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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - luglio 2018

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

Lettera alla redazione

Clandestinità e libertà di pensiero e azione

 

Siamo due compagni che hanno da poco costituito un Comitato di Partito e concluso la propria candidatura al (n)PCI. Entrambi facciamo parte anche di organismi pubblici che raccolgono la base rossa. Ci siamo avvicinati al Partito attraverso lo studio della concezione che lo guida (MP, VO, Comunicati) e via via svolgendo piccole forme di collaborazione (alcune tra le 15 forme indicate in VO n. 55) su stimolo di un compagno del (n)PCI che, senza rivelarsi come tale per tutta una prima fase, ci orientava e lavorava per reclutarci.

Studiando il materiale del (n)PCI più volte ci siamo imbattuti nella definizione della clandestinità come concezione, stile di vita e tecnica. Finché ci siamo limitati a svolgere piccole forme di collaborazione non ne comprendevamo però il senso profondo. Con questa lettera vogliamo trattare alcuni degli insegnamenti che abbiamo ricavato in merito. Ci concentreremo in particolare su aspetti relativi alla “tecnica” e, nello specifico, sulla propaganda e sulla costruzione di una rete di collaboratori. A latere tratteremo però anche alcuni aspetti inerenti lo “stile di vita” (in particolare su come gestire le relazioni personali tenendo conto della vigilanza rivoluzionaria e della militanza clandestina).

 

Andiamo dritti al punto: la clandestinità ci ha permesso di non censurarci nella discussione, nell’analisi e nell’elaborazione della linea, dei piani d’azione e dell’esperienza (bilancio), di trattare senza remore i vari aspetti dell’attività da svolgere e svolta, di ragionare senza timore di essere ascoltati dalle forze dell’ordine. Quando parliamo di “discussione” intendiamo sia le riunioni di CdP, sia la corrispondenza con il Centro, sia le riunioni con il fiduciario del Centro che ci segue sul campo (più si è intensificato lo scambio con il Centro e il fiduciario, più le riunioni del CdP e la sua attività si sono elevate di livello, a dimostrazione della “marcia in più” che fornisce l’essere parte del Partito in termini di concezione, linea e metodi a differenza dell’essere “semplici collaboratori che danno una mano saltuariamente”). Tutto questo ci ha permesso di diventare più lungimiranti e audaci e ha infuso in noi grande entusiasmo. Abbiamo capito che potevamo (e dovevamo) osare pensare e agire più in grande.

Inizialmente non eravamo in grado di comprendere il “valore aggiunto” che la “riflessione libera dal controllo” ha rispetto alla “riflessione sotto censura”(1) e tanto meno di vedere le ripercussioni che la “riflessione libera dal controllo” ha sulla nostra attività pratica. Via via abbiamo però compreso la sostanziale differenza tra il non dire o il dire le cose a metà e lo “spaccare il capello in quattro”. In sintesi abbiamo capito che la clandestinità permette una maggiore libertà di pensiero e di azione. Facciamo degli esempi concreti.

 

1. “Sotto censura” in due sensi:

- “censura cosciente”, ossia quando si teme di essere ascoltati e per evitare ripercussioni repressive non si trattano volutamente determinati argomenti,

- “censura indotta”, ossia quando non si hanno esperienze di militanza clandestina e si viene formati in un ambiente (collettivo) in cui non si discute liberamente, pertanto non si sa ragionare oltre certi limiti e neanche si è coscienti dell’esistenza di questi limiti, si è “ciechi”.

Entrambi i casi hanno un punto in comune: l’appiattimento del pensiero (e dell’azione) su ciò che è tollerato dalla borghesia.

A scanso di equivoci è opportuno sottolineare che riunirsi (anche in maniera libera dal controllo, ad es. senza telefoni e in luoghi non ascoltati) per organizzare “lotte dure” non è la stessa cosa di operare sistematicamente in modo clandestino perseguendo la strategia della GPRdiLD (costruzione del nuovo potere).

 

  

1. Operazione di propaganda combinando il metodo della “maschera” e l’azione di una squadra clandestina

Abbiamo individuato una zona in cui per via degli sviluppi della lotta di classe a livello nazionale e locale era importante condurre un’operazione di propaganda da parte del Partito per rafforzare la lotta delle masse popolari (infondere fiducia in se stesse, indicare gli obiettivi su cui concentrarsi) e per alimentare le contraddizioni in campo nemico (indebolire il campo nemico, alimentarne l’insicurezza).

