La Voce 58 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX marzo 2018

in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

Duecento anni dopo la nascita di Marx

Facciamo delle celebrazioni del secondo centenario della nascita di Marx l’occasione per propagandare che l’instaurazione del socialismo è l’unica alternativa reale al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista impone al mondo!


Quest’anno cade il 200° anniversario della nascita di Carlo Marx, il 5 maggio 1818 a Treviri, nella Germania occidentale vicino alla frontiera con la Francia e il Lussemburgo. La sua opera nel campo della teoria e per la nascita e lo sviluppo anche pratici del movimento comunista cosciente e organizzato, segna una svolta nella storia dell’umanità. Quando egli morì il 14 marzo 1883 a Londra, in tutti i paesi già capitalisti la parte più avanzata degli operai era organizzata in partiti e sindacati in gradi diversi ispirati alla nuova scienza che egli con Federico Engels aveva fondato ed elaborato, la scienza che ha reso finalmente gli uomini capaci di fare in modo consapevole la loro storia (che essi fino ad allora avevano fatto non solo non perseguendo un proprio obiettivo, ma senza neanche conoscere i risultati di quello che stavano facendo), finalmente capaci di creare il proprio futuro a condizione che seguano le leggi proprie della società che devono trasformare, come avviene in ogni altro campo in cui gli uomini agiscono guidati da una scienza.

Certamente nei prossimi mesi saranno organizzate molte celebrazioni del bicentenario, sia da parte di personalità e organismi della sinistra borghese sia da parte dei molti organismi che al marxismo a vario titolo e più o meno legittimamente dichiarano di ispirarsi. La gravità della crisi in cui la società attuale si dibatte e il lascito della prima ondata della rivoluzione proletaria concorrono a suscitare anche in molti personaggi della sinistra borghese interesse per l’opera teorica di Marx, nonostante lo sforzo che da decenni e in particolare da quando, dopo l’esaurimento della prima ondata delle rivoluzione proletaria e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, hanno ripreso in mano la direzione del corso delle cose, la borghesia e il clero dispiegano per farla dimenticare, per denigrarla e per travisarla. Molti degli intellettuali e dei gruppi organizzati che si oppongono al catastrofico corso delle cose, a vario titolo e più o meno legittimamente, dichiarano di ispirarsi a Marx.

Noi comunisti dobbiamo

1. approfittare di queste celebrazioni, partecipare secondo le forze di cui disponiamo ad alcune di esse scelte a ragion veduta, approfittare del clima generale per far promuovere da organismi amici conferenze pubbliche e fare propaganda in particolare tra gli operai avanzati,

2. rafforzare nelle nostre file l’assimilazione della scienza fondata da Marx e degli sviluppi che essa ha avuto grazie all’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. Oggi il marxismo è diventato il marxismo-leninismo-maoismo e i principali esponenti di questa scienza sono, oltre a Marx ed Engels, Lenin e Stalin, Mao Tse-tung. La loro opera pratica ha confermato la validità dei loro apporti alla nostra scienza.[1] Dobbiamo assumere i loro insegnamenti a guida della nostra attività.


1. Molti altri esponenti del movimento comunista cosciente e organizzato, di molti paesi, hanno non solo applicato creativamente la scienza comunista nella rivoluzione del proprio paese, ma anche contribuito a vari livelli allo sviluppo della nostra scienza: Ho Chi Minh, Che Guevara, Fidel Castro, Kim Il Sung, Henver Hoxa, Charu Mazumdar e Kanhai Chatterji, Pol Pot, il presidente Gonzalo del Partito comunista peruviano e molti altri, per altri versi Antonio Gramsci, senza però assurgere al ruolo di maestri del movimento comunista internazionale. Sta a quelli che ne continuano l’opera particolare illustrare e far conoscere i rispettivi contributi alla sviluppo del patrimonio teorico universale del movimento comunista in modo che il movimento comunista di ogni altro paese approfitti di quei loro contributi che illuminano l’opera che esso sta compiendo.


I due compiti sono strettamente legati, si condizionano e si completano. L’avanzamento in uno ci stimola e ci rende capaci di avanzare nell’altro. L’assimilazione del marxismo ci rende capaci di orientare in modo giusto le masse popolari. Non solo rende noi comunisti capaci di fare una propaganda efficace delle singole tesi del marxismo e contrastare denigrazioni e contraffazioni, ma rende noi stessi comunisti certi che possiamo vincere e quindi capaci di infondere fiducia nelle masse popolari. La propaganda del marxismo infonde nelle masse popolari fiducia in se stesse, nella loro capacità di prendere in mano la loro sorte e costruire il loro futuro. Nonostante le apparenze e l’opinione pubblica creata dalla stessa borghesia, non è la borghesia che è forte: sono le masse popolari che ancora non fanno valere le propria forza, proprio perché la loro azione non è guidata dalla scienza che Marx insieme a Engels ha fondato e che Lenin, Stalin e Mao Tse-tung hanno ulteriormente elaborato. Avere fiducia nelle proprie forze è una condizione fondamentale per combattere e vincere. Assimilare e applicare la scienza è condizione indispensabile perché la nostra attività sia efficace e rafforzi quindi nelle nostre file anche la fiducia nelle nostre forze e rafforzi nelle masse popolari la fiducia in se stesse e nel Partito.

La guida principale per l’intervento nelle iniziative convocate da altri e per la gestione delle iniziative da noi generate è il Manifesto Programma del (nuovo)Partito comunista italiano. In questo e nella letteratura del Partito (La Voce e Comunicati) sono esposte le soluzioni delle questioni generali riguardanti la nostra attività: ogni membro e organismo del Partito deve appropriarsene, tradurle nel suo particolare e propagandarle tra le masse in modo che le masse le facciano proprie, si aggreghino attorno al Partito, combattano e vincano.

La nostra attività è tesa alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e in particolare al consolidamento e rafforzamento del Partito. Quali sono le questioni più importanti ai fini del nostro lavoro interno, ossia dell’elevazione del livello delle nostre forze? Quali sono le questioni oggi più importanti per il nostro lavoro esterno, quelle su cui dobbiamo porre l’accento in occasione delle celebrazioni del bicentenario, scegliendo in ogni caso quelle più adatte a orientare verso la rivoluzione socialista il particolare pubblico a cui ci rivolgiamo?


