Ritorna all'indice de La Voce 43 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


  La Voce 43 del (nuovo)Partito comunista italiano

Il Partito comunista e i comunisti

 

Comunisti, operai, masse popolari: tre protagonisti indispensabili della rivoluzione socialista e del socialismo inteso come fase di transizione dal capitalismo al comunismo, la fase che inizierà con l’instaurazione del socialismo. Si tratta di protagonisti connessi nel senso che ognuno di essi è indispensabile e legato agli altri da precise relazioni; ma distinti nel senso che diversi sono i compiti della loro mobilitazione per la rivoluzione e diversi i loro ruoli nella rivoluzione socialista e nel socialismo.

Quanto più tormentosa e grave diventa la guerra in cui la borghesia e il clero affondano le masse popolari, tanto più il successo del nostro appello a combattere e della nostra azione di promozione della Guerra Popolare Rivoluzionaria contro la Repubblica Pontificia per instaurare il socialismo e di reclutamento di combattenti, dipende da noi. Ciò che limita lo sviluppo della lotta di classe non è la potenza della borghesia e del clero o la loro egemonia sulle masse popolari, ma è principalmente la qualità della nostra azione. Sta a noi imparare a fare meglio, a mobilitare con maggiore energia e scienza tutte le persone e le organizzazioni. Dobbiamo con spirito d’iniziativa e con audacia spingere in avanti ogni compagno.

 

Nel nostro paese vi sono attualmente molte decine di migliaia, forse addirittura alcune centinaia di migliaia di uomini e donne che si credono e sinceramente si dichiarano comunisti. Nelle elezioni politiche e amministrative, PRC, PdCI, PCL e altri partiti che si presentano come comunisti, complessivamente raccolgono alcuni milioni di voti. Anche questo è un dato significativo del fenomeno di cui parliamo, pur con tutte le riserve sul significato degli schieramenti elettorali, sui motivi che oggi nel nostro paese portano una persona a votare per una data lista. Ovviamente dobbiamo tenerne conto nel valutare il dato elettorale, che tuttavia resta pur sempre un dato utile per capire la questione di cui parliamo.

Ai fini dell’opera che il Partito comunista sta compiendo, la convinzione e lo schieramento a favore del comunismo di decine di migliaia di persone è un aspetto, un fenomeno molto importante della situazione del nostro paese, su cui possiamo e quindi dobbiamo far leva per costruire. È una risorsa per la rinascita del movimento comunista. Qual è la natura del fenomeno?

L’esistenza di un grande numero di persone che si dichiarano comuniste è un riflesso dell’importanza che il movimento comunista ha avuto nella storia del nostro paese, un effetto che persiste nonostante il declino che il movimento comunista ha avuto. Nel nostro paese nel secolo scorso vi è stato un forte movimento comunista. Esso è stato il principale promotore delle trasformazioni progressiste compiute nel nostro paese, è stato il promotore e la personificazione delle speranze e delle aspirazioni di progresso e di liberazione delle masse popolari. Nonostante l’opera accanita e sofisticata della borghesia e del clero e, al loro rimorchio, della sinistra borghese per far dimenticare, per cancellare, per confondere e per denigrare, nella mente di molte persone l’epoca in cui il movimento comunista era forte ed avanzava, resta l’epoca migliore della loro vita e della storia del nostro paese, l’epoca delle conquiste che le masse popolari strappavano alla borghesia imperialista e al clero: un passato sereno contrapposto all’incubo presente.

Quelli che oggi si credono e onestamente si dichiarano comunisti sono per così dire un’eredità che noi riceviamo dal vecchio movimento comunista. Noi membri del nuovo Partito comunista dobbiamo far leva sulla loro convinzione e sul loro schieramento a favore del comunismo, per trasformarli in comunisti nel senso che intendiamo noi, cioè in membri del Partito comunista o almeno in combattenti per la rinascita del movimento comunista e collaboratori della rivoluzione socialista, del Partito comunista e delle organizzazioni della Carovana del Partito, per farli contribuire nelle forme migliori di cui sono capaci alla Guerra Popolare Rivoluzionaria (senza spaventarli usando parole grosse a cui non sono abituati) contro la Repubblica Pontificia per instaurare il socialismo.

