La Voce 59 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - luglio 2018

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

Formare e “curare” la personalità dei comunisti per creare la nuova classe dirigente del proletariato e delle masse popolari

Indice

1. Formare dirigenti comunisti di tipo nuovo

2. Trasformare la mentalità e la personalità è necessario e possibile

3. Quali sono i principali problemi di mentalità e personalità di alcuni membri e candidati che influiscono negativamente sulla loro azione e sul loro ruolo nel Partito?

4. Alcuni criteri e metodi per dirigere i processi di trasformazione della mentalità e della personalità

5. Conclusioni

 

1. Formare dirigenti comunisti di tipo nuovo

Dopo la scoperta della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria, viene la scoperta della Riforma Intellettuale e Morale, seconda per importanza solo alla prima. Nell’applicazione della linea tracciata ci siamo resi conto che dobbiamo sviluppare la cura e la formazione di quanti aspirano a diventare comunisti e dei membri stessi del Partito fino a determinare la loro trasformazione. Nei paesi imperialisti per essere all’altezza del suo compito, per essere capace di dirigere la Guerra Popolare Rivoluzionaria, il Partito deve promuovere nelle sue file una riforma intellettuale e morale (RIM), che consta di studio della concezione comunista del mondo, della storia del nostro paese, della sua composizione di classe e delle sue relazioni internazionali, del corso delle cose e della nostra linea e di processi di critica-autocritica-trasformazione (CAT) per trasformare la concezione del mondo, la mentalità e in una certa misura anche la personalità dei singoli compagni. Con la RIM noi applichiamo il sesto apporto del maoismo (“ogni membro del partito comunista non è solo soggetto della rivoluzione socialista, ma anche oggetto della rivoluzione socialista”) per superare la prassi e la concezione della Internazionale Comunista, secondo cui un compagno aderiva al partito e si impegnava a dare (e di regola dava) “il massimo del contributo di cui è capace stante quello che lui è”. Il principio era: “mi arruolo nel Partito e faccio con generosità tutto quello che sono capace di fare, meglio che sono capace di fare stante quello che io sono, la formazione fisico-sociale che sono e le condizioni in cui vivo”.

Questo non basta. Nei partiti della prima Internazionale Comunista hanno potuto, senza infrangere la disciplina e le regole del partito, restare e anche acquisire posizione dirigente individui come Giorgio Napolitano (entrato nel PCI subito dopo la fine della II Guerra Mondiale). Ma il discorso vale anche per dirigenti che non sono arrivati al suo livello di degenerazione e depravazione. Basti pensare a Giorgio Amendola (mentore di Napolitano), a Enrico Berlinguer e altri. Ancora più istruttivo è pensare ai milioni di compagni che hanno dato generosamente tutto quello che erano capaci di dare senza che con questo il PCI arrivasse a instaurare il socialismo. Da questo abbiamo imparato che un compagno che aderisce al Partito, deve essere disposto a trasformarsi per diventare capace di dare “il massimo contributo a cui può arrivare”.

Ogni individuo è quello che è, ma è anche quello che non è ancora, ma che può arrivare a essere trasformando la sua concezione del mondo, la sua mentalità e in qualche misura anche la sua personalità, cioè facendosi oggetto della rivoluzione e non solo soggetto. Ogni individuo è una formazione (uso il termine nel senso con cui compare nell’espressione che un terreno o una roccia è una formazione geologica) fisico-sociale, con una componente fisica,  chimica, biologica che si sviluppano secondo loro proprie leggi e una componente spirituale - psicologica, intellettuale, ecc. - che anch’essa si sviluppa secondo sue proprie leggi, combinate come in un calcolatore sono combinati l’hard e il soft. Quando aderisce al Partito, si ritrova con una concezione del mondo, una mentalità e una personalità. Ha margini notevoli, importanti, non sappiamo quanto grandi di trasformazione. Bisogna metterli in opera, valorizzarli.

Noi dobbiamo trasformarci per imparare a fare la rivoluzione: “diventare un comunista migliore di quello che è al momento dell’adesione, diventare più capace di combattere la borghesia e il clero e di fare la rivoluzione”.

Di fatto la trasformazione già in qualche misura si faceva anche nel passato, nel movimento comunista cosciente e organizzato: i suoi membri si trasformavano. Facevano di più e meglio perché di fatto si trasformavano grazie alla pratica in cui venivano coinvolti (in cui il Partito li coinvolgeva e in sui si coinvolgevano) e la formazione che ricevevano. Ma la trasformazione non veniva perseguita in modo consapevole, organizzato, sistematico, universale, ricavando dall’esperienza una scienza della trasformazione. Anche in questo campo la pratica precede la teoria: prima facciamo una cosa e poi ne prendiamo coscienza e grazie alla coscienza la facciamo a un livello superiore. Ci siamo resi conto che in questa lacuna vi era un fattore di debolezza. Bisognava andare più avanti. Lo facciamo e impariamo a farlo.

 

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La trasformazione della mentalità e della personalità è un processo concreto di lotta tra concezioni del mondo e di trasformazione (revisione critica di concezioni, mentalità e aspetti della propria personalità), che fa leva sugli aspetti ideologici e sugli obiettivi pratici connessi alla trasformazione dell’attuale struttura economica, politica e sociale per creare nel compagno una nuova personalità. Un processo educativo e formativo strettamente legato al processo generale di trasformazione della società, come processo insieme oggettivo e soggettivo, in cui ogni comunista (dirigente e diretto) diventa soggetto e oggetto della trasformazione.

È un processo in cui il compagno sottoposto alla “cura” partecipa sempre più coscientemente e attivamente, fino a diventare egli stesso, già nel corso del processo, medico (curatore e formatore) di altri compagni, divulgatore di una scienza che emancipa ed eleva le persone, che costruisce gli uomini e le donne del futuro. Il processo diventa una cura sociale, in quanto alimenta e sviluppa la partecipazione sempre più attiva e cosciente alla lotta per il socialismo, l’unico sistema in grado di farla finita con i mali del capitalismo.