L’arma principale per il nostro lavoro interno è l’assimilazione del materialismo dialettico tramite lo studio da una parte e tramite l’attività pratica (progettazione, attuazione nel concreto, bilancio) dall’altra. Solo se nel conoscere la realtà e nel trasformarla usiamo il materialismo dialettico, noi ci poniamo nella nostra attività pratica al di sopra della sinistra borghese e dei tanti organismi che nonostante l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria onestamente si propongono di instaurare il socialismo. Se come fanno loro non usiamo il materialismo dialettico, andremo anche noi incontro a insuccessi, a risultati inadeguati ai nostri sforzi e come loro finiremo per scoraggiarci e demoralizzarci. Usando il materialismo dialettico definiremo in maniera giusta i nostri obiettivi e la linea per raggiungerli, tireremo insegnamenti da ogni sconfitta e ogni successo ci infonderà più fiducia e maggiore energia per avanzare, combattere e vincere.


Le questioni oggi più importanti per il nostro lavoro esterno, quelle su cui dobbiamo porre l’accento nelle celebrazioni del secondo centenario della nascita di Marx, sono indicate qui di seguito. Sono quelle che più contrastano con la cultura corrente e che dobbiamo illustrare con esempi, riferimenti e argomenti tratti dall’esperienza e dalle conoscenze del nostro pubblico, in modo da battere la propaganda disfattista e demoralizzante e orientare il nostro pubblico verso la rivoluzione socialista.

I (filosofia)

1.1. Il marxismo è una scienza, nel senso che illustra la natura e le leggi di sviluppo della società in cui viviamo e ci indica che per risolvere in modo definitivo gli attuali problemi delle masse popolari esse devono instaurare il socialismo e che esistono le condizioni per farlo. La prima ondata della rivoluzione proletaria ha confermato la validità del marxismo e permesso di svilupparlo sulla base della sua applicazione nella pratica come avviene per ogni altra scienza, oltre i limiti a cui era arrivati i suoi fondatori, Marx ed Engels, ampliandolo e approfondendolo con nuove elaborazioni delle quali Lenin, Stalin e Mao Tse-tung sono stati i principali portavoce. Il marxismo è la scienza finalmente elaborata delle attività con le quali gli uomini hanno fatto la loro storia. Grazie ad essa gli uomini possono costruire consapevolmente il loro futuro. Sbagliano quelli che proclamano che il mondo attuale è caotico, che il nostro futuro è un mistero che ci attende: riproducono lo stato d’animo della borghesia, che essa sì non ha futuro e si agita alla cieca. Il futuro prossimo dell’umanità è il socialismo, fase di transizione al comunismo, la fine dell’epoca in cui l’umanità è stata divisa in classi di sfruttati e sfruttatori e la sua storia è stata storia di lotte di classi. Ma perché gli uomini costruiscano questa nuova epoca della loro storia, le classi oggi oppresse devono non solo vincere la borghesia che non esita a ricorrere a ogni sorta di macchinazioni e di delitti pur di prolungare la vita del suo sistema di oppressione degli uomini e di devastazione del pianeta, ma anche applicare la nuova scienza iniziata da Marx nella trasformazione di se stesse, per emanciparsi dall’eredità di classe oppressa ed esclusa  dalla gestione della vita sociale e dalle attività umane superiori, farla finita con relazioni, abitudini e idee derivanti dal loro stato di classi oppresse e assurgere a un nuovo superiore livello di condotta e di attività materiale e spirituale. Il partito comunista è il primo reparto delle masse popolari in questa trasformazione, inizia a realizzare nelle proprie file una trasformazione che le masse popolari compiranno in una certa misura nel corso della rivoluzione socialista e completeranno nel socialismo. Anche per compiere questa trasformazione il marxismo-leninismo-maoismo è la guida e nel corso di questa trasformazione verrà ulteriormente ampliato, come succede per ogni scienza quando la si applica. Quali che siano stati i limiti e gli errori del movimento comunista cosciente e organizzato nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976), limiti ed errori che sono stati la causa del suo esaurimento, nessun altro ha fatto di meglio: questa conferma della nostra scienza è uno dei lasciti preziosi della prima ondata, un lascito che la borghesia, il clero e la sinistra borghese succube di essi nascondono e negano senza esitare a travisare la storia, deformare l’esperienza e inventare menzogne d’ogni genere. Questa loro condotta conferma quanto la scienza comunista è preziosa per le classi oppresse.


1.2. Sono gli uomini che hanno fatto e fanno la loro storia. La storia della specie umana non è un avvenimento misterioso e inconoscibile, come se fosse determinata dal caso o da forze ultraterrene. Quelli che dicono che è impossibile sapere quale sarà il nostro futuro, dicono il falso. Non importa se lo fanno consapevolmente o meno. Essi nascondono alle masse popolari che esse stesse creano il proprio futuro, che il loro futuro dipende da loro, le distolgono dall’occuparsene e così le spingono a lasciare che la borghesia e il clero continuino la loro opera nefasta.


1.3. Il materialismo storico è una legge della storia umana. Esso afferma che la chiave per comprendere la storia degli altri aspetti della società è la comprensione della natura e della storia dei modi in cui gli uomini hanno prodotto e consumato quello che usavano nella loro vita, la natura e la storia dei loro rapporti di produzione.


1.4. La lotta di classe è la base di tutta la storia degli ultimi millenni. È ancora la base della storia che dobbiamo fare oggi. Non è possibile capire le vicende della società attuale e condurre in esse un’azione efficace senza partire dalla lotta di classe in corso: la lotta del proletariato per instaurare il socialismo contro la borghesia che si dibatte in modo furioso per prolungare la vita del suo sorpassato sistema di relazioni sociali. Sbagliano quelli che sostengono che le classi sociali non esistono più, che la lotta di classe è roba d’altri tempi, che la società attuale non è più divisa in classi, che la classe operaia è “integrata nel sistema” (vedi la Scuola di Francoforte, vedi “i pensatori critici” borghesi alla John Kenneth Galbraith, che è stato insieme a Herbert Marcuse uno dei guru del movimento del ’68, ecc.), che la lotta di classe non è alla base delle vicende dei nostri giorni. Nella Lettera a Joseph Weydemeyer del 5 marzo 1852, di cui riportiamo un estratto, Marx indica per sommi capi i passaggi di un’epoca della storia dell’umanità che si chiuderà con il comunismo, la società senza divisione in classi.

