La Voce 59 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - luglio 2018

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

I comunisti, classe dirigente del proletariato
nella rivoluzione socialista e nei paesi socialisti

Quando parliamo di quadri dirigenti del partito, del Partito come organismo dirigente (Stato Maggiore) della rivoluzione socialista, dei comunisti come nuova classe dirigente del proletariato il quale fa la rivoluzione socialista (nella società attuale crea il sistema del nuovo potere, cioè fa la guerra popolare rivoluzionaria che culmina nell’instaurazione del socialismo), di comunisti dirigenti nei primi paesi socialisti o nei paesi socialisti del futuro, della necessità che noi ci formiamo come classe dirigente comunista, alcuni arricciano il naso. Lo arricciano non solo elementi della sinistra borghese, dell’aristocrazia proletaria e sinceri democratici (nel senso però di creduli nella democrazia borghese, cioè nell’eguaglianza tra gli individui nonostante la loro divisione in classi sociali di sfruttati e sfruttatori), ma anche sinceri e onesti esponenti della “base rossa” e “comunisti identitari”. Anche nelle nostre file ci sono resistenze a comprendere questo aspetto irrinunciabile della nostra concezione, che ci distingue dal primo partito comunista (e in generale dai partiti comunisti costituiti dalla prima Internazionale Comunista nei paesi imperialisti).

In realtà, che noi comunisti ci formiamo e agiamo (ci costituiamo) oggi come nuova classe dirigente è una necessità: senza questo non c’è rivoluzione socialista né socialismo. In proposito l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria parla chiaro. Noi comunisti quindi dobbiamo metterci in grado anche di spiegare chiaramente

- cos’è una classe dirigente nel contesto attuale (fase imperialista del capitalismo, epoca della rivoluzione socialista e del tramonto della società borghese),

- in che senso la borghesia è stata e ancora è classe dirigente (alla maniera confacente al suo sistema sociale capitalista),

- in che senso noi comunisti dobbiamo essere classe dirigente (confacente al ruolo che dobbiamo svolgere nella guerra popolare rivoluzionaria che promuoviamo),

- in che senso durante la fase socialista (dopo l’instaurazione del socialismo, durante la transizione dal capitalismo al comunismo) occorre una classe dirigente comunista (adeguata alla trasformazione sociale in corso).

Tre fattori frenano oggi la comprensione della nostra concezione in questo campo:

1. l’influenza sul senso comune della propaganda e della pratica della democrazia borghese, particolarmente forte nelle masse popolari dei paesi imperialisti che ne hanno fatto una lunga esperienza e in particolare per l’esperienza che ne hanno fatto nel periodo del “capitalismo dal volto umano”. La democrazia borghese comporta la concezione che gli uomini sono eguali quanto ai loro diritti e doveri in campo politico (ossia nella direzione dello Stato e in generale nella direzione degli affari sociali), concezione che cela le condizioni reali in cui si trovano sfruttati e sfruttatori, proletari e capitalisti;

2. la denigrazione e l’oblio che la borghesia e il clero fanno valere a proposito del ruolo e della natura della classe dirigente comunista nei primi paesi socialisti (l’esperienza dei primi paesi socialisti è poco o per niente conosciuta tra gli operai avanzati e in particolare tra i giovani);

3. l’oblio che i revisionisti moderni e i comunisti dogmatici promuovono a proposito della svolta compiuta dai revisionisti moderni anche quanto al ruolo della classe dirigente, in Unione Sovietica con il XX Congresso del PCUS (febbraio 1956) e nella Repubblica Popolare Cinese con il colpo di Stato fatto subito dopo la morte di Mao Tse-tung (set tembre 1976).

 

Ruolo generale di ogni dirigente è far fare a chi è diretto cose che questi non è in grado di fare senza il dirigente. Il rapporto dirigenti - diretti è una cosa del tutto diversa dalla divisione del lavoro che vige in ogni collettivo: quando ad esempio un gruppo di canottieri incarica uno di loro di dare il tempo anziché remare, il rapporto tra quest’ultimo e gli altri non è un rapporto di direzione nel senso in cui ne parliamo qui, ma rientra nella divisione del lavoro.