Dobbiamo quindi fare uno sforzo serio e organizzato per mobilitarli e perché ognuno di essi assuma fin da subito nelle file della rivoluzione socialista il ruolo più avanzato di cui è capace e a cui noi siamo capaci di portarlo: i due  fattori evidentemente si condizionano a vicenda, in forme che noi dobbiamo imparare a capire caso per caso.

 

L’unità dei comunisti

Molti comunisti invocano l’unità dei comunisti, aspirano a che i comunisti si uniscano. Questa aspirazione è un fattore positivo. Nasce dalla coscienza che quando erano uniti i comunisti erano più forti e le masse popolari erano più forti. Noi dobbiamo far leva su questa aspirazione. È giusta, bisogna unirsi: infatti quando i comunisti erano uniti, le masse popolari erano più forti di ora. I comunisti un tempo erano uniti: perché oggi sono divisi? Quindi cosa fare? Ponendo queste domande trasformiamo l’aspirazione a unirsi, in un movimento concreto di mobilitazione e di organizzazione a diventare comunisti.

Quanto a noi, per promuovere questa trasformazione, dobbiamo fare un’analisi di ogni caso concreto che ci troviamo di fronte. Vedremo che nel gran numero di comunisti che vi sono, bisogna distinguere alcuni pochi grandi gruppi, ognuno costituito da persone che non sono collegate organizzativamente tra loro, che non hanno rapporti tra loro ma sono simili se non eguali per i caratteri della loro adesione al comunismo. Dobbiamo capire quali sono questi gruppi, capire la natura particolare di ognuno di essi. Da questa conoscenza deriviamo la linea particolare di mobilitazione per ogni gruppo che dobbiamo però applicare concretamente ad ogni persona. Concretamente significa che nell’applicare la linea particolare adatta per il gruppo, dobbiamo tener conto anche delle particolarità individuali del compagno nel momento in cui lo avviciniamo. Dobbiamo sempre fare l’analisi più concreta di cui siamo capaci, per evitare di “offrire a persone che hanno tutte bisogno di un vestito ma sono di taglie diverse, un vestito della stessa misura”.

 

L’adesione identitaria al comunismo

Chiamiamo adesione identitaria al comunismo l’atteggiamento di chi vuol essere comunista ed è convinto di esserlo, ma non assimila la concezione comunista del mondo e tanto meno la usa per mobilitare e orientare le masse popolari e per trasformare il mondo, non accetta di trasformarsi e di imparare dall’esperienza.

Alcuni compagni neanche concepiscono che esiste una concezione comunista del mondo da assimilare, che è anche strumento per capire con maggiore profondità l’esperienza oltre le apparenze, che è anche strumento per trasformare il mondo oltre i procedimenti abitudinari attinti alla prassi corrente che corrisponde alle relazioni di direzione imposte dalla borghesia o dal clero. Sono talmente immersi nel senso comune che non ne percepiscono i limiti, non sospettano che esista un altro modo di fare e un altro punto di vista sul mondo.

Anche nell’attività politica si comportano come hanno sempre visto fare. Non importa se con quel modo di fare si raggiungono risultati o no. Sono abituati alle sconfitte e agli insuccessi, sono bravi a resistere e li ritengono inevitabili. Se le masse non rispondono ai loro appelli, ne attribuiscono la responsabilità alle masse o alle classi dominanti. Questi compagni rischiano però di scoraggiarsi e infatti ogni tanto alcuni "crollano". La sterilità dei loro sforzi è infatti un tarlo che li corrode dall’interno, nonostante la fermezza di cui si corazzano.

La loro adesione identitaria al comunismo è tuttavia preziosa. È un punto di partenza su cui dobbiamo far leva per introdurre i compagni alla concezione comunista del mondo e all’attività comunista che trasforma il mondo.

