La Voce 60 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - novembre 2018

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Intervenire su attivisti ed esponenti della Lega e sui suoi elettori!

La situazione che si è creata con le elezioni del 4 marzo e l’insediamento del governo M5S-Lega è per noi comunisti una grande opportunità ai fini della lotta per creare le condizioni della costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP) e, anche, un’occasione per “fare una scuola” di uso del materialismo dialettico nella lotta politica rivoluzionaria e per imparare ad adottare con maggiore efficacia una tattica flessibile al servizio della nostra ferma strategia.

Le possibilità che il governo M5S-Lega offre per avanzare nel lavoro di organizzazione della classe operaia e del resto delle masse popolari (per moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari e iniziare a farle agire da nuove autorità pubbliche) sono ampiamente superiori a quelle che fornivano i governi delle Larghe Intese. Per tre principali motivi:

1. tra le masse popolari la spinta e l’aspirazione a “cambiare le cose” sono più forti,

2. le aspettative di leggi e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita sono più diffuse,

3. gli attacchi al governo M5S-Lega da parte della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei (italiani compresi), USA e sionisti e degli esponenti delle Larghe Intese non fanno che aumentare il distacco tra questi e le masse popolari, un distacco che non si risanerà e che è destinato ad aumentare, sia se il governo M5S-Lega andrà avanti nell’adozione delle misure promesse, sia se cadrà.

Le masse popolari hanno votato M5S e Lega non perché sono legate a queste due forze, ma perché disgustate delle Larghe Intese e perché condividono le misure a loro favorevoli promesse da M5S e Lega in campagna elettorale, in particolare quelle relative al lavoro. È esattamente nel campo dell’attuazione di queste misure che dobbiamo operare per sfruttare la situazione ai fini della lotta per il GBP e, quindi, per moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari e iniziare a farle agire da nuove autorità pubbliche.

Per svolgere questa azione dobbiamo:

1. individuare iniziative, misure, tendenze e forze da sostenere o su cui intervenire e farlo,

2. individuare iniziative e misure da adottare, definire i passi da fare per portare le OO e OP ad adottarle e metterle in pratica,

3. individuare iniziative, misure, tendenze e forze da contrastare e farlo.

È in questo senso preciso che il governo M5S-Lega ci offre l’occasione di frequentare una scuola nell’uso del materialismo dialettico e imparare ad adottare con maggiore efficacia una tattica flessibile al servizio della nostra ferma strategia. È una scuola per noi necessaria per avanzare più velocemente nella lotta per far costituire il GBP.

Nelle file della Carovana del (n)PCI è ancora forte la tendenza a ragionare in modo schematico, “bianco o nero”: questo è un freno alla nostra azione. Vediamo la cosa concretamente, legandola alla situazione creatasi con le elezioni del 4 marzo e ai compiti della fase.

Nelle nostre fila è diffusa la tendenza a ragionare in questi termini: “è un governo buono o cattivo?”, “è il nostro governo o non lo è?”, “dobbiamo sostenerlo o dobbiamo combatterlo?”, “dobbiamo sostenere le misure giuste che adotta, agire affinché attui le misure favorevoli alle masse popolari che ha promesso in campagna elettorale e, sostanzialmente, far finta di niente rispetto alle misure sbagliate, reazionarie, ecc. che prende oppure lottare per cacciarlo date queste misure reazionarie?”, “data l’ostilità della sinistra borghese di vecchio tipo rispetto al governo M5S-Lega, dobbiamo o non dobbiamo partecipare alle iniziative e alle mobilitazioni da essa promosse in difesa del diritto al lavoro, alla casa, contro il razzismo, ecc.? Dobbiamo farlo anche se sono apertamente all’insegna della lotta contro il governo M5S-Lega?”, ecc.

  Il ragionamento diventa ancora più “vivace” quanto si tratta di iniziative e organismi della Lega. “Non possiamo e non dobbiamo intervenire sulla Lega dato che è una forza reazionaria e razzista!”, dicono (o pensano senza dirlo) alcuni compagni. “Non è vero che è una forza reazionaria e razzista!”, rispondono altri. “Ma insomma: è o non è una forza reazionaria e razzista?”, chiedono altri ancora. Come venire fuori da questo (apparente) “rompicapo”? Indico di seguito alcuni elementi di orientamento utili per affrontare la questione.