Da quando l’umanità è divisa in classi quanto alla produzione e alla riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza, la classe sfruttatrice dirige e deve dirigere anche gli altri aspetti della vita sociale (non solo la struttura, ma anche la sovrastruttura) e tramite essa forma e dirige gli individui. Vari sono i metodi e gli strumenti della direzione di una classe dominante. Gli anarchici e al loro seguito i militaristi ritengono che il metodo universale e principale della direzione è la violenza. Sicuramente ogni classe dominante per mantenere il suo dominio si è accaparrata (e deve accaparrarsi) il monopolio dell’uso della violenza e vi ricorre quando ritiene che esso è in pericolo. Ma il suo dominio deriva dal ruolo che essa esercita nella società e in particolare dal modo di produzione che prevale nella società. I movimentisti negano idealisticamente o ingenuamente che il modo di produzione capitalista, come ogni modo di produzione che divide l’umanità in sfruttati e sfruttatori, esclude gli sfruttati dall’apprendimento della scienza e dell’arte necessari per fare a meno della direzione della classe dominante. Essi non riconoscono che promuovere l’emancipazione del proletariato implica anzitutto appropriarsi della scienza e dell’arte necessarie per mobilitare gli sfruttati a emanciparsi, cioè a fare a meno della direzione della classe dominante.

 

*****

Sistema del nuovo potere (cioè del potere delle masse popolari organizzate)

Le espressioni “nuovo potere” e “sistema del nuovo potere” indicano sostanzialmente la stessa cosa. La prima espressione mette l’accento sul fatto che a orientare la mente e dirigere l’azione delle masse popolari (quindi ad avere il potere, a dirigere) non è più la borghesia con il suo clero, ma la classe operaia organizzata e con alla testa il suo partito comunista. La seconda espressione include anche le istituzioni, le relazioni, le procedure, i metodi attraverso cui il potere della classe operaia organizzata si esercita. “Nei primi paesi socialisti il tratto originale e innovativo del sistema del nuovo potere era costituito dal partito comunista e dalle organizzazioni di massa: sindacati, organizzazioni delle donne, dei giovani, delle nazionalità e categorie oppresse, collettivi di lavoro con le loro assemblee e i loro organi esecutivi, assemblee di caseggiato, villaggio, quartiere, città, ecc. con i loro consigli di delegati revocabili (soviet) e i rispettivi organi esecutivi. Partito e organizzazioni di massa erano istituzioni pubbliche (non associazioni private): oltre che della vita associativa dei propri membri, ognuno di essi gestiva anche aspetti della vita sociale, svolgeva funzioni amministrative (relative ad esempio ad abitazioni, aziende locali, distribuzione di beni, erogazione di servizi, istituzioni scolastiche e sanitarie) e di governo (polizia, amministrazione della giustizia, ordine pubblico, milizia, addestramento militare, ecc.) a cui, tramite l’insieme delle organizzazioni di massa, partecipava quindi una parte larghissima dell’intera popolazione. Questa struttura di potere fin dalla sia instaurazione aveva un netto e dichiarato carattere di classe (alla testa vi era la classe operaia alleata e dirigente delle altre classi di lavoratori, mentre erano escluse le classi antisocialiste), si esercitava in tutti i campi (prendeva decisioni, le eseguiva ed esercitava compiti giudiziari, di polizia e militari), poneva il perseguimento della trasformazione socialista al di sopra di ogni norma giuridica, funzionava secondo il principio organizzativo del centralismo democratico e usava come principale metodo di direzione la linea di massa.

