La Voce 51

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII - novembre 2015

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Lenin, Sulla nostra rivoluzione

(A proposito delle note di N. Sukhanov)

 

Presentazione della redazione di La Voce

Nei due scritti Sulla nostra rivoluzione che pubblichiamo qui di seguito, Lenin tratta della rivoluzione compiuta in Russia e nel resto dell’impero zarista, gran parte del quale a seguito della rivoluzione formò poi l’Unione Sovietica. Ne tratta nel senso particolare di collocarla nello sviluppo della storia mondiale, indicare il posto e il ruolo specifici che essa ha in questo sviluppo. Ovviamente Lenin nella sua esposizione ragiona sulla base del corso che la rivoluzione sovietica aveva avuto fino alla fine del 1922 (gli scritti di Lenin sono del gennaio 1923 e furono pubblicati sulla Pravda il 30 maggio 1923). Raccomandiamo la lettura di questi due scritti di Lenin a proposito di tre questioni.

La prima questione è che egli tratta la rivoluzione russa alla luce delle leggi generali dello sviluppo di tutta la storia mondiale. Ossia ponendosi dal punto più alto, più generale di quella che noi oggi chiamiamo scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia o anche concezione comunista del mondo. Chiamare ad apprendere questa scienza, ad assimilarla sostituendola nella propria coscienza sia al senso comune che in mille varianti domina nelle coscienze delle masse popolari sia alla concezione del mondo con cui le varie classi dominanti hanno rappresentato a se stesse il ruolo che svolgevano, chiamare ad apprendere e ad assimilare questa scienza per usarla nella rivoluzione socialista è un aspetto fondamentale della nostra opera. Senza questo aspetto è vano, è illusione, vaga aspirazione o retorica e inganno proclamarsi fautori della rinascita del movimento comunista e della rivoluzione socialista. Per noi che facciamo la rivoluzione socialista in Italia, si tratta quindi in particolare di sostituirla nella nostra coscienza sia al senso comune, sia alla concezione borghese del mondo (impersonata oggi dalla Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti) sia alla concezione clericale cristiana (impersonata oggi principalmente dalla Chiesa Cattolica con la sua Corte Pontificia, strettamente legata nella pratica alla CI, di cui è un pilastro).

Importante notare che Lenin dà per scontato che la storia mondiale si è svolta secondo leggi generali, quindi che è possibile una scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia, che è possibile e necessario che i comunisti “vedano le cose” con questa scienza. Già Engels aveva con chiarezza sintetizzato come evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza il rivoluzionamento che Marx e lui avevano portato nella concezione che guidava e doveva guidare la lotta del proletariato (F. Engels, L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza).

Che simile scienza sia possibile, la stragrande maggioranza degli intellettuali borghesi, compresi tra essi gli esponenti della sinistra borghese del nostro paese, oggi lo contesta persino sul piano teorico. Nella pratica poi, quindi nella lotta politica, essi si orientano tra fatti, avvenimenti e movimenti ognuno secondo la coscienza che si ritrova, che non mette neanche in discussione. Ovvio quindi che è tempo perso chiedere ad essi una politica di principio, una politica basata sui principi, pretendere di contestare con essi la loro politica dal punto di vista dei principi. Dobbiamo contestarla dal punto di vista dei risultati pratici che ha, da quello che nella realtà combinano. Questo è il punto di vista con cui ad esempio abbiamo trattato di Pietro Ingrao nell’Avviso ai naviganti 56, dello scorso 30 settembre.

 Ma anche gran parte dei militanti della resistenza delle masse popolari al catastrofico corso delle cose che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti impone al mondo, anche quelli che si dicono comunisti, oggi nel nostro paese ignorano o rifiutano questa scienza, operano a naso, a buon senso, lottano alla cieca. Anche gran parte delle Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, cioè di quelli, organismi e personaggi, che nel nostro paese si dichiarano fautori della rivoluzione socialista, non usano quella scienza come guida nell’azione. Proclamano e venerano gli scritti dei fondatori e dei maggiori esponenti di quella scienza, la propagandano, ma come una dottrina in cui credere e da professare. Non la usano come guida della propria azione. Questo avviene anche nelle file della Carovana del (nuovo) PCI. Chiamare a apprendere, assimilare e usare questa scienza nella propria pratica è un aspetto fondamentale della nostra opera e condizione del nostro successo. La Riforma Intellettuale e Morale dei suoi membri è condizione necessaria del successo del nostro Partito.