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Così in vari scritti del Partito (tra cui il Comunicato CC 30/2014 - 3 ottobre 2014 e articoli di La Voce n. 30, 33, 35, 56 e altri) abbiamo lanciato la parola d’ordine che “per diventare comunisti di tipo nuovo dobbiamo trasformare la nostra concezione del mondo, la nostra mentalità e la nostra personalità modellate dalla Repubblica Pontificia” e indicato la RIM come via per compiere questa trasformazione.

Coerentemente con questo orientamento, negli ultimi anni abbiamo promosso un grosso lavoro per far conoscere e studiare la scienza comunista a quadri e militanti della Carovana e fatto dei passi avanti nella comprensione e nella verifica della condivisione di essa, quindi nel passaggio dall’adesione identitaria e “incosciente” alla causa del comunismo all’adesione più cosciente.

Questo lavoro da una parte e la cura di nuovi candidati dall’altra ci hanno fatto capire che la RIM dei compagni e delle compagne del Partito deve investire ciascuno dei tre ambiti (concezione, mentalità e personalità) che caratterizzano una persona e, in particolare, che ai fini del consolidamento e rafforzamento del Partito dobbiamo dare più importanza che in passato alla cura e trasformazione della personalità e della mentalità dei compagni. La conoscenza e la condivisione della scienza comunista infatti non sono ancora (non portano automaticamente alla) assimilazione e senza assimilazione non può progredire l’applicazione sistematica della scienza comunista. Ma per avanzare nel processo di assimi lazione e pratica della scienza occorre operare una trasformazione della mentalità e della personalità: cambiamento particolare e più difficile per noi comunisti dei paesi imperialisti, perché controcorrente (contro la corrente comune, contro il comune sentire imposto dalla borghesia e dal clero come modo di sentire “naturale”, “ovvio” - sistema di intossicazione e di diversione). Quindi richiede un particolare sforzo e delle forzature. Anche per questo nonostante il livello raggiunto dal Partito nel bilancio dell’esperienza del movimento comunista, nell’analisi del corso delle cose e nella definizione della linea generale e nonostante il celere procedere della crisi generale del capitalismo, oggi la formazione di quadri comunisti adeguati a svolgere il ruolo di avanguardia dirigente della classe operaia e del resto delle masse popolari (capaci, con la determinazione e la lungimiranza di chi ha assimilato la scienza delle forme e delle condizioni della lotta di classe, di raccogliere le forze già oggi disponibili, formarle e dirigerle a lottare) procede ancora lentamente. Ma proprio la formazione di quadri comunisti è la parte decisiva della Guerra Popolare Rivoluzionaria.

 

2. Trasformare la mentalità e la personalità è necessario e possibile

Per aderire alla causa del comunismo, per proclamare e propagandare la causa del comunismo, basta l’adesione identitaria alla concezione comunista del mondo. Per comprendere a fondo la realtà e per trasformarla occorre un’adesione più profonda che deriva dall’assimilazione della concezione comunista e dal cambiamento della mentalità e della personalità. Cambiamento che riguarda il rapporto di un individuo con gli altri e la loro vita associata, l’individuo che diventa soggetto e oggetto dei processi: un cambiamento necessario per affrontare con successo la situazione e i compiti della fase. La trasformazione della mentalità (il modo di vedere la cose e di ragionare che una persona prende più o meno criticamente dal gruppo sociale in cui è inserita e dalla pratica sociale che ha alle spalle) e la trasformazione della personalità (le caratteristiche intellettuali, morali, psicologiche e fisiche di una persona che derivano dalla sua esperienza di vita familiare e sociale: di alcune di esse l’individuo è cosciente, di altre no) in funzione dei compiti del Partito in questa fase, hanno una rilevanza particolare per la formazione dei comunisti di tipo nuovo. La questione riguarda in modo particolare noi comunisti dei paesi imperialisti. Essa assume un carattere distinto e urgente per compagni che occupano posti dirigenti nel Partito (“partire dalla testa”), ma investe tutti i membri.

Noi esigiamo che ogni membro aderisca al marxismo-leninismo-maoismo e al nostro Manifesto Programma, cioè alla concezione comunista del mondo. Un po’ come si esige che un chimico impieghi nel suo lavoro la scienza chimica. Non esigiamo (e sarebbe assurdo esigere) che tutti gli individui abbiano la stessa mentalità. Tanto meno esigiamo che abbiano la stessa personalità. Tuttavia dobbiamo elevare la nostra mentalità e personalità all’altezza della nostra concezione del mondo per essere capaci di avanzare nella sua assimilazione e applicazione. Allo stesso tempo dobbiamo studiare la personalità dell’individuo che dobbiamo dirigere o con cui dobbiamo lavorare (o che dobbiamo combattere).

 

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Gli uomini fanno da sempre la loro storia: è una favola che l’abbia fatta dio o qualche individuo superiore agli altri. Le attività con le quali l’hanno fatta si sono svolte secondo leggi che i marxisti individuano studiandole. Il materialismo storico è una di esse. Uno dei tratti che distingue la storia che gli uomini stanno facendo oggi dalla storia che l’ha preceduta è che gli uomini riescono a farla solo grazie a un certo livello di consapevolezza di quello che stanno facendo (degli obiettivi) e dei metodi e strumenti necessari. La scienza comunista è questa consapevolezza. I comunisti la usano nel promuovere la rivoluzione socialista, cioè per guidare le masse popolari a fare la propria storia.

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Gli individui sono formati dalle condizioni ambientali e sociali (rapporti sociali) in cui vivono: è una delle tesi del  materialismo dialettico (la terza e quarta delle 11 Tesi su Feuerbach di Marx - vedi La Voce n. 58 pagg. 28 e 29). “I rapporti sociali hanno una loro logica: gli uomini fino a che si troveranno in rapporti determinati, sentiranno, penseranno e agiranno in un dato modo e non altrimenti. Ma, se io so in che senso cambiano i rapporti sociali in virtù di determinati mutamenti del processo sociale ed economico della produzione, so pure in che senso cambierà la psicologia sociale; di conseguenza ho la possibilità di influire su di essa. Influire sulla psicologia sociale vuol dire influire sugli avvenimenti storici. In questo senso posso fare la storia e non mi occorre aspettare che essa ‘sia fatta’”.(1) Detto in altre parole, noi comunisti non stiamo ad attendere che le cose accadano, dirigiamo le masse popolari a fare la loro storia.

