La Voce 54 - del (nuovo)Partito comunista italiano - anno XVIII  - novembre 2016

La sinistra borghese, le FSRS e i comunisti
Riconoscere esponenti e gruppi della sinistra borghese dalle loro opere

Caratteristica distintiva della sinistra borghese è escludere apertamente l’instaurazione del socialismo come soluzione della crisi in corso. Vi sono tuttavia anche personaggi e organismi che a parole si proclamano comunisti, non escludono l’instaurazione del socialismo anzi a parole se ne dichiarano fautori, ma nella pratica, sia per la concezione del mondo che li guida e per la propaganda che svolgono, sia nelle iniziative politiche, seguono la stessa strada della sinistra borghese: una concezione e una linea anticomuniste in un amalgama reso più subdolo dal richiamo di facciata al comunismo. Esempio tipico è Rete dei Comunisti. Alcuni compagni confondono simili organismi con le FSRS. In realtà confondono chi non è ancora arrivato a dotarsi dei mezzi necessari a vincere con chi fa passare di soppiatto la concezione francofortese del “piano del capitale” proclamando uno scombinato contropiano.

I gruppi della sinistra borghese che si dichiarano favorevoli al socialismo presentano le seguenti caratteristiche, a volte combinandone più d’una.

- Si dedicano sistematicamente a mettere in luce le difficoltà vere (ma spesso anche immaginarie) della nostra impresa, della rivoluzione socialista che instaurerà il socialismo, mentre dedicano poca o nessuna attenzione alle condizioni favorevoli.

- Proclamano sistematicamente che la situazione è completamente nuova, che la situazione è completamente cambiata, che la situazione è complessa. Rifiutano di trarre insegnamenti dalla prima ondata della rivoluzione proletaria perché oggi si tratterebbe di “una situazione completamente diversa”. In realtà le forme fondamentali dell’economia sociale e le forze fondamentali della società sono oggi le stesse di quelle di cento anni fa: le forme fondamentali dell’economia sociale sono il capitalismo, la piccola produzione e il comunismo e le forze fondamentali sono la borghesia, la piccola borghesia e il proletariato. Che un lavoratore sagomi un oggetto manovrando uno scalpello, usando una macchina utensile o comandando una stampante tridimensionale con una tastiera, cambia il contenuto del suo lavoro, ma non il sistema di relazioni sociali nell’ambito del quale lo svolge. Solo secondo la Scuola di Francoforte i rapporti di produzione sono incorporati nelle forze produttive

- Dichiarano sistematicamente che bisogna studiare, bisogna fare l’analisi di questa o quella questione del passato, bisogna fare il bilancio, ma né l’hanno fatto né lo fanno. Dire ancora oggi che bisogna studiare “la questione di Stalin”, cosa è se non una scusa per esimersi dal farlo e mascherare il proprio rifiuto di imparare dalla costruzione del socialismo in Unione Sovietica, cioè il proprio antistalinismo?

- Denunciano il catastrofico corso delle cose, mobilitano contro questo e contro quello, ma dedicano poca o nessuna attenzione a organizzare la rivoluzione socialista, a elaborare un piano strategico d’azione basato sulle forze e le condizioni concrete del nostro paese che sfoci nell’instaurazione del socialismo: che cosa sia poi secondo loro il socialismo, resta avvolto nella nebbia.

- In campo politico passano da una mobilitazione a un’altra, da una manifestazione a un’altra, senza alcun piano per arrivare all’instaurazione del socialismo. Aborrono dall’organizzare la rivoluzione socialista. La tattica-processo, ossia avanzare a vista, alla cieca è per loro naturale. Il Governo di Blocco Popolare è per loro una cosa incomprensibile. Se vi pensano lo concepiscono come un ibrido tra la loro amata “sponda politica” e l’aborrita dittatura del proletariato.

Quanto alla sinistra borghese che apertamente esclude il socialismo (quando non si dedica addirittura a denigrare la prima ondata della rivoluzione proletaria, alla Fausto Bertinotti, Paolo Ferrero e il resto della compagni degli “errori e orrori”), le sue specialità sono le denunce (e in questo ci è utile) e le proposte di uscite dalla crisi campate in aria, di buon senso, alla Keynes. A questo i suoi esponenti si dedicano con crescente fervore e l’elezione di Trump li ha  stimolati.

 

***** Manchette

Il ruolo del GBP nella strategia della GPR

Per instaurare il socialismo, cioè per portare la rivoluzione socialista alla vittoria, bisogna che la parte attiva e combattiva della classe operaia, quella che trascina con sé il resto delle masse popolari, sia unita attorno al partito comunista. In Italia la classe operaia e le masse popolari organizzate si libereranno dall’egemonia della sinistra borghese e si uniranno attorno al partito comunista dopo che avranno portato al potere la sinistra borghese e avranno constatato per esperienza diretta la sua connaturata incapacità di condurre alla vittoria il loro movimento.

Le masse popolari hanno visto la sinistra borghese al potere con la destra (governo Prodi-D’Alema-Bertinotti-Epifani) e l’hanno ripudiata (2006-2008). Devono ora portarla loro al potere costituendo il Governo di Blocco Popolare (con Grillo, De Magistris, Cremaschi, Casadio o simili). Sarà la dimostrazione finale che con la sinistra borghese non si pone fine alla crisi.

Il GBP non è la dittatura del proletariato: è la dimostrazione pratica dell’impotenza della sinistra borghese e apre la strada alla dittatura del proletariato.