1. Mettere al centro l’analisi di classe. Nell’analizzare organismi e iniziative della Lega dobbiamo innanzitutto distinguere tra dirigenti nazionali, regionali e cittadini, attivisti locali, elettori “storici” ed elettori “novelli”. Esistono infatti profonde differenze di classe, di legame con i vertici della Repubblica Pontificia, di concezione del mondo tra il dirigente nazionale della Lega e l’attivista locale. Il divario si fa ancora più profondo se prendiamo in considerazione il dirigente nazionale e l’operaio di Bergamo o di Reggio Emilia che il 4 marzo ha votato Lega per la prima volta. Se poi analizziamo persone della stessa classe (ad esempio operai) che sono però uno attivista locale della Lega, uno elettore “storico” e uno elettore “novello”, con molta probabilità saranno molte le differenze tra loro sul piano politico-ideologico. È sbagliato dunque concepire dirigenti, attivisti ed elettori della Lega come un tutt’uno (un “blocco unico”). Questo è un primo aspetto da fissare per bene.

Tra gli elementi indicati per differenziare (almeno nei tratti generali) le varie tipologie, la principale è quella dell’appartenenza di classe e della collocazione oggettiva nella lotta tra le diverse classi (il ruolo sociale oggettivamente svolto) del soggetto (o dei gruppi di individui) che andiamo ad analizzare. Il nostro faro è l’analisi di classe come la fanno i comunisti, non secondo la paccottiglia della “composizione politica di classe, i cui fautori definiscono le classi in base alle opinioni che gli individui professano e alla posizione che assumono nello schieramento politico.(1)

  

1. Le classi sociali sono definite dalla loro collocazione e dal loro ruolo nel sistema sociale della produzione e distribuzione. “Si chiamano classi quei grandi gruppi di persone che si differenziano per il posto che occupano nel sistema storicamente determinato della produzione sociale, per i loro rapporti (per lo più sanciti e fissati da leggi) con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell’organizzazione sociale del lavoro e, quindi, per la misura della parte di ricchezza sociale di cui dispongono e per il modo in cui la ricevono e ne godono” (Lenin, La grande iniziativa -1919, in Opere complete vol. 29). La concezione della “composizione politica di classe” fa parte della paccottiglia teorica dell’operaismo (di Toni Negri e soci) che a sua volta l’ha derivata dalla Scuola di Francoforte (Horkheimer, Adorno & Co).

  

In questo modo è possibile distinguere, e trattare di conseguenza, le contraddizioni in seno al popolo e quelle tra noi e il nemico di classe. Un operaio che vota Lega è una contraddizione in seno al popolo, non fa parte del campo nemico. Diverso è il caso di un dirigente nazionale o regionale della Lega (ad esempio Calderoli), legato ai vertici della Repubblica Pontificia e in combutta con essi da lungo periodo (con i governi della banda Berlusconi, nelle amministrazioni regionali di Lombardia o Veneto, nel verminaio dei Consigli di Amministrazione delle aziende partecipate e degli “stipendi d’oro”, ecc.).

Per essere ancora più chiari e mettere i ragionamenti con i piedi per terra, poniamo le seguenti domande (e chiediamo a tutti i compagni di imparare a porsi questo tipo di domande nell’analizzare le situazioni e decidere il da farsi): su un operaio che ha votato Lega non interveniamo? Lo isoliamo dal resto degli operai, non lo coinvolgiamo nell’organizzazione degli operai e nella lotta ad esempio per la difesa del posto di lavoro o contro il Jobs Act di Renzi? È chiaro che posta in questi termini la questione è di facile soluzione: ma è proprio questo il modo con cui dobbiamo imparare a ragionare (andare al nocciolo delle questioni, non svolazzare “dalle idee alle idee” e ritrovarci a trattare un operaio o un altro elemento delle masse popolari come nemico perché ha votato Lega o perché milita nella Lega).

  2. Sul consenso elettorale della Lega. Il 4 marzo la Lega ha avuto 5.7 milioni di voti. 1.4 milioni sono lo “zoccolo duro”: voti che aveva avuto anche nel 2013, un minimo storico della Lega; 2 milioni provengono dagli elettori che nel 2013 avevano votato Berlusconi e satelliti e che in elezioni precedenti avevano già votato Lega (il massimo storico della Lega era stato 3.7 milioni di voti); 2.3 milioni sono elettori nuovi. Una parte consistente degli elettori della Lega sono persone l’hanno votata per protesta contro le Larghe Intese, per l’abolizione della Legge Fornero e del Jobs Act. Poi tra gli elettori tradizionali ci sono lavoratori autonomi: tra questi una parte consistente l’ha votata per ridurre la pressione fiscale, la morsa dell’Agenzia delle Entrate e dei suoi agenti del “recupero crediti” e per allentare i vincoli posti dell’UE che incidono negativamente sulla loro attività. Queste sono tutte persone (in particolare gli operai) ampiamente mobilitabili per costringere la Lega a rispettare le promesse elettorali, a partire dall’abolizione della legge Fornero sulle pensioni e del Jobs Act di Renzi.