 

1. G.V. Plekhanov (1856-1918), La funzione della personalità nella storia, Editori Riuniti. Plekhanov è stato il primo marxista che ha trattato in esteso del ruolo della personalità nella storia (“il movimento storico dell’umanità come un processo basato su leggi determinate”; “il carattere dell’individuo è un ‘fattore’ dello sviluppo sociale solamente dove, quando e in quanto lo permettono i rapporti sociali”; è il contesto storico che crea l’affermazione dei personaggi alla Napoleone, non sono questi personaggi a creare la storia; ecc.) contro le concezioni soggettiviste (sono i personaggi a fare la storia) e fataliste della storia.

 

Nella società imperialista si scontrano due linee nella formazione degli individui: formare ogni individuo a essere individualista (cliente, consumatore, lavoratore, membro della sua famiglia) o formare ogni individuo a sentirsi, comportarsi e riconoscersi come membro di un collettivo. Ogni individuo è formato (forgiato) dalle condizioni e dalle circostanze (dai rapporti) in cui cresce e vive:(2) non esiste l’essere umano per natura individualista ed egoista, non esiste l’essere umano per natura collettivista e altruista. La concezione del mondo, la mentalità e la personalità di ogni essere umano si trasforma sotto l’impulso delle circostanze, della comunicazione (educazione) e della sua consapevole attività di trasformazione (RIM e processo di CAT contro il primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva).

Quando una persona incontra e si lega al Partito compie una svolta e un salto perché da quel momento inizia la sua consapevole partecipazione alla scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia e all’attività di trasformazione degli individui diretta dal Partito.

 

2. I tratti di personalità si formano a partire dall’esperienza che l’individuo compie in ognuna delle fasi della sua evoluzione, a partire dalla prima infanzia, dall’educazione ricevuta nell’ambiente familiare e nelle sue relazioni sociali. Gramsci descrive bene come le concezioni del mondo borghese e clericale influenzano anche le famiglie dei comunisti e come queste concezioni si annidano e si consolidano nel “senso comune”, nel “buon senso”, ma che grazie al movimento comunista e al Partito possiamo forgiare una nuova personalità adeguata a trasformare il mondo. Il testo Concezione comunista ed educazione familiare, pubblicato su La Voce n. 42 è utile anche per aiutare ogni compagno a capire come i metodi educativi indicati nell’articolo hanno influito sul tipo di educazione familiare ricevuta e sull’influenza che questa ha avuto nella formazione della sua concezione, mentalità e personalità. Questa comprensione deve essere utilizzata ai fini dell’educazione che noi comunisti facciamo e promuoviamo nei confronti delle nuove generazioni. Un’educazione, che come dice Makarenko, “cerca di vincere tutto ciò che è meschino, volgare e animalesco, per educare nell’uomo quanto è veramente umano, per dare ai giovani il maggior numero di cognizioni possibile, per sviluppare la coscienza critica, fin dalla più tenera età. Il fanciullo deve ancora diventare uomo nel vero senso di questa parola, deve ancora formare la propria personalità”.

 

Dobbiamo considerare che la concezione del mondo è una cosa che si cambia anche in breve tempo (tramite corsi intensivi di studio), mentre la mentalità e la personalità sono più difficili da cambiare: richiede un percorso di revisione e rettifica che trae alimento anche dalla formazione intellettuale, ma che attiene principalmente alla modifica della propria condotta (comportamento, atteggiamento, modo di fare). Ad esempio un membro del Partito può padroneggiare l’analisi della seconda crisi generale del capitalismo, può anche saperla spiegare agli altri, ma per assimilarla e farla diventare guida per la sua azione deve cambiare la sua mentalità su alcune questioni: deve capire cosa implica l’analisi della crisi in termini di trasformazione del suo modo di vedere le cose per quanto riguarda la gestione delle sue risorse economi che, l’economia dei suoi familiari, la gestione dei risparmi delle masse popolari, il futuro del capitalismo, ecc. L’assimilazione dell’analisi lo porta a modificare la sua visione del mondo, ma capita ancora che membri del Partito parlano di fase acuta e terminale della crisi, denunciano le speculazioni finanziarie con le quali la borghesia succhia risorse dalle masse popolari, ma poi essi stessi nelle gestione della propria economia e di quella dei familiari si comportano come se questa analisi non avesse delle ripercussioni pratiche ben precise e tendono a gestirle sulla base del senso comune. È un esempio di quanto un limite nell’assimilazione della linea generale, nella traduzione del generale nel particolare e quindi nell’attuazione della linea deriva dal fatto che il compagno mantiene una mentalità da senso comune, non ancora basata sulla concezione comunista del mondo.

Tuttavia è possibile cambiare mentalità e in una certa misura anche la personalità immettendo l’individuo in un percorso pratico (di collaborazione con noi, di contribuzione alla nostra opera) che lo trasforma e, da un certo punto in poi, acquisendo però la sua fattiva collaborazione alla trasformazione della sua personalità e della sua mentalità. Partiamo dal fatto che è possibile: Chuh Teh aveva più di 40 anni ed era cocainomane quando si unì alla rivoluzione e al PCC, eppure si è trasformato. Si tratta di imparare e via via fissare quello che impariamo.

 

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Nei paesi imperialisti ci sono due aspetti a cui dobbiamo prestare attenzione nella trasformazione della nostra personalità e mentalità: senso del dovere e cura del proprio stato fisico.

Per fare la rivoluzione ci vuole energia, forza e senso del dovere. La borghesia educa le classi oppresse a seguire il cuore (ma il “fate l’amore non la guerra” andava bene per i soldati americani in Vietnam, non per i proletari che dobbiamo educare oggi) e l’istinto, a ragionare di stomaco e non di testa. Però i suoi rampolli e in generale i futuri dirigenti delle sue aziende, dei suoi eserciti, ecc. non li educa così: li educa al senso del dovere.