 

Il primo gruppo: i non attivi

Un primo importante e grande gruppo è costituito da compagni che si credono comunisti ma non hanno un ruolo attivo in alcuna organizzazione politica né in organizzazioni di massa (quelle di cui si fa parte per la posizione che si occupa nella società: ad esempio i sindacati) o rivendicative (quelle di cui si fa parte per l’obiettivo che l’organizzazione persegue: OO, OP, ecc.) - ma magari fanno parte di organismi istituzionali o paraistituzionali: il consiglio scolastico, ecc. In questi casi si tratta principalmente di mobilitare ogni compagno in modi adatti alla sua condizione di partenza perché contribuisca all’attività del Partito comunista o di organizzazioni legali e pubbliche, più o meno strettamente dirette dal Partito comunista o comunque in qualche modo facenti capo al Partito comunista (le organizzazioni della Carovana).

Sta a noi trovare e indicare i modi e poi sta a noi far leva su quello che il compagno fa, sia per impegnarlo in un’attività pratica di livello via via crescente sia per formarlo alla concezione del mondo e ai metodi di lavoro del Partito e fargli assimilare la linea del Partito e la sua analisi della situazione.

Con questi compagni bisogna stare attenti a non limitarci mai a chiedere attività (far fare manovalanza): bisogna sempre curare anche la formazione e lo sviluppo morale e intellettuale del compagno, la sua partecipazione alla pianificazione, alla progettazione, all’ideazione, alla verifica e all’elaborazione, valorizzare il suo contributo e spingerlo in avanti, ad assumere maggiori responsabilità.

Spesso gli organismi istituzionali o paraistituzionali di cui un compagno fa parte possono diventare terreno della lotta di classe, protagonisti nella lotta di classe. Comunque il Partito ha già oggi un ampio ventaglio di attività tattiche e di organizzazioni collegate per avere compiti da assegnare a ogni persona in qualche misura disposta a collaborare. Il contributo finanziario, diretto o la raccolta di contributi finanziari è spesso uno dei compiti più semplici e universalmente praticabili. Il carattere clandestino del Partito pone certamente ostacoli in questo lavoro, ma ogni ostacolo o si trova il modo di superarlo o diventa una spinta allo sviluppo delle organizzazioni legali e pubbliche collegate con il Partito (che nell’insieme costituiscono la Carovana del Partito comunista).

 

Il secondo gruppo: gli attivi in organizzazioni di massa o in altre organizzazioni rivendicative

Un altro importante e grande gruppo è costituito da compagni che hanno un ruolo attivo in organizzazioni sindacali o in altri organismi di massa. In questi casi si tratta di far fare a ogni compagno scuola di comunismo basandosi, almeno principalmente, proprio 1. sull’attività che già svolge nell’organismo e 2. sull’attività dell’organismo. Si tratta di mostrargli, di fargli toccare con mano che la linea del Partito, i metodi di lavoro del Partito, la concezione comunista del mondo e l’appartenenza al Partito o ad organismi diretti da Partito (gli strumenti di conoscenza e di formazione che vanno con il far parte del Partito o di organismi diretti dal Partito a cui può far capo per la sua attività) rafforzano l’attività dell’organismo di massa e rendono più fecondo il suo ruolo in esso.

 

Il terzo gruppo: quelli che già vogliono essere membri del partito comunista

In entrambi i gruppi considerati, la pratica della lotta di classe era il terreno principale di legame, di rafforzamento del legame e di formazione. Un terzo grande gruppo è costituito da compagni già consapevoli che essere comunisti implica essere membri del partito comunista o almeno lottare per l’instaurazione del socialismo. Tra i tre gruppi, è il gruppo più avanzato (noi tradizionalmente chiamiamo FSRS (Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista) gli organismi composti da questi compagni), ma anche il più difficile da trattare.

In che senso e perché? Perché qui si tratta di scomporre una vecchia concezione del partito comunista e far assimilare la concezione marxista-leninista-maoista del partito comunista, impersonata dal nuovo Partito comunista italiano.

 Ci scontriamo infatti (ma vedi anche pagg. 6 e 7)

- con concezioni del partito comunista arretrate: quella imposta dai revisionisti moderni (il partito legale, il partito che si limita alla partecipazione alla lotta politica borghese) o quella sulla cui base i partiti comunisti hanno partecipato con grandi successi alla prima ondata della rivoluzione proletaria ma non hanno saputo resistere ai revisionisti moderni;

- con concezioni del partito comunista derivate (più o meno direttamente) da una delle sterili deviazioni staccatesi dal movimento comunista nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (il “comunismo di sinistra”, il bordighismo, il trotzkismo e altre).