II (critica dell’economia politica)

2.1. Il capitale è l’opera maggiore di Carlo Marx. Esso è un manuale di materialismo dialettico applicato al modo di produzione capitalista. Nella sua opera Marx non descrive il funzionamento della società attuale, ma nei primi 10 capitoli illustra le origini e le fondamenta del modo di produzione capitalista (MPC) nell’economia mercantile semplice (produzione e scambio di beni tra produttori diretti) e le sue leggi di sviluppo. Quindi dà la chiave per capire la storia della società borghese e le relazioni della società attuale. La società borghese è un successione di fasi che si sono sviluppate l’una dall’altra, ogni fase come sovrastruttura della fase che l’ha preceduta fino all’attuale fase imperialista del capitalismo, come piani di un stesso edificio sovrapposti l’uno all’altro, come gli strati di una cipolla l’uno sovrapposto all’altro. Il MPC si è sviluppato per le successive sovrastrutture descritte nel capitolo 11 e nei seguenti di Il capitale: l’accumulazione primitiva, la sussunzione formale e la sussunzione reale nel capitale dell’economia preesistente, la cooperazione, la manifattura, la grande industria, l’imperialismo. Sostenere che Il capitale di Marx è superato perché la società borghese non è più com’era ai tempi di Marx è come dire che la fisica newtoniana non è più valida perché siamo arrivati alla fisica quantistica, negare il ruolo della scala perché siamo al suo ultimo gradino.


2.2. Benché le apparenze siano molto cambiate, il modo di produzione della società attuale funziona ancora secondo la stessa logica descritta da Marx in Il capitale. È ancora oggi combinazione di produzione e circolazione di merci (beni e servizi) promossa dai capitalisti ognuno per valorizzare il suo capitale, facendo compiere agli operai un pluslavoro che si traduce in profitti, in rendite e in interessi. Oggi le merci non sono più scambiate, come nell’economia mercantile semplice da cui nasce il capitalismo, ognuna secondo il suo valore (tempo di lavoro socialmente necessario per produrla), ma vendute e comperate secondo prezzi determinati dall’andamento generale degli affari e dei traffici finanziari, dalla concorrenza e dai monopoli, dalle politiche monetarie e in generale dalle politiche dei vari Stati. Sbagliano sia quelli che sostengono che la società attuale funziona ancora tramite lo scambio di merci secondo il loro valore e quindi identificano più o meno direttamente i prezzi con i valori (vedi ad esempio Guglielmo Carchedi) sia quelli che sostengono che la legge del valore-lavoro è superata (vedi ad esempio Toni Negri). La legge del valore-lavoro è superata storicamente (la ricchezza della società non dipende più principalmente dalla quantità di tempo che gli uomini dedicano alla produzione, ma dall’applicazione della scienza alla produzione), ma non è ancora superata di fatto: la legge del valore-lavoro e il furto da parte del capitalista del tempo di lavoro dei proletari sono ancora alla base dei rapporti di produzione e quindi della vita complessiva della società attuale. I capitalisti stessi le fanno riemergere alla luce del sole accanendosi a ridurre pause dal lavoro e durata delle singole operazioni produttive, ad aumentare i ritmi di lavoro, ad aumentare la produttività del lavoro (la quantità delle merci prodotte nell’unità di tempo per ognuno dei lavoratori salariati), a ridurre il numero degli operai a parità di produzione, a rendere ognuno più competitiva la sua azienda. Solo con la vittoria della rivoluzione socialista e l’avvio della transizione al comunismo la legge del valore-lavoro sarà superata non solo storicamente ma anche di fatto.


2.3. La borghesia ha fatto fronte in qualche modo al carattere collettivo assunto dal suo sistema produttivo (ogni azienda funziona come parte di un sistema produttivo unico, nazionale e sempre più addirittura internazionale), premessa materiale del socialismo, creando l’una dopo l’altra, l’una in sostituzione dell’altra molteplici istituzioni (intervento dello Stato nell’economia, settore pubblico dell’economia, banche centrali, borse merci e borse di capitali, associazioni nazionali e internazionali, accordi e intese di vario genere e altro) con cui cerca di gestire sulla base della proprietà privata e della libera iniziativa economica privata il meccanismo collettivo della produzione e distribuzione: Marx chiamò queste istituzioni forme antitetiche dell’unità sociale. Ma si tratta di rimedi inadeguati al compito. Sbagliano quelli che sostengono che la borghesia gestisce l’economia secondo un piano (piano del capitale),[2] al quale vorrebbero che il proletariato contrapponesse un suo contropiano. L’economia capitalista non può essere gestita in modo unitario e ordinato né dalla borghesia né dal proletariato, perché essa fa di ogni individuo un’entità autonoma che si contrappone per i propri interessi agli altri: ogni capitalista è contrapposto agli altri capitalisti per la valorizzazione del suo capitale; come acquirente di forza-lavoro il capitalista cerca di pagare il meno possibile e, a pari produzione, di impiegare meno salariati possibile, ma come venditore di merci il capitalista cerca persone dotate di potere d’acquisto il più elevato possibile; le relazioni tra capitalisti e salariati sono per loro natura antagoniste (a parità di altre condizioni, maggiore è il salario percepito dal lavoratore, minore è il profitto del capitalista e viceversa); i lavoratori sono in concorrenza tra loro come venditori di forza-lavoro; ecc. Gestire in modo unitario l’economia capitalista è come voler instaurare una convivenza ordinata tra volpi e polli! Il movimento comunista cosciente e organizzato deve condurre le masse popolari a instaurare il socialismo e questo è possibile solo tramite una rivoluzione che mobilita e organizza le masse popolari a instaurare e gestire un sistema produttivo costituito da aziende pubbliche che funzionano secondo un piano pubblico.


2. I teorici del “piano del capitale” sostengono che la borghesia è in grado di concepire e dirigere il corso generale delle cose secondo un piano in cui le contraddizioni tra i capitalisti ognuno per valorizzare il suo capitale e tra le classi sono trattate e risolte. Non esisterebbero quindi contraddizioni antagoniste. Il “piano del capitale” è una fantasia, propaganda per soffocare la lotta delle classi oppresse che dovrebbero riporre la loro speranza di emancipazione e di miglioramenti non nell’azione dell’esperienza pratica dell’oppressione sulla volontà e quindi sull’azione dei membri delle classi oppresse e sulle contraddizioni tra membri della classe dominante, ma nella buona volontà e nell’accordo delle idee e delle intenzioni. Non esiste né può esistere un “piano del capitale”, ma questo non vuol dire che i capitalisti non fanno piani, che non formano associazioni e istituzioni per cercare di attenuare i contrasti tra di loro, che i gruppi monopolistici non fanno piani per dirigere le loro aziende, che non tracciano piani e non formano associazioni (al modo del Club Bilderberg, ma è solo uno tra tanti) e istituzioni per soffocare la lotta delle classi oppresse, che non tracciano indirizzi culturali per formare il senso comune della massa della popolazione e distoglierla dalla lotta di classe. Il regime di controrivoluzione preventiva è una realtà che la borghesia ha sviluppato e sviluppa in tutti i paesi imperialisti a rinforzo delle vecchie chiese e religioni. Ma tutto questo  ha effetti limitati. Influisce sulle forme della lotta tra le classi e noi comunisti dobbiamo tenerne conto: ma se consideriamo il corso generale delle cose, i propositi e i tentativi della borghesia e delle sue autorità sono surclassati dai contrasti tra gruppi e tra classi e dall’anarchia insita nella natura della società borghese.