Un compagno che non cura il proprio stato fisico non traduce in pratica la sua convinzione che faremo dell’Italia un nuovo paese socialista (è un problema di scissione tra teoria-pratica) oppure non è convinto della nostra causa (colloca il socialismo in un lontano futuro, tanto lontano da essere ininfluente su quello che fa oggi, sul suo comportamento di oggi). Nel corso folle in cui la borghesia trascina l’umanità c’è una componente malsana in termini di alimentazione (mangiare quando si ha fame come gli animali e non all’ora dei pasti, non avere un’alimentazione sana e regolare, ecc.), in termini di esercizio fisico, in termini di regole di vita, ecc. Bisogna fare sport e avere un’alimentazione sana e regolare, impostandola in un modo tale che diventi uno stile abitudinario (normale) e che sia semplice (ossia un’alimentazione nutriente, con una serie di piatti ricorrenti e che non assorbe tempo eccessivo per fare la spesa e per “inventare ricette” ogni volta: in questo modo la creatività può essere usata per le attività principali). Questo è un orientamento che ogni dirigente deve usare per sé e nella formazione. Un dirigente che “predica bene ma razzola male” è diseducativo per i compagni e alimenta la scissione tra teoria-pratica. La cura della propria salute fisica è uno dei campi in cui si manifesta la responsabilità che ci siamo assunti verso le masse popolari.

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3. Quali sono i principali problemi di mentalità e personalità di alcuni membri e candidati che influiscono negativamente sulla loro azione e sul loro ruolo nel Partito?

Il principale problema che il Partito deve affrontare è la carenza (se non la mancanza) di spirito e piglio dirigente verso se stessi, verso gli altri (verso i compagni che si dirigono, verso le masse popolari, verso le persone con cui per qualche motivo si ha a che fare: parenti, amici e conoscenti, colleghi di lavoro o di scuola) e la loro vita associata. Si tratta di comportamenti e attitudini espressione di una mentalità da autodidatta (pensare che le cose e le persone maturino da sé, ognuno si fa da sé, “se ci sono riuscito io, possono farlo anche gli altri”) e di una personalità conciliante, remissiva, codista e fatalista, di chi non dà battaglia per vincere (orientarsi sulla base del senso comune, non fare discorsi netti, adagiarsi sull’arretrato, accontentarsi, liberalismo), di chi non ha la granitica certezza che è possibile vincere la borghesia e trasformare la società (“il socialismo è possibile e necessario”), di chi non ha fiducia nella capacità del Partito e sua di trasformare gli uomini e le donne e conquistarli alla causa (praticare la politica dei piccoli passi, non incidere a fondo per estirpare il bubbone, non “curare la malattia per salvare il malato”). Nei dirigenti del Partito sono espressione  del passaggio che essi per primi devono fare dall’illustrare ai diretti e spiegare anche bene (con scritti, discorsi, lettere o riunioni) la linea e poi lasciare che ognuno di essi faccia quello su cui è d’accordo e che si sente di fare, al tradurre la linea in un programma abbastanza dettagliato di operazioni pratiche che fa attuare (impone), al portare le persone a fare cose che altrimenti non farebbero, all’andare a fondo sulle questioni tanto quanto l’attività in corso e il caso concreto lo comportano (senza “castrare” il compagno diretto, cioè senza togliergli spazio di iniziativa), al condurre processi di RIM e CAT incisivi contrastando la paura di perdere i compagni (i compagni si perdono quando non si curano secondo una linea che li fa avanzare), al rompere con l’attendismo e il fatalismo (aspettare e sperare che le cose si aggiustino da sole).

Sono comportamenti e attitudini che riflettono, in una combinazione che è particolare per ogni singolo compagno, due fattori generali:

- riguardano in generale gli elementi delle masse popolari, quindi riguardano gran parte di noi comunisti che veniamo dalle masse popolari e siamo cresciuti allo stato brado, sottomessi e impregnati dal secolare oscurantismo della Chiesa Cattolica che pervade il nostro paese, che siamo vissuti nella fase di decadenza del movimento comunista (prevalere del revisionismo moderno e poi della sinistra borghese) e nella fase iniziale della sua rinascita sulla base del marxismo-leninismo-maoismo. È vero che tra le masse popolari ci sono anche persone arroganti, ma essere arroganti è diverso dall’essere dirigenti: i dirigenti devono capire gli altri e portarli a fare cose che spontaneamente non farebbero, prendere decisioni in contesti particolari (“tradurre la linea generale nel particolare”), assumersi la responsabilità di dirigere e fare;

- nei paesi imperialisti il retaggio del vecchio movimento comunista di cui abbiamo detto all’inizio, che si è combinato al fatto che la borghesia imperialista con il regime di controrivoluzione preventiva (MP - capitolo 1.3.3) e il lungo periodo di predominio dei revisionisti moderni e di “capitalismo dal volto umano” hanno alimentato anche tra le masse popolari concezioni e stili di vita decadenti, distruttivi e autodistruttivi. Da qui l’importanza particolare che ha per i comunisti dei paesi imperialisti la lotta contro il primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva (intossicazione e diversione) e le tre trappole.(3)

 

3. Vedi Le tre trappole, in La Voce n. 54.

 

A questi due fattori, per quanto ci riguarda, si aggiunge che la Carovana del (n)PCI è partita da un nucleo di compagni che per forza di cose in diversi campi si sono formati da autodidatti e facendo fronte ai propri errori: “provando e riprovando, ma senza arrendersi né farsi abbattere dagli errori”. Quel nucleo ha posto basi solide per lo sviluppo della nostra azione, ma vari di noi portano ancora i segni negativi di questa origine.

 

Quali sono le principali manifestazioni della carenza di piglio dirigente verso se stessi e gli altri?

Ci sono compagni che mescolano e rimescolano l’analisi di se stessi e delle loro vicende familiari e personali invece di a) guardare a se stessi come rappresentativi di una società in una determinata fase, di una classe, di un ambiente (ogni singolo individuo riflette caratteristiche che sono sociali - della società e di parti di essa -, degli scontri, delle contraddizioni e delle trasformazioni che sono in corso in essa) e come qualcosa che si trasforma, b) analizzarle per capire cosa devono trasformare per assolvere al ruolo che il Partito ha assegnato loro nella rivoluzione socialista e come fare a trasformarsi.

Alcuni riconoscono che è necessario modificare il proprio stile di vita e di lavoro, ma continuano a mantenere uno stile di lavoro approssimativo e superficiale e non si sottopongono con serietà e costanza alla cura, più o meno lunga e profonda, indicata dal Partito (dai dirigenti e dai collettivi di riferimento).

