La Voce 58 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX marzo 2018

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Le elezioni del 4 marzo

Il 4 marzo 2018 il governo della Repubblica Pontificia ha chiamato alle urne circa 46.5 milioni di elettori, quasi 400 mila in meno rispetto al 2013, a conferma che la popolazione italiana è in diminuzione (emigrazione di italiani verso l’estero crescente [i voti validi di italiani residenti all’estero sono aumentati] e natalità decrescente). Di questi elettori, circa 32.8 milioni hanno espresso un voto valido: astenuti e voti non validi (schede bianche e nulle) sono stati circa 13.7 milioni, circa 800 mila in più che nel 2013.

Noi comunisti lottiamo per far montare contro la borghesia imperialista e il clero la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari fino al punto che esse abbiano la forza di prendere il potere e instaurare il socialismo. La formazione di un governo d’emergenza costituito per iniziativa delle masse popolari organizzate (che rendono ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia e alle loro autorità) e composto da esponenti della sinistra borghese che godono della loro fiducia, governo che abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare, è il modo, lo strumento per realizzare una più vasta e più organizzata mobilitazione delle masse popolari e avanzare verso l’instaurazione del socialismo. Infatti una volta costituito, l’azione del GBP susciterà una lotta accesa e aperta tra da una parte le masse popolari che forti anche dell’azione del loro governo cercheranno di porre fine al catastrofico corso delle cose e dall’altra la borghesia imperialista che cercherà di continuare a imporre questo corso alle masse popolari dato che le è necessario per allungare la vita del suo sistema sociale nonostante la crisi per sovraccumulazione assoluta di capitale che lo corrode. Nel corso di questa lotta le masse popolari si aggregheranno sempre più sotto la direzione del partito comunista a condizione che il partito se ne renda capace (elevazione del livello, lavoro organizzativo, ecc.): questa aggregazione è una condizione indispensabile per l’instaurazione del socialismo.

È nel contesto di questa guerra che si collocano e dobbiamo valutare le elezioni del 4 marzo ed è alla luce di questo contesto che noi comunisti esaminiamo l’esito delle elezioni, valutiamo gli effetti sulla lotta di classe e sulla nostra attività e decidiamo cosa fare. Le chiacchiere e le impressioni ci interessano solo nella misura in cui influenzano il comportamento delle masse popolari o segnalano le mosse particolari della borghesia imperialista e del suo campo.


Nella Tabella allegata abbiamo riportato i risultati complessivi delle elezioni del 4 marzo 2018 relativi alla Camera dei Deputati (più significativi ai nostri fini di quelli del Senato, perché riguardano elettori da 18 anni in su) comparati con quelli delle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. Conformemente alla prassi del Ministero degli Interni, i dati riguardano solo gli elettori residenti in Italia esclusa la Valle d’Aosta. Quelli relativi alla Valle (1 seggio) e agli elettori residenti all’estero (12 seggi) li abbiamo riportati nella didascalia della Tabella. I dati relativi al 2018 non sono definitivi: i verbali di 27 sezioni elettorali (riguardanti al massimo 20 mila voti validi) sono contestati. Tuttavia le variazioni a venire non cambieranno i dati al punto da intaccare le conclusioni che ne tiriamo.

I dati della Tabella sono quindi sufficienti

1. per valutare i problemi che i vertici della Repubblica Pontificia devono risolvere per far avallare il governo che daranno al paese dalla Camera e dal Senato che sono riusciti a far eleggere alle elezioni del 4 marzo con la nuova legge truffa anticostituzionale (il Rosatellum) che hanno approntato;

2. per dedurre quanto è possibile dedurre dai risultati elettorali circa lo stato d’animo e l’orientamento delle masse popolari. Questa parte del nostro articolo riguarda il livello nazionale: ogni Comitato di Partito deve fare un lavoro analogo per la sua zona operativa e per la zona ad ampio raggio di cui si occupa (il generale è composto da particolari e ogni particolare va analizzato alla luce del generale, ma non dedotto dal generale bensì dall’inchiesta della situazione concreta condotta con il materialismo dialettico). Lo consigliamo anche a ogni organismo (appartenente o meno alla Carovana del (n)PCI) che si propone di far fronte al catastrofico corso delle cose o addirittura di promuovere la rivoluzione socialista.

