è il motivo principale per cui in nessun paese imperialista abbiamo instaurato il socialismo.

Eppure proprio le vicende della lotta di classe nei paesi imperialisti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (che copre la prima metà del secolo XX) hanno confermato le conclusioni di Engels. Nessuna rivoluzione socialista è scoppiata né in Europa né negli USA, nonostante gli sconvolgimenti e le distruzioni causati dalla crisi generale del capitalismo, dalla mobilitazione reazionaria del fascismo e del nazismo, dalle due guerre mondiali. Ma l’unico dirigente comunista che trasse lezione da quelle vicende e che ha riflettuto sulla forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti fu Antonio Gramsci. Egli elaborò (v. Quaderni del carcere 7 (par.16), 10I (par. 9), 13 (par. 7) e altri) la teoria della “guerra di posizione” che, liberandoci dal linguaggio imposto dalla censura del carcere fascista, oggi chiameremmo guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. La “guerra di posizione” di Gramsci è sostanzialmente una perifrasi della più esplicita espressione guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata che noi usiamo, prendendola da Mao.

Perché questa arretratezza della elaborazione dei partiti comunisti dei paesi imperialisti a proposito della forma della rivoluzione socialista nei rispettivi paesi? Nei paesi imperialisti europei e negli USA il movimento comunista messo in moto da Marx ed Engels si è innestato sul movimento rivendicativo, sindacale, riformista nell’ambito della democrazia borghese, cooperativo e anche anarchico (proudhoniano) delle masse proletarie che già esisteva e si è adattato ad esso, anziché trasformarlo e servirsene. Anche dopo quello che il tradimento dei dirigenti dei partiti socialisti nella prima Guerra Mondiale aveva rivelato, dopo la Rivoluzione d’Ottobre e la fondazione della prima Internazionale Comunista, i dirigenti dei partiti comunisti furono per lo più i dirigenti dei vecchi partiti socialisti che si allinearono alle direttive e alla linea della Internazionale Comunista per non staccarsi dalla massa proletaria e popolare entusiasta della Rivoluzione d’Ottobre e ansiosa di “fare come in Russia”. A conferma si vedano in Opere vol. 31 gli scritti di Lenin Lettera agli operai tedeschi e francesi (25 settembre 1920) e A proposito della lotta in seno al Partito socialista italiano (4 novembre e 11 dicembre 1920), la Risposta di un comunista unitario al compagno Lenin (16 dicembre 1920, lettera aperta di G.M. Serrati reperibile in www.nuovopci.it/classic/autvari/serrati.html) e la Relazione di Lenin al IV congresso dell’Internazionale Comunista (13 novembre 1922 - in Opere vol. 33 pagg. 395 e segg.).

La lezione da trarre non è quella di “fare a meno di dirigenti, perché i dirigenti sono per loro natura cattivi” (è la lezione che ne hanno tratto compagni di tendenza anarchica, individualisti, semplicisti): senza dirigenti comunisti non vi è rivoluzione come non vi è con dirigenti che imitano la borghesia. La lezione giusta è quella che la selezione e la formazione dei dirigenti dei partiti comunisti è la parte più difficile del movimento comunista: si tratta di formare e selezionare persone dotate dei più avanzati strumenti intellettuali elaborati dalla società borghese, che esercitano verso  le masse e anche nel Partito compiti di orientamento e di direzione per molti aspetti simili a quelli che il borghese esercita nella società e che nello stesso tempo servono con devozione la causa della rivoluziona socialista. Gli esempi migliori sono i Lenin, gli Stalin, i Gramsci, i Mao Tse-tung. La lotta tra le due linee nel Partito (uno dei principali apporti del maoismo alla concezione comunista del mondo) è il metodo scoperto per far fronte a questo compito (il metodo delle Commissioni di Controllo, indipendenti quanto si voglia dal Comitato Centrale del Partito, adottato ancora oggi ad esempio dal Partito Marxista-Leninista della Germania (MLPD) per far fronte a questo compito, sarebbe ridicolo, se non si trattasse di questione di grande importanza e dove gli errori e le deviazioni hanno conseguenze tragiche).

 

Le posizioni arretrate di partiti, correnti, gruppi e personaggi che si dichiarano comunisti, a proposito della forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, oggi.

