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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - luglio 2018

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

A quelli che sostengono che siamo una setta

 

Che la borghesia e la sinistra borghese denigrino il (n)PCI, il P.CARC e ogni organismo in qualche misura legato alla Carovana del (n)PCI non è strano né deprimente: è anzi un buon segnale. Se il nemico e le persone e gli organismi intellettualmente o moralmente succubi del nemico ci lodassero, sarebbe un cattivo segnale.

Che noi siamo una setta è una malignità corrente. La parola setta ha una sua storia che le conferisce un’accezione negativa. Nel movimento comunista della prima parte dell’Ottocento indicava i gruppi primitivi dei socialisti utopisti (come la Lega dei Giusti che però grazie all’opera di Marx ed Engels divenne nel 1848 Lega dei Comunisti e pubblicò il Manifesto del partito comunista), che al modo delle società segrete della borghesia (Carboneria, Massoneria, ecc.) raggruppavano cospiratori in generale attorno a qualche individuo carismatico. Tratto comune era che ognuna aveva suoi obiettivi segreti, una linea d’azione segreta e propri metodi e riti d’iniziazione. Molte tenevano segreta perfino la loro esistenza.

È chiaro che il (n)PCI non è segreto in questo senso (e tanto meno lo sono il P.CARC e altri organismi pubblici in qualche misura legati alla Carovana del (n)PCI). Il (n)PCI diffonde più ampiamente che riesce il suo Manifesto Programma (MP), propaganda la sua esistenza, la concezione del mondo che lo guida, i suoi obiettivi, la sua linea generale e i suoi metodi d’azione. Sono ben noti il sito Internet www.nuovopci.it, la rivista La Voce, i Comunicati e gli Avvisi ai naviganti, i saluti che mandiamo a chi ce li chiede e la corrispondenza che teniamo anche in chiaro con persone e organismi che non praticano corrispondenza protetta dalla polizia e da occhi indiscreti e ostili. Non nascondiamo, tutt’altro, che promuoviamo la rivoluzione socialista con l’obiettivo di instaurare il socialismo.

A cosa si appigliano quindi i nostri calunniatori (ogni calunnia ha qualche efficacia solo se il calunniatore si appiglia a qualche apparenza reale)?

Uno è la clandestinità. Noi nascondiamo accuratamente chi sono i nostri membri e le attività di ogni nostro singolo organismo e membro. Lo scopo del Partito è abbattere e sostituire lo Stato borghese e sappiamo bene che la borghesia non risparmia mezzi e non esita a ricorrere a crimini, stragi e guerre per perpetuare il suo dominio sulla società. Chi si professa rivoluzionario e non tiene conto di questo, non fa che chiacchierare e imbrogliare quelli che gli danno retta. Noi abbiamo tratto insegnamento dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. Il Partito si è quindi costituito nella clandestinità e opera nella clandestinità e grazie alla clandestinità i suoi membri e organismi arrivano dovunque, tra le masse popolari e anche nelle classi dominanti, nelle istituzioni del clero e della borghesia. Già nel 1999, nel n. 1 della rivista La Voce (reperibile su Internet) nell’articolo Quale partito comunista? abbiamo spiegato perché così doveva essere e così abbiamo fatto. La clandestinità è uno dei tratti, non il solo, che distingue il (n)PCI dal vecchio PCI. E a ragione ce ne distinguiamo: il Partito socialista prima e poi il Partito comunista risultarono incapaci di guidare le masse popolari a prendere il potere, a instaurare il socialismo anche quando l’insofferenza delle masse popolari per l’oppressione della borghesia e del suo clero è stata al massimo, scoppiavano rivolte e in alcuni casi le masse si armavano persino senza la guida del partito socialista o comunista. Non che mancasse la dedizione eroica alla causa del comunismo da parte di migliaia di socialisti e di comunisti. Neanche mancarono dirigenti onesti e anche eroici. Persino dirigenti del PSI, come Giacinto Menotti Serrati (1876 - 1926), hanno dimostrato nella pratica la loro personale devozione senza riserve alla causa.