Consigliamo vivamente ai membri del Partito e a tutti quelli che vogliono capire la nostra linea e il nostro orientamento di leggere questo articolo insieme al Comunicato CC 2/2018 - 27 febbraio 2018.


1. I cambiamenti rilevanti ai fini dell’avallo del futuro governo sono quattro e risaltano dai dati della Tabella allegata:

il Parlamento resta diviso tra da una parte due coalizioni delle Larghe Intese + una coalizione di fatto ausiliaria alle Larghe Intese (adesso Liberi e Uguali, nel 2013 la coalizione aggregata intorno a Monti), quindi nel seguito per semplificare parliamo di tre coalizioni delle Larghe Intese, e dall’altra parte il Movimento5Stelle (M5S),

le tre coalizioni delle Larghe Intese conservano una larga maggioranza di seggi (alla Camera 392 [+9 Valle d’Aosta ed estero] su 630), ma hanno perso un gran numero dei seggi che avevano (alla Camera ne hanno persi 117 dei 509 che avevano); (Un monito per M5S: è la fine che rischia se di fatto attua lo stesso programma delle Larghe Intese)

tra le tre coalizioni delle Larghe Intese, quella che fa capo al PD (a Matteo Renzi), che nella vecchia Camera aveva da sola la maggioranza assoluta, ha perso 224 seggi su 340 che aveva (ne ha persi solo 210 se contiamo nell’attuale coalizione PD anche i 14 seggi della coalizione ausiliaria, LeU - Piero Grasso & C). La coalizione che fa capo a Berlusconi ha più che raddoppiato i seggi (da 124 è passata a 262: per avere la maggioranza assoluta alla Camera le mancano solo una cinquantina di voti), ma, tra le liste che compongono la coalizione, la Lega di Matteo Salvini ha surclassato la lista di Silvio Berlusconi (Forza Italia) che ha perso un’enormità di voti (ma guadagnato 8 seggi) rispetto al 2013; 

il M5S (Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio) ha più che raddoppiato i seggi alla Camera (da 108 a 225), è di gran lunga la lista singola con più voti e seggi, ma per avere la maggioranza assoluta alla Camera gli mancano 91 seggi.

Acquisto di singoli deputati a parte, vertici della Repubblica Pontificia, UE e Banca Centrale Europea, USA, NATO e sionisti hanno alcuni margini di manovra e di scontro, ma limitati dalla dubbia coesione tra personaggi e organismi delle singole liste e dalle relazioni di ognuna di esse con le masse popolari: ogni lista se ne preoccupa dato che nessuna lista punta sull’abolizione delle elezioni (manipolano continuamente le leggi elettorali proprio perché non osano ancora pensare all’abolizione).

Se (soluzione 1) il M5S di Luigi Di Maio si adatterà a fare un governo da Larghe Intese, cioè un governo che di fatto attua il programma comune della borghesia imperialista (quindi un governo sostenuto da PD o dalla lista Berlusconi, o un governo di minoranza che si regge su appoggi caso per caso), i suoi capi dovranno vedersela con molti degli organismi di base che della lotta contro il catastrofico corso delle cose hanno fatto il loro programma e con gli esponenti delle autonomie locali (anzitutto i sindaci anti-Larghe Intese tipo Luigi De Magistris e oramai tanti altri).