La struttura di potere formata dal partito e dalle organizzazioni di massa era combinata in ogni paese socialista con altre istituzioni pubbliche apparentemente simili sotto vari aspetti a quelle esistenti nei paesi capitalisti: governo, pubblica amministrazione, magistratura con propri carceri e tribunali, forze armate statali, polizie e polizie segrete. Era ancora uno Stato inteso nel senso tradizionale del termine (organismo staccato dal resto della società e, almeno in ultima istanza, depositario del monopolio della violenza), ma non lo era già più completamente perché i suoi organi erano largamente e in vari modi influenzati dalla prima struttura di potere (partito e organizzazioni di massa) che li permeava con le sue istanze e i suoi commissari politici e che ufficialmente li controllava (in URSS si chiamò Ispezione Operaia), veniva in misura crescente soppiantato da essa ed era vincolato a funzionare secondo le direttive fissate dal partito.

Il rapporto di unità e lotta tra queste due strutture di potere percorre tutta l’esperienza dei primi paesi socialisti: la prima era il nuovo che doveva espandersi, la seconda era il vecchio che doveva estinguersi” (liberamente tratto da Marco Martinengo, I primi paesi socialisti, Edizioni Rapporti Sociali, 2003).

Per approfondire la questione, vedere anche lo scritto di Stalin, Questioni del leninismo (1926), riprodotto anche in La Voce n. 54, pagg. 30-71.

*****

  

Il modo di produzione capitalista ha moltiplicato le relazioni sociali e rafforzato il carattere sociale della vita di ogni individuo: la maggior parte degli uomini oggi lavorano in aziende, dipendono dal mercato per disporre delle condizioni elementari della propria vita, vivono in città, usufruiscono di servizi sociali di ogni genere (dai molteplici servizi in rete ai servizi sanitari e scolastici, all’assistenza sociale e all’ordine pubblico). La borghesia è composta di capitalisti (protesi ognuno a valorizzare il suo capitale), ma proprio per far valere il suo modo di produzione la borghesia ha dovuto anche assumere la direzione dei vari aspetti della vita sociale, assunzione che è culminata nelle rivoluzioni borghesi. Siccome il rapporto di capitale per sua natura non solo contrappone i capitalisti ai proletari, ma contrappone anche i capitalisti l’uno all’altro (ognuno deve valorizzare il suo capitale), anche la direzione generale della società da parte dei capitalisti è caratterizzata e limitata da interessi privati contrapposti di individui, di categorie e di classi (un risultato di ciò è l’inconsistenza delle teorie del “piano del capitale” elaborate dalla Scuola di Francoforte, benché ogni capitalista e ogni gruppo di capitalisti pianifichi meglio che gli riesce i suoi affari). La borghesia è composta dai capitalisti, ma si avvale in ogni paese di un gran numero di dirigenti (di funzionari). Ognuno di essi è pagato per far funzionare al meglio l’organismo o l’istituzione a cui è preposto relativamente agli obiettivi che la classe dominante assegna ad esso. La misura del successo di ogni dirigente sono la quantità di denaro che riceve in cambio della sua prestazione e il prestigio sociale che gliene deriva.

Per sua natura una classe dominante impedisce e deve impedire che le classi oppresse siano capaci di fare a meno della sua direzione, quindi le esclude dalle attività umane superiori (MP nota 2). “Lei non è pagato per pensare, altri sono pagati per questo”, così l’esperto di relazioni sociali borghesi Frederick Winslow Taylor (USA, 1856-1915) sintetizzava il discorso del borghese al proletario. Un proletario non deve imparare a pensare e a organizzare: a quel punto il proletariato potrebbe fare a meno della direzione della borghesia e quindi liberarsi dal suo sfruttamento. Il borghese con il sistema di controrivoluzione preventiva (MP cap. 1.3.3) distoglie il proletario dalla rivoluzione socialista, la sinistra borghese inculca nel proletario la rassegnazione, il prete gli promette la ricompensa in paradiso.

