La Voce 62 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - luglio 2019

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Il salto di qualità necessario


Il compito di noi membri del (n)PCI e dei compagni della Carovana del (n)PCI è, oltre a continuare il fecondo lavoro che stiamo svolgendo per far confluire nella rivoluzione socialista tutte le forme della resistenza che le masse popolari oppongono alla borghesia imperialista, dare un’efficace risposta all’aspirazione di individui e organismi a costituire un partito comunista all’altezza dei suoi compiti storici (instaurare il socialismo). L’aspirazione a un simile partito comunista cresce in parallelo con la crisi del capitalismo e con la resistenza delle masse popolari. Essa è espressa da un numero crescente di individui, organismi e assemblee.

Mi riferisco in particolare all’appello a un “salto di qualità nella ricostruzione comunista” lanciato lo scorso 19 giugno (Fare un salto di qualità nella ricostruzione comunista - http://ilpartitocomunista.it) dal Comitato Centrale del PC di Marco Rizzo e al proposito che vi dichiara di “fare un passo avanti nell’attivazione di un percorso reale per far avanzare il processo di unità delle forze marxiste-leniniste. (...) tale percorso non può prescindere da un dibattito serio e articolato su questioni di carattere strategico che hanno a che fare con la prospettiva di ricostruzione comunista, con l’obiettivo di lavorare nella direzione di un avanzamento unitario a partire dalla condivisione di tali elementi. Per questo il CC approva la proposta dell’Ufficio Politico di realizzare tavoli di discussione dei comunisti su questioni di carattere strategico, di teoria e prassi politica, dando mandato all’UP di individuare modalità, referenti e tematiche per procedere in tale direzione già a partire dal mese di giugno”. Appello che fa seguito al punto della situazione fatto poche settimane prima (No compagni, lasciare spazio ai fascisti è un grave errore, in La riscossa 07.05.2019) da Alessandro Mustillo: “(...) quello che manca oggi a sinistra: una strategia”, ammesso che A. Mustillo volesse indicare un piano di guerra dei comunisti per instaurare il socialismo.

Mi riferisco in particolare all’impegno con cui l’11 maggio 2019 si è chiuso il dibattito su “I comunisti e l’Unione Europea” promosso (vedi La Città Futura n. 229 - 2 maggio 2019 www.lacittafutura.it) al Circolo Granma (quartiere San Lorenzo - Roma) da Collettivo La Città Futura, Fronte Popolare, Militant, Casa del Popolo G. Tanas e al quale hanno formalmente aderito con interventi di loro esponenti anche PCI-Alboresi (Bruno Steri), Laboratorio 21 (Domenico Moro), PC-Rizzo (Alessandro Mustillo), Patria Socialista, Jvp Italia: “tutte le organizzazioni intervenute hanno sostenuto l’importanza di lanciare un nuovo momento di riflessione, scambio e incontro all’indomani delle elezioni europee e comunque a prescindere dal risultato di queste, per comprendere le opportunità di attuazione di un percorso che ponga la questione dell’esistenza, della conservazione, del rafforzamento del movimento comunista nel nostro paese, non attraverso generici appelli ad una (attualmente) velleitaria (ma teoricamente auspicabile) unità, ma puntando alla tesaurizzazione e condivisione del patrimonio ideologico/pratico attualmente disponibile, al coordinamento delle forze nel rispetto di ogni identità” (La Città Futura n. 231 - 20 maggio 2019).

Propositi simili sono espressi da altre riunioni, organismi e individui.

È un segno dei tempi e apre un campo fecondo al nostro lavoro. Dobbiamo svolgerlo, ogni organismo e ogni membro con iniziativa e al meglio delle sue capacità che via via miglioreranno (si impara a combattere combattendo), usando tutto il patrimonio che abbiamo accumulato. Gli organismi dirigenti aiuteranno e guideranno ogni compagno e organismo di base a usare nel modo concretamente più efficace il nostro comune patrimonio nella forma più adatta al caso particolare e tutti impareremo a farlo meglio. Gli organismi della Carovana, i compagni simpatizzanti e collaboratori, i membri singoli e i CdP possono e devono quindi rivolgersi al Centro del Partito illustrando il caso particolare e chiedendo direzione e aiuto e riportare nel bilancio i risultati e le lezioni.