Sui lavoratori autonomi, guardiamoci dai pregiudizi correnti nella sinistra borghese di vecchio tipo e tra i marxisti dogmatici.(2) La classe operaia può e deve essere la classe dirigente della rivoluzione socialista e quindi noi comunisti dobbiamo promuovere l’egemonia della classe operaia anche sui lavoratori autonomi e in generale sulle classi non proletarie delle masse popolari!

  

2. La crisi generale del capitalismo travolge i proletari, ma travolge e soffoca anche i lavoratori autonomi da mille lati (ordinativi, tariffe, imposte e tasse, regolamenti, ecc.) mentre anch’essi sono esclusi dai profitti e dai privilegi del capitale finanziario. I lavoratori autonomi subiscono anch’essi, a loro modo, le conseguenze del fatto che l’economia reale capitalista è soffocata dal capitale finanziario. Per capire in quale modo essi le subiscono, bisogna però rifarsi non alla piccola borghesia della società borghese in espansione, come fanno i marxisti dogmatici, ma ai lavoratori autonomi della società borghese giunta al massimo della sua espansione. Sull’argomento vedasi l’Avviso ai naviganti n. 36 I comunisti, il Movimento dei Forconi, la sinistra borghese e i dogmatici- 29.12.2013.

  

È sbagliata la tesi “Salvini è razzista e quindi tutti quelli che lo hanno votato sono razzisti”. Questo è un altro esempio di fede nella democrazia borghese e di ragionamento per “blocco unico”. Solo una parte degli elettori della Lega l’ha infatti votata perché è contro gli immigrati. E tra quest’ultimo tipo di elettori bisogna poi distinguere:

1. quelli che sono contro gli immigrati per “ragioni ideologiche” (superiorità della razza italiana, razza ariana, ecc.),

2. quelli che sono contro gli immigrati perché sono contro la disoccupazione e il degrado, l’insicurezza delle persone e dei beni, ecc. e, sospinti da tutti i portavoce del regime, individuano a torto negli immigrati la causa di tutto ciò.

Sono due tipologie diverse e la seconda è maggioritaria tra gli elettori della Lega. “Ma sempre razzisti sono!” obietterà qualche compagno a questo punto. Non dobbiamo limitarci a fare una fotografia della realtà, ma capire come trasformarla: trasformare ciò che è in ciò che può diventare è il compito di noi comunisti. Vedere le differenze che esistono tra gli elettori razzisti della Lega è importante perché ci permette di vedere che anche con questa fascia dell’elettorato della Lega abbiamo appigli su cui far leva (e su cui lavorare per “strapparli” all’egemonia della destra reazionaria).

- “Prima gli italiani” significa innanzitutto tenere aperte le aziende, impedire delocalizzazioni, organizzarsi per impedire la morte lenta, per impedire la vendita di aziende italiane (Nuovo Pignone ieri e ILVA e Magneti Marelli oggi, ma anche Embraco, Bekaert, Hag, ecc.) a gruppi multinazionali che danno il via alla delocalizzazione o alla morte lenta, per vigilare sul livello della produzione, per contrastare licenziamenti, per connettere le aziende con scuole, ospedali, quartieri, ecc. Va bene la difesa degli italiani… ma di quali italiani? I ricchi, i padroni, i banchieri, gli alti prelati (quindi quelli che spolpano, arraffano, rubano, sfruttano, delocalizzano, vendono aziende, licenziano) o gli operai, i proletari, i disoccupati, i lavoratori autonomi?

