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  La Voce 43 del (nuovo)Partito comunista italiano

La teoria e la pratica

 

Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, nel secolo scorso, il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in nessun paese imperialista perché non sapeva cosa fare e come farlo. In Europa e in America, nessun dirigente dei partiti comunisti ha raggiunto una comprensione sufficiente delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe che le masse popolari conducevano contro la borghesia imperialista e il clero.

 

Le masse popolari dispiegano su larga scala e senza limiti la loro capacità di lotta e di vittoria sulla borghesia e sul clero solo se hanno una direzione che indica cosa fare e come farlo. Chi di fronte alla stagnazione della lotta, all’insufficienza di vigore da parte delle masse popolari riversa su di esse la responsabilità anziché cercare in che cosa deve migliorare la sua direzione, non fa passi avanti, fa del disfattismo.

 

I comunisti si chiedono il perché delle cose (Mao Tse-tung).

I comunisti sono quelli che hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e che su questa base la spingono sempre avanti (Marx ed Engels, Manifesto del partito comunista  - 1848).

 

Se la realtà si desse direttamente e immediatamente a conoscere, non esisterebbe scienza. I comunisti elaborano la scienza dello sviluppo della società umana per mobilitare, organizzare e dirigere la classe operaia e le altre classi delle masse popolari a passare dal capitalismo al comunismo.

Conducendo la lotta di classe, su ogni fronte dobbiamo apprendere, praticare e promuovere l’elaborazione scientifica dei dati sensoriali, delle impressioni e delle informazioni. La scienza è ricostruire nella nostra mente anche quella parte della realtà che non si presenta direttamente e immediatamente ai nostri sensi, ma che determina i fenomeni che si presentano ai nostri sensi. Gli atomi e le molecole non sono percepibili dai nostri sensi. Eppure senza conoscenza degli atomi, delle molecole e dei loro legami non esisterebbe la chimica e tutto quello che vi è connesso, l’industria chimica non sarebbe mai nata. Dallo studio delle trasformazioni della materia percepibili ai nostri sensi, siamo arrivati a scoprire atomi e molecole: questo ci ha permesso di dirigere le trasformazioni del mondo sensibile e di moltiplicarle. Questo vale in ogni campo della scienza e della tecnologia. A maggior ragione vale per la società.

Chi si ferma ai dati sensoriali, alle impressioni e alle informazioni, non ha e non elabora la scienza delle società, la conoscenza degli elementi che la compongono, delle relazioni che li legano tra loro, delle leggi che presiedono al loro sviluppo. Come pretende di dirigere la trasformazione della società? Non ha quanto serve a noi comunisti per dirigere le masse popolari a costruire la nuova società.

Il basso livello di elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe è il maggiore freno all’innalzamento del livello della lotta. Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in alcun paese imperialista. Durante tutta la prima ondata della rivoluzione proletaria, A. Gramsci è stato il solo dirigente comunista dei paesi imperialisti che ha pensato a fondo la strategia e la tattica della rivoluzione socialista, che non si è accontentato di applicare le direttive dell’Internazionale Comunista. Purtroppo lo ha fatto in galera e al momento non ha avuto influenza sul movimento pratico.

 Per condurre con successo una guerra e nel corso della guerra ogni battaglia, bisogna studiare il terreno e le forze in campo. Guardare e registrare le cose non basta. Non basta neanche metterle in ordine ed esporle assemblando quelle che si rassomigliano. È un primo passo, ma non basta per dirigere e trasformare. Dobbiamo chiederci il perché di ogni cosa. Cercando il perché, scomporremo la realtà nelle parti elementari che la costituiscono, le scopriremo, scopriremo cose che non sono percepibili con i sensi, che non si vedono e non si sentono. Scopriremo i motivi che determinano il comportamento di individui e di gruppi. Scopriremo le relazioni che legano ognuna di queste cose alle altre e le leggi secondo cui esse si trasformano. Arriveremo infine a ricostruire nella nostra mente la società quale si presenta ai nostri sensi, ma ora sarà un ricco insieme di individui, di gruppi, di istituzioni e di relazioni su cui possiamo intervenire e intervenendo dirigeremo lo sviluppo della società.

Sono gli uomini che fanno la loro storia. Essi la fanno sulla base dei presupposti che si ritrovano e delle leggi proprie della realtà che trovano. Noi comunisti dirigiamo la trasformazione della società borghese nella società comunista. La società borghese ha creato i presupposti della società comunista, è gravida della società comunista. La nascita della società comunista non solo è possibile ma è necessaria: il malessere e la putrefazione della società attuale, il miscuglio di positivo e negativo che si presenta con manifestazioni via via più gravi e distruttive, il disordine della società attuale sono l’indice che la trasformazione è necessaria, sono il risultato del protrarsi di un sistema di relazioni sociali che ha fatto il suo tempo. Ma per trasformarlo occorre uno sforzo particolare e condizioni particolari che non nascono spontaneamente. La concezione comunista del mondo è questa conoscenza. Dobbiamo elaborarla dai mille particolari della realtà fino a costruirne la scienza nella misura necessaria, tradurre quindi il generale nel particolare ed applicarlo concretamente agli individui, agli organismi e alle condizioni che in ogni dato momento affrontiamo e per come essi in quel momento sono.