Dobbiamo affrontare il nostro compito senza settarismo: la gran parte dei nostri futuri compagni di partito, e questo vale su scala ancora più ampia per i nostri futuri compagni di lotta, oggi non sono con noi. Alcuni sono nostri avversari e addirittura nostri denigratori. La rivoluzione socialista nei paesi imperialisti è un’impresa necessaria perché il corso delle cose imposto al mondo dalla borghesia è catastrofico; è un’impresa possibile perché l’umanità ha accumulato le premesse necessarie, ha un ampio patrimonio di esperienze (la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale 1917-1976) al quale attingere e dispone della scienza per compierla. Ma è un’impresa sperimentale, la nostra scienza stessa è una scienza sperimentale: ogni sua parte la confermiamo, la approfondiamo e in definitiva la verifichiamo nella pratica della rivoluzione socialista dei paesi imperialisti e della rivoluzione proletaria mondiale. Quindi bando al settarismo verso individui e gruppi e bando al dogmatismo in campo teorico. Con iniziativa sviluppiamo il dibattito franco e aperto con tutti quelli che lottano per instaurare il socialismo e che sono già disposti a svilupparlo.

Nello stesso tempo dobbiamo affermare con chiarezza e franchezza i risultati ai quali siamo arrivati. Noi siamo per la libertà di critica, ma anche perché chi è convinto di aver raggiunto una comprensione superiore delle cose non chieda che la nuova verità abbia diritto di cittadinanza tra le vecchie (la “pari dignità”), ma affermi con chiarezza e onestà che la nuova verità deve prendere il posto degli errori o delle verità superate che ci hanno impedito di vincere e che ci sono di ostacolo e di freno nel nostro cammino. In proposito Renato Caputo acutamente scrive: “... come osserva acutamente Lenin, chi fosse effettivamente convinto di aver fatto progredire la scienza non rivendicherebbe per le nuove concezioni la libertà di coesistere accanto alle vecchie, ma esigerebbe la sostituzione di queste con quelle” (La Città Futura n. 233 - 3 giugno 2019, pag. 18). Ben detto, compagno. Passare dalle parole ai fatti!

Noi siamo disposti a imparare, siamo anzi convinti che abbiamo molto da imparare visti i risultati finora limitati del lavoro accanito e senza riserve che abbiamo condotto dal 1999, anno della costituzione della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del partito, in qua (La Voce 1, marzo 1999). Ma siamo disposti a imparare da chi ha effettivamente qualcosa da insegnare per la lotta comune che conduciamo per instaurare il socialismo. Il criterio della verità per noi non è la “salvaguardia della nostra identità”, ma la vittoria della nostra lotta. Il nostro compito è trasformare il mondo e il successo in questa impresa è anche la conferma che le concezioni che ci guidano corrispondono alla realtà. Al di fuori di questo criterio, vi è solo mondo accademico e scolastico. I nostri modelli sono Plekhanov che studiò il marxismo, tradusse in russo le opere di Marx e diffuse il marxismo tra i rivoluzionari russi. Nostro modello è Lenin che studiò il marxismo e la lotta delle classi in Russia e condusse il suo partito a fondersi, su questa base, con la resistenza degli operai e delle masse popolari russe. Non è per noi un modello chi discute di teorie con professori, anche sedicenti marxisti o perfino marxisti-leninisti, in circoli più o meno accademici e alimenta il consesso dell’aristocrazia proletaria che vive di pubblici impieghi e ben remunerate professioni.

La rivoluzione socialista non è un’accademia. È un’impresa pratica, molto pratica, una guerra tra proletariato e borghesia, in cui gli errori si pagano e vince chi impara dagli errori propri e altrui. Con la differenza sostanziale che la borghesia può sconfiggere il proletariato ma non può eliminarlo e il proletariato vinto prima o poi si ritrova nelle condizioni di riprendere la guerra e ci riesce perché si formano comunisti di livello superiore. Invece il proletariato può vincere, eliminare la borghesia e vivere senza di essa: l’Unione Sovietica lo ha dimostrato abbastanza.