 Altri riconoscono i propri limiti (orientarsi sulla base del senso comune, dipendenza da relazioni familiari malsane, accodarsi alle situazioni e ai diretti, quieto vivere, ecc.) nella direzione della propria vita, degli organismi e degli altri compagni, ma li trattano come una colpa (concezione clericale) o una propria tara (“non sono capace”, “sono inadeguato”), invece di mettersi all’opera nello sperimentare i criteri e i metodi che il Partito ha già elaborato e in una certa misura sperimentato come validi.

Ci sono compagni che dalla vicende della loro vita sono stati formati a cercare la benevolenza e l’affetto, quindi a realizzare la loro partecipazione alla società (partecipazione di cui ogni individuo ha bisogno) tramite la buona condotta: “buona” nel senso di conforme ai desideri e alle prescrizioni della società di cui aspirano a far parte, quindi approvata da essa. Da qui dogmatismo e sottomissione, accondiscendenza. È un’attitudine tipica e diffusa tra le classi oppresse e arretrate.

Ci sono compagni che sono ben lanciati nello studio e nel lavoro di massa ma hanno difficoltà a organizzare e gestire la loro vita e soprattutto le loro relazioni personali in funzione del loro ruolo sociale. Le necessità della vita e le relazioni personali sono aspetti secondari nel senso che non sono quello attorno a cui ruota la vita di un membro del Partito, ma non nel senso che non se ne deve occupare. Dobbiamo quindi occuparci sistematicamente e bene (dedicare energie e una cura particolare) di come i membri del Partito organizzano e gestiscono la loro vita e le loro relazioni personali e sentimentali: verificare, spingerli e insegnare loro a organizzarle e gestirle in funzione del ruolo sociale che hanno assunto e vogliono svolgere. Il criterio è che per dirigere gli altri dobbiamo dirigere noi stessi.

Ci sono infine due tipi di candidati con i quali negli ultimi tempi abbiamo a che fare, la cui cura e formazione pone con particolare forza la necessità di avere un piglio dirigente.

- Individui che hanno una personalità aggrovigliata nel senso comune, nella debolezza di volontà e nelle tre trappole. Sono persone sane in quanto vogliono lottare contro questa società malsana ma affette, a diversi livelli di gravità, dal mal di vivere:(4) vengono a noi non su base identitaria (adesione al movimento comunista, alla sua storia e ai sentimenti che lo animano), ma perché sono alla ricerca di una ragione di vita che non trovano nella vita corrente. Aspirano a un mondo migliore (tendenza positiva) ma presentano problemi di scissione tra quello che dicono e quello che fanno, tra le loro aspirazioni e la loro pratica. A volte si tratta di persone che hanno cercato il senso della propria vita in qualche altra persona anziché nel partecipare (a livelli che possono essere diversi: protagonista o sostenitore) a realizzare la trasformazione di cui il contesto in cui vive è gravido o a compiere l’impresa in cui è occupato il gruppo di cui fa parte: la cosa  crea rapporti di dipendenza personale ed espone la persona dipendente a cadute brusche, perché la persona da cui dipende è sottoposta, come ogni individuo, ai mille accidenti della vita. Sta a noi educarle, mobilitarle e dar loro un ruolo nelle file di quelli che contribuiscono alla lotta per instaurare il socialismo: la partecipazione alla lotta di classe è il modo migliore anche per curare la fragilità psicologica e il mal di vivere da cui sono affetti. Per dirigere efficacemente i processi di RIM di questi compagni occorre esaminare bene le questioni di personalità e mentalità, non basta fermarsi alla concezione. Prima di tutto dobbiamo rispondere alla domanda: “questa persona è adatta a noi? è adatta al lavoro di Partito?”. In secondo luogo dobbiamo rispondere alla domanda: “ha la volontà oppure l’ambizione oppure la spinta morale oppure la curiosità intellettuale sufficiente per affrontare la trasformazione che il mettersi alla scuola del Partito e partecipare alla sua esperienza comportano?”. La riposta positiva a queste due domande è vincolante per avviare il percorso di candidatura, un percorso che richiede una direzione salda e decisa per portarlo a termine (decidere se farlo diventare un membro o un collaboratore del Partito).

 

4. Vedi Note sul senso della vita e la “ragione di vivere” e Perché vivo, che senso ha la mia vita? Che senso dai alla tua vita?, in La Voce n. 52. Nei paesi imperialisti il “mal di vivere” non è una questione individuale, ma un fenomeno sociale: riguarda decine di milioni di membri delle classi oppresse (in particolare giovani), anche se si manifesta in modi specifici in ogni individuo particolare e concreto. La borghesia da una parte ha emancipato l’individuo dalla dipendenza primitiva, quasi animale dal gruppo in cui è nato o è collocato dal sistema dei rapporti sociali, ma dall’altra nella fase della sua decadenza, da quando il suo sistema sociale è storicamente superato, nella sua resistenza al comunismo avanzante distrugge in un numero crescente di individui il senso della propria esistenza: l’insicurezza e l’instabilità psicologica di tanti individui ne sono una manifestazione. Con la partecipazione consapevole e organizzata alla rivoluzione socialista, una persona trova nelle relazioni che instaura (praticamente con i membri del Partito e con altri, idealmente con il resto dell’umanità vicina e lontana) il senso della sua vita e via via trascinerà anche altri nella nostra opera (la rivoluzione socialista) che dà all’esistenza individuale il senso che la restaurazione del dominio della borghesia sul mondo distrugge su scala crescente: la borghesia ha portato l’umanità in una situazione in cui la possibilità di assicurare a tutti quanto serve per vivere dignitosamente da una parte elimina il fattore principale che da sempre ha dato senso anche alla vita del singolo individuo e dall’altra provoca esuberi, fame, obesità, inquinamento, ecc. Quindi oggi il senso della vita di ogni individuo consiste nel far fronte a questi problemi, cioè nel partecipare alla lotta di classe, alla lotta per instaurare il socialismo.

