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La Voce 46

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVI - marzo 2014

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Cura e formazione degli uomini e delle donne

 

Dirigere e condurre la CAT alla luce del materialismo dialettico

Sulle due fasi e i quattro passi del processo di CAT

 

Il processo di Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT) si concentra su alcuni punti principali della concezione di un individuo e investe anche la sua mentalità e la sua personalità (a diversi gradi di intensità e profondità). È un percorso articolato, con i suoi stadi evolutivi, le sue fasi di sviluppo. È un processo che si sviluppa seguendo le leggi del materialismo dialettico, in particolare la legge universale dell'unità degli opposti (“senza contraddizione non c'è vita”, “l'equilibrio è momentaneo, la lotta è costante”) e la legge dell'accumulazione quantitativa che produce salti qualitativi. Tra le due leggi esiste un legame profondo: non possono esserci infatti accumulazione quantitativa e salti qualitativi senza il movimento prodotto dalla contraddizione, senza quindi unità degli opposti: opposti che siccome vivono sullo stesso terreno, nella stessa cosa (qui sta la loro unità) si scontrano.

Comprendere bene questi aspetti, dunque approcciarsi scientificamente alla CAT, è fondamentale sia per dirigere in modo appropriato la trasformazione dei compagni, sia per condurre positivamente il proprio percorso di trasformazione. È su questi punti che intendo soffermarmi, perché nella loro comprensione e nel loro uso dobbiamo fare un deciso passo in avanti nelle nostre fila. Per facilitare la comprensione del processo, partiamo dall'analisi di una situazione particolarmente complessa e grave: il recupero di un compagno sottoposto ad un profondo processo di rettifica da parte del Partito applicando il criterio “combattere la malattia per salvare l'ammalato”.

La critica da parte del collettivo è il primo passo del processo di CAT. Essa è fondamentale per portare l'individuo a vedere gli aspetti che deve correggere, i limiti e gli errori da combattere per avanzare nella propria trasformazione in comunista e la strada da percorrere per trasformarsi. Perché capisca il vero motivo dei risultati scarsi o nulli dei suoi sforzi per “trasformare il mondo” (nell’ambito in cui opera). La coscienza viene portata all'individuo dall'esterno, dal collettivo che lo analizza non in base a ciò che il compagno dice di essere o di voler essere (alle sue dichiarazioni di intenti), ma in base a ciò che concretamente è, in base, quindi, ai risultati del suo lavoro e allo sviluppo della lotta tra vecchio e nuovo al suo interno (riflesso e prodotto nel soggetto della lotta tra classe operaia e borghesia imperialista, tra l'avanzare verso il socialismo e il restare nel capitalismo).

Affidarsi al collettivo e seguire il percorso di rettifica che esso indica è il secondo passo: non è un passo scontato, né automatico, né tanto meno inevitabile. Il collettivo elabora il percorso di rettifica e lo propone all’individuo. La facoltà di scelta dell'individuo non viene azzerata in questa fase (come non lo è nelle altre fasi della sua CAT e complessivamente nel corso di tutta la sua esistenza): è lui che deve decidere cosa fare della sua vita, cosa “fare da grande”. Nessuno può scegliere per lui, al suo posto.

Viene poi il terzo passo costituito dall'azione di vigilanza e di costrizione da parte del collettivo sull'individuo che percorre (decide di percorrere, inizia a percorrere) i primi, incerti, pesanti passi del processo di rettifica. In questa fase la vigilanza e la costrizione costituiscono un elemento molto importante per indirizzare l'individuo, aiutarlo ad incamminarsi sul nuovo percorso. Egli va incoraggiato, ma allo stesso tempo controllato e richiamato. Va rieducato. La comprensione di se stesso è ancora bassa, la sua volontà incerta, la sua morale debole. È in bilico e i rischi di ricaduta sono alti. Nella lotta tra vecchio e nuovo, il vecchio è ancora predominante. Questa è una fase molto delicata, decisiva, del processo di recupero del compagno. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare all'argomento un apposito articolo pubblicato su questo numero della rivista.(1)

 

1. Sul ruolo della costrizione nel processo di CAT dei compagni.

 

Percorrendo la strada tracciata dal collettivo, l'individuo, passando attraverso diversi stadi e contraddizioni personali (nel senso di contraddizioni interne a lui stesso), inizierà passo dopo passo a percepire in modo confuso e frammentario (prima) e a comprendere in modo più chiaro e sistematico (poi) l'efficacia della cura; inizierà a trarne giovamento ideologico, politico, morale; il suo pensiero e la sua azione inizieranno a modificarsi, ad elevarsi (anche qui per tappe, passando attraverso accumuli quantitativi e salti qualitativi). Questo è il quarto passo.