Se (soluzione 2) la Lega si adatterà a un governo capeggiato da un notabile (Antonio Tajani o altri) e appoggiato dal PD, profondi sommovimenti avverranno non solo in LeU e nella coalizione del PD dove la sinistra borghese è ampiamente presente e il timore di perdere le residue clientele è acuto, ma anche nella Lega: il legame con gli elettori non è solo l’ostilità verso gli immigrati, ma anche (e forse principalmente) l’avversione per il programma delle Larghe Intese.

Una terza soluzione è guadagnare tempo approfittando del fatto che, non a caso, Gentiloni non ha dato le dimissioni, quindi formalmente è ancora nel pieno dei suoi poteri [l’articolo è anteriore al 24 marzo, quando Gentiloni ha rassegnato le dimissioni, ma il corso delle cose di fatto non cambia, ndr] per proseguire l’attuazione del programma comune e della guerra, senza preoccuparsi dell’approvazione delle assemblee parlamentari. Per continuare cioè a fare quello che ha fatto a Camere sciolte nei mesi scorsi, con la missione di guerra in Niger, con il rinnovo dell’accordo con il Vaticano su funzioni, numero e retribuzioni dei cappellani militari, con l’accordo alla creazione di una forza militare europea, con la riforma carceraria, con il rinnovo di cariche decisive nell’apparato statale, ecc.: tutte iniziative che esulano dall’ordinaria amministrazione, a conferma del fatto che il Parlamento conta come il due di picche in termini di potere legislativo e di condotta del governo. Dopo le ultime elezioni il Belgio è restato all’incirca due anni senza un nuovo governo: è la soluzione che Mario Draghi ha indicato con l’espressione “pilota automatico”.

La destra nel M5S punta sul fatto che sia la seconda sia la terza soluzione rafforzino il M5S in un Parlamento futuro, come esponente del malcontento delle masse popolari e fautore di un governo da buon senso comune. I capi della Lega contano sul fatto che la terza soluzione ma soprattutto la prima rafforzi la Lega in un Parlamento futuro, come gruppo alla testa della mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Quindi i vertici della Repubblica Pontificia e i suoi padrini stranieri hanno margini di manovra per cercare ognuno di far valere i suoi interessi. Nello stesso tempo la soluzione che la borghesia deve trovare è complicata dal fatto che il Vaticano con la sua Chiesa Cattolica (uno dei pilastri del sistema imperialista mondiale che è anche il centro di ultima istanza del potere politico nella Repubblica Pontificia) è lacerato da contraddizioni tra il nuovo corso (il rinnovamento di metodi di lavoro e di istituti di cui per motivi suoi propri ha bisogno) inaugurato dai Gesuiti e la resistenza che esso incontra, di cui la “tregua armata” tra Bergoglio e Ratzinger che ha bruciato monsignor Dario Edoardo Viganò è solo una delle manifestazioni.

In ognuno dei tre casi noi comunisti e gli oppositori del catastrofico corso delle cose capaci di un’attività efficace dobbiamo mobilitare e organizzare le masse popolari e attingere dai dirigenti della sinistra sindacale, dai sinceri democratici delle amministrazioni locali e della società civile, dagli esponenti non visceralmente anticomunisti della sinistra borghese aiuti alla mobilitazione e organizzazione delle masse popolari. Il corso delle cose ci fornirà abbondante terreno da lavorare: quanto ne lavoreremo dipenderà dalla qualità e dalla quantità delle nostre forze.