2.4 Nell’economia della società borghese attuale si combinano un andamento ciclico degli affari (crisi cicliche) e crisi per sovraccumulazione assoluta (cioè relativa a tutti i settori dell’economia) di capitale che, se non sopravviene la rivoluzione socialista, si traducono in guerre tra gruppi imperialisti e tra Stati. Fino alla fine dell’800 (quindi nella fase pre-imperialista, in cui il capitalismo era caratterizzato dalla libera concorrenza), le grandi crisi economiche della società borghese erano crisi cicliche di squilibrio tra domanda e offerta (dovute al carattere anarchico del modo di produzione capitalista: un sistema produttivo in cui da una parte tutti i suoi attori dipendono l’uno dall’altro per l’acquisto e la vendita di merci, ma, in antitesi con questo, ognuno agisce come se fosse indipendente dagli altri e tutti agiscono senza alcuna intesa tra loro su cosa ognuno deve produrre, come, quando e per chi). La soluzione delle crisi cicliche veniva dallo stesso movimento economico della società borghese. Le merci la cui produzione si era sviluppata più velocemente della loro domanda (o la cui domanda era caduta per eventi accidentali) restavano invendute, le aziende produttrici chiudevano i battenti e licenziavano e nel giro di un certo tempo la domanda sopravanzava la produzione o sopravveniva la domanda di altre merci e nuove aziende produttrici aprivano i battenti. Le crisi cicliche sono scientificamente analizzate e dettagliatamente descritte da Marx in Il capitale. Infatti esse ricorrevano già al suo tempo.

Con l’ingresso del capitalismo nella sua fase imperialista, le crisi per squilibrio tra domanda e offerta continuano ad esistere ma perdono di importanza (diventano oscillazioni relativamente poco ampie tra periodi di sviluppo e periodi di depressione) e il fenomeno determinante diventano le crisi per sovraccumulazione assoluta di capitale. Queste sono dovute al fatto che il capitale accumulato è talmente grande che i capitalisti non riescono più a valorizzarlo tutto facendo produrre e vendendo merci. Sono crisi che, pur nascendo dall’economia, diventavano generali - cioè anche politiche, culturali, sociali e, per quanto riguarda quella attuale, ambientale - e trovano la loro soluzione sul terreno politico, cioè nello sconvolgimento degli ordinamenti sociali a livello di ogni singolo paese e del sistema di relazioni internazionali (tra paesi). Esse sono interrotte da rivoluzioni socialiste e guerre. La storia della prima metà del secolo scorso è caratterizzata dalla prima crisi generale di questo tipo, a cui pose fine la combinazione delle guerre mondiali con la prima ondata della rivoluzione socialista. In Il capitale Marx indica che tali crisi sarebbero sopravvenute (in particolare vedasi vol. 3 cap. 15), ma non poteva analizzarle perché ancora non si erano prodotte. Uno dei limiti principali del movimento comunista della prima parte del secolo scorso sta nell’incomprensione del fatto che era in corso una crisi generale da sovraccumulazione assoluta di capitale. La seconda di tali crisi è incominciata negli anni ’70 del secolo scorso ed è entrata nella sua fase acuta e terminale nel 2008. Quelli che si ostinano a non considerare questa crisi non sono in grado di capire la logica del corso generale delle cose con cui il movimento comunista deve fare i conti in questi anni. Essi si ostinano a cercare o annunciare una fine della crisi di cui ignorano la natura.


2.5. L’imperialismo è l’ultima fase del capitalismo, l’anticamera del socialismo. Cinque sono i suoi tratti caratteristici: la prevalenza del monopolio sulla libera concorrenza, la prevalenza del capitale finanziario che nasce dalla fusione del capitale industriale con il capitale monetario sul capitale industriale e commerciale, la prevalenza dell’esportazione di capitale rispetto all’esportazione di merci, la divisione del mondo in paesi imperialisti e paesi oppressi dalle potenze imperialiste, la spartizione del mondo tra monopoli capitalisti. L’umanità è oramai unificata, ogni popolo, nazione e paese è connesso ad altri nella produzione dei mezzi necessari alla sua vita e nell’opera che deve compiere per vivere. La rivoluzione dei paesi imperialisti e la rivoluzione dei paesi oppressi sono rivoluzioni con caratteristiche diverse, ma si combinano nella rivoluzione proletaria mondiale. Le difficoltà che l’umanità incontra sono le difficoltà a porre fine all’epoca dell’imperialismo instaurando il socialismo. L’epoca imperialista si divide in tre parti: la prima crisi generale nei primi decenni del secolo scorso con i primi paesi socialisti e la prima ondata della rivoluzione proletaria; l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione e la ripresa del capitalismo a causa dei limiti ed errori del movimento comunista che gli impedirono di portare a compimento la rivoluzione e instaurare il socialismo nei paesi imperialisti; la nuova ondata della rivoluzione proletaria che sta nascendo dalla lotta contro gli effetti disastrosi della nuova crisi generale del capitalismo iniziata negli anni ’70 del secolo scorso.


