La Voce 61 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - marzo 2019

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

 

La centralit à del lavoro sulle organizzazioni operaie e popolari


Riportiamo qui di seguito la relazione, pubblicata sul sito del P.CARC, di Manuela Maj (membro della Direzione Nazionale uscente e Responsabile del Lavoro Operaio e sindacale) al V Congresso. Nella sua relazione, infatti, la compagna illustra bene non solo perché il lavoro sulle organizzazioni operaie e popolari delle aziende è l’aspetto centrale dell’azione sia tattica sia strategica di noi comunisti, ma anche le leve da usare per mettere in moto tutti quelli che si propongono obiettivi di progresso a moltiplicarle, rafforzarle e coordinarle.


Relazione di M. Maj al V Congresso Nazionale del P.CARC (26-27 gennaio 2019) Moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari, rafforzarle, coordinarle e orientarle a costituire un loro governo d’emergenza


Compagni,

il fattore fondamentale per cambiare il corso delle cose è la formazione nelle aziende capitaliste di organizzazioni operaie (e nelle aziende e istituzioni pubbliche di organizzazioni popolari) composte da membri di diversi sindacati o anche non iscritti a nessun sindacato che si occupano delle loro aziende (della salvaguardia delle aziende studiando, in collegamento con esperti affidabili, quale è il futuro migliore per ognuna di esse, quali beni e servizi può produrre che sono necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi, predisponendo in tempo le cose, prevenendo le manovre padronali per ridurle, smembrarle, chiuderle o delocalizzarle), escono dalle aziende, si coordinano con altre organizzazioni operaie (OO) e popolari (OP), sono orientate a formare un loro governo e agiscono da subito come nuove autorità pubbliche, cioè come centri di orientamento e direzione del resto delle masse popolari.

È una questione che riguarda solo il P.CARC? No! È una questione che riguarda tutti i comunisti, tutti i sinceri democratici che sono per cambiare la situazione in senso favorevole alle masse popolari (da quelli che vogliono “attuare la Costituzione del 1948 a quelli che vogliono “rompere le catene dell’UE”), tutti i lavoratori che vogliono difendere con qualche prospettiva di successo lavoro e diritti. Riguarda sia chi vede di buon occhio il governo M5S-Lega come anche gli oppositori del governo M5S-Lega che non aspirano a tornare ai governi delle Larghe Intese.

L’azione per formare nuove OO e OP, sostenere le iniziative di quelle esistenti, rafforzarle, coordinarle e orientarle a costituire un proprio governo di emergenza è il metro di misura (l’indice) della serietà delle loro intenzioni. Detto terra terra: è il metro di misura che le loro non sono né chiacchiere da salotti televisivi o per carpire voti né, nel migliore dei casi, propositi buoni ma velleitari. E allo stesso tempo è lo strumento indispensabile per perseguire con prospettive di successo qualsiasi obiettivo di progresso e civiltà.

1. Per i comunisti le organizzazioni operaie e popolari sono per l’Italia, un paese imperialista del XXI secolo, quello che i soviet furono per la Russia. Inizialmente i soviet erano organizzazioni di lotta (combinavano rivendicazioni, denunce, proteste e rivolte). Il loro ruolo cambiò progressivamente man mano che il partito comunista assumeva la direzione della mobilitazione popolare. Nei soviet non c’erano solo comunisti, anzi per tutta una fase la maggioranza dei componenti erano affiliati o comunque legati, direttamente o idealmente, ideologicamente, ai menscevichi, ai socialisti rivoluzionari, agli anarchici e molti erano i senza partito. La funzione rivoluzionaria dei soviet, cioè il ruolo di consigli rivoluzionari, di centri locali del nuovo potere, si incarnò grazie alla politica rivoluzionaria del partito comunista che li concepiva come la nuova struttura del potere politico attraverso cui il proletariato esercitava la sua dittatura.