In questi casi per avanzare il terreno principale di lotta è costituito in definitiva dal bilancio dell’esperienza del movimento comunista, dalla concezione comunista del mondo, dall’analisi della situazione, dalla linea che occorre seguire per fare la rivoluzione socialista. 

Ma “in definitiva” è in questo caso una riserva molto importante. Il patrimonio teorico del Partito non è cosa di per sé “evidente”, non è senso comune: è frutto di bilancio e di elaborazione dell’esperienza fatti con gli strumenti più avanzati di cui il movimento comunista e l’umanità dispongono, è un patrimonio che si sviluppa con l’esperienza e che si verifica, arricchisce e corregge ragionando sulla pratica. Assimilarlo richiede uno sforzo personale notevole. È come imparare una scienza nuova e un nuovo metodo di cura fondato su di essa, ma da parte di persone che sono convinte di aver già un buon metodo di cura: che non funziona, è vero, ma finora neanche del nostro esiste la prova empirica che funziona. Loro non hanno instaurato il socialismo, ma neanche noi lo abbiamo fatto.

Con i compagni e gli organismi del terzo gruppo il Partito comunista deve combinare l’unità d’azione nella lotta di classe con la lotta ideologica attiva.

Nell’azione comune, a parità di impegno e di volontà di lottare e vincere, chi ha una comprensione più avanzata (più lungimirante e più profonda, più dialettica, più scientifica) della lotta di classe, della sue condizioni, delle sue forme e dei suoi risultati, finisce con il dirigere di fatto (e proprio la conquista della direzione di fatto è verifica e conferma che effettivamente ha una comprensione più avanzata, che non è uno sciocco presuntuoso). L’analisi della situazione e le parole d’ordine che porta nella lotta comune sono fatte proprie dalla sinistra e diventano l’analisi e le parole d’ordine comuni. A questo seguirà l’organizzazione, nelle forme più opportune.

Operai Avanzati

(le quattro categorie)

1. Gli operai che impersonano la tendenza a ricostruire il partito comunista: sono convinti che gli operai hanno bisogno di un loro partito comunista.

2. Gli operai che esercitano un ruolo dirigente sui loro compagni nelle lotte di difesa e rivendicative.

3. Gli operai che in qualche modo si pongono il compito di unire e mobilitare i propri compagni di classe su qualche problema specifico.

4. Gli operai che impersonano altre tendenze positive che si sviluppano tra i lavoratori.

 

Nella lotta ideologica attiva, anzitutto dobbiamo non identificare mai un organismo e tanto meno il singolo compagno con la deviazione di cui l’organismo e il compagno sono più o meno impregnati (“non partire dal negativo, ma partire dal positivo”): dobbiamo mettere in primo piano la loro volontà di partecipare alla lotta di classe e di instaurare il socialismo. Noi materialisti dialettici anche di fronte al raffinato e potente sistema della cultura clericale e borghese e  contro quelli che sostengono che esso è onnipotente (che formatta irresistibilmente le coscienze dei membri delle masse popolari), diciamo che esso ha un punto debole che la borghesia e il clero non sono in grado di eliminare: l’esperienza dell’oppressione e dello sfruttamento che i membri delle classi popolari subiscono e da cui possono imparare, il pantano di fango e di sangue  in cui la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti affonda tutta l’umanità con la crisi generale (economica, ecologica e politica). Ogni individuo e organismo non è principalmente e tanto meno solo quello che pensa di essere; è principalmente quello che è e quello che può diventare sulla base dei presupposti che ha in sé (in sé non in senso intimistico, biologico o razziale, ma nel senso delle relazioni sociali in cui è inserito e di cui è protagonista o vittima).

In secondo luogo, nella lotta ideologica attiva con i membri del terzo gruppo dobbiamo far leva sulle contraddizioni che essi stessi vivono: tra la loro esperienza e le loro idee. In che senso loro si credono e si dichiarano comunisti? Cosa significa “comunista” per ognuno di essi, in che senso ritiene di essere un comunista?