La seconda questione è che Lenin dà per scontata l’esistenza di una storia mondiale, cioè che la borghesia europea ha sconvolto e in un certo senso occupato tutto il mondo, come già indicavano Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista del 1848. Per secoli e millenni la storia della specie umana è scorsa in tanti rivoli separati, poco comunicanti tra loro anche se con aspetti comuni che chi li studia riscontra. La borghesia europea ha costretto questi rivoli a convergere in un corso comune di cui essa è alla testa. Non è che oggi sono cancellate le diversità dei rivoli, ma ogni rivolo è legato da relazioni pratiche a tutti gli altri ed essi costituiscono un corso comune. Questo è attualmente un primo importante aspetto della relazione tra ogni singolo paese e il mondo nel suo insieme. Ma il secondo importante aspetto è che le relazioni pratiche che oggi legano i vari paesi tra loro sono le catene imposte dal sistema imperialista mondiale e particolarmente dalla Comunità Internazionale di gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Questi chiamano le loro catene mondializzazione e globalizzazione: il mondo intero deve essere terreno aperto alle loro scorrerie in campo economico, finanziario, ambientale e culturale. E ovviamente gli intellettuali e i gruppi della sinistra borghese consentono e plaudono, i più “marxisti” perfino in nome del materialismo storico, danno questo sistema per intoccabile e irreversibile: una legge di natura in nome del “progresso economico”. In realtà questa gabbia deve essere rotta e sarà rotta per unire popoli e paesi in un sistema internazionale di solidarietà e di cooperazione. Non è vero che il legame internazionale che la borghesia imperialista ha imposto a ogni paese è irreversibile. Lo possiamo rompere e lo romperemo come in ogni paese manderemo al diavolo il modo capitalista di produzione. Il “progresso economico” che la borghesia imperialista impone e i suoi servi, sciocchi e furbi confusi, incensano, è la devastazione dei paesi e la cacciata di milioni di persone costrette a emigrare in cambio della creazione di élite locali.

La borghesia americana ha preso la testa della borghesia europea da cui è nata ed esse ora unite nella CI impongono al mondo il catastrofico corso delle cose (di cui correntemente trattiamo) e a questo in tutto il mondo si contrappone la resistenza delle classi sfruttate e dei popoli oppressi. La logica della storia mondiale porta al comunismo (il socialismo è solo la fase inferiore, la transizione dalla società borghese al comunismo). Quindi la rivoluzione che promuoviamo è mondiale, ma i singoli paesi per forza di cose la compiono per vie e in tempi diversi. Per condurla con successo, dobbiamo tener conto sia dell’unità sia delle diversità. Il particolare è la forma in cui esiste l’universale. “La nostra situazione è particolare”, dicono a volte alcuni compagni. Lo dicono per lo più per giustificarsi di fronte a quelli che richiamano a loro il generale. Ogni persona, ogni gruppo, ogni avvenimento, ogni movimento, ogni paese è particolare, ma l’importante è capire in cosa consiste la sua particolarità. Chi capisce in cosa consiste la particolarità di una situazione o di un avvenimento, è in grado poi di valorizzare al massimo grado il generale nella sua attività. Nella pratica  dobbiamo perseguire il generale nel particolare. Il generale esiste solo nei particolari. Ma il senso del particolare sta nel generale e per fare la sua storia ogni persona, gruppo, paese particolare capisce e trasforma se stesso con tanta maggiore libertà e successo quanto più capisce il generale di cui è una forma particolare.