2.6. La crisi per sovraccumulazione assoluta di capitale in corso determina una situazione rivoluzionaria in sviluppo, una situazione rivoluzionaria di lungo periodo. Per prolungare la vita del suo sistema sociale la borghesia deve peggiorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. Nessun governo rispettoso del ruolo della borghesia in campo economico può impedirlo. Non è questione di sincerità né di buona volontà degli esponenti del governo. La questione è che non ha la forza per imporre ai capitalisti misure che ledono i loro interessi mentre essi dovrebbero invece continuare a promuovere l’attività economica della società. Ogni capitalista personalmente auspica che la crisi abbia fine, ma sacrificando gli interessi degli altri capitalisti: essi si uniscono per sacrificare quelli delle masse popolari benché in questa maniera comprimano la domanda delle merci che vorrebbero produrre e vendere. Da qui una combinazione contraddittoria di eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari nei decenni passati, di ammortizzatori sociali e di promozione di guerre tra parti delle masse popolari e tra paesi. Ma la crisi suscita inevitabilmente una certa resistenza da parte della classe operaia e in generale delle masse popolari, quali che siano gli ammortizzatori sociali (sussidi, cassa integrazione, reddito di inclusione, reddito di cittadinanza, salario minimo garantito, ecc.) messi in opera dalle autorità borghesi. Sta ai comunisti far crescere questa resistenza avvalendosi dei mezzi e appigli che il materialismo dialettico permette loro di individuare e trasformarla in guerra popolare rivoluzionaria. Quelli che sostengono che “non siamo in una situazione rivoluzionaria” hanno ragione nel senso che essi per situazione rivoluzionaria intendono una situazione in cui scontri e rivolte sono già in atto: infatti essi concepiscono la rivoluzione alla vecchia maniera, alla maniera delle rivoluzioni che hanno preceduto quella socialista, nelle quali la rivolta popolare faceva crollare il potere della classe o del gruppo dominante e apriva la via a un’altra classe o gruppo dominante che prendeva il potere. La storia della prima parte del secolo scorso ha mostrato che nessuna rivoluzione socialista scoppia: proprio perché non è una rivoluzione in cui una nuova classe dominante che aspira al potere spinge le masse alla rivolta per prendere il posto della borghesia. Si producono invece lunghi periodi in cui i contrasti nella borghesia si acuiscono fino a rendere in ogni paese cronicamente instabile il suo sistema di potere politico e il catastrofico corso delle cose suscita una resistenza diffusa e multiforme delle masse popolari che il partito comunista può e deve trasformare in guerra popolare rivoluzionaria che culmina nella distruzione del potere della borghesia e nell’instaurazione del socialismo. Questo è stato il percorso logico della rivoluzione sovietica e delle altre rivoluzioni avvenute della prima parte del secolo scorso. Questa è la lezione che dobbiamo trarre e applicare per promuovere la seconda ondata della rivoluzione proletaria che instaurerà il socialismo nei paesi imperialisti. L’attuale corso delle cose in tutti i paesi imperialisti e nel mondo conferma questa lezione. La crisi economica è generale benché abbia anche un andamento ciclico e, grazie anche alle misure differenti prese dalle autorità borghesi nei singoli paesi e al ruolo delle varie forme antitetiche dell’unità sociale, colpisca in misura differente i paesi e le regioni. Universali sono la crisi dei sistemi politici borghesi e del sistema delle relazioni internazionali, la crisi culturale e dei legami sociali e la crisi ambientale.


*****

Lenin

Lenin - marzo 1913 - Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, in occasione del 30 anniversario della morte di K. Marx in Opere complete vol. 19, Editori Riuniti 1967 pagg. 9-14 e anche www.nuovopci.it.

Lenin - luglio-novembre 1914 - Karl Marx in Opere complete vol. 21, Editori Riuniti 1966 pagg. 35-79.

*****




2.7. Una caratteristica specifica della crisi in corso è che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti (Israele) ha ridotto gran parte della Terra (con una posizione differenziata per la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa e tolti alcuni paesi che proprio per la loro resistenza sono soggetti a discriminazioni, ricatti, sanzioni, operazioni di destabilizzazione e aggressioni) a terreno dove, al di sopra dell’autorità degli Stati dei singoli paesi, i maggiori gruppi imperialisti scorazzano liberamente scontrandosi tra di loro, accaparrandosi e razziando risorse naturali, inducendo le popolazioni ad emigrare e installando piantagioni e impianti industriali dove e per il tempo che a ognuno di essi conviene e dove gli Stati dei paesi imperialisti (a volte uniti in coalizioni targate NATO, UE e ONU, altre volte agendo da soli) inviano forze armate e installano agenzie militari e civili per attività di destabilizzazione e altre manovre politiche (globalizzazione). In ogni paese i promotori della rivoluzione socialista devono di conseguenza tener conto della posizione di partenza del loro paese e trovare e sviluppare il modo di far fronte all’aggressione della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti. Vari esponenti della sinistra borghese (compresi alcuni intellettuali sedicenti marxisti) sostengono che la globalizzazione ha creato un nuovo modo di produzione, ha cambiato la natura del capitalismo che Marx aveva analizzato ed esposto in dettaglio in Il capitale. Sulla base di questo, negano che occorra instaurare un nuovo modo di produzione di cui il capitalismo stesso ha creato i presupposti (vedi benecomunismo, teoria del comune, ecc.) e quindi rigettano tutta la sostanza politica della concezione comunista: negano la divisione della società attuale in classi sociali e la missione speciale della classe operaia (vedi scomparsa della classe operaia, “teoria delle moltitudini”, ecc.), negano la lotta di classe come motore dello sviluppo della società, negano la dittatura del proletariato come sbocco inevitabile della lotta di classe e attraverso la quale verrà eliminata la divisione dell’umanità in classi (vedi fallimento o superamento del “comunismo novecentesco”, “post fordismo”, “post moderno”, “la lotta di classe è superata”, ecc.).

La tesi che la borghesia con la globalizzazione ha creato un nuovo modo di produzione non è una tesi nuova. Anche un secolo fa alcuni presentavano l’imperialismo come un nuovo modo di produzione, che aveva superato il vecchio capitalismo. Nel campo comunista un sostenitore di spicco di simile teoria fu Bukharin. Le sue tesi vennero confutate da Lenin nel corso della discussione del nuovo programma del PC(b)russo approvato dall’ottavo congresso del partito (18-23 marzo 1919 - le conclusioni di Lenin sulla questione sono esposte nel Rapporto sul programma del partito, pagg. 147-166 del vol. 29 delle Opere complete di Lenin - Editori Riuniti).

La globalizzazione esiste. È un fatto che, per far fronte alla seconda crisi generale del capitalismo, la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti ha rotto i vincoli (i vincoli storici e quelli posti dalla prima ondata della rivoluzione proletaria) alla libertà dei capitalisti, ha reso gran parte del mondo un terreno aperto di operazione per il capitale industriale, commerciale e finanziario. I confini di molti paesi di fatto sono stati spazzati via e con essi anche la sovranità dei singoli paesi in campo industriale, commerciale, finanziario e monetario.

Ma quali sono le trasformazioni della struttura della società capitalista realmente attuate nei decenni della seconda crisi generale? Queste trasformazioni consistono:

1. nel progresso nella divisione del lavoro, che ha trasformato singole operazioni del processo produttivo (ad es. la ricerca, la pulizia dei locali, il trasporto, ecc.) in servizi prodotti, comperati e venduti come merci e ha trasformato in merci a se stanti i prodotti parziali dei precedenti processi produttivi;

2. nella sussunzione nel capitale (cioè nella trasformazione in merci prodotte da lavoratori salariati, da operai) di attività che ancora non lo erano, in particolare i servizi alla persona,

3. nella riduzione se non eliminazione dei diritti dei lavoratori (un numero crescente di lavoratori sono diventati nuovamente precari, come lo erano fino alla prima ondata della rivoluzione proletaria),

4. nell’eliminazione o nella forte riduzione delle frontiere industriali, commerciali, finanziarie e monetarie tra la gran parte dei paesi sottomessi in vari modi e in gradi diversi alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti e dei gruppi ad essa annessi di altri paesi (giapponesi, canadesi, australiani e altri).