  - “Basta immigrazione” significa intervenire alla radice del problema: farla finita con le “missioni umanitarie” delle truppe italiane e NATO da basi italiane, con il sostegno ai governi corrotti e asserviti alle multinazionali, con la rapina delle materie prime e la devastazione ambientale dei paesi oppressi; significa farla finita con lo sfruttamento selvaggio della manodopera in questi paesi (compresi i bambini), significa azzerare la morsa del debito; significa farla finita con il traffico di armi con questi paesi, con il traffico dei rifiuti tossici riversati dai paesi imperialisti in questi paesi; significa contrastare il traffico di esseri umani (per prostituzione, per pedofilia, per organi, per manodopera a basso costo), farla finita con l’impunità (per prescrizione dei reati) di chi tira le fila di tutto questo, non solo con le ultime pedine. Senza tutto questo, basta immigrazione è una mera illusione. Se vogliamo farla finita con l’immigrazione, lottiamo per rimuovere questi problemi alla radice!

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Questo tipo di intervento sulle masse popolari influenzate dalla Lega è un aspetto del lavoro che dobbiamo fare per togliere terreno alla mobilitazione reazionaria e rafforzare la mobilitazione rivoluzionaria (che in questa fase è lotta per il GBP). Ora nel nostro paese il movimento comunista si trova ancora una volta davanti all’interrogativo che in varie circostanze ha affrontato nel passato: intervenire sugli Arditi del Popolo o non farlo e fermarsi davanti alle idee (confuse e spesso anche reazionarie) che esprimono e alla storia che hanno alle spalle? Intervenire nei sindacati fascisti oppure non farlo perché gli operai e lavoratori in essi iscritti sono tutti “irriducibilmente” fascisti? Intervenire o no sui lavoratori e sui reduci della Grande Guerra che, come sosteneva Gramsci, “abbiamo regalato noi comunisti al fascismo”? Intervenire o no usando il materialismo dialettico sui disoccupati convocati in assemblea dai nazisti, di cui parla Dimitrov? La storia ha già mostrato quale delle due vie è quella corretta e di prospettiva.

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- “Lotta al degrado” significa innanzitutto lavoro utile e dignitoso, difesa dei posti di lavoro, riqualificazione dei quartieri, basta con le case vuote abbandonate al degrado, istruzione pubblica e gratuita, ecc. Perché se non c’è questo, il degrado è inevitabile!

È su questi campi che dobbiamo e possiamo organizzare, mobilitare e lavorare assieme a questo tipo di elettori (o attivisti) della Lega che “sono contro gli immigrati”.

3. Sulla lotta contro le misure reazionarie. Intervenire sulla Lega, anche sugli elettori che sono contro gli immigrati (in particolare quellinon ideologicamente avversi ad essi), non è in contrasto con mobilitarci per far saltare (sabotare) misure e provvedimenti reazionari presi dal governo M5S-Lega (o da amministrazioni e forze locali) in continuità con le Larghe Intese. “Strategia ferma e tattica flessibile!”.

  4. Le masse popolari sono il “tallone di Achille” anche della Lega. I compagni ostili al nostro intervento sulla Lega oppongono mille fatti reali. La questione non è però negare che la direzione della Lega segue un orientamento reazionario e razzista, che la Lega (a differenza del M5S) ha un legame con le Larghe Intese (Berlusconi e satelliti), è ammanicata con esse da una storia ultra ventennale e che è in combutta con esse a livello di amministrazioni locali (con tutto il sottobosco di affari in aziende partecipate, banche, ecc.) e, infine, che il suo essere contro l’UE e la BCE finora è stato solo propaganda. Questi sono fatti oggettivi. La volontà della direzione della Lega di fare le grandi opere inutili e dannose per le masse popolari (TAP, TAV, ecc.) è una dimostrazione dei legami che la Lega ha con i vertici delle Larghe Intese, legami su cui si basa il tentativo di Berlusconi di recuperare il “vecchio alleato”. Ma questo è solo un aspetto della situazione. L’altro aspetto (che invece i compagni refrattari a intervenire sulla Lega non vedono) è che essa deve rispondere ai suoi elettori per non perderne il sostegno (e il potere che ne deriva) e, quindi, dare seguito alle misure promesse in campagna elettorale. Il legame degli elettori della Lega con Salvini & C. è precario, ben più fragile del legame degli elettori del PD con i suoi capi. Le masse popolari sono anche per la Lega il “tallone d’Achille” e noi dobbiamo operare (imparare ad operare) con maestria su questo punto, sia per costringere la Lega ad andare avanti (e acuire lo scontro con la Comunità Internazionale) e sia per strappare le masse popolari che oggi la seguono alla sua influenza e incanalarle nella lotta per il GBP.

Antonio L.