Qualcuno obietterà che il contesto e le condizioni economiche, politiche e sociali fra la Russia dell’inizio del secolo scorso e quelle del nostro paese oggi sono estremamente diverse. Ma questo non è di ostacolo alla rivoluzione socialista, anzi il livello di conoscenze, di alfabetizzazione, di coscienza della società, di esperienza è oggi più diffuso e di gran lunga superiore fra la classe operaia del nostro paese che fra la massa di contadini e i relativamente pochi operai della Russia zarista. Per quanto riguarda le condizioni oggettive, il capitalismo ha enormemente sviluppato le forze produttive e il loro carattere collettivo. Questo rende più facile per gli operai assumere la direzione dell’intero paese e anche fare di ogni azienda un centro locale del loro potere.

Qualcuno obietterà che non ci sono più le grandi fabbriche che riunivano decine di migliaia di lavoratori. Vero, ma la lotta della Rational di Massa ci ha insegnato che anche un piccolo gruppo di 20 operai se diretti dai comunisti può mettere in moto un processo che va ben oltre la loro azienda, che infonde coraggio e fiducia nella classe operaia e nel resto delle masse popolari del territorio, che favorisce la nascita di altre OO e OP, che alimenta il coordinamento con altre OO e OP, che costringe la sinistra borghese e anche pezzi delle Larghe Intese ad attivarsi, ecc. Quindi, il problema vero e decisivo è che i comunisti imparino a intervenire sulle organizzazioni operaie e popolari esistenti, a riconoscere embrioni di organizzazioni operaie e popolari da far sviluppare e crescere.

2. A chi si propone di “attuare la Costituzione del 1948” pongo delle semplici domande: chi ha sabotato l’applicazione della Costituzione? Perché l’ha avuta vinta? Chi ha l’interesse e la forza per dare piena attuazione alla Costituzione? Quanti oggi onestamente (e con conoscenza delle cose) propongono la “attuazione della Costituzione” devono anzitutto indicare (è un indice indispensabile che i loro propositi non sono solo chiacchiere per carpire voti e fiducia) le cause e i responsabili delle violazioni e della non attuazione della Costituzione, chi e perché era interessato a violare e non attuare, perché non si tratta di cose successe per distrazione o cadute dal cielo: sono la conseguenza di precisi e potenti interessi e quindi devono indicare come intendono neutralizzarli. Attuare la Costituzione significa entrare in guerra con i cosiddetti “poteri forti” nostrani (la Corte vaticana, che è il governo di fatto, irresponsabile, occulto e di ultima istanza che dirige il governo ufficiale della Repubblica, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le organizzazioni criminali, gli imperialisti USA ed europei, i gruppi sionisti, cioè i vertici della Repubblica Pontificia e la comunità internazionale di cui fanno parte). Dunque con i mandanti dei governi (da quello Berlusconi a quelli del Centro-sinistra, fino ad arrivare a quello di Renzi e di Gentiloni) e delle forze politiche (da Forza Italia al PD con i loro satelliti) che negli ultimi quarant’anni hanno continuato su grande scala e spudoratamente l’opera di aggiramento e violazione della Costituzione che il regime democristiano aveva condotto per decenni. Chi ha l’interesse e la forza per condurre e vincere questa guerra, chi ha l’interesse e la forza per applicare su ampia scala la Costituzione, a partire dall’art. 1 “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”?

