La Voce  57 - anno XIX, novembre 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano 

Industria 4.0 e altri propositi di riduzione dell’occupazione

In VO 56 (Piano nazionale Industria 4.0 e sinistra borghese) abbiamo illustrato lo sviluppo della produttività del lavoro e la riduzione dell’occupazione insiti nei progetti di innovazione tecnologica dell’apparato produttivo ventilati e con differente efficienza in attuazione in ogni paese imperialista. Nell’attività reale di ogni capitalista e gruppo imperialista i progetti di innovazione produttiva contendono il passo e si combinano con la speculazione finanziaria e le truffe bancarie: da alcuni anni la BCE di Draghi & C regala (a 0 virgola qualcosa di interesse annuo a fronte di un’inflazione dichiarata di quasi il 2%) alle istituzioni finanziarie 60 (fino a pochi mesi fa erano 80) miliardi di euro al mese, in un anno circa il 7% del PIL della UE il quale, nonostante questo e gli artifici contabili, cresce meno del 2% all’anno. Ogni capitalista ricorre all’innovazione spinto dalla concorrenza degli altri: le invasioni di campo si moltiplicano nell’ambito della crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale che attanaglia la borghesia intera a livello mondiale. Le sue autorità internazionali, i governi nazionali e le autorità locali sostengono i capitalisti con progetti, elargizioni di denaro a interesse nullo o quasi (il quantitative easing - concessione di crediti non legati a progetti produttivi - di Mario Draghi & C), regali a spese dei diritti dei lavoratori e delle masse popolari, finanziamenti in carico alla spesa pubblica e al debito pubblico, sconti fiscali, “iperammortamenti” (aumenti della quota del capitale investito che il capitalista mette in conto spese ogni anno con corrispondente riduzione dei profitti che figurano nei conti e quindi delle imposte corrispondenti).

Nel pensiero della maggioranza degli esponenti della sinistra borghese è scontato che l’umanità resterà nel capitalismo. Essi quindi dipingono a fosche tinte l’aumento della produttività del lavoro in generale, ma non parlano del modo di produzione capitalista e del socialismo.(1) In realtà una volta instaurato il socialismo l’aumento della produttività del lavoro (insieme all’obbligo di svolgere un lavoro socialmente utile per ogni persona che non è riconosciuta inabile per età, malattia o invalidità) aprirà la strada alla riduzione del tempo che ogni persona dedica al lavoro necessario alla produzione di beni e servizi (“liberazione dal lavoro”). Grazie ad esso tutti gli esseri umani dedicheranno in massa più tempo ed energie alle attività specificamente umane, da millenni riservate agli esponenti delle classi dominanti. Oggi gli esponenti della sinistra borghese piangono sulla disoccupazione e le condizioni di lavoro e fanno del terrorismo: alcuni per riscuotere consensi elettorali, altri per incamerare tessere sindacali e mantenere consenso tra i lavoratori.

 

1. È in questo modo che prima o poi finiscono alcuni a rassegnarsi alle “dure necessità” della “guerra tra noi e il resto del mondo” dei Marchionne, altri a diventare fautori del “bel mondo antico” identificando ogni innovazione tecnologica con “il male”, altri ancora a cercare di tenere assieme “il diavolo e l’acqua santa” (una qualche conciliazione, impossibile anche nell’ambito del capitalismo, tra innovazione dei processi produttivi e mantenimento dei livelli occupazionali).

 

Noi comunisti dobbiamo invece mobilitare gli operai avanzati a organizzarsi e fare fronte al catastrofico corso delle cose che i capitalisti cercano di imporre. La concezione comunista del mondo e il legame di Partito permettono a ogni comunista di vedere più lontano e più a fondo di quanto può farlo un operaio combattivo e audace non membro del Partito. Dobbiamo mobilitare gli operai combattivi a organizzarsi. Dobbiamo guidare quelli che si organizzano a far fronte all’azione dei capitalisti lottando su due piani: della difesa e dell’attacco.