*****

Elezioni della Camera: voti e seggi

(Italia - esclusi voti e seggi della Valle d’Aosta e degli Italiani residenti all’estero)

  2013     2018      
        (mancano al  massimo 20 mila voti contestait)

voti seggi (617)
voti seggi (617)

Elettori 46.905.154

46.505.499

-399.655
Astenuti + bianche e annullate 12.899.399

13.680.100

+780.701
Coalizione PD 10.049.393 340
7.502.056 116
-2.547.337
di cui: PD 8.646.034 292
6.134.727 107
-2.511.307
SEL 1.089.231 37




SVP - PATT 146.800 5
134.651 4
-12.149
Centro Democratico (CD) 167.328 6
+Europa 836.837 2



Civ.Popolare - Lorenzin
177.825
2


Italia Europa Insieme 196.766 1








Coalizione ausiliaria (Monti) 3.591.541 45
(LeU) 1.113.969 14
-2.477.572








Coalizione Berlusconi 9.923.600 124
12.147.611 262
+2.224.011
di cui: Berlusconi 7.332.134 97
4.590.774 105
-2.741.360
Lega 1.390.534 18
5.691.921 122
+4.301.387
Fratelli d'Italia 666.765 9 Fd’I-Meloni 1.426.564 31
+759.799

    Noi con l'Italia - UdC 428.928 4










Totale Larghe Intese 23.564.534 509
20.763.636 392
-2.800.898








M5S 8.691.406 108
10.701.981 225
+2.010.575








Altri 1.749.815

1.359.782

-390.033
di cui:






Sinistra (Riv. Civile + PCL+Pd’AC) 860.028   (PaP + PC+SxRiv+ LdP) 517.805


Fascisti nostalgici (CasaPound+FN) 137.958   (CasaPound+FN) 433.157


Minori 751.829  
408.820


Totale voti validi

34.005.755     32.825.399     -1.180.356

 

Rispetto al 2013 ci sono stati quasi 400 mila elettori in meno e circa 800 mila astenuti (+ schede bianche e nulle) in più, in totale circa 1.200 mila voti validi in meno.

Lo schieramento delle Larghe Intese ha perso più di 2.800 mila voti e si è rovesciato il rapporto tra coalizione PD (perde voti rispetto al 2013) e coalizione Berlusconi (guadagna voti rispetto al 2013), ma nella coalizione Berlusconi la Lega (guadagna voti rispetto al 2013) ha preso il sopravvento su Berlusconi (perde voti rispetto al 2013). Hanno perso quasi 2.500 mila voti le coalizioni di fatto ausiliarie alle Larghe Intese (per quanto diverse come composizione, provenienza e orientamento degli esponenti, relazioni con le due coalizioni principali e i loro padrini da una parte e con le masse popolari dall’altra): nel 2013 la coalizione raccolta intorno a Monti e nel 2018 Liberi e Uguali con a capo Piero Grasso.

M5S ha guadagnato circa 2 milioni di voti rispetto al 2013.

La sinistra anti-Larghe Intese ha perso circa 350 mila voti e raccoglie quasi 520 mila voti divisi in 4 liste.

Gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo hanno guadagnato 300 mila voti e raccolgono più di 430 mila voti divisi in due liste. Se consideriamo tra gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo anche Giorgia Meloni e il suo seguito, abbiamo in tutto 1.85 milioni di voti agli scimmiottatori, il doppio dei circa 800 mila voti che gli stessi gruppi avevano raccolto nel 2013.


Ai dati sopra indicati vanno aggiunti i voti e i seggi della Valle d’Aosta (1 seggio) e degli Italiani residenti all’estero (12 seggi):

  2013 2018
Valle d’Aosta voti validi 72.436 seggi 1 66.370 seggi 1 (M5S)

Italiani residenti all’estero

   
voti validi  982.327 seggi 12 1.079.530 seggi 12
di cui nel 2013    seggi coalizione PD 5, coalizione Monti 2, coalizione Berlusconi 1, M5S 1, altri 3
nel 2018    seggi coalizione PD 6 (di cui +Europa 1), coalizione Berlusconi 3, M5S 1, altri 2

*****

2. L’esito delle elezioni non mette in luce solo le aspirazioni e le manovre delle classi dirigenti, ma anche l’orientamento che le classi dominanti (e il loro sistema di intossicazione, confusione e diversione), l’esperienza diretta e la nostra attività hanno determinato nelle larghe masse popolari. In questo ambito gli aspetti principali ai fini della nostra azione sono i seguenti.