La terza questione è quello che Lenin dice del posto e del ruolo della rivoluzione russa nella storia mondiale. Lenin scrive all’inizio del 1923 e ovviamente non può tener conto del ruolo che effettivamente l’Unione Sovietica e l’Internazionale Comunista, nate dalla rivoluzione russa, hanno avuto nella storia mondiale, della prima ondata della rivoluzione proletaria che esse hanno sollevato in tutto il mondo e dei suoi risultati. Oggi i personaggi e gli organismi che si dicono comunisti li possiamo dividere in tre grandi gruppi: gli ammiratori, gli aspiranti eredi e seguaci, i denigratori della rivoluzione russa e della prima ondata della rivoluzione proletaria.

Gli esponenti dell’ultimo gruppo hanno la forza e l’influenza che deriva dalla loro affinità e confluenza con la borghesia imperialista, con il clero e con tutte le altre classi reazionarie. Sono una forza importante, ma sono un gigante dai piedi d’argilla. Dobbiamo soprattutto combattere la loro influenza e sfruttare le loro attività ai nostri fini.

Degli esponenti del primo gruppo possiamo e dobbiamo valorizzare le loro attività, ma dobbiamo guardarci dal veleno sottile ma paralizzante di cui essi sono portatori. Infatti noi dobbiamo trasformare il mondo, non solo interpretarlo (celebre è l’ultima delle Tesi su Feuerbach redatte da Marx nel 1845: finora i filosofi hanno dato diverse interpretazioni del mondo, ma ora per noi si tratta di trasformarlo) e l’interpretazione giusta è quella che offre i mezzi per trasformarlo, che è guida per l’azione, una scienza che si applica. Una verità su qualcosa che ci riguarda e che non ci rende capaci di fare, è fantasia, poesia, divagazione, narrazione, attività arbitraria e soggettiva.

Noi siamo parte del terzo gruppo

A noi Lenin in questo scritto indica l’importanza universale e il ruolo particolare della rivoluzione russa. Lo scritto Sei grandi insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale messa in moto dalla vittoria dell’insurrezione di Pietrogrado dell’Ottobre 1917 pubblicato in questo numero di La Voce ci aiuta a capirli ai fini della lotta di oggi.

 

Nikolai Sukhanov (1882-1940) era un rivoluzionario russo, giornalista ed esperto di economia agraria. Partecipò sia alla rivoluzione del 1905 che a quelle del 1917, prima nelle file dei socialisti rivoluzionari e poi dei menscevichi internazionalisti. Era un brillante giornalista molto in voga in Russia lungo tutti gli anni ’20.

 

Lenin, Sulla nostra rivoluzione - I

Ho sfogliato in questi giorni le note di Sukhanov sulla rivoluzione. Balza particolarmente agli occhi la pedanteria di tutti i nostri democratici piccolo-borghesi, come pure di tutti gli eroi della II Internazionale. Senza neppur parlare del fatto che essi sono straordinariamente vili, che perfino i migliori di essi fanno un mucchio di riserve quando si tratta di scostarsi anche minimamente dal modello [del vecchio movimento socialista, ndr] tedesco, senza neppure parlare di questo tratto proprio a tutti i democratici piccolo-borghesi e che essi hanno sufficientemente rivelato durante tutta la rivoluzione, ciò che balza agli occhi è la loro servile imitazione del passato.

Essi si definiscono tutti marxisti, ma intendono il marxismo con incredibile pedanteria. Essi non hanno affatto compreso ciò che vi è di decisivo nel marxismo, e cioè la sua dialettica rivoluzionaria. Nemmeno la precisa affermazione di Marx, [vedasi Marx, La guerra civile in Francia e lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871, ndr] secondo cui nei momenti rivoluzionari occorre la massima duttilità, essi non l'hanno assolutamente compresa. Per esempio, non hanno neppure  notato le indicazioni che Marx dà nel suo carteggio, se ben ricordo, del 1856 [lettera di Marx a Engels del 16 aprile 1856, ndr] in cui egli esprimeva la speranza che in Germania una nuova guerra dei contadini [allusione alle rivolte dei contadini che dilagarono in Germania nel 1524 e 1525, di cui Tommaso Münzer fu il principale animatore, ndr], capace di creare una situazione rivoluzionaria, si combinasse con il movimento operaio. Essi eludono persino questa indicazione diretta e vi girano intorno come un gatto intorno ad una pentola di latte bollente.