Nel corso della prima ondata noi comunisti non abbiamo instaurato il socialismo in nessun paese imperialista. Alcuni dicono (Oliviero Diliberto) “perché non c’erano le condizioni”, altri “perché la borghesia era troppo forte”, altri “per il tradimento di Togliatti”: in realtà non l’abbiamo instaurato perché i comunisti dei paesi imperialisti non avevano compreso

- che la borghesia era in preda alla crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale e per sopravvivere aveva instaurato regimi di controrivoluzione preventiva,

- che la rivoluzione socialista non scoppia ma ha la forma di una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata,

- che i comunisti devono porsi non come portavoce delle rivendicazioni popolari nelle istituzioni politiche borghesi, ma come nuova classe dirigente che traccia il piano di guerra del proletariato.

Il movimento comunista aveva fatto grandi progressi e a poco più di 30 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre si è trovato a dirigere paesi dove viveva un terzo dell’umanità e ad avere distaccamenti agguerriti in ogni paese del mondo. Ma proprio i nostri diretti predecessori, i comunisti dei paesi imperialisti (PCI e PCF in prima fila) si sono ritrovati incapaci di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti, in Europa e negli USA, compito che solo loro potevano svolgere. Ancora oggi trotzkisti, disfattisti e perdigiorno vari borbottano alcuni e proclamano altri che è colpa di Stalin (accordi di Teheran, di Yalta e di Postdam) che non ha mandato l’Armata Rossa in Grecia, in Italia, nella Germania occidentale, in Francia (e perché non negli USA?) a “instaurare il socialismo”. Lasciamo i denigratori del socialismo al loro sporco mestiere. Quando avanzeremo, perfino alcuni di loro contribuiranno alla nostra lotta, come fece dal 1917 per alcuni anni il cattivo maestro di alcuni di essi.

In che contesto affrontiamo il dibattito franco e aperto con aspiranti comunisti? Oggi la crisi generale del capitalismo si aggrava e si esprime in ogni campo. In parallelo cresce nelle masse popolari l’insofferenza per il corso catastrofico delle cose che la borghesia deve imporre per far fronte alla crisi del suo sistema sociale, si diffonde nelle masse popolari la volontà di smetterla di vivere come stanno vivendo. In altre parole, cresce lo spirito rivoluzionario delle masse popolari. Questo spirito anima la resistenza che spontaneamente il proletariato e le altre classi delle masse popolari oppongono alla borghesia. Per sua natura questa volontà diffusa può tradursi in avanzamento verso l’instaurazione del socialismo, in avvicinamento all’instaurazione del socialismo, ma la traduzione non avverrà spontaneamente: fattore decisivo è il partito comunista.

Il partito comunista all’altezza del suo compito è il fattore decisivo della nostra lotta e non sorge spontaneamente. Nasce in condizioni oggettive, ma non è oggettivamente determinato. Sta ai comunisti costruirlo. Le masse popolari sono le forze principali della nostra vittoria, ma possono combattere e vincere solo grazie alla direzione di un partito comunista all’altezza del suo compito. Spontaneamente, cioè senza un partito comunista all’altezza del suo ruolo, le masse popolari resistono alla borghesia, ma non sono in grado di andare oltre una resistenza elementare. E per ragioni oggettive. La divisione dell’umanità in classi sociali implicava fin dalla sua nascita millenni fa’ l’esclusione della massa della popolazione dalle attività umane superiori. Esse erano appannaggio delle classi dominanti che proprio grazie a queste attività si costituivano, si imponevano ed esercitavano il loro ruolo. L’accesso delle masse popolari era limitato alla misura indispensabile perché esse svolgessero il loro ruolo principale: produrre e riprodurre le condizioni materiali necessarie all’esistenza propria e delle classi dominanti. Nell’ambito del capitalismo l’umanità ha conseguito uno sviluppo delle forze produttive tanto grande che la quantità dei beni e servizi prodotti dipende sempre meno e sempre meno dipenderà (grazie a robot, industria 4.0, ecc.) dal tempo che le masse popolari dedicano alla produzione e sempre più dall’applicazione anche nella produzione del patrimonio di conoscenza e di scienza che l’umanità ha accumulato. Nel modo di produzione capitalista la produzione della ricchezza si fonda sul furto del tempo di lavoro dei proletari. Questa base è diventata superflua: non occorre più che le masse popolari dedichino gran parte del loro tempo e delle loro energie alla produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza. Non solo superflua, ma dannosa perché alternativa all’accesso della massa della popolazione alle attività umane superiori. D’altra parte l’accesso della massa della popolazione alle attività umane superiori è incompatibile con il ruolo specifico che le classi dominanti hanno svolto nella storia dell’umanità. Da qui viene che da quando siamo entrati nella fase imperialista del capitalismo la borghesia ha creato un sistema di misure riassunte nel “regime di controrivoluzione preventiva”. Nei paesi imperialisti esso si affianca alle religioni nel distogliere la massa della popolazione dalla comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe al livello necessario per vincere e assurgere al ruolo di un’umanità che dirige se stessa senza classi dominanti. Queste oggi sono diventate superflue, sono già “storicamente superate”, ma tutt’altro che superate di fatto.