L’aumento sia pur piccolo degli astenuti (800 mila in più che nel 2013) e lo spostamento di voti dalle coalizioni delle Larghe Intese (meno 2.8 milioni di voti) al M5S (più 2 milioni) sono la conferma del crescente malcontento e dell’insofferenza e indignazione delle masse popolari prodotto dal catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista impone nel mondo e in particolare nel nostro paese (anomalia italiana: “l’Italia non è un paese normale”, ben a ragione sentenziò Massimo D’Alema).

La natura del M5S che ha raccolto il crescente malcontento è la conferma che tra le larghe masse predomina una combinazione (diversa da gruppo a gruppo e da un individuo all’altro) di speranza che dall’alto (sotto le attuali classi dominanti, quindi nell’ambito del modo di produzione capitalista) possa venire una soluzione non traumatica dei problemi, di sfiducia in se stesse e di sottovalutazione delle proprie potenzialità e di percezione istintiva che non hanno ancora un gruppo dirigente all’altezza della situazione.

Lo spostamento massiccio di voti verso la Lega di Matteo Salvini (+ 4.3 milioni), di gran lunga superiore al crollo dei voti della lista Berlusconi (- 2.7 milioni), è indicativo, ma solo in parte, dell’avanzata della mobilitazione reazionaria tra le masse popolari: senza speranza o fiducia di potersi tutelare dal degrado economico e civile crescente, una parte crescente delle masse popolari si rivolge ai promotori della mobilitazione reazionaria, della guerra dei poveri contro i poveri per spartirsi la miseria. L’avanzata della mobilitazione reazionaria è confermata anche dai voti presi dagli scimmiottatori del fascismo del XX secolo: in queste elezioni hanno guadagnato 300 mila voti e raccolgono più di 430 mila voti divisi in due liste (CasaPound e Forza Nuova). Se però, e ben a ragione, consideriamo tra gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo anche Giorgia Meloni e il suo seguito (Fratelli d’Italia), abbiamo in tutto 1.85 milioni di voti dati agli scimmiottatori, il doppio dei circa 800 mila voti che gli stessi gruppi avevano raccolto nel 2013.

Allora hanno ragione quanti sostengono che “il paese si è spostato a destra” e che siamo nel (o siamo a un passo dal) “moderno fascismo”? Per valutare cosa lo spostamento di voti verso la Lega e i voti raccolti dagli scimmiottatori del fascismo del XX secolo significano a proposito dello stato d’animo e dell’orientamento delle masse popolari:

1. per quanto riguarda la Lega, bisogna tener conto che essa è legata da mille relazioni palesi (tra cui la lunga pratica di governo nazionale e locale) e occulte alle coalizioni delle Larghe Intese (ed è una forza di riserva della borghesia imperialista per la mobilitazione reazionaria) e che lo spostamento di voti verso la Lega oggi è facilitato dal fatto che la mobilitazione reazionaria non ha diffuse espressioni sanguinarie (l’annegamento di migranti, il respingimento e i maltrattamenti nei CIE li attuano già i governi delle Larghe Intese e avvengono lontano dagli occhi della massa della popolazione, le spedizioni squadristiche contro immigrati, omosessuali ed emarginati, contro le manifestazioni studentesche, contro i picchetti di lavoratori, contro le sedi dei centri sociali, dell’ANPI, dei sindacati non sono ancora prassi corrente, le stragi stile Macerata o Firenze sono ancora rare), il caporalato c’è sempre stato, i buoni motivi per credere che immigrati, disoccupati ed emarginati sono non l’effetto, ma la causa del degrado economico e civile sono ampiamente diffusi e avvalorati dalle maggiori autorità, dal governo all’episcopato cattolico, e suggeriti su larga scala da una raffinata e penetrante opera di intossicazione che stigmatizza i poveri che si aggiungono ad altri poveri in concorrenza per dividersi la miseria, per di più (a differenza di quello che avveniva negli anni ’50 con i “terroni”) persino stranieri: altra lingua, altra religione, altri costumi;