Ragionando liberamente abbiamo definito gli obiettivi dell’azione (reazioni da suscitare nel campo delle masse popolari e in campo nemico, ricadute a livello organizzativo, ecc.), abbiamo definito le modalità di azione, gli strumenti di propaganda e logistici da procurarci, individuato i collaboratori da coinvolgere e ideato le coperture adatte ai compagni che dovevano condurre l’operazione (per non creare sospetti o suscitare allarme tra amici e parenti se ad esempio i compagni non avessero risposto al telefono per qualche giorno).

Qualche giorno prima dell’azione un compagno del CdP si è recato per fare inchiesta (sopralluogo) nel luogo individuato. Ha adottato il metodo della “maschera”: si è recato in loco per fare delle attività politiche con l’organismo pubblico di cui fa parte (ma organizzandosi adeguatamente avrebbe potuto fare questo lavoro anche con una gita con il suo ragazzo o la sua ragazza, famiglia, amici, ecc.), sfruttando questa copertura per analizzare la città, individuare il quartiere in cui fare la propaganda del (n)PCI e le sue caratteristiche, in particolare:

- la sua composizione sociale (tipo e numero di persone che frequentano la zona);

- la conformazione del territorio (strade, vicoli, percorsi, parcheggi, tempi di percorrenza a piedi e/o con auto o altri mezzi, zone abbastanza sicure per fare scritte, ecc.);

- il livello di sicurezza, quindi la frequenza dei passaggi delle pattuglie di polizia e carabinieri, il numero di telecamere, le zone meno controllate, ecc.;

- inchiesta su eventuali eventi pubblici in programma per il giorno dell’azione, perché possono determinare la presenza di un numero maggiore di forze dell’ordine o di persone che circolano fino a tarda notte.

In questo modo il compagno del CdP ha definito le modalità operative dell’attività di propaganda da fare. Ha poi comunicato il piano di azione con canali sicuri al secondo compagno del CdP incaricato di svolgere l’azione. In questo modo se le forze dell’ordine avessero tenuto sotto controllo il primo compagno, non avrebbero potuto né prevedere e prevenire l’azione di propaganda, né “beccare i compagni sul fatto”. Mentre il primo faceva inchiesta sulla città, il secondo compagno del CdP si è mosso:

- per costruire una squadra di propaganda mobilitando dei collaboratori,

- per organizzare gli spostamenti della squadra nel modo più sicuro possibile,

- per istruire i collaboratori sulle coperture che dovevano adottare con i loro familiari, amici, ecc. per non destare sospetti.(2)

 

2. Riteniamo utile fare un approfondimento su un aspetto di cui è necessario tener conto nella lotta contro la polizia politica: le relazioni personali. Non abbiamo la pretesa di esaurire con questa nota l’argomento, ma solo di dare un contributo a un approfondimento collettivo su questo tema di grande importanza per la nostra attività. Un membro del (n)PCI deve impostare le relazioni di coppia e le altre relazioni personali (con familiari, amici, ecc.) in modo che esse non diventino un ambito da cui la polizia politica può scoprire la sua appartenenza al Partito e attingere informazioni sulla sua attività. Nel trattare questo punto diamo per assodato che un compagno del (n)PCI non deve rivelare a queste persone la sua militanza clandestina (questa è la prima regola per non essere scoperti). Quali sono allora gli altri modi con cui le relazioni di coppia o personali possono portare la polizia politica a scoprire l’appartenenza al Partito? Facciamo anche qui un esempio per rendere l’idea.

Immaginate un membro del Partito che deve fare una riunione clandestina o un’azione di propaganda e non può dirlo al proprio partner, né portare con sé il cellulare: senza prendere delle  contromisure il partner si preoccuperebbe, inizierebbe a fare telefonate, ad inviare messaggi whatsapp, facebook e mail, magari farebbe telefonate ad amici e parenti i quali a loro volta si allarmerebbero, ecc.

La polizia politica se già “studia” il compagno, attraverso le intercettazioni telefoniche sul suo cellulare, il suo whatsapp, facebook e la sua mail, ecc., raccoglierebbe tutti questi segnali (non sono degli sprovveduti, ma dei professionisti!) e capirebbe che c’è qualcosa “di strano”. Non avranno la certezza di un’azione clandestina in corso, ma avranno degli elementi da approfondire. Gli agenti coglierebbero infatti l’anomalia nei comportamenti abituali del compagno e attraverso accertamenti e riscontri successivi, potrebbero “chiudere il cerchio” sulla sua militanza clandestina. Le inchiesta di sviluppano nel medio-lungo termine, intrecciando dati e informazioni.