1. Gli epigoni delle sterili deviazioni dal movimento comunista verificatesi durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (“comunismo di sinistra”, bordighismo, trotzkismo, affini & derivati) sono fermi alle posizioni della II Internazionale, preleniniste: prima o poi la rivoluzione socialista scoppierà; nel frattempo bisogna prepararsi per prenderne la direzione quando scoppierà e affrettarne lo scoppio con la propaganda ed eventualmente con le lotte rivendicative e politiche nell’ambito delle lotte politiche della società borghese democratica. Rappresentante tipico in Italia di questa posizione è il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL di Ferrando).

2. I continuatori dei revisionisti moderni, nella misura in cui non si confondono completamente con la sinistra borghese, persistono nella via pacifica e democratica, parlamentare al socialismo. Rappresentanti tipici di questa posizione sono il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI di Diliberto) e il Partito della Rifondazione Comunista (PRC di Ferrero - Bertinotti era già sinistra borghese, per di più visceralmente anticomunista: secondo lui il movimento comunista è stato un percorso di “errori ed orrori”).

3. I marxisti-leninisti (quelli che si sono ribellati all’abbandono dei principi del leninismo fatta dai revisionisti moderni nel 1956) adottano in modo monco la posizione tenuta dai partiti comunisti della prima IC nei paesi imperialisti: aspettare che la rivoluzione socialista scoppi, affrettare lo scoppio della rivoluzione con la propaganda e prepararsi mettendosi alla testa delle masse popolari, promuovendo lotte rivendicative e intervenendo nell’ambito della lotta politica borghese. Rappresentante eminente di questa posizione è il MLPD (vedere la teoria dei tre stadi della lotta di classe proletaria in W. Dickhut Strategia e tattica nella lotta di classe (pagg. 68 e segg. dell’edizione inglese Strategy and Tactics in the Class Struggle, 2000) confermata da Stefan Engel Aurora della rivoluzione socialista internazionale (pagg. 317 e segg. dell’edizione inglese Dawn of the International Socialist Revolution, 2011). Su questa posizione sono anche il Partito comunista greco e il Partito comunista portoghese.

4. Tra i comunisti che si dichiarano maoisti vi sono esponenti di due posizioni arretrate:

1. quelli che proclamano retoricamente (nel senso che resta una dichiarazione da cui non derivano linee politiche e organizzative conseguenti) che la guerra popolare rivoluzionaria è forma universale della rivoluzione socialista. In Italia rappresentante di questa posizione è Proletari Comunisti - Partito maoista d’Italia;

2. quelli che dicono che la GPR, che intendono riduttivamente come lotta armata, va bene solo per i paesi semifeudali, mentre nei paesi imperialisti bisogna aspettare lo sviluppo di una situazione rivoluzionaria e la formazione di masse popolari rivoluzionarie, favorendo il processo. Esponenti di questa posizione sono tra altri il Partito comunista delle Filippine e il Partito Comunista Rivoluzionario degli USA (RCP, USA di Bob Avakian). La posizione del RCP, USA in merito è chiaramente espressa nel suo Manifesto - Communism: The beginning of a New Stage, settembre 2008, capitolo The basic approach to revolution.

 

 La questione della forma della rivoluzione socialista è uno dei problemi principali che devono risolvere i partiti, gruppi e personaggi dei paesi imperialisti che vogliono essere comunisti. La crisi generale del capitalismo rende l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti una questione di vita o di morte per l’umanità. Le condizioni generali sono favorevoli quanto mai lo sono state: i comunisti devono compiere nell’elaborazione della concezione comunista del mondo il passo avanti indicato.

Il (nuovo) Partito comunista italiano per contribuire alla risoluzione di questo problema combina due percorsi.

Il principale consiste nel condurre la Guerra Popolare Rivoluzionaria in Italia. Il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti mostrerà e aprirà la strada anche alle masse popolari degli altri paesi imperialisti. Il successo della nostra opera in Italia sarà di stimolo ai comunisti di tutto il mondo.

Il secondo consiste nel condurre attivamente la lotta ideologica nel movimento comunista internazionale. Allo scopo il Partito ha redatto a fine 2010 e diffuso in più lingue l’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale e tratta il problema in assemblee internazionali e in contatti bilaterali con gruppi, partiti e personaggi. Il Partito chiede ai lettori della rivista di promuovere lo studio e la discussione dell’opuscolo tra i compagni di altri paesi con cui sono in rapporto.

Umberto C.

 

La Voce n. 43
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