3. Per chi vuole “rompere le catene dell’UE e dell’Euro” (ristabilire una piena “sovranità nazionale”): il governo M5S-Lega ha ceduto alla Commissione UE quando questa ha minacciato di aprire la procedura di infrazione contro l’Italia. Rompere le regole stabilite dalle autorità europee significa avere il coraggio e darsi i mezzi per sfidare le istituzioni europee ad aprire la procedura per infrazione delle loro regole. Essa comporta multe per alcuni miliardi di euro: sembra una cifra enorme, ma se la paragoniamo a quella che lo Stato italiano ogni anno versa alla Commissione Europea e che ogni anno spende per gli interessi sui titoli del debito pubblico, per i servizi al Vaticano e alla sua chiesa, per le missioni di guerra, ecc. è una cifra irrisoria. Ed è sufficiente non pagare. L’UE passa dalle minacce ai ricatti, tipo “la procedura di infrazione e il non pagamento delle multe UE fa alzare l’interesse che il sistema finanziario esige per acquistare i titoli del debito pubblico che lo Stato mette in vendita per rimborsare quelli che vengono a scadenza, fa aumentare la differenza con l’interesse pagato dal governo federale tedesco per i titoli del suo debito, il cosiddetto spread”? Allora lo Stato italiano può non pagare i titoli del debito pubblico che arrivano a scadenza (si chiama “consolidare il debito pubblico”)! Il problema diventa enorme per i possessori dei titoli che non riscuotono i rimborsi e per quelli che aspettavano la vendita di nuovi titoli per collocare i loro soldi (che, stante la sovrapproduzione di capitale, non investono nella produzione di merci, cioè nell’economia reale). O vengono a più miti consigli o boicotteranno le relazioni finanziarie e commerciali del nostro paese. Che effetti avrebbe questo sull’economia reale, quella che produce beni e servizi? Dipende da chi gestisce l’economia reale. Se è gestita dai capitalisti stessi è una rovina, ma se vi è un governo che è diretta emanazione delle organizzazioni operaie e popolari e che le sostiene nella loro azione come sostituti degli attuali dirigenti delle aziende del paese, allora il paese può procedere perseguendo a) la piena occupazione, b) la conversione delle aziende che producono merci inutili e dannose, c) la messa in sicurezza delle aziende inquinanti, d) la bonifica dei territori, ecc. Ma simili OO e OP non ci sono che in pochi casi, dirà qualcuno. Vero, ma è l’unico retroterra che può sostenere un governo che rompe le regole (le catene) delle istituzioni UE e quindi il retroterra che un governo che intende realmente rompere le catene deve darsi.


 

I collettivi di base (consigli) devono assumere la direzione delle rispettive unità produttive. La direzione dell’unità produttiva comprende

- la gestione dell’attività produttiva, il coordinamento produttivo (acquisizione delle forniture e consegna dei prodotti) con le altre unità produttive sulla base del Piano Economico Nazionale che sarà elaborato dal Consiglio dell’Economia Nazionale che fa parte del governo centrale del paese, la collaborazione su ogni piano e in ogni campo con le altre unità produttive, il censimento delle risorse e la contabilità;

- la gestione dell’attività politica, culturale, ricreativa, organizzativa, ecc. dei lavoratori e della loro azione sul territorio: iniziative aperte alle masse popolari del territorio o svolte sul territorio come mense, asili, scuole, spettacoli, ecc.;

- la riorganizzazione della vita e dell’attività dei lavoratori e delle rispettive famiglie, sulla base della partecipazione di tutti gli adulti abili al lavoro (in particolare delle donne) nella misura delle loro forze e capacità: partecipazione dei lavoratori alla direzione e all’organizzazione dell’unità produttiva, attività cultuale, formazione politica, partecipazione all’attività politica interna ed esterna all’unità produttiva, partecipazione alle attività territoriali e nazionali, rapporti con le altre unità produttive e con le altre istituzioni”

(Un futuro possibile, M. Martinengo ed E. Mensi,Edizioni Rapporti Sociali - 2011).

 


4. Per chi è a favore del governo M5S-Lega: prendiamo la Legge di Bilancio 2019 da poco approvata. Lasciamo da parte le critiche dei partiti e degli esponenti delle Larghe Intese i quali, in sostanza, accusano il governo M5S-Lega di aver proseguito con la loro linea: “i soldi per la riforma delle pensioni e per il reddito di cittadinanza sono insufficienti”, gridano quelli che promuovono l’innalzamento dell’età pensionabile e che hanno imposto l’abolizione dell’articolo 18; “il testo della Legge di Bilancio l’ha scritto la Commissione Europea”, gridano gli stessi che hanno introdotto il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione, quelli che a colpi di “ce lo chiede l’Europa” hanno smantellato i diritti e le tutele conquistati con anni di lotte della classe operaia e delle masse popolari; “è stato esautorato il Parlamento” denunciano quelli che lo hanno fatto diventare l’ufficio di ratifica delle decisioni del governo e che hanno partecipato al mercato delle vacche fra maggioranza e opposizione, che hanno svenduto i rimasugli di sovranità popolare restringendo in mille modi la partecipazione delle masse popolari al teatrino della politica borghese.