 

- Individui che provengono dalle classi non proletarie delle masse popolari o dalla borghesia. Sono persone che in positivo possono avere qualità utili al lavoro del Partito, ma in negativo portano concezioni, mentalità che ereditano dalla classe d’origine (individualismo, arrivismo, liberalismo, disprezzo verso le masse) e che dobbiamo combattere con decisione per contrastare l’influenza della borghesia e del clero nelle nostre file. Per questo li accettiamo se, e solo se, fanno una chiara, precisa e verificabile scelta di dedicarsi alla causa del proletariato e di dedicare la propria vita a imparare a fare la rivoluzione socialista. Devono senza riserve mettersi alla scuola e partecipare alla pratica del Partito. Se il compagno non è disposto a imbarcarsi nell’impresa tagliando i ponti alle spalle, è meglio (se comunque può essere utile al lavoro del Partito) farne un collaboratore. Anche per questo tipo di persone occorre una direzione ferma e chiara per dirigere efficacemente il percorso di RIM che si articolerà in processi di rottura (lotta tra vecchio e nuovo) e passi pratici, che necessariamente avverranno per tappe successive.(5)

 

5. Acquisire una personalità dirigente è un problema che si pone in maniera diversa per quei compagni che vengono dalla borghesia e dalle masse popolari non proletarie che vivono in condizioni agiate. Questi compagni, data la loro estrazione di classe, sono educati a dirigere e comandare gli altri e in una certa misura esprimono spontaneamente una personalità dirigente. Tuttavia è una personalità dirigente inadeguata per il loro ruolo di dirigenti comunisti. Il ruolo dirigente di un comunista contempla sia il comando e la direzione degli altri (in questo è per molti aspetti simile alla direzione borghese) sia l’azione tesa ad educare, formare e organizzare gli altri (una direzione che mira dunque ad elevare gli altri e ad eliminare il divario che esiste tra dirigente e diretto: entrambi sono funzionali e partecipano alla comune lotta per il socialismo).

 

 

I problemi connessi alla trasformazione della mentalità e della personalità di membri e candidati sorgono nel Partito sulla spinta delle condizioni oggettive e soggettive dei compiti della lotta rivoluzionaria in corso. Si tratta quindi di problemi che, come diceva Marx, sorgono “solo quando le condizioni materiali della loro soluzione esistono già o almeno sono in formazione”. Anche in questo campo dobbiamo applicare la scienza del movimento comunista, il materialismo dialettico, con spirito sperimentale, facendo tesoro dell’esperienza che ricaviamo dalla storia del movimento comunista e dalla nostra esperienza diretta.

 

4. Alcuni criteri e metodi che abbiamo messo a punto per dirigere i processi di trasformazione della mentalità e della personalità

Un processo di cura e trasformazione della mentalità e della personalità per essere condotto con successo richiede

1. da parte del compagno oggetto della “cura”, una profonda adesione alla causa del comunismo, la volontà e decisio ne individuale di diventare comunista (di mettersi senza riserve al servizio della causa del proletariato e del Partito) e la disponibilità ad affidarsi alle cure del Partito;

2. da parte del soggetto responsabile (dirigente e collettivo) della “cura” del compagno:

a) di avere fiducia, basata sull’analisi concreta della situazione concreta (concreto reale del compagno), che il compagno è adatto (caratteristiche personali e volontà di mettersi alla scuola e partecipare alla pratica del Partito) a diventare membro del Partito,

b) di avere fiducia che possiamo trasformarlo (abbiamo la scienza per trasformarlo e dargli un posto nella lotta di classe), partendo da quello che è ma soprattutto guardando a quello che può e deve diventare, tenendo presente che la concezione è una cosa che si può cambiare abbastanza facilmente, mentre la mentalità e la personalità sono più difficili da cambiare. È un percorso lungo, profondo e doloroso che porta a una rettifica più o meno profonda (quanto? dipende dalle origini di classe della persona coinvolta e da quanto essa è impregnata da concezioni, abitudini e pratiche borghesi e clericali e della sinistra borghese).(6) È come quando uno fa allenamento. L’allenamento è una costrizione dolorosa, ma quando grazie all’allenamento uno è arrivato a essere capace di correre, saltare, fare, ecc. allora è finalmente libero di correre, saltare, fare, ecc.: cose di cui prima era incapace. O quando uno studia una scienza. Lo studio è faticoso, richiede disciplina. Ma quando uno via via si ritrova capace di fare, capace di vedere, capace di capire quello che prima non era capace di fare, che non vedeva e non capiva, allora è libero dalle costrizioni cui prima soggiaceva, cui soggiace chi quella scienza non l’ha ancora assimilata.

 

6. Vedi Dirigere e condurre la CAT alla luce del materialismo dialettico, in La Voce n. 46.

 

 

In questo processo bisogna utilizzare il materialismo dialettico (ogni cosa è infinitamente conoscibile e può essere trasformata, causa interna e cause esterne nel processo di trasformazione, ecc.) per aiutare il compagno interessato a comprendere:

- il ruolo che hanno la sua mentalità e la sua personalità nell’adempimento del suo compito di comunista (aspetti positivi su cui far leva per superare i limiti e correggere gli aspetti negativi),

- il ruolo che hanno la gestione e la direzione delle sue relazioni familiari, affettive e sociali ai fini del suo compito principale,

- l’importanza che ha la conoscenza di se stessi (conoscere se stesso e le persone con cui ha a che fare per conoscere il mondo in cui vive e lotta; conoscere il mondo in cui vive e lotta per conoscere meglio se stesso e gli altri), del percorso (storico e logico) di formazione della sua concezione, mentalità e personalità, dell’incidenza che hanno avuto e hanno la famiglia di provenienza, le sue relazioni affettive e sentimentali, le sue esperienze politiche, sindacali, sociali (scolastiche, lavorative, hobby, sportive, ecc.), i suoi aspetti psicologici e umorali.(7) Con l’accortezza, come detto sopra, che non è scavando nei meandri del passato o rimescolando l’analisi di se stessi che si trova la via di uscita: la via di uscita è analizzare le vicende personali per capire cosa dobbiamo trasformare per svolgere il nostro ruolo nella rivoluzione socialista.

