La Voce 58 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX marzo 2018

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

Legare la propaganda all’organizzazione: un esempio

Cari compagni della redazione,

sono entrato nel partito da poco e sto costruendo un Comitato di Partito di base.

Ho letto su La Voce 57 gli articoli riguardanti la propaganda murale. A me è stato particolarmente utile quello del compagno Graziano G. che spiega i due errori che lo stavano portando fuori strada nello sviluppo della sua attività. Sono errori in cui mi riconosco, perché anch’io faccio attività pubblica nella mia città (in un coordinamento antifascista) e perché sto lentamente uscendo da una fase simile a quella di cui parla il compagno. Dico “lentamente” perché ho ancora limiti di legalitarismo e soggettivismo soprattutto nel pianificare e condurre affissioni e scritte murali, attività che per me sono relativamente nuove: prima di entrare nel Partito infatti avevo fatto per lo più propaganda scritta (volantini e comunicati) e orale.

Per prima cosa mi sono messo a fare esperienza pratica di propaganda murale usando gli accorgimenti e le attenzioni del caso indicate negli articoli di VO.

Ho constatato che propagandare l’esistenza del (n)PCI con scritte murali, con locandine, con adesivi infonde fiducia ai lavoratori e al resto delle masse popolari.

Ho visto però che ha un effetto anche all'interno. È fattore di organizzazione, perché per fare queste operazioni bisogna individuare con chi farle e come e prima ancora è fattore di trasformazione nostra. A me ha fatto comprendere che la propaganda va fatta come un’operazione di guerra, non per aggiungere propaganda a propaganda... Nelle grandi città ci sono zone ricoperte da scritte murali. Vanno benissimo, in particolare quando servono a coprire quelle dei fascisti (che in questo genere di propaganda sono attivi), ma il lavoro di propaganda del Partito è qualcosa di diverso. Non è affermare la propria identità, ma usare l’operazione di propaganda per costruire un modo di pensare e per organizzarsi, nel mio caso per arrivare a costruire un Comitato di Partito.

Per fare scritte murali e affiggere adesivi sono ripartito dalle cose in cui sono più ferrato, una delle quali è la discussione diretta con elementi avanzati delle masse popolari. Queste discussioni mi hanno fatto toccare con mano che la pratica delle masse popolari è più avanzata di quanto pensavo, cosa questa che mi tratteneva dall’affrontare questioni che mi sembravano “difficili”.

Faccio un esempio. Un lavoratore che conosco da tempo mi ha raccontato che si era organizzato con i suoi compagni di lavoro per fare riunioni che ha definito “carbonare” (cioè clandestine) per poter elaborare strategie di difesa senza che arrivassero alle orecchie del direttore. Ho colto questo spunto per parlargli di un partito, il (nuovo) PCI e della sua clandestinità, mettendo in luce che per il Partito è uno strumento per mettersi il più possibile al riparo dalla repressione a cui la classe dominante ricorre sempre più spesso contro chi è o essa ritiene che possa diventare una minaccia per il suo potere. Il compagno mi ha risposto con naturalezza, considerando strano che non gli avessi parlato prima di questo partito comunista... Tra l’altro non si definisce nemmeno comunista e pensa che i comunisti sono la sinistra borghese. La conclusione è che si è dato subito disponibile a custodire gli adesivi del Partito.

In un altro caso, dopo aver frequentato per quasi un anno e mezzo un operaio avanzato, sono arrivato a discutere con lui dei contenuti di La Voce che da qualche mese comperava. Abbiamo parlato soprattutto della necessità per le masse popolari e per la classe operaia di dotarsi di una strategia adeguata alla fase acuta della crisi in corso. In questo caso il salto è consistito nel trattare apertamente della rivoluzione socialista e dei mezzi necessari per portarla alla vittoria, andando oltre le tante discussioni sulle questioni sindacali e rompendo con l’economicismo entro cui rimanevamo confinati con il risultato che cominciavamo a deviare verso il militarismo. Si trattava di un militarismo rivendicativo, del tipo “colpirne uno per educarne cento”, per di più un militarismo a parole, di chi vorrebbe “che ci fossero ancora le Brigate Rosse”, incurante che non ci sono più le condizioni in cui sono nate e cresciute. Il nostro sconfinamento però fa capire il legame tra economicismo e militarismo, come da uno si passa all'altro (cosa che Lenin e Gramsci hanno spiegato bene).

Mettendo al centro del ragionamento la costruzione del nuovo potere nel nostro paese e la necessità di contribuire alla rinascita del movimento comunista, ho iniziato a superare le diffidenze del compagno e a trattare apertamente di questioni che sono nella coscienza e nell'animo di un operaio con la falce e martello nel cuore, stanco di tradimenti e di tante promesse non mantenute. Negli ultimi due incontri abbiamo ragionato abbastanza a fondo della necessità di un partito comunista in grado di fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro, sullo stimolo intellettuale e morale che gli dà la nostra rivista, sulla critica senza riserve alle due tare (elettoralismo ed economicismo). Ora ho maggiori elementi per legare la propaganda all’organizzazione, per valorizzare il compagno secondo le varie forme indicate nel n. 49 di La Voce e preparare i passi successivi, cioè la collaborazione stretta e poi il reclutamento.

Non voglio fare di ogni erba un fascio, ma i due casi di cui ho detto sono indicativi: le masse popolari imparano dalla loro esperienza e questo accresce le possibilità di azione del Partito. L’esperienza delle masse popolari è quella dello strangolamento, della sopraffazione e in generale della guerra di sterminio non dichiarata condotta contro di loro dalla borghesia imperialista. Per questo alcuni anche spontaneamente si organizzano per resistere e usano metodi che vanno oltre la legalità borghese. Questo processo spontaneo facilita il nostro lavoro di organizzazione e mobilitazione e conferma le possibilità di proliferazione delle organizzazioni operaie e popolari. Le occasioni sono tante, sta a noi cogliere gli appigli, vedere i nessi e farli fruttare.

Con questi lavoratori, per valorizzare quanto già fanno e portarli passo dopo passo a confluire nel movimento comunista, dobbiamo ragionare molto. Non fermarci a quello a cui sono arrivati da sé, ma ragionare di quello che la classe dominante cerca, con ogni mezzo a sua disposizione, di non fare arrivare ai loro cuori e alle loro menti: del (nuovo) PCI, della lotta di classe, della crisi generale del capitalismo, del perché delle cose. Dobbiamo spiegare che la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari è la via per uscire da questa crisi, parlare del lavoro ordinario dei Comitati di Partito e della riforma intellettuale e morale che i comunisti, e quelli che aspirano a diventarlo, devono intraprendere per essere all’altezza del loro compito storico (fare dell’Italia un nuovo paese socialista è il primo e principale contributo che noi possiamo portare alla rinascita del movimento comunista internazionale). Con questa propaganda diretta, a “tu per tu”, mettiamo in fila quello che i nostri interlocutori pensano in modo spontaneo e contraddittorio, lo depuriamo da quello che intralcia la loro azione, sintetizziamo in linee e in metodi generali quello che loro già fanno. Mostrare e portare loro questa sintesi li aiuta a far valere più e meglio la loro forza, la forza che la classe operaia e il resto delle masse popolari hanno e che, guidata dalla teoria rivoluzionaria, è inarrestabile.

Francesco