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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - novembre 2018

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

Alla Redazione di La Voce

  

Cari compagni,

lo sviluppo della rubrica “Consolidamento e rafforzamento del (nuovo) PCI” mi ha spinto a ragionare su un’esperienza di reclutamento che sto conducendo su un compagno con cui ho costruito un rapporto tramite l’attività politica pubblica che svolgo. È un’esperienza che ritengo utile far conoscere, nei suoi tratti gener  ali, per due motivi:

1. perché dimostra le potenzialità dell’agire con la “maschera” ai fini della crescita del partito clandestino,

2. perché fin qui sulla rubrica i contributi giunti da membri e candidati del Partito sull’attività svolta si sono concentrati principalmente sulla propaganda; penso quindi che la trattazione del lavoro di tessitura organizzativa e di reclutamento è utile per estendere la riflessione collettiva e, nella misura in cui è possibile, lo scambio di esperienze, con ricadute positive sul lavoro che ogni compagno del Partito svolge.

  

L’esperienza con la “maschera” e i suoi passaggi

Il salto di qualità nel legame con il compagno (che da tempo segue l’attività della Carovana del (n)PCI) è avvenuto attraverso la valorizzazione del suo crescente interesse rispetto all’esperienza di Che Guevara e la sua teoria militare (il “fuochismo”). Egli mi ha proposto di studiare e commentare assieme testi del “Che” sulla guerriglia. Inizialmente ero per assecondare questa sua proposta, poiché era la prima volta che lui mi proponeva di studiare assieme.

Poi ragionando con il fiduciario che segue la mia attività, siamo giunti però alla conclusione che bisognava prendere la parte migliore di quella proposta, ovvero la tensione del compagno a conoscere e in definitiva a studiare, ma andare oltre il pensiero militare del “Che” e studiare testi della Carovana del (n)PCI sulla strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

Il compagno ha risposto positivamente a questa proposta: la sua era in realtà una richiesta, fatta con gli strumenti che egli aveva, di formazione sulla strategia per fare la rivoluzione nel nostro paese. Ovviamente se il compagno avesse risposto negativamente alla mia proposta, avrei cambiato linea d’intervento e avrei fatto una “lettura comparata” di alcuni testi del “Che” sulla guerriglia e del materiale del (n)PCI.

Attenzione, non sto dicendo che è sbagliato leggere, anche solo per conoscenza storica, libri come quelli del “Che” sulla guerriglia, ma che questi necessitano di una bussola per essere compresi e per evitare di cadere in una concezione militarista della costruzione della rivoluzione socialista (in questo caso il gruppo guerrigliero che si sostituisce alle masse oppure che con la sua azione le “risveglia”) o alimentarla e, sostanzialmente, cadere nell’attendismo (nell’attendere che i tempi diventino, non si sa come, “maturi” per la lotta armata). Il militarismo, per quanto “accattivante” possa emergere dalle pagine di testi simili, è una precisa deviazione, la terza delle tre tare (con l’economicismo e l’elettoralismo) contro le quali dobbiamo combattere per far rinascere il movimento comunista nei paesi imperialisti, perché ognuna di esse porta alla disfatta. Da qui l’importanza di entrare nel merito della materia, trattandola alla luce degli insegnamenti che ne abbiamo ricavato, non cedere alla sua esaltazione o visione romantica ed eroica.

Il compagno ha accettato di partire dall’articolo di La Voce n.1 Quale partito?

  Lo studio collettivo è stato positivo (ha permesso di sviluppare molto la riflessione e il dibattito sulla strategia che occorre) e questo ha aperto la via allo studio di altro materiale della Carovana sulla strategia e soprattutto ha permesso di avviare uno studio del Manifesto Programma. Su questa base se il compagno vorrà ora leggere libri del “Che” sulla guerriglia per sua formazione culturale e “alfabetizzazione storica”, avrà maggiori strumenti sia per comprenderli, sia per ricavare il positivo dal negativo di quell’esperienza. Questo “approfondimento” gli servirà anzi per avere maggiori elementi per capire che la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e l’azione che noi svolgiamo sono giuste.