 

7. Pavlov Ivan Petrovi? (1849-1936). Fisiologo e medico russo direttore dell’Istituto di Medicina Sperimentale dal 1891 al 1936. Ha avuto una grande influenza su tutta la psicologia e psichiatria sovietiche, con applicazioni anche nel campo dell’educazione. Si occupò anche di teoria della personalità, giungendo a definire una tipologia in quattro tipi (sanguigno, collerico, flemmatico e melanconico) che riprendeva, dandole dignità scientifica (cioè basandola su esperienza e verifica), l’antica tipologia ippocratica. Con i suoi studi degli stimoli condizionati (riflessologia) ha dato, per la prima volta, una dimostrazione oggettiva (e verificata sperimentalmente) della modificazione del comportamento sulla base delle contingenze ambientali.

 

 Dobbiamo far leva su quello che il compagno vuole diventare (su quello che vogliamo farlo diventare):

- per fargli comprendere meglio (grazie all’aiuto e al contributo del collettivo) quello che era ed è diventato (la sua vecchia mentalità e personalità e quella nuova che sta acquisendo) e come avanzare nel processo di trasformazione (fatto un passo, bisogna fare il secondo, il terzo, ecc.),

- per farlo partecipare più attivamente al processo per trasformare il vecchio e costruire il nuovo (la nuova mentalità e la nuova personalità). Il processo di trasformazione è analogo a una terapia, ci sono i medici e c’è il paziente. Il rapporto però non è quello della medicina borghese, il massimo a cui gli uomini sono arrivati in fatto di terapia: il medico fa la diagnosi e prescrive la terapia, il paziente la applica, il medico controlla e adegua la terapia ai risultati.

Il nostro metodo è più avanzato, prende quello a cui la società borghese è arrivata e fa un passo avanti: il ruolo attivo del paziente che via via diventa medico. La guarigione è la trasformazione del paziente in medico. È come in politica. Il comunista elabora una strategia e una linea, la porta alle masse che la assimilano e la applicano e la fine del processo è il comunismo: la distinzione tra comunisti e masse è cancellata, le masse non hanno più bisogno di Stato e di Partito e sono diventate quella “associazione in cui il pieno sviluppo di ognuno è la condizione del pieno sviluppo di tutti”.

Va chiesto al compagno un ruolo attivo. Non nel senso che decide lui quale terapia applica, ma nel senso che cerca di capire la diagnosi che noi facciamo e la terapia che gli prescriviamo, il ragionamento e gli elementi sulla base dei quali noi stabiliamo la terapia e oltre ad applicare la terapia ci dice sinceramente quello che ha da dire sul ragionamento che abbiamo seguito e sugli elementi su cui ci siamo basati. Soprattutto in fatto di elementi su cui ci siamo basati, il compagno interessato ha certamente una conoscenza più diretta (non è detto più profonda e più vasta, ma più diretta certamente) di quella che abbiamo noi e quindi è importante che ci segnali quello che a suo parere noi abbiamo visto male e quello di cui noi non abbiamo tenuto conto. Attenzione: tanto è importante che segnali, quanto è importante che non cambi la terapia di sua iniziativa e tanto meno di nascosto.

 

Scoprire e comprendere che la formazione della propria mentalità e personalità ha principalmente una radice sociale (non è frutto di tare biologiche, del destino più o meno crudele, dei propri genitori, ecc.) diventa liberatorio e porta a una visione più pratica dell’ordinamento economico e sociale del capitalismo e della necessità di superarlo. Per questo è di fondamentale importanza far leva su quello che vogliamo diventare, partire dal senso che vogliamo dare alla nostra vita per superare gli ostacoli e le resistenze che incontriamo nel processo di trasformazione in comunisti di tipo nuovo.

La riforma intellettuale spiana la strada alla nostra riforma morale e l’alimenta ma, come spiegato sopra, ai fini della trasformazione della mentalità e della personalità l’intervento decisivo riguarda la pratica dei compagni del Partito. Per farlo è necessario che, fase per fase, nel dirigere il percorso di trasformazione di un compagno:

- individuiamo gli aspetti di mentalità e personalità che sono da trasformare (il vecchio da superare e il nuovo che dobbiamo far emergere),

- elaboriamo la combinazione di attività intellettuale (studio ed elaborazione dell’esperienza) e soprattutto di attività pratica tramite la quale si articolerà la rettifica del compagno,

- elaboriamo le condizioni di contesto (circostanze) e nei limiti del possibile creiamo circostanze tali da permettere al compagno di cimentarsi nella sua rettifica,

- dirigiamo il processo di rettifica avendo cura e spingendo il compagno ad un ruolo attivo e via via sempre più partecipe (con l’obiettivo che da paziente diventi medico di se stesso e quindi, già durante il percorso, inizi a diventare medico di altri),

- conduciamo con continuità e costanza la cura, prestando attenzione a non iniziare l’intervento e poi sospenderlo ar bitrariamente (è come se un chirurgo iniziasse un intervento e poi lasciasse il paziente in attesa di concluderlo).

 

5. Conclusioni

Anche nel progresso e nella trasformazione degli individui e degli organismi l’elemento dirigente è la coscienza e non lo stato d’animo, il desiderio, l’aspirazione, l’inclinazione. La coscienza deve dirigere la trasformazione che si compie in una lotta tra vecchio e nuovo, tra vero e falso, tra avanzato e arretrato. In ogni individuo vi sono tendenze contraddittorie. Ogni individuo incarna il contrasto tra le classi fondamentali della nostra epoca, tra le due vie e le due linee. Ogni comunista lo incarna in modo particolare, dato il ruolo sociale che egli vuole svolgere nella trasformazione del mondo. Chi vuole essere comunista deve trasformarsi. Diventare comunista vuol dire assumere un atteggiamento, una coscienza e un ruolo diversi da quelli con cui il compagno si ritrova, da quelli correnti (“staccarsi dalle masse, per unirsi alle masse con un ruolo diverso, a un livello superiore”): diventare dirigente dei propri compagni in una lotta offensiva contro la borghesia per eliminarla, diventare disposti a ogni sacrificio per vincere. Ogni comunista è un’unità di opposti. Nel corso della sua vita più volte si troverà consapevolmente a operare per fare in modo che “l’uno si divide in due”. Dobbiamo riconoscere questo contrasto presente in ognuno di noi comunisti e prendere decisamente posizione a favore del temine che rappresenta il futuro, il comunismo, la lotta per instaurare il socialismo: il polo che cerca di affermarsi contro il polo che rappresenta il passato, la società basata sulla divisione in classi e sull’oppressione di classe, il capitalismo o le altre società del passato, il polo che frena la nostra partecipazione alla rivoluzione, che la ostacola, ce ne distoglie.(8)

 

8. CAT: critica, autocritica e trasformazione, in La Voce n. 28.

 

In definitiva la trasformazione di cui abbiamo bisogno è il frutto di una lotta che la coscienza orienta, favorisce, accelera. Senza coscienza rivoluzionaria, non si riesce a svolgere un ruolo rivoluzionario. La coscienza (la conoscenza) indica l’orientamento, le circostanze, il metodo e gli strumenti della lotta per trasformarci e trasformare. La critica dei nostri compagni ci aiuta a formare la nostra coscienza. La loro critica e il loro esempio ci sostengono e stimolano nella lotta.