Quindi la globalizzazione (o mondializzazione) non è un nuovo modo di produzione, ma uno sviluppo del vecchio capitalismo, una sovrastruttura del vecchio capitalismo. Se viene rotta, se crolla, se i confini statali vengono ristabiliti, ecc., compare il vecchio capitalismo. Perché anche nel “mondo globalizzato”, la base, il nocciolo economico delle relazioni sociali resta sempre il capitalista che assolda in cambio di un salario il lavoratore, lo fa lavorare e vende il prodotto del suo lavoro (prodotto che era costituito prevalentemente di beni nei primi tempi, quando a partire dal secolo XV il capitalismo si sviluppò in Europa occidentale e ora è costituito in larga misura di servizi perché le macchine prendono sempre più il posto degli uomini nel lavoro manuale e in parte anche in quello impiegatizio).

La globalizzazione attuata nel corso della seconda crisi generale del capitalismo è basata sulla distruzione e devastazione di interi paesi. La seconda ondata della rivoluzione proletaria romperà questo tipo di mondializzazione. Alcuni (come i trotzkisti che negli anni ’20 e ’30 dicevano che in Cina era reazionario resistere all’invasione giapponese perché essa avrebbe modernizzato la Cina) diranno che la distruzione della globalizzazione imperialista è un passo indietro, ma è un’interpretazione volgare del marxismo. Analoga alla concezione che in Russia veniva sbandierata un secolo fa da quelli che si opponevano alla riforma agraria sostenendo che era reazionaria perché sostituiva piccole aziende contadine meno produttive alla grande azienda agraria capitalista che molti proprietari terrieri avevano installato nei vecchi possedimenti feudali.

Per arrivare all’unità mondiale bisogna eliminare la divisione in classi, quindi premessa è spezzare questa mondializzazione fondata sul dominio della borghesia imperialista.


2.8. Fin dall’inizio della fase imperialista la borghesia ha costruito in ogni paese imperialista, a partire dagli USA ma in tempi e forme differenti da paese a paese, sistemi di controrivoluzione preventiva tesi a distogliere le masse popolari dall’aggregarsi nel movimento comunista cosciente e organizzato e attorno ad esso. Essi hanno preso il posto e inglobato come sue componenti le vecchie religioni e chiese oramai inadeguate allo scopo che hanno assolto in altri tempi. Nei paesi imperialisti la borghesia riesce a valorizzare il capitale e mantenere il potere solo se riesce a indurre le masse a un certo livello di collaborazione e rassegnazione. Sbagliano quelli che dicono che il potere della borghesia posa principalmente sulla repressione, sulla violenza e sulle armi (militarismo). Noi comunisti dobbiamo tener conto del sistema di controrivoluzione preventiva vigente nel nostro paese, della sua forza e dei suoi limiti: esso è lungi dal rendere la borghesia imperialista onnipotente.


2.9. Il comportamento delle masse popolari e il loro senso comune sono determinati da tre fattori: l’azione pratica e spirituale della borghesia su di esse (sistema di controrivoluzione preventiva compreso), l’esperienza diretta vissuta dalle masse popolari, l’azione pratica e spirituale (propaganda, formazione) del movimento comunista cosciente e organizzato. Sbagliano quelli che sostengono che nella società attuale la borghesia ha instaurato un sistema di “controllo sociale totale”, rendendosi capace di determinare il comportamento delle masse popolari e distogliendole quindi stabilmente dalla rivoluzione socialista. La loro è una delle concezioni disfattiste che alimentano il regime di controrivoluzione preventiva. La rivoluzione socialista è promossa dai comunisti organizzati in partito, ma poggia sulla base materiale delle contraddizioni del modo di produzione capitalista che la borghesia non è in grado di eliminare.

III (rivoluzione socialista)

3.1. La particolarità della rivoluzione socialista rispetto alle precedenti rivoluzioni prodottesi nel corso della storia umana consiste nel fatto che, contrariamente alla rivoluzioni precedenti, non è la sostituzione di una classe dominante ad un’altra. Essa al contrario porta all’eliminazione della divisione dell’umanità in classi di oppressi e oppressori, di sfruttati e di sfruttatori. In questo sta anche la sua difficoltà: essa comporta l’emancipazione della massa della popolazione che le classi dominanti hanno da sempre tenuto ai margini delle attività umane superiori, hanno escluso dalla gestione della vita sociale e trattato come massa di manovra e animali da lavoro. Le masse, escluse dalla coscienza e dalla scienza anche nella più avanzata e più ricca società borghese, devono compiere l’opera che richiede più scienza di ogni altra trasformazione sociale finora compiuta. Esse devono governare: imparare a governare governando. Lo fanno grazie all’azione del partito comunista che è parte di esse, distinta da esse ma in mille modi legata ad esse pena il divenire sterile se se ne distacca: è la loro classe dirigente di nuovo tipo, che le mobilita e dirige a fare la rivoluzione socialista, a instaurare il socialismo e nella transizione verso il comunismo.


3.2. La rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria promossa dal partito comunista che diventa il partito degli operai d’avanguardia i quali a loro volta mobilitano e organizzano il resto degli operai e delle masse popolari fino a instaurare il socialismo: dittatura del proletariato, gestione pubblica delle attività economiche, crescente partecipazione universale alla gestione della società e alle attività umane superiori. Sbagliano quelli che aspettano una rivoluzione socialista che dovrebbe scoppiare, quelli che concepiscono la rivoluzione socialista come transizione pacifica (di riforma in riforma), quelli che la concepiscono come traduzione nella pratica di una egemonia culturale della parte avanzata sulla parte arretrata dell’intera società, quelli che la concepiscono come sempre principalmente scontro armato. La rivoluzione socialista è sinergia e concatenazione di varie forme di lotta, tra le quali in ogni fase una è quella decisiva del corso delle cose. Il partito comunista deve essere capace di praticare tutte le forme di lotta, di individuare di fase in fase quella che è principale, di concentrare su di essa le forze principali.


3.3. La linea di massa è il principale metodo di lavoro e di direzione del partito comunista verso le masse popolari: individuare in ogni ambiente e organismo e di volta in volta la sinistra, mobilitarla perché unisca a sé il centro isolando la destra e passi a un livello superiore della lotta di classe. La linea di massa è l’applicazione del materialismo dialettico alla promozione e alla direzione della rivoluzione socialista. Il partito comunista analizza la realtà distinguendo le parti costitutive a secondo del ruolo che ognuna ha nella trasformazione sociale in corso, individua le contraddizioni tra di esse, “divide l’uno in due” e porta l’avanzato a prevalere sull’arretrato e provoca così la trasformazione della realtà.