2. per quanto riguarda gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo, bisogna tener conto che Giorgia Meloni è ben lontana dall’aver recuperato i voti di cui Alleanza Nazionale (Gianfranco Fini) disponeva: i voti raccolti da Alleanza Nazionale (Gianfranco Fini) erano 2.1 milione nel 1992 a solo 4 anni dalla morte di Giorgio Almirante (1988) e prima dello sdoganamento fatto da Berlusconi, 5.2 milioni nel 1994 dopo lo sdoganamento e ancora 4.7 milioni nel 2006. Di contro, i voti dati ai nuovi scimmiottatori (CasaPound e Forza Nuova) non sono voti clientelari come erano gran parte dei voti di Alleanza Nazionale e probabilmente anche gran parte di quelli di Fratelli d’Italia;

3. le mobilitazioni antifasciste che hanno attraversato il paese dopo la strage di Macerata mostrano che le operazioni squadristiche degli scimmiottatori dei fascisti del XX secolo possono essere anche rivoltate contro chi li foraggia e li copre (i padrini in alto loco che forniscono loro aiuti, soldi, relazioni e sostegni, le autorità che sono complici, conniventi o, nel migliore dei casi, inerti, le forze dell’ordine regolari che li proteggono e li coprono quando non li appoggiano - vedi VII Reparto Mobile di Bologna).

Ferma restando l’importanza di combattere risolutamente con ogni mezzo efficace le attività assassine e vigliacche dei gruppi d’attacco reazionari e fascisti e di essere solidali senza “se e ma” con gli antifascisti che per questo sono attaccati dalle autorità della Repubblica Pontificia (su questo non vanno accettate oscillazioni: il fascismo è illegittimo e per di più nel nostro paese è anche illegale!), bisogna avere altrettanto chiaro che è facendo crescere la mobilitazione e l’organizzazione della sinistra delle masse popolari che distogliamo le parti più arretrate delle masse popolari dalla mobilitazione reazionaria: non è predicando l’umanitarismo e neanche facendo concessioni ideologiche e pratiche ai promotori della mobilitazione reazionaria. A questo fine è necessario non scambiare la mobilitazione reazionaria, di cui gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo gareggiano tra loro e con la Lega per mettersi alla testa, con il fascismo del XX secolo, che è stato una “rivoluzione passiva” volta a soffocare la prima ondata della rivoluzione proletaria.(1)

Sostenere che oggi siamo in un regime di “moderno fascismo” significa ignorare e nascondere la principale differenza tra la situazione attuale e quella dell’inizio del secolo scorso: l’esistenza dell’Unione Sovietica di Lenin e Stalin che svolgeva il ruolo di base rossa della rivoluzione mondiale e l’adesione al comunismo della parte più attiva, pensante e sana della classe operaia. In termini pratici è distogliere dalla lotta per prevenire la mobilitazione reazionaria sviluppando la mobilitazione rivoluzionaria (linea del GBP), senza proporre altra alternativa che collaborare con l’antifascismo padronale e attendere che la rivoluzione socialista scoppi.


1. “Rivoluzione passiva” nel senso che la borghesia imperialista, in Italia con il fascismo e in Germania con il nazismo (ma, pur in forme diverse perché diversa la posizione nel sistema imperialista mondiale dopo la prima guerra mondiale, anche negli USA con il New Deal e negli altri paesi imperialisti), ha cercato di soffocare la mobilitazione rivoluzionaria combinando

- la repressione terroristica dei comunisti fautori e promotori dell’autonomia e dell’iniziativa dei proletari,

- la guerra internazionale promossa per procurarsi una parte maggiore nella spartizione imperialista del mondo,