 Ma la clandestinità non è l’unico appiglio dei nostri denigratori che ci indicano come una setta. Ce ne sono almeno altri due.

? Noi ammettiamo come membro del Partito solo persone che assimilano e praticano nella lotta di classe la scienza comunista, il marxismo-leninismo-maoismo, e a questo fine accettano di trasformare le loro idee e la loro condotta, di liberarsi dal retaggio della formazione che hanno ricevuto e dal senso comune, di abituarsi a criticare, ad autocriticarsi e a trasformare la propria concezione, la propria mentalità e in una certa misura anche la propria personalità. Con le espressioni Riforma Intellettuale e Morale (RIM) e processo di Critica-Autocritica-Trasformazione (CAT) indichiamo questo percorso di trasformazione che avviene secondo criteri per niente misteriosi o arbitrari, ma al contrario derivati dall’esperienza e dalla necessità di dirigere la trasformazione del mondo di cui siamo i promotori, di diventare membri della classe dirigente particolare di cui gli operai, i proletari e le masse popolari hanno bisogno per fare la rivoluzione socialista, instaurare il socialismo e compiere la transizione dal capitalismo al comunismo.

? In secondo luogo c’è che noi epuriamo le nostre file liberandole dagli individui che, quali che siano stati i loro meriti nel passato, si ostinano a non percorrere il processo di trasformazione intellettuale e morale che la scienza e l’esperienza mostrano essere necessari. Il partito comunista non è composto da chi condivide la concezione comunista del mondo, il programma e la linea politica del partito: è composto da chi li attua e si dà i mezzi per attuarli. La divaricazione non è tra chi è a favore della RIM e chi è contro la RIM: la divaricazione è tra chi pratica la RIM e chi non la pratica, sia che si dichiari contrario sia che si dichiari a favore.

Il partito comunista deve essere formato da compagni che si impegnano nel costituire lo Stato Maggiore della classe operaia per mobilitarla e dirigerla a instaurare il socialismo e si danno i mezzi per esserlo. Questa è la rinascita del movimento comunista nei paesi imperialisti. Ovviamente la bontà della nostra linea in definitiva sarà dimostrata dal successo della nostra opera, ma la dimostrazione la daranno quelli che partecipano ad essa. Questa è la scelta che ogni aspirante comunista deve fare oggi.

 

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Noi comunisti siamo quelli che imparano, elaborano e mettono in pratica una scienza, la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, la concezione comunista del mondo. Una scienza contraria al senso comune che la borghesia imperialista e il suo clero hanno imposto. Effettivamente i membri del partito comunista non sono liberi di pensare uno una cosa e l’altro il suo contrario: tutti devono unirsi sulla concezione comunista del mondo, applicarla, verificarla, elaborarla. Nessuno si meraviglia che i chimici e i fisici del mondo intero parlino tutti di atomi, di molecole, di legami chimici, di onde elettromagnetiche, di leggi della fisica o della chimica, ecc. ma la sinistra borghese considera intollerabile che tutti quelli che si occupano della trasformazione della società borghese debbano allo stesso modo parlare di classi, di capitalismo, di socialismo, di dittatura del proletariato e delle altre categorie che riflettono la società borghese e la sua negazione nel comunismo. Noi non ammettiamo nelle nostre file nessuno che non assume al massimo delle sue capacità l’atteggiamento e la condotta del membro di un collettivo di scienziati impegnati in un comune progetto di ricerca e di applicazione e verifica dei risultati della ricerca. Non chiediamo di aderire a riti, a pratiche e a credenze misteriose, esoteriche, come le sette che fioriscono nei paesi imperialisti. Chiediamo di non avere riserve e tabù, di chiedersi il perché di ogni cosa, di imparare a ragionare, di non avere riserve a trasformarsi per adempiere al ruolo di membri dello Stato Maggiore della rivoluzione socialista. Perché questa è la condizione necessaria perché il partito mobiliti e diriga le larghe masse a instaurare il socialismo.