Cosa fare quindi? Ogni caso è concreto e quindi non possiamo fissare delle “regolette” valide per tutti i casi, ma solo un orientamento generale da calare poi nel caso particolare, avvalendosi anche del confronto con il Centro. È importante imparare a crearsi delle coperture che poggino su aspetti reali e concreti, poiché una buona copertura deve avere:

- alcuni aspetti riscontrabili nella realtà (ad es. impegni di lavoro, impegni sportivi, riunioni con l’organizzazione pubblica – politica, sindacale o altro - di cui si fa parte e in cui non può essere usato il telefono per motivi di riservatezza delle questioni trattate, ecc.),

- deve essere compatibile con le caratteristiche personali di chi l’assume (banalmente: uno che non è sportivo non può usare come copertura una partita di tennis).

A questo aggiungiamo altri tre elementi relativi specificamente alle relazioni di coppia:

- fiducia: la costruzione di un rapporto di fiducia reciproca favorisce tutto questo lavoro (per essere concreti: un partner è più sereno, meno puntiglioso e/o attaccabrighe se non si dà adito a dubbi su relazioni extraconiugali);

- uso oculato dei mezzi di comunicazione: evitare di avere frequenti contatti telefonici giornalieri con la stessa persona, di essere costantemente connessi su facebook o sentirsi continuamente via chat sui social network, ecc. (tanto più una cosa è frequente e regolare, tanto più si nota se si interrompe);

- elevazione della coscienza delle persone con cui si ha una relazione: è di certo il modo più di prospettiva per affrontare la contraddizione che la militanza clandestina pone tra il personale e il politico.

 

Abbiamo coinvolto alcuni collaboratori, già mobilitati in precedenza per delle attività di propaganda clandestina, ovviamente con l’accortezza di comunicare senza telefoni e in luoghi non ascoltati. È stata fatta la proposta di collaborare all’azione spiegandone loro l’importanza, inquadrandola nel contesto politico nazionale e locale e come essa avrebbe inciso positivamente sullo scontro in atto. I collaboratori non solo hanno risposto positivamente, ma hanno compreso a tal punto l’importanza dell’operazione che uno di loro ha mobilitato un suo conoscente per procurarsi un’auto “pulita”.(3)

 

3. Procurarsi auto pulite (auto senza microspie, quindi che non sono di proprietà di compagni oppure di persone per qualsiasi motivo possono essere sotto controllo da parte delle forze dell’ordine) per effettuare spostamenti per riunioni clandestine, per attività di propaganda o di altro tipo, è fondamentale. Alcuni compagni credono erroneamente che il controllo della polizia politica avvenga esclusivamente attraverso il monitoraggio (intercettazioni) del cellulare, della mail, di facebook e whatsapp. Questi compagni di solito credono anche che le abitazioni dei compagni e le sedi delle organizzazioni pubbliche non siano “ascoltate”. È una convinzione sbagliata, ingenua e legalitaria, che sottovaluta l’azione della polizia politica e che rischia di favorirne l’operato contro il Partito. Bisogna inoltre tenere presente che le informazioni vengono raccolte anche illegalmente da parte degli organi repressivi (ossia violando le loro stesse leggi): il grosso dell’attività di intelligence poggia proprio sullo svolgimento di azioni extralegali.

 

La squadra si è mossa in sicurezza (muovendosi con l’auto pulita, recandosi sul posto senza cellulari, verificando di non essere seguiti e con un compagno che faceva da palo durante l’azione di propaganda) e l’operazione è riuscita. Inoltre è stata mantenuta la compartimentazione (i collaboratori coinvolti non sapevano dell’esistenza del compagno che aveva fatto l’inchiesta). Il compagno del CdP incaricato di fare l’inchiesta, nei giorni successivi ha raccolto le reazioni sul campo, sempre utilizzando un’adeguata copertura.

 

2. Costruzione della rete di supporto (avere più fiducia nelle masse popolari!)

In questo punto trattiamo della valorizzazione di amici, colleghi, conoscenti e familiari nel lavoro clandestino facendo leva sul legame personale (affettivo, di fiducia reciproca, “non ne capisco di politica, ma ti voglio bene e non voglio che tu abbia problemi con la polizia, quindi ti aiuto”, ecc.) e solo successivamente, con alcuni di loro (i più ricettivi), anche  sull’aspetto politico. In questa sede non trattiamo quindi delle persone su cui interveniamo partendo direttamente dall’aspetto politico, le quali costituiscono un altro importante bacino per la costruzione della rete clandestina e anche per il reclutamento.