3.4. La rivoluzione socialista è in ogni paese una rivoluzione nazionale nel senso che i suoi promotori raccolgono le migliori tradizioni del paese e se ne avvalgono per promuovere e sviluppare la rivoluzione fino all’instaurazione del socialismo. Essa si combina con le rivoluzioni degli altri paesi a fare la rivoluzione internazionale. La rivoluzione socialista vince definitivamente (irreversibilmente) solo quando diventa internazionale, quando il socialismo sarà instaurato almeno nei maggiori paesi imperialisti, ma in ogni paese i tempi e le forme della rivoluzione sono dettati anche dalla sua storia e dalle sue caratteristiche particolari. Sbagliano quelli che parlano di rivoluzione internazionale e trascurano di occuparsi delle forme concrete della rivoluzione nel proprio paese. Nelle circostanze attuali, il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti aprirà la strada e mostrerà la via anche agli altri paesi.


3.5. Al fine di far avanzare la rivoluzione socialista, quando nel 2008 la crisi generale si è aggravata e ha posto con più urgenza la biforcazione tra la via delle mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e la via della loro mobilitazione reazionaria, tenuto conto della debolezza attuale del movimento comunista cosciente e organizzato noi (nuovo)Partito comunista italiano abbiamo adottato la linea del Governo di Blocco Popolare. Essa consiste nel creare le condizioni (mobilitazione, organizzazione e orientamento a svolgere il ruolo di pubbliche autorità) perché le masse popolari organizzate, e in primo luogo la classe operaia, inducano gli esponenti della sinistra borghese (intesa come l’insieme degli oppositori del catastrofico corso delle cose che non si propongono di instaurare il socialismo) che godono ancora della loro fiducia e hanno prestigio e autorità anche sulle masse popolari non ancora organizzate, a costituire un governo d’emergenza (che chiamiamo Governo di Blocco Popolare, GBP) che esse faranno ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia rendendo per essi ingovernabile il paese e che sosterranno schiacciando i tentativi di restaurazione e l’aggressione della borghesia imperialista italiana e internazionale. In quest’opera sono preziose organizzazioni come il Partito dei CARC che raccolgono, organizzano e fanno contribuire alla costituzione del GBP tutte le persone e gli organismi sani e combattivi delle masse popolari. Il partito comunista sostiene e promuove il rafforzamento di tutte le organizzazioni che lottano per la costituzione del GBP. La costituzione del GBP non è l’instaurazione del socialismo, impossibile senza l’aggregazione della classe operaia attorno al partito comunista. Ma il GBP prendendo misure sia pure parziali e precarie contro gli effetti della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari (le Sei Misure Generali) e facendo fronte con successo all’aggressione della Comunità Internazionale (NATO, UE, BCE, FMI, USA) darà il via a una lotta nel corso della quale il movimento comunista cosciente e organizzato si rafforzerà e la rivoluzione socialista avanzerà fino ad arrivare all’instaurazione del socialismo.


*****

Un esponente della sinistra borghese

Il Capitale del XXI secolo di Thomas Piketty (ed. Bompiani) è un esempio celebre di travisamento del marxismo: riduce il marxismo alla denuncia dell’ineguaglianza nella distribuzione del reddito, in sintesi riduce il marxismo al livello delle denunce della sinistra borghese.

*****


3.6. Nella rivoluzione socialista che noi comunisti promuoviamo, la classe operaia ha un ruolo particolare e unico tra le classi delle masse popolari. È quella che per la posizione che occupa nella società attuale è in grado di assimilare più facilmente la concezione comunista del mondo e farsi in massa protagonista della rivoluzione socialista trascinando con sé anche le altre classi delle masse popolari. In Italia, come in generale in tutti i paesi imperialisti, la crisi in corso riduce il numero degli operai, la loro aggregazione in aziende e la loro unità contrattuale. Ma nello stesso tempo elimina le conquiste e i diritti che gli operai e le masse popolari avevano strappato nel corso della prima ondata e nel periodo del capitalismo dal volto umano, quando il movimento comunista era forte nel mondo. Quindi la crisi provoca una resistenza che si avvale dell’eredità della prima ondata. Su questa resistenza il partito comunista può e deve fare leva per diventare la classe dirigente delle masse popolari nella nuova ondata della rivoluzione proletaria. Tutti quelli che, pur con varie motivazioni, negano il ruolo particolare che la classe operaia può e deve esercitare nella rivoluzione socialista nel nostro paese, sono fuori strada.


3.7. Il partito comunista è il promotore della rivoluzione socialista. Per essere all’altezza di questo ruolo, deve essere il partito che ha assimilato, applica e sviluppa la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, il marxismo. Il partito porta alla classe operaia la concezione comunista del mondo conducendola così ad assumere il ruolo di classe dirigente delle altre classi oppresse e a mobilitarle nella rivoluzione socialista, a diventare la classe che trascina con sé il resto delle masse popolari.


3.8. Il motivo principale per cui nel corso della prima ondata della rivoluzione socialista il partito comunista italiano non ha instaurato il socialismo nel nostro paese è che sostanzialmente esso, come i partiti comunisti degli altri paesi imperialisti, non ha compiuto quella trasformazione, sintetizzata nella parole d’ordine della bolscevizzazione, che Lenin, Stalin e altri dirigenti dell’Internazionale Comunista a partire da III Congresso (1921) avevano loro indicato essere necessaria. In Italia l’unico tentativo di avanzare in questa trasformazione venne fatto nel periodo tra le fine del 1923 e la fine del 1926 quando Gramsci fu per decisione dell’IC alla testa del partito. A causa della storia che l’Italia, pur con i suoi tratti specifici, aveva alle spalle in comune con gli altri paesi imperialisti, il partito comunista nel nostro paese si era formato come la più decisa e lungimirante organizzazione di lotta degli operai e degli altri elementi delle masse popolari per il miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro. A questo fine il partito promuoveva lotte rivendicative e partecipava, come sponda e portavoce delle lotte rivendicative, alle istituzioni della democrazia borghese. I partiti comunisti avevano in questo continuato, a un livello superiore, la pratica con la quale negli ultimi decenni del secolo XIX e i primi del XX i partiti socialisti della II Internazionale avevano dato coscienza e organizzazione alla classe operaia. Con la lotta contro il fascismo, la Resistenza e il legame con l’esempio luminoso dell’Unione Sovietica e delle sue vittorie nel ruolo di base rossa della rivoluzione proletaria mondiale, il partito comunista italiano ha dispiegato miracoli di combattività e di eroismo e conquistato un alto livello di adesione tra le masse popolari. Questa è stata dispersa e un po’ alla volta logorata dal gruppo revisionista capeggiato da Togliatti con l’integrazione nella Repubblica Pontificia e con la linea delle riforme di struttura.