In tutta la loro condotta essi si dimostrano vili riformisti i quali temono di allontanarsi dalla borghesia e ancora più di rompere con essa e, nello stesso tempo, mascherano la loro viltà con la più sgangherata fraseologia e millanteria. Ma ciò che balza agli occhi, anche da un punto di vista puramente teorico, è la loro assoluta incapacità di comprendere le seguenti considerazioni del marxismo. Essi hanno visto sinora una certa via di sviluppo del capitalismo e della democrazia borghese nell'Europa occidentale e non riescono a immaginare che questa via può esser presa come modello solo mutatis mutandis, con alcune correzioni (assolutamente insignificanti dal punto di vista della storia mondiale).

Primo. Una rivoluzione legata alla prima guerra imperialista mondiale. In una rivoluzione simile dovevano manifestarsi caratteri nuovi o modificazioni di forma appunto in dipendenza della guerra, perché non v'è mai stata al mondo una simile guerra e una rivoluzione in una tale situazione. Noi vediamo che finora, dopo questa guerra, neanche la borghesia dei paesi più ricchi riesce a stabilire rapporti borghesi "normali", ma i nostri riformisti - i piccolo-borghesi che si danno l'aria di rivoluzionari - consideravano e considerano ancora questi rapporti borghesi normali come un limite che non si deve sorpassare e intendono inoltre questa "normalità" in un modo estremamente banale e ristretto.

Secondo. È loro completamente estranea l'idea che, nello sviluppo secondo le leggi generali di tutta la storia mondiale, non si escludono affatto, ma, al contrario, si suppongono singole fasi, le quali presentano delle particolarità sia nella forma che nell'ordine di questo sviluppo. Non passa loro neanche per la testa, per esempio, che la Russia - la quale sta alla frontiera tra i paesi civili e i paesi attratti definitivamente da questa guerra per la prima volta nell'orbita della civiltà, i paesi di tutto l'Oriente, i paesi non europei - poteva e doveva manifestare alcuni caratteri peculiari, i quali naturalmente sono compresi nella linea generale dello sviluppo mondiale, ma distinguono tuttavia la sua rivoluzione da tutte le rivoluzioni precedenti dei paesi dell'Europa occidentale e determinano alcune innovazioni parziali quando si passa ai paesi orientali.

 

**** MANCHETTE ****

Noi comunisti e gli esponenti della sinistra borghese

Con sinistra borghese indichiamo personaggi, organismi e movimenti che vorrebbero per le masse popolari una condizione migliore nell’ambito della società borghese.

Sbagliamo se con loro poniamo in primo piano questioni di onestà e di sincerità personali.

Il vizio fondamentale della sinistra borghese nel campo dell’analisi del corso delle cose consiste nel credere che il capitalismo dal volto umano era creatura autonoma della società borghese (che per la sinistra borghese è la società tout court, perché essa trascura la divisione in classi), frutto dell’intelligenza delle classi dirigenti. Esso sarebbe stato abbandonato negli anni ’80 per il prevalere di Thatcher, di Reagan e di altre persone incolte, ma può essere ripristinato dalla stessa società (borghese) se in essa prevalgono idee migliori.

Il suo vizio fondamentale in campo politico è di essere il braccio sinistro della borghesia imperialista e del suo clero.

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Per esempio, è infinitamente banale il loro argomento, studiato a memoria durante lo sviluppo della socialdemocrazia dell'Europa occidentale, secondo il quale noi non saremmo ancora maturi per il socialismo e secondo il quale da noi non esisterebbero, come dicono diversi signori "scienziati" che militano nelle loro file, le premesse economiche oggettive per il socialismo. E non viene in mente a nessuno di domandarsi: ma un popolo che era davanti a una situazione rivoluzionaria, quale si era creata nella prima guerra imperialista, sotto la spinta di una situazione senza vie d’uscita,  non poteva forse gettarsi in una lotta che gli apriva almeno qualche speranza di conquistarsi condizioni non del tutto ordinarie per un ulteriore progresso della civiltà?