- Ai fautori della concezione del partito comunista imposta dai revisionisti moderni, dobbiamo chiedere anzitutto: da dove vengono, a loro parere, le difficoltà del movimento comunista nella fase attuale della lotta di classe?

- Ai fautori della concezione del partito comunista propria dei partiti dell’Internazionale Comunista, dobbiamo chiedere anzitutto: perché, a loro parere, i partiti comunisti nati nell’Internazionale Comunista che avevano condotto il movimento comunista ai grandi successi conseguiti nella prima parte del secolo scorso, non sono riusciti a impedire che i revisionisti moderni ne prendessero la direzione e li portassero alla rovina e, prima ancora, perché non hanno instaurato il socialismo in nessun paese imperialista?

- Ai fautori della concezione del partito comunista impregnata da una delle deviazioni staccatesi dal movimento comunista nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, dobbiamo chiedere anzitutto: perché, a loro parere, i seguaci della deviazione che essi privilegiano e di cui si dicono seguaci (e in realtà i seguaci dell’una e dell’altra delle affini deviazioni staccatesi dal movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria) non sono riusciti a fare meglio o almeno altrettanto di quanto ha fatto il movimento comunista diretto dall’Internazionale Comunista?

Se si ostinano a difendere le loro posizioni, le distinte risposte dei tre distinti gruppi mostreranno un punto comune. Tutti attribuiscono la responsabilità delle sconfitte al nemico: all’abilità della borghesia imperialista e del clero i primi, all’astuzia dei revisionisti moderni i secondi, alla ferocia o all’astuzia degli “stalinisti” i terzi. Causa della sconfitta non è la propria debolezza ma la forza del nemico, non il fattore interno di chi dovrebbe svilupparsi, ma il fattore esterno di chi si oppone al suo sviluppo. Questo sul piano filosofico è contrario alla concezione dialettica: ogni cosa grande è nata piccola ed è cresciuta. Sul piano storico, è contrario all’esperienza della lotta di classe: le classi nuove si sono affermate nonostante la forza delle vecchie classi dominanti. Sul piano pratico, se la loro spiegazione della storia fosse vera, ci condannerebbe alla sconfitta in eterno: perché mai i nostri nemici dovrebbero non usare metodi e strumenti che assicurano loro la vittoria? Nel più ottimista dei casi, una simile concezione ci condanna all’attendismo: aspettare che il rapporto di forze tra noi e il nemico si inverta per una qualche causa su cui noi nulla possiamo (fatalismo, determinismo).

Se i fautori delle concezioni arretrate o sbagliate del partito comunista afferrano queste obiezioni e incominciano a riflettere, noi abbiamo, riassunte nel Manifesto Programma del (n)PCI), le risposte adeguate ai problemi di bilancio dell’esperienza e di analisi della situazione che essi dovranno porsi.

A quanti sono per l’unità dei comunisti, noi dobbiamo mostrare che un tempo, non molti decenni di anni fa, i comunisti erano uniti. Essi si sono divisi a causa delle concezioni borghesi che hanno preso piede tra loro (revisionismo moderno) e della linea sbagliata che hanno abbracciato (la via pacifica e democratica al socialismo). Non è l’unità che ha prodotto una linea giusta. Al contrario era stata la linea giusta che aveva reso possibile l’unità. Con una linea  sbagliata si sono divisi, benché fossero già uniti. Come potrebbero oggi unirsi se non hanno una linea giusta? L’unità è possibile solo sulla base della concezione comunista del mondo e di una linea giusta. Chi ha una linea giusta, arriverà all’unità. La linea giusta è una sola, le linee sbagliate sono numerose, infinite. Chi vuole l’unità deve cercare e scoprire la concezione del mondo e la linea giuste. L’unità al di sopra delle divergenze, se mai fosse realizzata, sarebbe politicantismo e di breve durata.

Lottare per l’unità dei comunisti è giusto e doveroso!

Lotta veramente per l’unità dei comunisti solo chi lotta per una linea giusta!

Anna M.

 

 

La Voce n. 43
in formato PDF
in formato Open Office - in formato Word