Anche questo passo non è affatto scontato, né automatico, né inevitabile: dipende da quanto e come l'individuo si affida al collettivo (grado di intensità e di profondità, quindi innanzitutto di trasparenza e di fiducia), dall'impegno e dalla volontà che impiegherà per avanzare nella strada che gli viene indicata e dalla lotta interna a se stesso che condurrà tra il vecchio e il nuovo per percorrerla. È l'individuo che deve combattere. È su questa base che si avvale anche del sostegno del collettivo e che l'azione del collettivo ha una sua effettiva funzionalità.

A questo punto si conclude la prima fase della rettifica e si apre la seconda fase.

Posto il treno su un binario nuovo, spezzate le resistenze iniziali, avviato il processo di elevazione della coscienza e della morale del compagno (attraverso la dialettica individuo-collettivo), il cammino accede ad uno stadio superiore. Non è concluso. La lotta tra vecchio e nuovo entra in una fase importante e ancor più decisiva, da cui dipende l'esito del processo di rettifica avviato.

La comprensione dell'esistenza di due fasi e della dialettica tra loro è centrale per dirigere bene il processo di rettifica dei compagni e anche per condurre efficacemente la propria CAT.

Il concetto di fondo da comprendere è che non si trasforma una persona in qualche mese, per quanto forte sia la volontà dell'individuo ed efficace l'azione del collettivo. Questo vale tanto più quanto più è profondo il processo di destrutturazione e ristrutturazione della concezione, mentalità e personalità dell'individuo, quanto più le deviazioni ideologiche sono sedimentate in lui e quanto più alto è il ruolo che svolge (ricopre) nella GPRdiLD e, quindi, profondo il salto da fare per essere all'altezza dei compiti che la situazione pone.

Consideriamo ad esempio un dirigente che si sta rettificando circa il suo disprezzo per lo studio, l'individualismo, l'ipocrisia rispetto al proprio collettivo e il movimentismo. Egli non diventerà una persona sostanzialmente diversa nel giro di qualche mese. Nel giro di qualche mese potrà (se vorrà, se si impegnerà a farlo) percorrere la strada indicata nella prima fase. Questi passi in avanti non sono però che le prime tappe. La trasformazione è una lunga marcia. Non è un'insurrezione che scoppia dall'oggi al domani, né tanto meno un miracolo!

La trasformazione è un processo che avviene per gradi, in cui il vecchio continua ad esistere (non scompare) ma a fianco ad un nuovo che via via cresce, in qualità e quantità, in profondità e in estensione e che isola il vecchio, gli toglie terreno. La lotta e l'unità tra gli opposti persiste, anche se la relazione tra i due poli della contraddizione si modifica in qualità e quantità. Dare per concluso un processo quando invece sta entrando nel vivo (nella seconda fase della rettifica) è un grave errore di dialettica. Confondere la rottura delle resistenze iniziali e i primi passi sulla nuova via con la fine del processo (il raggiungimento dell'obiettivo della rettifica), significa dimenticarsi del materialismo dialettico e porre le basi per un'inversione di rotta, per la ricaduta nel vecchio (con conseguenze ancora più negative).

I risultati di un processo di trasformazione si possono misurare, con una ridotta possibilità di errore, solo in un arco di tempo lungo. Questo vale tanto più quanto maggiore e quanto più profondo è il percorso di CAT da compiere. Un anno è l'unità di misura che più si avvicina (per difetto) alla tempistica necessaria in questi casi.

Anche questo criterio va compreso e utilizzato però alla luce del materialismo dialettico. Il collettivo può infatti individuare, “vedere” i passi in avanti o indietro che un individuo sta compiendo nel corso del suo processo di rettifica. Non deve attendere un anno o più per comprendere se sta avanzando o arretrando: è su questa base che la dialettica individuo-collettivo nel processo di CAT non è circoscritta solo alla prima fase della rettifica, ma prosegue nella seconda fase. Il collettivo deve continuare a monitorare il compagno, a sostenerlo, a criticarlo e, in alcuni casi, a costringerlo nuovamente a farsi delle forzature quando incorrerà nuovamente nei vecchi errori.

Quest'ultima dinamica (ricadute nei vecchi errori) va data quasi per scontata nel processo di rettifica. La concezione e la mentalità che si vogliono correggere, non sono macchie su un vestito immacolato: sono elementi costitutivi della sua personalità. I processi non sono lineari, ma contraddittori, con avanzamenti, arretramenti e salti. Se così non fosse, non sosterremmo che il processo di rettifica non si conclude in un periodo breve ma è composto da diverse tappe, con una costante lotta tra vecchio e nuovo. Comprendere e assimilare questo criterio di orientamento è fondamentale per non restare sorpresi davanti alle ricadute e, anzi, per attrezzarsi a farvi fronte adeguatamente innanzitutto cogliendo i sintomi che le precedono e cercare di impedirle con interventi tempestivi (questo vale sia per l'individuo che per il collettivo di cui fa parte). 