 Quanto alla difesa, ogni capitalista è inserito in un tessuto sociale di relazioni economiche e politiche e della società civile ed è condizionato da esso nella sua condotta. Gli operai, oltre a usare gli abituali strumenti della lotta sindacale, devono mobilitare questo tessuto sociale (2) per prevenire i propositi del capitalista, i progetti di delocalizzazione e comunque di riduzione dell’azienda e per contrastarli quando vengono messi in opera.(3) Per ogni capitalista le leggi di sviluppo del capitalismo (del modo di produzione capitalista) sono oggettive - gli sono imposte dalla concorrenza degli altri capitalisti. Ma oggettive nel senso di “socialmente oggettive”, come la direzione di marcia lo è per uno che è in mezzo a una folla che corre. Non sono oggettive come le leggi di natura relative ai campi che ancora non dominiamo (l’astronomia, la fisica delle particelle elementari, ecc.), ma come lo sono le leggi di natura dei campi che già padroneggiamo (la dinamica dei gravi, la chimica, ecc.).(4) Gli operai possono prevenire i rispettivi capitalisti e i loro piani organizzandosi, occupandosi della loro azienda, uscendo dall’azienda e riversando la loro autorevolezza nel contesto sociale di cui l’azienda fa parte. La chiusura e riduzione di un’azienda, la trasformazione di un’azienda in un terreno su cui speculare o da adibire a zona commerciale, la diminuzione dell’occupazione, ecc. coinvolgono e sconvolgono l’intera economia della zona e le condizioni di vita e di lavoro, ben oltre la cerchia degli operai direttamente impiegati nell’azienda. Quindi gli operai se prevengono le mosse del capitalista sono in grado di mobilitare gran parte della società e fino ad un certo punto condizionare il capitalista. Inoltre finché l’azienda non è chiusa, il capitalista ha bisogno che funzioni: quindi ha bisogno della collaborazione degli operai. Ma attenzione! I soldi che da ogni parte gli piovono addosso gratuitamente e senza dover dare garanzie, gli consentono perfino di “perdere denaro per l’arresto della produzione e per l’indisciplina dei suoi operai”.

 

2. Un tessuto che è molto ampio: dai lavoratori delle aziende dell’indotto e dai commercianti che sarebbero danneggiati nei loro interessi dalla delocalizzazione o riduzione di un’azienda, ai legami di solidarietà ereditati dalla storia passata, esistenti tra settori popolari di una zona; dalla ricerca di voti dei partiti borghesi durante le campagne elettorali, al bisogno dei sindacati di regime di mantenere un certo seguito tra i lavoratori e i pensionati; dalla vasta area di professionisti, docenti, giornalisti, ecc. preoccupati di come vanno le cose alla necessità delle amministrazioni comunali di tenere insieme in qualche modo le zone che governano. Mobilitando il tessuto di relazioni economiche, politiche e della società civile gli operai mettono in gioco tanti fattori che rafforzano la loro lotta e che indeboliscono la controparte.

 

3Contro la rassegnazione promossa dagli agenti della borghesia che dirigono i sindacati di regime, noi comunisti dobbiamo far valere l’orientamento che “anche in un contesto di crisi generale del capitalismo è possibile, in una certa misura e con risultati precari, vincere singole lotte”.

A differenza degli economicisti e dei movimentisti, noi comunisti dobbiamo agire conformemente al criterio che ogni risultato immediato che i lavoratori riescono a strappare ai padroni e alle loro autorità è importante, ma più importante ancora è che la lotta rafforzi l’organizzazione ed elevi la coscienza dei lavoratori e delle masse popolari, la loro fiducia in se stessi e la determinazione a combattere e a vincere.

Questo fa “montare la maionese” della lotta di classe, fa avanzare la rivoluzione socialista che porrà fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista impone nel nostro paese come nel resto del mondo.

 

4. Il capitalismo che si sviluppava in Italia nel secolo XIV e XV fu deviato e deformato dalla Controriforma delle forze feudali capeggiate dal Papato. Quello che si sviluppava in Inghilterra e in Olanda seguì le sue proprie leggi e le impose alle famiglie nobiliari e regnanti del posto trasformandole in famiglie borghesi o mozzando loro la testa.

Nel periodo del capitalismo dal volto umano (1945-1975), pur di distogliere i lavoratori e il resto delle masse popolari dalla rivoluzione socialista e nell’ambito della ripresa dell’accumulazione di capitale aperta dagli sconvolgimenti politici ed economici e dalle distruzioni delle due guerre mondiali, in tanti campi i capitalisti sono andati “contro natura”: si sono rassegnati a conquiste e diritti dei lavoratori che andavano contro le leggi del modo di produzione capitalista (tanto vero che quando, dopo l’inizio della nuova crisi generale, è venuta meno la pressione del movimento comunista, hanno iniziato a eliminarli uno dopo l’altro).