 

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Le proposte di “soluzione della crisi” sbandierate (in alternativa o combinate) si riducono alle seguenti:

1. regolamentare i movimenti del capitale finanziario: “uscire dall’euro” sarebbe il massimo (anche se Renzi e Salvini ora gli rubano la bandiera),

2. aumentare la produzione

2.1. aumentando i redditi delle masse popolari [vale per i neokeynesiani fautori della crescita]

2.2. moltiplicando opere pubbliche [TAV, Olimpiadi, Ponte sullo Stretto di Messina, ecc.: le grandi opere pubbliche, lanciate come contesto per operazioni finanziarie]

Sono rimedi che non tengono conto che nella società borghese il fine della produzione (cioè il movente dell’iniziativa economica dei capitalisti che hanno in mano la produzione) non è né l’aumento della produzione, né l’aumento delle vendite e tanto meno l’equilibrio del mercato (creare una domanda di merci in equilibrio con l’offerta). Il fine della produzione è la valorizzazione del capitale, fare profitti. La crisi attuale deriva appunto dall’impossibilità di continuare all’infinito ad accumulare capitale e valorizzarlo producendo merci: da qui le “alternative” (il gonfiamento del capitale finanziario, la riduzione del capitale a solo denaro senza mezzi di produzione e produzione di merci, le mille iniziative di finanza creativa in cui il denaro crea denaro) a cui la borghesia imperialista ha fatto ricorso e nelle quali ora è invischiata (il catastrofico corso delle cose è il risultato della combinazione delle sue “alternative”).

Per di più, anche prescindendo dalla valorizzazione del capitale, l’aumento illimitato della produzione è impossibile perché le risorse della Terra sono limitate e la produzione produce inquinamento e rifiuti.

A questo si aggiunge che neanche l’aumento illimitato della produzione basterebbe ad occupare tutta la manodopera disponibile perché la produttività del lavoro cresce continuamente e la borghesia stessa per motivi suoi deve farla crescere senza limiti. Per i capitalisti una parte crescente dell’umanità è costituita da esuberi, la guerra di sterminio non dichiarata ha un ampio bersaglio.

Il socialismo e il comunismo pongono fine al corso catastrofico delle cose perché la produzione viene regolata in base alle necessità per una vita civile e alla compatibilità con l’equilibrio ambientale. Gli uomini vengono educati a dedicare alle attività specificamente umane quanto del proprio tempo e delle proprie energie non è necessario per la produzione e sono posti nelle condizioni di poterlo fare (stante la fine della divisione in classi e quindi degli antagonismi di classe).  L’antagonismo di classe “costringe” le classi dominanti a distogliere la massa della popolazione dall’imparare a pensare, a impedire che impari a pensare e a escluderla dalle attività specificamente umane che saranno il futuro dell’umanità.

A ben considerare le sue proposte, si capisce anche 1. perché in definitiva la sinistra borghese è a rimorchio della destra moderata che a sua volta è a rimorchio della destra estrema (la guerra e il riarmo hanno lo stesso ruolo economico delle grandi opere pubbliche), 2. perché la sinistra borghese che non collaborerà a costituire il Governo di Blocco Popolare finirà male (e quindi, viceversa, perché una parte almeno della sinistra borghese, per esigenze di sopravvivenza, collaborerà a costituire il GBP).

Ernesto V.

***** Manchette

Dice che non esiste più classe operaia
chi in realtà è contro la rivoluzione socialista

I lavoratori delle aziende capitaliste sono oggi in Italia sia come numero sia come percentuale della popolazione decisamente di più di quanti erano nel 1945 o nel 1950. Ma allora a nessuna persona di buon senso sarebbe venuto in mente di dire che la classe operaia non esisteva.

Nel 2011 (fonte: ISTAT- Censimento dell’industria e dei servizi) nel nostro paese c’erano circa 250 aziende capitaliste con più di 1000 operai, 670 con 500-999 operai, 2.000 con 250-499 operai, 1.200 con 200-249 operai, 7.300 con 100-199: in totale circa 11.420 aziende capitaliste. A queste vanno aggiunte le aziende pubbliche: sia quelle che producono merci, come Fincantieri, Finmeccanica, ecc., sia quelle che producono servizi pubblici: scuole, università, ospedali, ASL, agenzie dell’amministrazione pubblica, prigioni, caserme, ecc. Esse per molti aspetti possono avere un ruolo sociale e anche specificamente politico analogo a quello delle aziende capitaliste.

Gli operai oggi devono dirigere i proletari addetti ai mille piccoli lavori, spesso precari e frequentemente esuberi (disoccupati), spesso finti lavoratori autonomi e “imprenditori di se stessi”. Sono gran parte delle masse popolari che la classe operaia deve trascinare con sé a fare la rivoluzione socialista. Hanno preso il posto che nel 1945 o nel 1950 era occupato dai contadini poveri e medi e dai braccianti. Ma con il grande vantaggio, ai fini della loro mobilitazione a fare la rivoluzione socialista, che sono concentrati nelle zone urbane e meno sottoposti all’oscurantismo clericale, mentre i contadini erano dispersi nelle campagne e in ogni villaggio il curato era un’autorità civile come l’agrario, il campiere e il carabiniere, oltre a essere un’autorità morale e culturale. Ma allora nessun comunista avrebbe detto che la classe operaia non era in grado di mobilitare i contadini a fare la rivoluzione.

Questo a proposito delle chiacchiere disfattiste di molti esponenti e gruppi della sinistra borghese contro il ruolo centrale della classe operaia nella rivoluzione socialista. Quello che manca alla classe operaia perché eserciti il suo ruolo di classe dirigente è che il partito comunista diventi il suo Stato Maggiore anche per il ruolo politico che effettivamente esercita. Attualmente lo è solo per la concezione che lo guida e per la strategia che segue.

 

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