Noi comunisti promuoviamo la rivoluzione socialista (la creazione del nuovo potere, cioè del potere delle masse popolari organizzate) già nella società borghese, quindi partiamo dal proletariato come è (come la borghesia lo fa) e mettiamo in opera metodi e strumenti perché arrivi a fare a meno della borghesia: quindi a diventare quello che oggi non è ancora, ma che può diventare stante le condizioni sociali che la borghesia stessa ha creato e in cui lo ha posto. Questo vuol dire per il comunista la parola d’ordine “servire il popolo”: non solo occuparsi dei bisogni diretti e immediati del proletario, ma principalmente condurlo ad acquisire quanto è necessario perché si emancipi dalla borghesia e liberi l’intera umanità da ogni forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

 

*****

Ogni verità del marxismo, ogni proposizione che troviamo negli scritti dei maestri del marxismo-leninismo-maoismo, va intesa nel senso del materialismo dialettico, cioè nel senso che essa è nello stesso tempo vera e falsa, cioè è vera relativamente all’attività di cui si sta trattando e al contesto in cui quell’attività si svolge: la verità è sempre concreta. “La questione se al pensiero umano spetta una verità oggettiva, non è una questione teoretica [che si risolve con la teoria] ma una questione pratica. Nell’attività [nella prassi] l’uomo deve provare la verità, ossia la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero [che esso corrisponde alla realtà]. La disputa sulla realtà o non realtà (verità o non verità) del pensiero, slegata dall’attività a cui si riferisce, è una questione meramente scolastica, accademica” [seconda delle undici Tesi su Feuerbach di Marx, primavera 1845].

 

*****

 

Noi comunisti veniamo dalle masse popolari ma ci stacchiamo dalle masse popolari nel senso che, con uno sforzo e un esercizio particolari, grazie al partito ogni comunista acquisisce quelle caratteristiche da cui la borghesia esclude il  proletariato e il resto delle masse popolari, ritorniamo alle masse popolari come dirigenti della guerra popolare rivoluzionaria di cui esse hanno bisogno per emanciparsi dalla borghesia, verifichiamo nel successo della nostra opera la bontà della scienza che abbiamo acquisito alla scuola del partito e sulla base del bilancio della nostra opera la sviluppiamo ulteriormente (la linea di massa).(1)

Non è possibile “diventare un buon comunista” se non ci si occupa del percorso che nel particolare e concretamente il proletariato e con esso le masse popolari devono fare per arrivare a instaurare il socialismo e compiere la transizione al comunismo.

Quando i revisionisti moderni presero il potere nei primi paesi socialisti (in URSS nel 1956 e in Cina nel 1976) tra le trasformazioni che essi introdussero vi fu il cambiamento sistematico e universale nei rapporti tra dirigenti (del Partito, delle aziende produttrici e delle altre istituzioni pubbliche) e la massa dei lavoratori. Ogni dirigente divenne un funzionario incaricato di far funzionare l’organismo o il settore a lui affidato e venne misurato (pagato e valutato) in funzione del successo del suo particolare organismo e settore nell’adempiere il compito che gli era assegnato. Il metro non era più “servire il popolo”, ma essere un funzionario efficace ed efficiente. Kruscev andò ostentatamente alla scuola degli imperialisti USA. Il risultato nel giro di pochi anni fu la decadenza dell’Unione Sovietica benché ci siano voluti più di trent’anni per portarla fino al collasso (nel 1990) e a imboccare la restaurazione del capitalismo a ogni costo (a costo della miseria e della guerra civile). Il confronto tra la “Carta dell’acciaieria di Anshan” nella Repubblica Popolare Cinese (RPC) e lo “Statuto aziendale del combinat siderurgico di Magnitogorsk” in URSS, dibattuto pubblicamente nella RPC a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60 del secolo scorso (vedasi Opere di Mao Tse-tung, vol. 17 e 18), illustra la trasformazione che i revisionisti moderni avevano introdotto in URSS quanto al ruolo e alla natura dei dirigenti. Lo scritto di Stalin La Rivoluzione d’Ottobre e la tattica dei comunisti russi (pubblicato anche in La Voce n. 55) illustra i tratti particolari del rapporto tra una classe dirigente comunista e il proletariato, quello che la distingue dalla borghesia.