I comunisti sono quelli che hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta del proletariato contro la borghesia e sulla base di questa più avanzata comprensione inducono passo dopo passo le masse popolari ad avanzare verso l’instaurazione del socialismo, fase di transizione al comunismo. Questo è il loro ruolo, questo devono fare. L’esperienza di tutta la fase imperialista ci insegna che le masse popolari avanzano verso l’instaurazione del socialismo solo se i comunisti portano ad esse quello che esse non imparano dall’esperienza diretta di oppressione e sfruttamento nella quale la borghesia le confina. Da qui il ruolo storico dei comunisti: mobilitare e guidare le masse popolari a fare la rivoluzione socialista e instaurare il socialismo e proseguire nella transizione dal capitalismo al comunismo. I comunisti per adempiere a questo ruolo si organizzano in partito e dai compiti necessari ad adempiere questo ruolo deriva la natura (le forme e le relazioni specifiche) del loro partito. Da qui e non da idee preconcette deriva la natura del partito che dobbiamo costituire.

Il socialismo che dobbiamo, possiamo e vogliamo instaurare non è una bandiera e uno slogan. L’esperienza della prima ondata ha confermato e approfondito la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia. Il socialismo che instaureremo è una società di transizione che poggia su tre pilastri.

1. Lo Stato e tutte le istituzioni depositarie di pubblici poteri sono diretti dal proletariato organizzato e aggregato attorno al partito comunista. La via per selezionare i dirigenti delle istituzioni statali e decidere della loro attività non sono campagne pubblicitarie dove prevale chi ha più mezzi, prestigio e relazioni (e all’inizio i capitalisti sono in questa condizione) per assoldare buoni propagandisti e imbonitori che approfittano dell’ignoranza e del vizio, ma la partecipazione alla lotta comune. Lo Stato del socialismo poggia sulle organizzazioni operaie e popolari. In definitiva fin che ci sarà uno Stato il proletariato deve dirigere le altre classi delle masse popolari e in ogni campo dell’attività i dirigenti devono essere selezionati principalmente per la loro dedizione alla causa del comunismo.

2. Le attività economiche dell’intera società sono dirette secondo un piano pubblico e mirate a creare condizioni di vita dignitose per tutta la popolazione.

3. La crescente partecipazione di tutta la popolazione alle attività umane superiori, quindi alla progettazione, decisione e gestione della vita sociale, è e deve essere l’obiettivo principale di tutte le autorità, di tutti gli organismi e della formazione delle nuove generazioni. I revisionisti kruscioviani praticavano la linea “non importa se il gatto è rosso o nero, basta che prenda i topi”. Questa concezione enunciata più tardi da Teng Hsiao-ping ha prevalso in URSS a partire dal 1956 e l’ha portata al declino e alla disgregazione e ha cacciato l’umanità nella fase di nera reazione alla quale porremo termine con la seconda e definitiva ondata della rivoluzione proletaria.

Il dibattito franco e aperto per instaurare il socialismo implica quindi anche che indichiamo cosa è il socialismo.

Queste nostre tesi basilari sono esposte nel Manifesto Programma del (nuovo)Partito comunista italiano (2008) e nell’opuscolo I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale (2010). Ovviamente siamo disposti a imparare da tutte le critiche che verranno fatte e a discutere le tesi di altri se ne avanzeranno.

Noi dobbiamo partecipare e parteciperemo al confronto sulla teoria, sul bilancio del movimento comunista, sull’analisi del corso delle cose e sulla linea da seguire, senza settarismo e senza dogmatismo, ma con la serietà di chi combatte e discute per trovare la migliore linea da seguire per vincere e combatte senza riserve seguendo quella linea. Noi dobbiamo fare ogni sforzo per promuovere questo confronto nel mentre proseguiamo nella lotta per creare le condizioni della costituzione del GBP.

Umberto C.