Al di là dei difetti e dei pregi (per le categorie delle masse popolari coinvolte) delle misure indicate in ognuno dei centinaia di commi della Legge di Bilancio 2019, il difetto maggiore di tutta la legge, anche per le misure positive per le masse popolari, è che la sua esecuzione è affidata a organismi che non sono mobilitati ad attuarla e per lo più sono addirittura incapaci di attuarla, organismi che per muoversi attendono direttive, leggi e decreti attuativi e che in molti casi sono diretti da personaggi che sono poco o per nulla mobilitati ad attuarla. Insomma, anche prescindendo dalle misure negative per le masse popolari, la Legge di Bilancio 2019 è una iniziativa che dovrebbe essere attuata da una macchina burocratica nota per l’inefficienza, la passività e il legame pratico, familiare, clientelare e ideologico con la classe dominante a cui le misure positive per le masse popolari ledono gli interessi.

La prima indicazione è che tutti gli organismi di base prendano l’iniziativa di attuare e far attuare le indicazioni favorevoli alle masse popolari contemplate nella Legge di Bilancio. Prendiamo il Reddito di Cittadinanza. Mentre non ha alcuna prospettiva aspettare e sperare che l’apparato burocratico dell’amministrazione pubblica faccia partire e funzionare i centri per l’impiego a cui è delegato il funzionamento del Reddito di Cittadinanza (emergerà nel prossimo futuro che è una misura da sospendere perché “non funziona”), ha una prospettiva immediata e concreta la mobilitazione popolare per spingere (per costringere) ogni azienda privata e pubblica, scuola, ospedale, ogni caserma dei vigili del fuoco, ogni ONG, ogni circolo ARCI, ogni parrocchia, ecc. ad assumere disoccupati e precari, formarli a fare lavori utili, che servono nel concreto contesto territoriale, organizzarli per realizzarli e su questa base erogare il Reddito di Cittadinanza.


 

Usare il Reddito di Cittadinanza!

Le linee da seguire per mobilitare e rafforzare le organizzazioni operaie e popolari facendo leva su questa misura sono indicate nel Comunicato CC 3/2019 - 16 febbraio 2019 e, in particolare, nella Scheda - Reddito di Cittadinanza reperibile attraverso il link contenuto nel Comunicato.

 


5. Per i lavoratori che vogliono difendere lavoro e diritti: il grosso dei lavoratori ha il problema di difendere il posto di lavoro, di tenere aperte le aziende che i padroni vogliono chiudere, smembrare, delocalizzare o ridimensionare, di difendere condizioni di vita e diritti conquistati che i padroni, le loro associazioni e le loro autorità stanno peggiorando, riducendo, eliminando. Nei giorni scorsi un operaio del Pignone di Firenze, che dopo aver letto un volantino che avevamo diffuso davanti alla fabbrica ci ha chiesto di incontrarci, ci ha domandato: “come mai venite a volantinare qui, che non ci sono lotte e la situazione va tutto sommato bene”. Anche a questo proposito la lotta della Rational ci ha dato una conferma. Alla Rational non abbiamo vinto (l’azienda è chiusa) non perché era impossibile, perché gli ostacoli erano insormontabili, perché le forze erano poche, perché il PD e la CGIL hanno abbandonato la lotta, ecc. Alla Rational non abbiamo vinto principalmente per due motivi: - il primo è perché la lotta contro la chiusura dell’azienda è partita troppo tardi, quando il padrone aveva già chiuso i battenti: bisogna giocare d’attacco, organizzarsi e mobilitarsi senza aspettare i segnali che il padrone vuole chiudere; nei paesi imperialisti passare dalle attività produttive alla speculazione finanziaria è tendenza generale dei capitalisti: i lavoratori devono occuparsi da subito del futuro della loro azienda;

- il secondo è perché chi era alla testa di questa lotta non ha creduto fermamente che la vittoria era possibile, non ha lottato in modo spregiudicato e senza remore: per vincere bisogna organizzarsi e mobilitarsi prima che la fabbrica venga chiusa, giocare d’attacco ed essere decisi a vincere!

