La Voce 48

del (nuovo)Partito comunista italiano


anno XVI
novembre 2014


Rendere i genitori parte attiva della lotta di classe

Un contributo per sviluppare la riflessione sull’intervento sui genitori


Con questo articolo apriamo una riflessione sull’intervento che i comunisti devono fare sui loro genitori (e più in generale sui membri della famiglia d’origine, più o meno allargata). È un campo in cui non abbiamo un’esperienza sviluppata e consolidata e dove non abbiamo ancora definito un orientamento e una linea. Qui siamo ancora più indietro che nell’intervento sulle coppie composte da compagni del Partito e sui figli dei compagni: due campi di recente sperimentazione dove abbiamo ancora molto da scoprire ed elaborare. Anche questo è una rottura con la prassi del vecchio movimento comunista nazionale e internazionale dominato dai revisionisti moderni e con il costume della sinistra borghese. Qui l’impegno nella rivoluzione socialista è una questione personale dell’individuo (un hobby o una mania): non è una scelta individuale di vita che risponde a una necessità della società, quindi razionale e potenzialmente universale; non è un dare individualmente alla propria vita il senso che la vita dell’individuo oggi deve avere e far fronte alla deriva morale, intellettuale e sociale, oltre che economica e ambientale imposta dalla borghesia imperialista e dal suo clero. Intervenendo in questo campo, noi affrontiamo una piaga sociale dei paesi imperialisti, diamo un aiuto concreto ai nostri familiari che soffrono di una malattia di cui non conoscono la natura, raccogliamo forze e risorse per la causa: il tutto facendo leva sul fatto che grazie al legame familiare ci ascoltano.

Abbiamo detto che la Riforma Morale e Intellettuale (RMI) oggi riguarda i comunisti e non le masse popolari. Tanto più i comunisti sviluppano la loro RMI, tanto più riescono ad intervenire in modo avanzato sulle masse popolari, coinvolgendole nella GPR (direzione diretta e indiretta), promuovendo la scuola di comunismo e reclutando i migliori. Questo vale anche rispetto ai propri genitori. L’intervento su di essi è direttamente proporzionato al grado di RMI che il compagno/a compie.

Fissiamo alcuni punti di orientamento per condurre questo lavoro, frutto dell’esperienza fin qui condotta e che con lo sviluppo della sperimentazione e il suo bilancio via via arricchiremo.

1. L’entrata della crisi nella sua fase acuta e terminale e la situazione rivoluzionaria in sviluppo minano le certezze dei genitori, i loro progetti, le loro aspirazioni. Il mondo per come lo concepivano (senso comune) va in frantumi. Questa è la base oggettiva su cui poggia l’intervento su di loro. Vederla, comprenderla, permette di non vivere l’intervento su di loro come una questione che poggia unicamente sulle “proprie capacità individuali” (individualismo, soggettivismo), ma come un intervento che si inserisce all’interno di una situazione già di per sé in movimento e subbuglio e che deve essere indirizzata. Il movimento già c’è, non siamo noi che dobbiamo crearlo: a noi spetta il compito di orientarlo nella giusta direzione. Questo è un punto fondamentale per operare con serenità e imparare dall’esperienza.

2. I genitori dobbiamo analizzarli alla luce della concezione comunista del mondo e non del senso comune: concepirli come elementi delle masse da orientare e non come individui a cui contrapporsi o a cui sottostare (retaggio adolescenziale).

“Ogni uomo è filosofo”, diceva Gramsci, nel senso che cerca di comprendere il mondo che lo circonda, il senso della propria vita e ha un’etica e una morale che lo guidano (più o meno cosciente, più o meno organica, più o meno fondata sulla realtà). Questo vale anche per i genitori.

Se sono elementi delle masse popolari vivono sulla propria pelle il marasma prodotto dalla borghesia imperialista e dal Vaticano, l’avvilimento, lo smarrimento e l’indignazione che attraversa le masse popolari. Si interrogano su quale sarà il loro futuro, quello della loro famiglia e dell’umanità e come uscire da questa situazione. Noi abbiamo una scienza ben fondata e un preciso piano d’azione per far fronte alla situazione: questo è il nostro principale punto di forza, anche rispetto all’intervento sui genitori.

Se sono membri della borghesia imperialista o del clero, vivono l’angoscia della fine del loro ruolo, della catastrofe verso cui la loro classe spinge l’umanità: sono imbarcati sul Titanic che affonda. Bisogna guardarsi dall’errore compiuto dai compagni che considerano (“arruolano d’ufficio” nelle) masse popolari i propri genitori: l’analisi di classe guarda al ruolo sociale, non al legame personale, alle idee, allo schieramento politico (MP, cap. 2.2.).

Nel seguito mi riferisco alle solo masse popolari e trascuro anche la diversità tra le classi che compongono le masse popolari: tuttavia l’orientamento con cui condurre il nostro lavoro, cambia sensibilmente a secondo della classe.

Ogni persona è frutto di un processo (percorso) specifico di formazione e trasformazione ed è un processo in atto (non è un’entità statica), mosso da contraddizioni interne e dalle circostanze. Bisogna concepire anche i genitori in questi termini e individuare la loro tendenza positiva, la “linea rossa” che li attraversa e su cui intervenire. Bisogna individuare ed operare sulla loro tendenza positiva e legarli maggiormente a noi, al Partito attraverso un susseguirsi di interventi per “linee interne”.