 

Anche per questo (oltre che per altre considerazioni di cui qui non mi occupo) questo tipo di guerra, questa linea e strategia difensive di guerra non possono andare oltre certi limiti né durare all’infinito, come non è andato oltre certi limiti né è durato all’infinito il capitalismo dal volto umano. A lungo andare è chi dirige la produzione che regola la distribuzione. Invocare una “più equa distribuzione della ricchezza” senza parlare della direzione della produzione è un’ingenuità o un imbroglio: se la produzione dipende dal capitalista, è ovvio che la distribuzione deve avere il suo consenso: il  capitalista non fa funzionare la sua azienda per “amore del prossimo”. Dobbiamo quindi guidare gli operai avanzati a combinare la difesa con l’attacco. La classe operaia deve prendere in mano la direzione della società, deve instaurare il suo potere politico: deve spingere anche gli esponenti della sinistra borghese (quelli che godono di più fiducia e consenso) a costituire un Governo di Blocco Popolare (GBP) che le organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) condizionano, di cui dettano la condotta, a cui impongono di prendere misure concrete conformi alle Sei Misure Generali. Un GBP che le OO e OP tutelano vegliando all’adempimento delle sue disposizioni contro ogni forma di boicottaggio e che difendono dai sabotaggi e dalle aggressioni interne ed esterne.

Per questo l’azione sindacale e difensiva nelle aziende per essere efficace, per riscuotere fiducia, per mobilitare su scala crescente, deve combinarsi con la lotta per costruire un governo d’emergenza. Per questo ogni Comitato di Partito nella sua attività di propaganda e agitazione deve sempre combinare nel modo concretamente più efficace la denuncia del corso catastrofico delle cose (e in questo dobbiamo anche giovarci della sinistra borghese) con l’illustrazione del salto epocale, del socialismo e del comunismo e con l’indicazione delle misure concrete con cui prevenire il capitalista e obbligarlo a seguire una strada da cui per sua natura rifugge. Per fare questo non occorre che il nostro compagno si dichiari membro del Partito. Basta semplicemente che dica cose giuste e chiare anche di fronte ad altri che dicono ancora cose sbagliate o confuse. Che sostenga coerentemente le iniziative giuste ed efficaci. Che spinga ogni compagno di lavoro in avanti, approfondisca la relazione con i lavoratori che avanzano. Che recluti quelli che arrivano a far proprio il nostro compito. Ma l’obiettivo principale non è reclutare: non facciamo concorrenza ad altre organizzazioni. L’obiettivo principale è far avanzare la massa dei lavoratori anche se questa nostra opera, se ha successo, a un certo punto farà confluire gli operai più avanzati nel Partito.

Duccio R.

 

****

Perdita della proprietà del mestiere o liberazione di energie creatrici?

Le macchine distruggono l’uomo o, una volta eliminata la proprietà del capitalista, permettono finalmente anche ai lavoratori di praticare le attività specificamente umane e di goderne?

Quando trattano dell’evoluzione tecnologica, in particolare dell’applicazione dell’informatica ai processi produttivi e quindi del più alto livello di automazione del processo produttivo (l’industria 4.0), molti esponenti della sinistra borghese attirano l’attenzione sul fatto che il lavoratore viene privato del suo mestiere.

Per chi non vede oltre l’orizzonte del capitalismo e della lotta rivendicativa, l’operaio che padroneggia un mestiere è più forte dell’operaio che compie solo gesti già previsti su un macchina già predisposta per quel gesto. E certamente il padrone può sostituire questo operaio con un altro, più facilmente di quello che poteva farlo con l’operaio ancora affine a un artigiano o addirittura a un artista. Ma consideriamo ora la cosa mettendo a confronto il proletario costretto per avere di che vivere a concentrare, formare e deformare la sua mente, la sua sensibilità quando non anche il suo fisico su un mestiere del cui risultato sociale non deve curarsi perché si deve curare solo o principalmente che il padrone sia soddisfatto del risultato e lo paghi bene, con il membro della società comunista la cui intelligenza e sensibilità possono dispiegarsi in tutte le attività che gli uomini praticano e goderne, perché grazie all’automazione della produzione diminuisce il tempo che deve dedicare alla produzione di beni e servizi. Vediamo allora che il terrorismo che l’esponente della sinistra borghese spande a proposito dell’automazione è proporzionale allo zelo con cui nasconde, quindi protegge il rapporto di produzione capitalista.

Il nemico del proletario non sono né l’informatica né la macchina, è il capitalista. Eliminato il capitalista, con la macchina e l’informatica i lavoratori si liberano dall’asservimento intellettuale e fisico al mestiere, pur godendo dei suoi risultati.

****