 


- Individuare per ogni OO e OP le iniziative che - stante le forze e le risorse intellettuali, morali e pratiche (uomini, conoscenze, relazioni, risorse finanziarie e mezzi di mobilitazione, di convinzione e di costrizione) di cui già dispone - è in grado di prendere e che accresceranno le sue forze e risorse e allargheranno e rafforzeranno la sua influenza e autorità; le persone che è in grado di reclutare; le relazioni che è in grado di sviluppare; gli appigli che il contesto presenta su cui è in grado di far leva e di cui è in grado di giovarsi; le brecce che il campo nemico presenta in cui è in grado di infiltrarsi e attraverso cui è in grado di irrompere e grazie alle quali è in grado di acuire le contraddizioni tra i nemici.

- Mobilitare la sinistra dell’organismo ad agire, a sfruttare le possibilità d’azione che abbiamo individuato e via via educarla a individuarle essa stessa.

- Reclutare gli elementi migliori di ogni OO e OP e fornire a ognuno le conoscenze e i mezzi per crescere e diventare comunisti.

 

Chiudo con una questione che emerge bene dal saluto di Mimmo Destradis (FCA Melfi): la fiducia dei lavoratori nelle proprie forze e la loro combattività. Nella prima metà del secolo scorso, grazie alla Rivoluzione d’Ottobre, alla creazione dell’Unione Sovietica di Lenin e Stalin e all’ondata di lotte e rivoluzioni che avevano suscitato in tutto il mondo, c’era già negli operai la fiducia che essi potevano risolvere la crisi generata dal capitalismo e, almeno la parte avanzata e attiva della classe operaia, era conquistata al comunismo. A seguito del declino del movimento comunista, dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e del crollo o del cambio di colore dei primi paesi socialisti, questa fiducia oggi è venuta meno: dobbiamo crearla di nuovo, a partire da noi. Come? Facendo leva, nel nostro caso, sulla scienza, cioè sul marxismo-leninismo-maoismo. Nel caso delle masse facendo leva invece su mille esperienze pratiche di lotte e vittorie e di giusta e salda direzione da parte dei comunisti. Il risultato generale, universale, che dobbiamo perseguire è la costruzione della fiducia degli operai e degli altri lavoratori in se stessi e nella loro iniziativa collettiva. La fiducia rinascerà man mano che li conduciamo a vincere lotte, anche piccole, ma facendo comprendere di ognuna il ruolo politico, universale e storico: cioè che ogni singola lotta per vincere deve contribuire a cambiare il governo del paese, è parte di un movimento di resistenza che coinvolge tutte le classi e i popoli oppressi e che darà origine all’instaurazione del socialismo e a una nuova era della storia dell’umanità. Elevare tra gli operai e gli altri lavoratori avanzati la fiducia in se stessi è un aspetto indispensabile della nostra azione, tanto più in un contesto in cui la sinistra borghese (nelle sue varie articolazioni) si profonde in lamentele e denunce sulla “cattiveria del governo, dei padroni e delle istituzioni della comunità internazionale” e semina illusioni in un impossibile ritorno al passato del “capitalismo dal volto umano”, alimentando in questo modo rassegnazione e disfattismo.

La fiducia nelle proprie forze e la combattività delle masse popolari non sono condizioni di partenza della rivoluzione socialista: sono un passaggio necessario, ma solo un passaggio! La combattività delle masse popolari cresce man mano che per propria esperienza esse verificano che il partito comunista sa dirigerle nella lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento, cresce e si diffonde solo se le masse popolari si ritrovano con un centro che si è reso esso stesso, con la sua attività, in grado di coagulare e catalizzare il loro malcontento e incanalarlo verso un obiettivo giusto. Lenin in Che fare? (1902) scriveva che “il 999 per mille del popolo russo è abbrutito fino alle midolla dalla servitù politica e dalla totale incomprensione dell’onore e del legame di partito”. Eppure i russi hanno instaurato il socialismo. Cosa vuol dire? Vuol dire che la rivoluzione socialista la fanno certo le masse popolari, ma la rivoluzione socialista non è il risultato delle coscienza e dell’organizzazione rivoluzionarie delle masse popolari. La rivoluzione socialista è il risultato della coscienza e dell’organizzazione dei comunisti e crea coscienza e organizzazione rivoluzionarie nelle masse popolari.