Anche tra i due genitori c’è una sinistra e una destra, una parte avanzata e una parte arretrata. Non bisogna trattarli come un tutt’uno, come un blocco monolitico. All’inizio la parte arretrata è più forte, perché nella società il movimento comunista è ancora debole rispetto all’egemonia della borghesia e del clero. Capire chi dei due genitori è la sinistra e concentrarsi su di lui/lei è un tassello fondamentale per definire linee di sviluppo efficaci.

3. La linea che deve guidarci è “rendere i genitori parte attiva della lotta di classe”. Emanciparsi dai genitori significa lottare contro la propria parte vecchia e arretrata, per porsi con essi come educatori, formatori e organizzatori e non oscillare tra il settarismo (contrapposizione antagonista) e il codismo (quieto vivere, lasciare la politica fuori da casa). Educare loro significa trasformare noi, implica infatti il “guardare il passato con gli occhi dell’oggi” e tornare alla famiglia, dopo essersene staccati (almeno ideologicamente), e trasformarla: è un filone specifico della lotta contro il nostro vecchio e, anche, un ambito per lo sviluppo del nostro legame con le masse. I genitori sono infatti parte delle masse (cioè parte della popolazione su cui noi comunisti possiamo e dobbiamo stabilire direzione, orientare, coinvolgere nella GPR).

Individuata la tendenza positiva su cui far leva, bisogna comprendere se partire dall’aspetto intellettuale (ad es. la formazione: seminari, corsi MP, lettura di Resistenza) o dall’attività pratica, in base alle loro caratteristiche. Non bisogna “cucire a tutti lo stesso vestito”.

Non scadere nella manovalanza, ma combinare teoria e pratica, discussione politica ed esperienza diretta. Non avere paura di formarli: non è vero che si attivano solo per “sbucciare le patate”. Se pensiamo questo, come spesso accade, è perché riversiamo su di loro la visione distorta delle masse prodotta e alimentata dalla borghesia. Non li consideriamo esseri pensanti, “filosofi” (nel senso gramsciano).

Fargli fare esperienze alla loro portata ma che ribaltano la loro visione delle cose: ad es. farli partecipare ad alcune manifestazioni, se non vi hanno mai partecipato, per contrastare l’idea che “le masse popolari sono tutte indifferenti e rassegnate” oppure coinvolgerli in iniziative in cui vedono che anche persone della loro età si interessano di politica, alla filosofia (ad es. a Gramsci), alla lotta contro la doppia-oppressione (nel caso in particolare delle mamme, ma non solo) o, ancora, ad iniziative in cui toccano con mano la forza e la vitalità del collettivo. Le esperienze dirette sono fondamentali, centrali nel processo di elaborazione delle idee da parte delle masse popolari. Le masse popolari imparano principalmente dalla loro esperienza.

Ad un certo grado di sviluppo dell’intervento (che può significare anche dopo qualche mese, non occorrono necessariamente anni: ogni verità è concreta!) bisogna assegnargli compiti e responsabilità utili per noi e con cui essi esprimono, iniziano ad esprimere il meglio di sé, compiti e responsabilità che, quindi, “sentono loro” e con cui si concepiscono soggetti attivi e propositivi (non manovalanza). Anche in questo caso gli facciamo fare un’esperienza diretta, ma di un livello superiore, con compiti e responsabilità. Se non ci accodiamo ad essi ma li inquadriamo in un piano funzionale al raggiungimento dei nostri obiettivi, il loro contributo porta, può portare anche ad elevare la nostra attività, ad aprire nuovi filoni, a potenziare alcuni aspetti del nostro lavoro. Sono una risorsa.

4. Promuovere il passaggio da “il padre o la madre di” a soggetti che si alimentano e trovano giovamento dal legame con il Partito, con la lotta per il socialismo e con il coinvolgimento nella nostra attività. Passare dal legame con il figlio al legame con il collettivo, con il Partito: sviluppare un percorso attraverso cui i genitori si legano al collettivo. Questo favorisce anche l’espressione di quello che hanno dentro: il ruolo di genitori può essere un freno anche per loro, se i figli sono presenti. Inoltre, superando il tramite dei figli comprendono meglio anche la forza del Partito, del collettivo. I figli, quindi, devono orientare, educare e dirigere i genitori, ma ad un certo punto sviluppare la negazione delle negazione: passare in secondo piano rispetto al legame dei genitori con il Partito, il collettivo. Questa non è un processo spontaneo e avviene per tappe. È una cosa che i figli devono promuovere e perseguire coscientemente, con il sostegno del collettivo. Ovviamente non significa cessare di svolgere un ruolo di orientamento sui propri genitori!


Anche in questo caso vale il principio: “tante cose sembrano impossibili perché non osiamo immaginarle”. Sembrano impossibili perché non partiamo dalle condizioni oggettive (entrata della crisi nella sua fase acuta e terminale, situazione rivoluzionaria in sviluppo) e perché ci richiedono una trasformazione, perché non voliamo alto, siamo minimalisti e miopi. Abbiamo sfiducia nelle masse popolari e in noi stessi.

Questo non significa che certamente riusciremo a far compiere ai genitori il processo che vogliamo e che è quello più positivo anche per loro. Noi sappiamo che il socialismo è inevitabile (è il capitalismo stesso che produce i suoi presupposti oggettivi), ma non possiamo garantire che ogni singolo intraprenderà la strada che noi indichiamo. La volontà individuale è un tassello sempre presente nella nostra attività sugli uomini e le donne. Ma quanto più la crisi avanzerà e quanto più opereremo con scienza, tanto minori saranno le possibilità di insuccesso nell’intervento sui singoli.

Avanti nella costruzione del Nuovo Potere!

Avanti verso il socialismo!

Il compagno Federico