- l’attuazione di sua iniziativa, quindi escludendo le masse da una partecipazione attiva che le facesse via via diventare capaci di essere autonome dalla classe dominante e dirigente, di una serie di trasformazioni delle istituzioni sociali strutturali e sovrastrutturali (creazione di nuove istituzioni e soppressione delle esistenti) di cui la borghesia aveva comunque bisogno. In Italia IRI, industria pubblica, Enti di Bonifica, grandi opere pubbliche, Banca d’Italia, Consorzi Agrari, AGIP (ENI), INPS, ONMI, uffici di collocamento, dopolavoro, colonie per bambini e molte altre istituzioni sopravvissute e sviluppate nel periodo del capitalismo dal volto umano sono sorte dall’iniziativa di Mussolini & C. Cosa analoga vale nella Repubblica Federale Tedesca per quell’insieme di istituzioni e relazioni che va sotto il nome di ordoliberalismo.

Non a caso Gramsci ha analizzato il fascismo proprio come tentativo di “rivoluzione passiva”.


La sinistra anti-Larghe Intese ha perso circa 350 mila voti rispetto al 2013 e raccoglie quasi 520 mila voti divisi in 4 liste nuove: Potere al Popolo (Clash City Workers, Rete dei Comunisti, PRC, PCI di Mauro Alboresi, Sinistra Anticapitalista e minori), l’unica delle 4 presente in tutti i collegi; Partito Comunista di Marco Rizzo; Per una Sinistra Rivoluzionaria (PCL ed ex FalceMartello), Lista del Popolo per la Costituzione (Giulietto Chiesa, Antonio Ingroia).

Anche qui, per capire cosa significa questo dato a proposito dello stato d’animo e dell’orientamento delle masse popolari bisogna andare più in dettaglio.

La debacle del PRC, del PCI di Alboresi (ex PdCI) e della RdC (neanche USB ha appoggiato o inutilmente ha appoggiato la campagna, come CGIL-CISL-UIL nei confronti di LeU) è la conferma che la sinistra borghese che si ostina a riproporre il capitalismo dal volto umano (anziché agire da Comitato di Salvezza Nazionale) non raccoglie voti. Le masse popolari l’hanno messa alla prova con il governo Prodi nel 2006-2008 e hanno visto dove porta il programma di realizzare “un capitalismo senza i mali del capitalismo”. Il PRC nel 1996, prima della scissione, aveva raccolto 3.2 milioni di voti e PRC + PdCI separati nel 2006 raccoglievano complessivamente 3.1 milioni. Prodi, il liquidatore dell’IRI e di gran parte del settore pubblico dell’economia e padre dell’ingresso dell’Italia nell’euro, con il suo governo 2006-2008 è riuscito anche nell’impresa di liquidare la presenza ufficiale nel Parlamento della Repubblica Pontificia del PRC e degli altri partiti che si richiamavano al comunismo. 

Il PC di Rizzo ha raccolto più di 105 mila voti nei soli 36 collegi elettorali (su 63) in cui era presente e benché fosse chiaro che non avrebbe raggiunto il quorum per essere presente in Parlamento. Sono voti ideologici, cioè manifestazione del ricordo positivo della Rivoluzione d’Ottobre, dell’URSS e dell’ondata di rivoluzioni e lotte che esse hanno suscitato, del legame con il movimento comunista, dell’aspirazione al socialismo più che dell’aspirazione ad “andare in Parlamento”. Contro i disfattisti di vario genere e tipo, sono la dimostrazione che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha lasciato radici profonde.

