La Voce 53

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVIII - luglio 2016

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Manifiesto Programa del (nuevo) Partido comunista italiano

Presentazione della traduzione in castigliano del Manifesto Programma del (n)PCI

 

Cari compagni,

questo è per annunciare che all’indirizzo www.nuovopci.it/eile/sp/MPcast/MP_castigliano.html è disponibile la traduzione in castigliano del Manifesto Programma del (nuovo) Partito comunista italiano, diffuso in italiano nel 2008. È possibile scaricare gratuitamente il testo sia come documento .pdf sia come documento .doc. Il nostro Manifesto Programma è disponibile sul sito anche in francese e in inglese, oltre che naturalmente in italiano.

 

Mettiamo il nostro Manifesto Programma (MP) a disposizione della cerchia più vasta di comunisti che riusciamo a raggiungere, perché nel MP affrontiamo in primo luogo i problemi della rinascita del movimento comunista e questa è compito dei comunisti di tutto il mondo. Il nostro MP tratta, per più di un terzo delle sue 300 pagine, del bilancio del movimento comunista mondiale, del corso che esso ha impresso alla storia del mondo intero nella prima parte del secolo XX, del suo declino nella seconda parte del secolo, degli insegnamenti che traiamo dai suoi successi e dalle sue sconfitte, delle condizioni della sua rinascita.

La crisi generale del capitalismo e la crisi ambientale inscindibilmente connessa al modo di produzione capitalista trascinano tutto il mondo in un vortice catastrofico di miseria, di migrazioni, di guerre e di distruzione. Solo l’instaurazione del socialismo metterà fine a questo corso delle cose che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti impone al mondo intero. La prima ondata della rivoluzione proletaria messa in moto dalla Rivoluzione d’Ottobre ha confermato il ruolo determinante del movimento comunista cosciente e organizzato per l’avvenire dell’umanità. La lotta di classe è ancora il motore principale della storia dell’umanità e i comunisti si distinguono e devono distinguersi dal resto del proletariato e dei popoli oppressi per avere una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e, su questa base, spingerla sempre in avanti.

L’Unione Sovietica sotto la guida prima di Lenin e poi di Stalin ha brillantemente confermato le teorie di Marx e di Engels con una pratica di circa quarant’anni (1917-1956), su grande scala e contro l’ostilità senza riserve di tutte le potenze coalizzate del vecchio mondo: la gestione pubblica e pianificata dell’economia è possibile e molto fruttuosa a condizione che la parte d’avanguardia del proletariato organizzato tenga saldamente nelle sue mani il potere (dittatura del proletariato) e che compia una multiforme ed efficace azione per promuovere la partecipazione crescente dei membri delle classi prima sfruttate e dei popoli prima oppressi alle attività umane superiori e alla gestione della società. La rovina dell’Unione Sovietica e degli altri paesi socialisti è derivata dall’accesso dei revisionisti moderni alla direzione dei partiti comunisti. Per più di trent’anni il Partito Comunista sovietico capeggiato dopo la svolta del 1956 dai revisionisti moderni ha posto alla direzione dello Stato, dell’economia, della cultura e di tutte le istituzioni sociali individui che, sebbene si dichiarassero comunisti (ed è secondario se ognuno di essi in cuor suo si considerasse o no comunista), avevano come modello il sistema sociale borghese e la concorrenza e la collaborazione con gli USA e gli altri paesi capitalisti come guida e misura della loro attività: tanto fu necessario per distruggere la società che i comunisti guidati prima da Lenin e poi da Stalin avevano costruito e approdare nel 1991 alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La comprensione che nei paesi socialisti la borghesia è costituita principalmente dai dirigenti del Partito, dello Stato, dell’economia e delle altre istituzioni sociali che adottano metodi borghesi per risolvere i problemi di direzione della società socialista e la lotta nel partito comunista per salvaguardare e rafforzare il suo ruolo d’avanguardia contro l’influenza della borghesia e del clero nelle sue file costituiscono quindi il fattore decisivo per il successo della nostra causa.

L’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mostra che non abbiamo instaurato il socialismo in nessuno dei paesi imperialisti perché nel corso della situazione rivoluzionaria di lungo periodo che ha coperto la prima parte del secolo XX nessuno dei partiti comunisti dei paesi imperialisti ha raggiunto una comprensione abbastanza avanzata

- della natura della crisi generale del capitalismo: è una crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, non semplicemente una successione di crisi cicliche ed è una crisi strutturale ma solo nel senso che è una crisi che ha la sua fonte nella struttura della società (nelle attività produttive di merci (beni e servizi) della società), non nel senso in cui usano l’espressione “crisi strutturale” alcuni professori d’economia confusionari (alcuni dei quali tuttavia si dichiarano comunisti), non cioè nel senso di crisi che nasce da squilibri tra le varie parti della struttura economica della società, ad es. da squilibri tra capitale finanziario e capitale industriale, da cattiva gestione del mercato mondiale delle merci o da altro genere (il terreno su cui si esercitano i vari “consiglieri del principe” che popolano la sinistra borghese);

- della natura della rivoluzione socialista: non è una rivolta popolare che scoppia, ma una guerra popolare ri voluzionaria di lunga durata che il partito comunista deve promuovere in ogni paese nelle forme adeguate al regime politico e sociale del paese;

- del regime di controrivoluzione preventiva instaurato dalla borghesia in ogni paese imperialista a partire dagli USA ed oggi rafforzato dalla creazione del mondo virtuale, ma indebolito dall’eliminazione del “capitalismo dal volto umano” e dalla riduzione della partecipazione delle masse popolari nelle istituzioni elettive della democrazia borghese;

- della lotta tra le due linee che deve svolgersi in ogni partito comunista per far compiere ai suoi membri la riforma intellettuale e morale che rende il partito capace di dirigere la trasformazione della società e per preservare le sue file dall’influenza della borghesia e del clero.

Il maoismo è la conoscenza finalmente raggiunta dei limiti del movimento comunista cosciente e organizzato che hanno impedito la vittoria definitiva della classe operaia sulla borghesia nel corso della prima crisi generale del capitalismo, nella prima parte del secolo XX. Facendo tesoro della concezione comunista del mondo e delle lezioni dell’esperienza, noi comunisti possiamo e dobbiamo riprendere il cammino interrotto verso l’instaurazione del socialismo e verso il comunismo. Da più di 150 anni la storia dell’umanità non dipende più principalmente dalla borghesia. La borghesia è ridotta a cercare di prolungare la vita del suo sistema di relazioni sociali soffocando, contenendo, disgregando e corrompendo i partiti comunisti e facendo di tutto per distogliere le masse popolari dal seguire la direzione dei partiti comunisti. In definitiva sono i limiti del movimento comunista cosciente e organizzato la causa principale dei problemi attuali dell’umanità.

Queste sono le tesi argomentate in dettaglio nella prima parte del nostro MP e applicate poi, nel resto del MP, al caso particolare dell’Italia, il paese imperialista sede del Papato, uno dei pilastri del sistema imperialista mondiale.

Per questo riteniamo che il nostro MP interessa i comunisti di tutto il mondo e abbiamo la ferma volontà di raccogliere e valutare con cura obiezioni e proposte che i comunisti ci daranno, quale che sia il cielo sotto cui combattono per la causa delle classi sfruttate e dei popoli oppressi contro il sistema imperialista mondiale e le classi reazionarie.

A tutti i compagni che accoglieranno il nostro appello, auguriamo buona e fruttuosa lettura.

 

Il Comitato Centrale del (nuovo) Partito comunista italiano