Per quanto riguarda il compagno che sta conducendo il processo di rettifica, in questa seconda fase egli deve fare tesoro dell'insegnamento di Sun Tzu: “Conosci te stesso, conosci il nemico e la vittoria sarà certa”. Deve, cioè, tenere alta la guardia, continuare a lavorare su se stesso, sulla propria trasformazione e in funzione dello sviluppo della GPRdiLD (la trasformazione è in funzione dello sviluppo della lotta che conduciamo, non autoperfezionamento ascetico) e decifrare i sintomi che precedono le ricadute (specifici per ogni compagno – ad es. nervosismo, ansia, trascurare lo studio per numerosi giorni, ecc.), per impedire che esse avvengano.

Quanto superiore (dal punto di vista qualitativo) sarà l’autocritica che il compagno condurrà, tanto più efficace sarà il processo di conoscenza di se stesso che svilupperà, gli insegnamenti che ricaverà dall’esperienza e l’utilizzo che ne farà per avanzare.

L’autocritica da parte del compagno sottoposto a CAT deve svilupparsi:

- in un campo teorico, che consiste di riflessioni, studio, riunioni e discussioni per elaborare scritti e discorsi in cui il compagno illustra 1. cosa lui o altri hanno fatto di sbagliato, perché lo ha fatto e come si comporterebbe ora (come avrebbe dovuto comportarsi) in quelle circostanze, 2. la linea particolare che bisogna seguire nelle attività particolari che svolge o può e deve svolgere,

- in un campo pratico, che consiste nel seguire una linea e un metodo giusti nell’attività che svolge.

Insomma teoria e pratica. È sbagliato limitarsi alla teoria, è sbagliato darsi solo alla pratica. Noi abbiamo bisogno di una teoria giusta (che è traduzione del generale nel particolare ed elaborazione del particolare che arricchisce il generale) che guida una pratica efficace e che permette di elaborare una teoria superiore. Ovviamente teoria e pratica si combinano in forme particolari in ogni compagno e organismo: a seconda del suo punto di partenza.

Questa impostazione contrasta con la tendenza a intendere l'autocritica come dichiarare pubblicamente “faccio autocritica”: a chi dice “faccio autocritica” bisogna ridergli in faccia e dirgli che non siamo preti; l’autocritica un compagno la fa illustrando cosa ha fatto di sbagliato, perché l’ha fatto e come si comporterebbe ora (come avrebbe dovuto comportarsi) in quelle circostanze e seguendo una linea e un metodo giusti nell’attività che fa oggi.

Per avanzare verso il nuovo, per trasformarsi e per contribuire ad un livello qualitativamente superiore allo sviluppo della GPRdiLD, non bisogna “ricominciare da capo” e neanche “dimenticare il passato”. Al contrario bisogna tirare “con gli occhi di oggi” il bilancio del passato per dirigere la nostra attività presente e impostare quella futura (nostra e dell'organismo di cui facciamo parte) sulla base di quello che abbiamo imparato dai risultati positivi e dagli errori fatti in passato, quindi mettendo in quello che facciamo e faremo una coscienza superiore: ossia una comprensione più profonda e più ampia della situazione, dell’ambito, del contesto in cui operiamo e delle nostre caratteristiche (punti di forza da valorizzare e punti deboli, limiti da superare).

Percorrendo questa via il compagno eleverà la propria coscienza, la propria morale e compirà un deciso avanzamento come comunista, come rivoluzionario. Quanto più avanzerà in questo processo, tanto più imparerà anche a formare gli altri compagni, a guidarli nel loro processo di CAT: ad essere un formatore, educatore e organizzatore comunista.(2)

 

2. In merito a questo argomento rimandiamo all'articolo I dirigenti devono essere educatori-formatori e organizzatori comunisti.

 

La conoscenza di se stesso e la trasformazione di se stesso, gli permetteranno infatti di avere una migliore comprensione dell'essere umano, dei suoi processi interiori, della lotta tra vecchio e nuovo che avviene in coloro che si pongono sulla strada di diventare comunisti. Questo patrimonio di esperienza sarà un prezioso alimento per la GPRdiLD, tanto più ricco quanto più egli lo elaborerà, lo renderà scienza: quanto più ricaverà dalla sua esperienza principi, criteri, metodi e strumenti per la cura e formazione degli uomini e li renderà patrimonio e strumento del Partito (la scienza è comunicabile, la si può insegnare). È in questo processo che avviene la negazione della negazione, nel caso specifico: trasformarsi da compagno in bilico tra le due vie (lotta per il socialismo e perdurare nel capitalismo) in dirigente comunista che forma gli altri compagni ad avanzare, a crescere, a diventare combattenti d'avanguardia per il socialismo. In questo processo a spirale egli continua ad essere soggetto e oggetto della rivoluzione: insegnando imparerà, formando si formerà, trasformando si trasformerà. E se opererà bene, con scienza, metodo e passione, creerà dirigenti comunisti migliori di lui. Questo è il risultato più alto a cui un compagno può e deve aspirare, nel campo della cura e della formazione degli uomini.