Come CdP ragionando sulla necessità di dotarci di case pulite per fare riunioni, di auto pulite per la propaganda, ecc. abbiamo analizzato anche le persone fidate con cui abbiamo relazioni non politiche. Iniziando a “stendere la lista” ci siamo resi conto che erano un bel po’ (prima non avevamo mai pensato ad esse come persone che potessero contribuire all’attività del Partito). Già questa è stata un prima lezione per noi, una conferma che la clandestinità porta a vedere la realtà con occhi diversi. Non nascondiamo inoltre che all’inizio eravamo abbastanza scettici e anche timidi nell’approcciarci con loro. Quando poi abbiamo iniziato ad intervenire... ci si è “aperto un mondo”! Diversi parenti e amici sono stati infatti disponibili ad aiutarci.(4)

 

4. Facendo l’analisi dei nostri conoscenti abbiamo capito anche che c’erano relazioni da chiudere perché si tratta di persone che possono mettere a repentaglio la nostra attività clandestina: ad esempio persone che bevono molto, altri che fanno uso smodato di droghe leggere e spacciano, altri che hanno problemi con il gioco, altri che sono chiacchieroni e pettegoli, ecc. Avere a che fare con questo tipo di persone, che sono poco stabili psicologicamente, esposte ad attacchi repressivi, ricattabili e/o che fanno mille domande o alimentano il chiacchiericcio su di te (nel caso dei pettegoli) è nocivo e rischioso. Non bisogna farsi dirigere dall’amicizia o altri tipi di legami passati, ma mettere al centro ciò che oggi si è e su questa base costruire e rivedere laddove necessario le relazioni che si hanno. Alcune di esse sono da valorizzare per edificare la rete clandestina, altre sono invece un rischio per essa e quindi bisogna muoversi di conseguenza.

 

Abbiamo quindi riflettuto sulla concezione con cui guardiamo le masse popolari e sulla nostra sfiducia in esse. In particolare abbiamo compreso (può sembrare banale forse, ma per noi è stata una scoperta che ha rafforzato di molto la nostra attività) che le masse popolari in modo spontaneo e istintivo, ossia come reazione agli effetti della crisi e ai mille vincoli, lacci e laccioli con cui la borghesia le soffoca, fanno di per sé molte cose che vanno “oltre la legalità borghese”: attività che, man mano che la crisi si acuisce e che l’attacco da parte della borghesia imperialista si fa più duro, servono per arrivare a fine mese oppure per cercare di fronteggiare gli attacchi del padrone. È una delle forme con cui si manifesta la resistenza spontanea che le masse popolari oppongono all’avanzare della crisi. Ad esempio: quanti operai si organizzano di nascosto dal padrone e dagli spioni (si riuniscono al bar e non più solo in fabbrica) per impedire l’adozione di misure repressive in azienda o per organizzare la lotta contro la chiusura dell’azienda (picchetti, scioperi, ecc.)? Quante persone per non essere salassate dalle tasse nascondono le loro entrate? Quante persone guardano con diffidenza l’agente di polizia, il carabiniere, il finanziere di turno o anche il prete? Quanti giovani “smanettano” sulla darknet (la rete internet che garantisce l’anonimato) e quanti sono affascinati dall’azione degli hacker che attaccano i portali di banche, ministeri, fascisti, ecc. o sono loro stessi degli hacker?

Abbiamo imparato a non sottovalutare l’esperienza pratica che le masse popolari fanno sotto l’oppressione della borghesia e per cercare di far fronte alla sua guerra di sterminio non dichiarata. Il partito clandestino ha ampie possibilità di sviluppo della sua rete. La sua costruzione, la sua tessitura dipende dalla nostra capacità di vedere gli appigli e le leve da utilizzare, le potenzialità e coltivarle, imparando dall’esperienza.

La clandestinità permette di vedere più lontano e in profondità, perché significa guardare alle cose e alle persone con occhi liberi dalle “fette di prosciutto” della legalità borghese: in un’ottica da guerra popolare e non da riformisti, in un’ottica da potere popolare e non da stampelle o contestatori del vecchio potere della borghesia e del suo clero.

Avanti compagni nel consolidamento e rafforzamento del (n)PCI!

Alessandro e Tiziano, 17 giugno 2018

 

Lenin spazza via re e capitalisti