Il Partito con questo tipo di intervento ha “guadagnato” in autorevolezza agli occhi del compagno perché ha fornito risposte non solo alle sue domande, ma, via via, anche su altro: ha scoperto il ruolo della scienza, del materialismo dialettico e che essa allarga la sua capacità di capire cosa succede sul suo posto di lavoro, nella società tutta, nelle sue relazioni personali. Ha spinto il compagno a “vedere” aspetti del mondo, della nostra opera e di se stesso che prima non conosceva o non comprendeva e tutto questo ha rafforzato anche la fiducia in se stesso e nel contributo che può dare alla rivoluzione socialista in corso nel nostro paese.

Questo lavoro di diversi mesi, fatto sia di riunioni che di incontri “informali” (molto utili per capire con chi ho a che fare), ha fatto sì che i ragionamenti sul (n)PCI, sulla necessità della sua clandestinità e le potenzialità di azione e di crescita che essa consente diventassero un prosieguo naturale di quanto ragionato fino ad allora. Ho scoperto che il compagno guardava da tempo all’organizzazione clandestina (e che quindi la sua richiesta sui testi militari del “Che” mirava proprio ad approfondire l’aspetto del partito clandestino, anche se non aveva posto apertamente la questione, forse per timidezza ma, credo, soprattutto perché non aveva ancora chiaro cosa voleva precisamente approfondire per via delle poche basi politiche che possedeva). Vedendo questa sua tensione, gli ho proposto di contribuire alla propaganda dell’esistenza del (n)PCI e la risposta è stata positiva.

  

Primi insegnamenti e conferme

Vado per punti.

1. Questa esperienza innanzitutto mi è servita per avere maggiore fiducia sulle possibilità di raccogliere forze nel (n)PCI: è infatti la mia prima esperienza di reclutamento nel partito clandestino e non nascondo che inizialmente ero frenato da tutta una serie di dubbi, remore, incertezze. Solo da una fase in poi mi sono “lanciato” e facendolo ho via via compreso che “la strada si apre se noi la percorriamo”, che le possibilità si vedono e in una certa misura si creano se noi “osiamo” cimentarci nell’opera, “osiamo” imparare a vedere con occhi nuovi le persone che ci circondano, “osiamo” avviare un intervento su quelle più “promettenti”. Questo è il primo importante insegnamento.

2. In secondo luogo questa esperienza conferma l’importanza, nella raccolta forze, di un lavoro di dettaglio, concentrato e puntuale, che mette al centro le tensioni migliori del compagno che abbiamo di fronte ma che allo stesso tempo non le recepisce “acriticamente”, ossia accodandosi ad esse. Bisogna invece analizzare di cosa sono espressione reale e, quindi, valutare il modo migliore per sviluppare queste tensioni e far progredire il compagno. In sintesi, l’importanza di adottare nel lavoro di raccolta la linea di massa, nelle sue due componenti: 1. raccogliere le idee sparse tra le masse (in questo caso le idee del compagno su cui interveniamo), elaborarle, ritornare alle masse con orientamenti, linee, parole d’ordine più avanzati (“dalle masse alle masse”), 2. far leva sulla tendenza positiva per far progredire l’individuo, l’organismo, ecc. e per combattere (contrastare, superare) quella negativa.(1)

  

  1. Da questo punto di vista molto utile è l’articolo “Uso del materialismo dialettico nella raccolta ed elevazione delle forze rivoluzionarie” pubblicato su La Voce n. 59, che sintetizza tutta una serie di criteri, principi e metodi per analizzare il compagno su cui interveniamo e promuoverne la crescita e lo sviluppo. Consiglio vivamente a tutti i compagni di farne ampio uso!

  

3. In terzo luogo questa esperienza conferma che in questa fase per raccogliere forze bisogna “conquistare uno a uno” e tener conto che l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, l’intossicazione promossa dal regime di controrivoluzione preventiva e la debolezza delle nostre forze attuali richiedono spesso un lavoro lungo e articolato per arrivare a reclutare un compagno nel partito clandestino. Oggi non soffia, come invece avveniva dopo la Rivoluzione d’Ottobre, il “vento dell’Est”. Questo contrasta (può contrastare) con la nostra volontà di raggiungere velocemente il risultato del reclutamento e, per quanto mi riguarda, con la volontà di (con la concezione della) “vittoria folgorante”: questa è la battaglia ardua che più mi ha messo (e ancora mi mette) in difficoltà: è un “nodo aperto” su cui sto lavorando.