Questo è il contesto e il percorso della lotta che conduciamo per trasformare il mondo e noi stessi (in persone che hanno una comprensione più avanzata delle condizioni e delle forme della lotta per il comunismo), attraverso l’applicazione e lo sviluppo di una scienza sperimentale elaborata da Marx-Engels, Lenin-Stalin, Mao, Gramsci.

 

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Nell’approcciare ogni possibile candidato, è utile distinguere due ordini di problemi che nella pratica sono combinati e intrecciati ma logicamente sono distinti.

Il primo dobbiamo trattarlo con tutti quelli che sono preoccupati o indignati per il corso attuale delle cose. Riguarda la storia dell’umanità, la natura e la trasformazione della società attuale (il corso delle cose) e si conclude con la tesi che l’umanità per uscire dal pantano attuale deve instaurare il socialismo.

La risposta a questo primo ordine di problemi è questione di scienza (non di opinione), è cosa dimostrata dall’esperienza storica e da verificare su di essa: la si studia, la si assimila e la si applica sviluppandola come avviene per ogni scienza. In questo terreno quindi siamo per la lotta a fondo contro l’eclettismo e la superficialità, il nichilismo, il relativismo che sono oggi tratti distintivi della cultura borghese e a cui sono approdati anche i Gesuiti con papa Bergoglio.

Il secondo dobbiamo trattarlo solo con quelli che, stante la conoscenza acquisita affrontando il primo dei due ordini di problemi, sono convinti che l’umanità per uscire dal pantano attuale deve instaurare il socialismo. Concerne la via da seguire, la linea. Si basa sull’esperienza del movimento comunista (della prima ondata) e sull’analisi della situazione particolare del nostro paese. Indica le conclusioni che ne abbiamo tratto e la linea che stiamo seguendo, la GPR che promuoviamo, i mezzi che ci diamo, la linea del GBP, ecc.

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In questo percorso ogni membro del Partito impara a non lasciare che le cose seguano il loro corso spontaneo: spontaneamente l’arretrato (senso comune) sottomette l’avanzato (concezione comunista). La forza dell’arretrato viene dal fat to che oggi esso ha dalla sua la forza della borghesia e del clero, la forza della tradizione e del potere di cui essi sono la personificazione, la forza che deriva loro dall’attuale debolezza del movimento comunista. È questo che rende forte l’arretrato, non la sua natura intrinseca. Non è la solfa del bene e del male, con il male per sua natura più forte del bene. Al contrario, l’arretrato è per sua natura destinato a scomparire, ma in questa fase concreta della rinascita del movimento comunista, in ognuno di noi l’arretrato gode del vantaggio della forza che complessivamente, nel complesso della società, la borghesia e il clero hanno. Importante è riconoscere i propri limiti e imparare dagli errori per avanzare. Bisogna imparare ad affrontare con serenità e con coraggio le situazioni e trovare vie di avanzamento. È importante dove siamo oggi, ma è ancora più importante che da dove siamo oggi sappiamo avanzare, verso quello che vogliamo diventare.

Sergio G. ed Ernesto V.

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Marx, Engels, Lenin, Stalin dicevano che, passando dalla società borghese (che ha forme molteplici da paese a paese e nel tempo, ma tutte sono basate sul modo di produzione capitalista come modo di produzione dominante) al comunismo, gli uomini, quindi la massa della popolazione, avrebbero dovuto trasformarsi intellettualmente e moralmente: “l’uomo nuovo” è un’espressione ricorrente nella letteratura sovietica. Questa trasformazione sarebbe avvenuta nella fase inferiore del comunismo, che hanno chiamato socialismo (Marx, Critica del Programma di Gotha, 1875). Essa è una trasformazione non arbitraria, da stabilire a buon senso, a fantasia, ognuno secondo il proprio gusto, ecc.: la trasformazione degli individui è dettata dalla trasformazione della società, in quanto ogni individuo è formato dalle condizioni sociali in cui vive e a loro volta gli individui formano la società.

Mao Tse-tung ha aggiunto che i comunisti e il loro partito devono compiere questa trasformazione prima degli altri, durante la rivoluzione socialista: che “i comunisti e il loro partito non sono solo soggetto della rivoluzione socialista, ma anche oggetto di essa” è il sesto grande apporto del maoismo alla concezione comunista del mondo. L’esperienza della prima ondata ha dimostrato, e mostra a tutti quelli che ci riflettono, che se i comunisti non trattano se stessi come oggetto della rivoluzione 1. è impossibile instaurare il socialismo nei paesi imperialisti (qui il socialismo vuol dire riorganizzare il sistema delle relazioni sociali secondo una concezione del mondo che porta la specie umana oltre quello che la specie umana finora è stata) e 2. è impossibile proseguire oltre un certo limite la transizione al comunismo anche nei paesi dove al socialismo si arriva attraverso la rivoluzione di nuova democrazia (dove quindi gli uomini per un certo tratto percorrono la strada che altri hanno già fatto). In conclusione non riescono a essere soggetto della rivoluzione socialista.

Noi sulla base dell’esperienza della prima ondata e della situazione presente abbiamo tradotto che per essere in grado di promuovere e guidare la rivoluzione socialista i comunisti e il loro partito devono trasformarsi. Questo riguarda i singoli compagni (per ogni compagno riguarda la sua concezione del mondo, la sua mentalità e in una certa misura anche la sua personalità e quindi la sua condotta e il suo stile di vita) e il partito (il modo di funzionare del partito nel complesso e di ogni suo organismo).

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Lenin spazza via re e capitalisti