L’esito del voto del 4 marzo infine smentisce clamorosamente tutte le tesi, variamente condite e colorate, secondo cui la borghesia e il clero sono in grado di manipolare a loro piacimento le coscienze delle masse popolari. In realtà sono tre le sorgenti della concezione del mondo (il senso comune) che guida le masse popolari nella loro attività:

1. la formazione (scuola diretta e indiretta, sistema di comunicazione di massa e altro) fatta dalle classi dominanti (la borghesia e il clero): esse sono passate dalla propaganda progressista, anticlericale e antifeudale dei secoli in cui la borghesia era in ascesa, al primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva della sua fase imperialista;

2. l’esperienza diretta di ogni individuo e gruppo;

3. la formazione fatta dal partito comunista e da tutti gli organismi della rivoluzione socialista.

Chi denuncia il “controllo sociale totale” (la tesi a cui sono approdati Renato Curcio e Alberto Franceschini - Gocce di sole nella città degli spettri - nella fase di dissoluzione delle Brigate Rosse), ignora o trascura che la borghesia per quanto faccia non è in grado di cancellare né l’esperienza diretta dello sfruttamento e dell’oppressione di classe né l’attività dei comunisti. Le due sono sorgenti del senso comune che nessuna classe dominante è in grado di eliminare completamente e su cui noi comunisti facciamo invece leva.

Il fattore dell’orientamento delle masse popolari che fa la differenza dipende da noi comunisti: è il partito comunista (e il suo gruppo dirigente) che fa leva sull’esperienza diretta delle masse popolari e la sviluppa, che fa propaganda e che si eleva nel lavoro interno (stile di lavoro, sistema di direzione, percorsi di RIM e CAT dei suoi membri).


3. Stante questo punto a cui sono arrivate le cose, la linea che noi comunisti dobbiamo seguire nel lavoro esterno si articola sostanzialmente in due punti.

1. Il lavoro di mobilitazione e organizzazione delle masse popolari e in primo luogo della classe operaia, con il metodo (il materialismo dialettico) al quale è dedicata la prima parte di questo numero di La Voce [pagg. 2-28] e la linea che è illustrata nella terza parte di essa [pagg. 36-58]. Ogni deviazione dall’assumere come parte principale del nostro lavoro esterno il lavoro per creare e rafforzare OO e OP al fine della costituzione del GBP e dallo sviluppare in funzione di esso il nostro lavoro interno è un cedimento all’influenza della sinistra borghese e alle sue illusioni di ritorno al capitalismo dal volto umano senza le condizioni che lo hanno determinato, di porre fine con un’azione principalmente “dall’alto” al catastrofico corso delle cose. Nel gergo corrente nella letteratura del Partito si chiama “lavoro sulla prima gamba”.

2. Il lavoro verso la moltitudine di organismi operai e popolari in qualche misura già esistenti, nati dalla resistenza agli effetti della crisi e che la campagna elettorale ha reso più attivi e che sono espressi anche nei risultati elettorali che abbiamo sopra illustrato, incentrato nel contrasto insanabile che mina il M5S di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini, i vincitori delle elezioni, tra le promesse che li hanno fatti crescere (abolizione del Jobs Act, della legge Fornero e di altre analoghe “riforme” fatte dai governi delle Larghe Intese, reddito di cittadinanza e altri affini ammortizzatori sociali, difesa dei posti di lavoro, autonomia da UE e BCE, ecc.) e la soggezione al Vaticano, alla NATO e, riassumendo, alla borghesia imperialista e all’attuazione del suo “programma comune”.

Nell’adempimento di questi due filoni di lavoro già oggi non siamo soli. Le dichiarazioni post-elettorali del P.CARC e di altri organismi e gruppi riflettono più o meno sistematicamente e coerentemente questa nostra linea. Noi dobbiamo perseguirla con la forza maggiore che ci conferiscono il nostro patrimonio di teoria e di analisi (di cui però tutti quelli che vogliono porre fine al catastrofico corso delle cose possono usufruire) e la clandestinità della nostra organizzazione che ci permette di agire in ogni campo, su ogni terreno, in ogni organizzazione che si presta alla nostra opera per promuovere l’avanzata della rivoluzione socialista.

Sergio G.