Nella raccolta forze non dobbiamo mettere al centro noi stessi e quello che noi vorremmo ma il soggetto su cui interveniamo, con la sua concezione, mentalità e personalità, con la sua storia e con il suo processo specifico di crescita e sviluppo. Per conquistarlo dobbiamo capirlo nel profondo (che non significa “prima lo capisco nel profondo e poi intervengo”, ma bensì “intervenendo su di lui e via via elaborando gli elementi raccolti lo comprenderò sempre più”) e partire da come è per definire una linea di intervento e, quindi, una linea per il suo sviluppo (trasformazione) in comunista.

4. Un’altra cosa che ho compreso è che l’azione di reclutamento richiede anche dei tempi necessari per costruire fiducia reciproca e, in alcuni casi, anche la fiducia del compagno in se stesso (nel fatto cioè che può diventare un comunista). Questo avviene combinando studio (formazione ideologica) ed esperienze pratiche (ad es. di propaganda).

L’aspetto centrale per reclutare, quindi, è la costante crescita sotto il profilo dell’assimilazione e uso del materialismo dialettico come metodo di conoscenza e guida per l’azione da parte di chi conduce il lavoro organizzativo (cioè da parte del compagno del (n)PCI). Allo stesso tempo, il reclutamento è la cartina di tornasole del proprio livello di conoscenza, assimilazione e uso della nostra scienza.

5. Infine e in sintesi, alla luce di quanto detto fin qui, questa esperienza conferma ampiamente l’orientamento sintetizzato in La Voce n. 58 nell’articolo Sul reclutamento (pagg. 62-64):

1. Individuare persone che presentano caratteristiche adatte (non hanno limiti psicologici, caratteriali, fisici, ecc. tali da escludere l’interesse del Partito ad averli tra i suoi membri) o addirittura sono interessanti (in quanto a classe, personalità, collocazione, conoscenze, relazioni, risorse, ecc.).

2. Curare a fondo una o due persone (un numero limitato per volta). Cosa vuol dire “curare a fondo” una persona?

- Frequentarla con adeguati pretesti, instaurare un rapporto in cui si discute di politica, di ideologia, di storia, andando a fondo nelle discussioni.

- Farle mandare dal Centro del partito Comunicati, Avvisi ai Naviganti e La Voce e verificare che reazioni e che effetti producono.

- Quando si discute di un argomento, segnalare sistematicamente all’interlocutore alcuni organismi tra cui il (n)PCI che “dicono cose interessanti” su quell’argomento e inviargli documenti significativi di vari organismi tra cui il (n)PCI.

- Studiare le sue reazioni e come evolve il suo pensiero: osservare accuratamente se evolve nella direzione giusta.

È un lavoro che richiede vari mesi e da fare con una, due, massimo tre persone per volta, separatamente o assieme se loro sono già tra loro connesse.

  3. Quando la persona è arrivata (se arriva) al punto giusto, cioè abbiamo fatto maturare in lei un vivo interesse per il (n)PCI, proporle di formare insieme un Comitato di Partito”.

  

Nell’intervento sul compagno sono al secondo dei punti indicati nell’articolo. La battaglia ora è quella di andare più a fondo, per arrivare (attraverso un processo di accumulo quantitativo-salto qualitativo) al terzo punto. Questo è l’obiettivo che mi pongo: il rapporto che il compagno ha con la Carovana ha permesso di verificare sul lungo periodo caratteristiche e interesse e, anche, di comprendere meglio la sua concezione, mentalità e personalità. Inoltre con questo intervento su di lui (e grazie all’azione del Centro su di me) ho ora maggiori strumenti per “capire come io sono fatto” (i miei punti forti e i miei punti deboli) e, quindi, per far fronte adeguatamente alla mia volontà di “vittoria folgorante” e “immediata” che mi fa diventare impaziente e mi annebbia la vista, facendomi vedere solo il bozzolo laddove sta via via strutturandosi invece una farfalla.

Avanti nella costruzione del Partito!

Guido B.