"La Russia non ha raggiunto il livello di sviluppo delle forze produttive sulla base del quale è possibile il socialismo”. Tutti gli eroi della II Internazionale, compreso naturalmente Sukhanov, presentano questa tesi come oro colato. Questa tesi indiscutibile, la rimasticano continuamente e la considerano come decisiva per la valutazione della nostra rivoluzione.

Ma che cosa fare se l'originalità della situazione ha innanzi tutto spinto la Russia nella guerra imperialista mondiale, nella quale erano coinvolti tutti i paesi dell'Europa occidentale che avevano una qualche influenza, poi ha creato nel corso del suo sviluppo - sulla soglia della rivoluzione che sta iniziando e in parte è già iniziata in Oriente - condizioni in cui noi potevamo attuare precisamente quella "unione della guerra dei contadini con il movimento operaio", di cui parlava, come di una prospettiva possibile, un "marxista" come Marx, nel 1856, a proposito della Prussia?

Che fare se la situazione, assolutamente senza vie d'uscita, decuplicava le forze degli operai e dei contadini e ci apriva più vaste possibilità di creare le premesse fondamentali della civiltà, attraverso una via diversa da quella percorsa da tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale? Forse che per questo la linea generale dello sviluppo della storia mondiale si è modificata? Sono forse perciò cambiati i rapporti fondamentali tra le classi principali di ogni paese che è già stato coinvolto o che viene attratto nel corso generale della storia mondiale?

Se per creare il socialismo occorre un certo grado di cultura (quantunque nessuno è in grado di dire quale sia di preciso questo certo "grado di cultura", dato che esso anche in Europa occidentale è comunque diverso da paese a paese), perché non dovremmo allora cominciare con la conquista, per via rivoluzionaria, delle premesse necessarie per questo certo grado, in modo da potere in seguito - sulla base del potere operaio e contadino e del regime sovietico - metterci in marcia per raggiungere gli altri popoli?

16 gennaio 1923

Lenin, Sulla nostra rivoluzione - II

Per creare il socialismo, voi dite, occorre la civiltà. Benissimo. Perché dunque da noi non avremmo potuto creare innanzi tutto quelle premesse della civiltà che sono la cacciata dei grandi proprietari fondiari e la cacciata dei capitalisti russi per poi cominciare la marcia verso li socialismo? In quali libri avete letto che simili modificazioni di forma nello svolgimento storico ordinario sono inammissibili o impossibili?

Napoleone, se ben ricordo, scrisse "On s'engage et puis... on voit". Liberamente tradotto, ciò significa: "Prima bisogna impegnarsi in un combattimento serio e poi si vede". Ed ecco che anche noi nell'ottobre 1917 ci siamo dapprima impegnati in un combattimento serio e soltanto dopo abbiamo visto taluni aspetti particolari dello sviluppo (dal punto di vista della storia mondiale, questi sono indubbiamente aspetti particolari), come la pace di Brest, o la Nuova Politica Economica, ecc. E oggi non v'è più alcun dubbio che, in linea generale, noi abbiamo ottenuto la vittoria.

I nostri Sukhanov, per non parlare dei socialdemocratici che si trovano più a destra di loro, non sognano nemmeno che, in generale, le rivoluzioni non si possono fare in un altro modo. I nostri piccolo-borghesi europei non sognano nemmeno che le successive rivoluzioni nei paesi dell'Oriente, paesi incomparabilmente più ricchi per popolazione e per l'infinita varietà di condizioni sociali, presenteranno senza dubbio un'originalità ancor maggiore di quella della rivoluzione russa.

Non c'è che dire, un manuale scritto alla maniera di Kautsky era molto utile ai suoi tempi. Ma è ormai venuto il momento di abbandonare una buona volta l'idea che questo manuale aveva previsto tutte le forme dell'ulteriore sviluppo della storia mondiale. Coloro che pensano in questo modo dovrebbero essere tempestivamente proclamati puri imbecilli.

 17 gennaio 1923