Questo periodo è alle nostre spalle, fonte di preziosi insegnamenti. Oggi il partito comunista non può rinascere come organizzazione che migliora le condizioni di vita e di lavoro promuovendo lotte rivendicative perché le condizioni di vita e di lavoro nel periodo del capitalismo dal volto umano avevano già raggiunto un livello incompatibile con le necessità imposte dalla valorizzazione del capitale e la borghesia, in Italia come in tutti gli altri paesi imperialisti, deve eliminare le conquiste che gli operai e le altre classi delle masse popolari le avevano strappato.

Il partito comunista in Italia come negli altri paesi imperialisti non può rinascere neanche come promotore della partecipazione degli operai e delle altre classi delle masse popolari alla democrazia borghese, perché nel periodo del capitalismo dal volto umano quella partecipazione aveva raggiunto un livello intollerabile per la borghesia, incompatibile con la gestione borghese della società. La borghesia la sta eliminando in Italia come in tutti i paesi imperialisti: il risultato delle recenti elezioni del 4 marzo lo conferma.

Il partito comunista deve essere il partito promotore della rivoluzione socialista, la guerra popolare rivoluzionaria che culminerà nell’instaurazione del socialismo. Esso si avvale della lotta rivendicativa e delle istituzioni del sistema politico borghese (la democrazia borghese) per promuovere e far avanzare la rivoluzione socialista.

Tratti innovativi del nuovo Partito comunista sono la Riforma Intellettuale e Morale (RIM) dei membri e candidati del Partito, i processi di Critica, Autocritica e Trasformazione (CAT) e la lotta tra le due linee nel Partito. Con essi il Partito si dà i mezzi per essere all’altezza del suo ruolo e difendersi dall’influenza della borghesia e del clero nelle proprie file.


*****

Con l’espressione masse popolari (MP cap. 2.2.2) indichiamo quella parte della popolazione che per vivere deve lavorare. Esse comprendono gli operai, gli altri proletari e le classi popolari non proletarie indicate nel Manifesto Programma del (nuovo)Partito comunista italiano.

*****


3.9. Il bilancio dell’esperienza storica dei primi paesi socialisti è nostro patrimonio per la nostra opera futura: la lotta di classe nei paesi socialisti deve essere diretta contro i residui delle vecchie classi dominanti e contro gli agenti del sistema imperialista mondiale, ma deve essere diretta anche contro la nuova borghesia che inevitabilmente nasce tra i dirigenti del partito, delle istituzioni economiche, culturali e statali della società socialista (lotta tra le due linee e rivoluzioni culturali). La nuova borghesia è costituita da quei dirigenti che, a fronte dei problemi della società socialista, propongono e sostengono soluzioni copiate dalla società borghese che riproducono la sottomissione delle masse popolari e da quei dirigenti che non promuovono i passi avanti che è possibile fare nel trattamento delle contraddizioni proprie della società socialista: tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra lavoro esecutivo e lavoro di direzione, tra donne e uomini, tra giovani e adulti, tra campagne e città, tra settori e zone arretrati e settori e zone avanzati e altre. La transizione dal capitalismo al comunismo avanzerà nella fase socialista tramite la lotta di classe, la lotta tra le due linee e rivoluzioni culturali che faranno avanzare la partecipazione universale alla gestione della società e alle attività umane superiori.

I paesi socialisti instaurati nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria mostrano tre fasi della loro vita: la fase in cui avanzano nella transizione verso il comunismo e svolgono il ruolo di basi rosse della rivoluzione proletaria mondiale, la fase in cui tentano di reintegrarsi in modo ordinato e graduale nel sistema imperialista mondiale (è la fase vissuta dall’URSS dal 1956 al 1989 e in cui si trova oggi la Repubblica Popolare Cinese), la fase di reintegrazione ad ogni costo nel sistema imperialista mondiale (è la fase in cui i paesi che costituivano l’URSS sono entrati a partire dal 1989). Le cause dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria si riassumono in due: la mancata instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti, gli errori e limiti dei partiti comunisti nella comprensione della lotta di classe nei paesi socialisti. Per maggiori dettagli su questo tema rimandiamo all’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale.


3.10. La seconda ondata della rivoluzione proletaria instaurerà il socialismo nei paesi imperialisti. Essa si sviluppa grazie all’azione del movimento comunista cosciente e organizzato (partito comunista e organizzazioni da esso generate o ad esso aggregate) nell’ambito della situazione rivoluzionaria in sviluppo prodotta dalla seconda crisi generale per sovraccumulazione assoluta di capitale. Esso raccoglie ed eleva la resistenza delle masse popolari agli effetti concreti e particolari della crisi generale del capitalismo e promuove la rivoluzione socialista: la guerra popolare rivoluzionaria contro la borghesia imperialista che culminerà nell’instaurazione del socialismo.

***

Questi sono i temi che dobbiamo trattare nei nostri interventi nelle celebrazioni del secondo centenario della nascita di Marx scegliendo quelli più adatti a rispondere alle domande del pubblico a cui parliamo, a dargli un orientamento giusto per affrontare con successo le difficoltà in cui si trova. Bisogna esporli, illustrarli, dimostrare che corrispondono all’esperienza e alle conoscenze del nostro pubblico, che gettano su di esse una nuova luce e che tra gli elementi che le compongono mostrano connessioni non immediatamente e direttamente percepite. Dobbiamo evitare con cura di contrapporre semplicisticamente le nostre giuste idee marxiste alle affabulazioni e impressioni dei nostri oppositori e di insultarli come se fossero incapaci di capire. Altro deve essere il nostro metodo. Dobbiamo mostrare al nostro pubblico, principalmente ai membri dell’ala sinistra del nostro pubblico, il contrasto tra la loro esperienza e le loro conoscenze da una parte e dall’altra le affabulazioni, narrazioni, impressioni e idee derivate dalla cultura borghese e clericale corrente, dobbiamo mostrare che la loro esperienza e le loro conoscenze confermano le tesi marxiste e sono da queste illuminate. Riusciremo a fare questo tanto meglio quanto più a fondo noi avremo studiato e assimilato il marxismo e fatto inchiesta sull’esperienza e le conoscenze del nostro pubblico, in particolare della sua ala sinistra. La letteratura del Partito illustra ognuno dei temi sopra indicati e fornisce gli strumenti per elaborare dall’esperienza le risposte che non sono esplicitamente già esposte. La verifica di quanto sono adeguate la nostra assimilazione del marxismo e la nostra inchiesta è data dall’adesione che riscuotiamo. Dobbiamo quindi fare accuratamente il bilancio dell’adesione riscossa in ogni celebrazione e trarne adeguate conclusioni.

Nicola P.