Certamente vi sono alcuni aspetti simili tra la direzione della borghesia e quella della classe dirigente comunista nei paesi socialisti: far fare ai diretti quello che essi non sanno fare senza la classe dirigente. Questo spiega dove sta la nuova borghesia in un paese socialista, dove stanno nei paesi socialisti i promotori della restaurazione del capitalismo, chi deve essere il bersaglio della lotta di classe nei paesi socialisti. Spiega anche il potere che i dirigenti mantengono nel socialismo, nel corso della transizione dal capitalismo al comunismo.(2)

 

1. I grandi apporti del maoismo al patrimonio del movimento comunista, in La Voce n. 9, n. 10 e n. 41.

2. Ibidem

 

 

Non aver affrontato la questione della formazione di una classe dirigente del proletariato e del resto delle masse popolari (che si stacca dalle masse popolari, per unirsi ad esse a un livello superiore) è stata una delle lacune della II e della III Internazionale nei paesi imperialisti, lacuna frutto dell’influenza nelle file delle masse popolari della democrazia borghese in cui la classe dirigente c’è, ma non si proclama apertamente come tale perché “siamo tutti eguali”, perché la classe dirigente si maschera e perché è, per sua natura, una classe dirigente composta di capitalisti ognuno contrapposto all’altro (oltre che alle masse popolari) per valorizzare il suo proprio capitale. Chi rifiuta la tesi che i comunisti sono la classe dirigente del proletariato e delle masse popolari, non capisce neanche la storia dei primi paesi socialisti e non capisce perché la “nuova borghesia” si forma (può formarsi) proprio nel partito e nelle istituzioni di ogni paese socialista.

 

Nel partito comunista esistono dirigenti e diretti, organismi dirigenti e organismi diretti. Vi è però una differenza radicale tra la direzione esercitata nel partito e la direzione del partito sulle masse.

 Nel partito la direzione si basa principalmente sulla coscienza dei membri, sul legame volontario che li unisce per il ruolo che svolgono. Dirigenti e diretti sono uniti dal ruolo sociale comune che vogliono svolgere e da un’intesa: una concezione, una linea, un obiettivo e una particolare loro organizzazione. L’individuo e l’organismo diretto sa che è diretto e accetta consapevolmente di essere diretto e a sua volta, tramite le procedure del centralismo democratico, contribuisce alla definizione della linea e valuta e designa il dirigente.

Nei paesi imperialisti il partito dirige le masse popolari principalmente grazie alla linea di massa: alla direzione che il partito esercita nella loro lotta rivendicativa contro la borghesia e nella loro resistenza al procedere della crisi del capitalismo, alla scuola di comunismo che il partito svolge e all’adesione più o meno cosciente delle masse popolari alla guerra popolare rivoluzionaria che il partito promuove.

Nei paesi socialisti nella direzione che il partito esercita sulle masse popolari si combinano il legame istituzionale tra masse popolari e Stato della dittatura del proletariato e la direzione che il partito svolge direttamente tra le masse popolari tramite la linea di massa.

Il comunismo sarà una società in cui non esiste più una classe dirigente distinta dal resto della popolazione, cioè una classe composta da individui selezionati e formati a dirigere e uniti tra di loro da un vincolo particolare. Ad ogni livello territoriale, in ogni azienda e istituzione la popolazione sarà organizzata e si dirigerà costituendo le istituzioni necessarie alla propria vita sociale, tracciando l’orientamento dell’attività di esse senza segreti e procedure riservate e designando e controllando le istituzioni di livello superiore. Quello che in embrione era il sistema sovietico. L’educazione della popolazione e il grande sviluppo delle forze produttive assicureranno le condizioni e le risorse necessarie a questo sistema.

Ernesto V.

Lenin spazza via re e capitalisti