Quando diciamo che non nasconospontaneamente, intendiamo dire che gli uomini non le compiono guidati dal senso comune, dalla concezione del mondo e con la mentalità che si ritrovano, sospinti dalle esperienze imposte dalla correnti relazioni della società borghese. Richiedono uno sforzo e comportamenti che nascono sulla base della concezione comunista del mondo e nel contesto della particolare mobilitazione intellettuale e morale determinata dalla militanza nel Partito comunista e nelle sue organizzazioni di massa.

Lo sviluppo della conoscenza è governato da tre contraddizioni: tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra il nuovo e il vecchio, tra punti di vista di classi antagoniste. Dobbiamo tener conto serenamente di queste tre contraddizioni, non spaventarci quando si presentano nella nostra conoscenza, non spaventarci degli errori, non restare ancorati a vecchie esperienze quando la realtà ne presenta di nuove, tenerci fermi al punto di vista della classe più rivoluzionaria della società borghese, quella che non ha nulla da guadagnare dalla sua conservazione, riconoscere l’origine di classe delle idee.

La borghesia imperialista e il clero sono condannati a morire dall’evoluzione del processo che la borghesia stessa ha messo in moto. Essi non vogliono e non riescono (in massa) a farsi una conoscenza scientifica di questo processo: elaborano “narrazioni” o mistificazioni. La sinistra borghese le veicola tra le masse popolari. La conoscenza del reale è indispensabile ai comunisti per portare avanti la rivoluzione. La borghesia imperialista e il clero sono interessati a  distogliere l’attenzione dalla conoscenza della realtà, a confondere le cose, a diffondere idee e teorie sbagliate. La finzione è una loro arma. Il primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva [MP pag. 51] è una grande arma nelle mani della borghesia e del clero. Ma essi non sono in grado di eliminare l’esperienza dello sfruttamento e dell’oppressione: questa esperienza è fonte di conoscenza per le masse popolari, per gli operai e per i comunisti.

La sinistra borghese elabora e propaganda mille verità differenti, ma tutte false. La verità è unica, le menzogne sono potenzialmente infinite. Esiste un grande mercato di menzogne, di finzioni e di invenzioni. Gli esponenti della sinistra borghese ne sono gli animatori e i clienti. Tante giuste conoscenze di dettaglio sono affogate in teorie generali la cui inconsistenza è dimostrata dall’esito fallimentare delle applicazioni pratiche tentate.

Il partito comunista è il centro organizzato dell’elaborazione delle concezione comunista del mondo e la scuola di formazione dei comunisti che devono dirigere la guerra popolare rivoluzionaria con cui le masse popolari instaureranno il socialismo.

 

Di fronte a una direttiva, alcuni compagni si arrestano al ruolo di esecutori che agiscono su ordine ricevuto, di funzionari, di burocrati che giustamente si sentono responsabili di eseguire gli ordini, ma non del risultato. Eseguono le direttive più o meno bene, più o meno disciplinatamente.

Un dirigente comunista non si comporta in questa maniera. Deve entrare nella logica della direttiva che riceve: da quale analisi della situazione deriva, quali obiettivi perseguiamo con quella direttiva, quali principi vengono applicati in quella direttiva.

In questo modo è in grado non solo di applicarla creativamente nel concreto (che chi dà la direttiva non conosce), ma anche di proporre correzioni e miglioramenti, fare propria la direttiva, farne la critica, fare ad azione compiuta un bilancio che non sia empirico (del tipo: ha funzionato, non ha funzionato) ma dialettico [quali effetti ha prodotto direttamente e per sinergia, cosa ha messo in luce (fatto capire o vedere) che prima non si capiva o vedeva, quali possibilità di ulteriori successivi sviluppi (concatenazione) ha posto], fare proposte di operazioni nuove.

 

L’autocritica dei comunisti non consiste solo né principalmente nel riconoscere un errore o un limite: ho sbagliato. Consiste principalmente nel capire e dire perché si è commesso l’errore, da dove viene quel limite (con quali altri elementi della propria concezione, mentalità o personalità è connesso). Insomma l’autocritica consiste principalmente nell’elaborare una scienza di se stessi per poi applicarla nella trasformazione. Chi si limita a riconoscere di aver sbagliato, ripeterà l’errore, continuerà a sbagliare.

 

Ernesto V.

 

La Voce n. 43
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