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 La borghesia, come le classi dominanti che l’hanno preceduta, escludono i membri delle classi sfruttate e oppresse, che noi indichiamo complessivamente con l’espressione “masse popolari” (MP cap. 2.2), dall’imparare a pensare e a organizzarsi oltre il livello elementare necessario per lavorare e in generale le escludono dalle attività umane superiori o “specificamente umane” (MP nota 2). Per condurre la guerra popolare rivoluzionaria necessaria per emanciparsi dalla borghesia, le masse popolari hanno quindi bisogno di una classe dirigente. Certamente una classe dirigente la cui particolarità, che la distingue dalle classi dirigenti che dominano e sfruttano, è di essere strettamente legata alle masse popolari (dalle cui file quindi devono provenire gran parte dei membri del Partito) e di lavorare alla propria estinzione: a condurre le masse popolari a trasformarsi attraverso l’esercizio del potere fino a non aver più bisogno di una classe dirigente distinta dal complesso delle masse popolari.

Che il partito comunista deve essere una nuova classe dirigente è cosa particolarmente difficile da capire e da fare per i comunisti dei paesi imperialisti europei e dei paesi di colonizzazione europea (in particolare USA, Australia e Canada). In tutti questi paesi i partiti socialisti e comunisti hanno alcuni tratti comuni al partito socialista e comunista formatisi in Italia. Qui il partito socialista prima e poi quello comunista sono derivati dalle attività culturali e umanitarie dei Turati e dei Prampolini, dalla lotta elettorale (le campagne per avere propri consiglieri comunali e propri deputati), dalla lotta rivendicativa politica (contro autorità locali o statali) e sindacale (contro capitalisti e padroni). Nonostante gli sforzi fatti nell’ambito dell’Internazionale Comunista per bolscevizzare il PCI e nonostante la scuola fornita dall’Unione Sovietica, esso non è arrivato a liberarsi dai limiti di questa origine e diventare un partito adeguato a promuovere la rivoluzione socialista fino alla vittoria. Per questo non è stato adeguato (si è rivelato impotente) quando si trattava di prendere il potere e instaurare la dittatura del proletariato.

Ovviamente tutti i chiacchieroni di buona volontà e anche personalmente onesti e devoti alla causa ammantano questi limiti di buone ragioni. Il più corrente è che “il partito deve formarsi nel fuoco delle lotte”. Effettivamente il PSI e il PCI si erano formati nel fuoco delle lotte: ma non è bastato. Lo “stretto legame” che deve unire il Partito alle masse popolari e in particolare agli operai è il legame che intercorre tra chi dirige e insegna e chi ha bisogno di imparare e di fare: un legame di fiducia reciproca. È il legame che il (n)PCI mira a instaurare con le masse popolari.

Che i nemici delle masse popolari (borghesia e clero) e individui e gruppi intellettualmente o moralmente dipendenti da essi ci indichino come una setta, non ci spaventa: ce ne vantiamo. Con molta umiltà e altrettanto orgoglio dobbiamo tenere ben presente che anche i bolscevichi guidati da Lenin erano accusati di essere una setta da opportunisti di vario genere e tipo: i loro accusatori sono finiti nella spazzatura della storia, i bolscevichi hanno aperto la strada ai “dieci giorni che hanno sconvolto il mondo”!

Oggi ogni individuo trova e può trovare la ragione della sua vita solo nel legame che realmente unisce la sua sorte personale alla sorte del resto dell’umanità: il movimento comunista è la traduzione pratica e attiva di questo legame reale, è il movimento che trasforma lo stato presente delle cose secondo le leggi che esso ha in sé.

Tonia N.

Lenin spazza via re e capitalisti