La Voce 62 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - luglio 2019

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Lettera alla Redazione

Alcune domande su Secchia e la lotta tra le due linee nel PCI

Chiedersi il perché delle cose e non ripetere frasi fatte

Cari compagni,

ho letto l’Avviso ai Naviganti 90 con riportato l’articolo di La Voce n. 4 (marzo 2000) Mitrokhin, Marx ed Esopo firmato Ernesto V. Con questo Avviso il (n)PCI prosegue la lotta contro l’uso di insinuazioni e menzogne che frena la rinascita del movimento comunista e in particolare ostacola il dibattito franco e aperto tra aspiranti comunisti. Nel caso particolare l’Avviso prende spunto dall’affermazione di un candidato del PC Rizzo alle elezioni politiche 2018 che il (n)PCI e la sua Carovana “sono sponsorizzati dai Servizi Segreti”.

Ebbene, vi dico che ho trovato l’articolo illuminante (…). Pur trattandosi di un articolo datato, mi è sembrato di un’attualità disarmante, specialmente per la centralità che assegna al bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) e all’analisi scientifica del corso oggettivo delle cose (…). Inoltre è importante, a mio avviso, che già all’epoca abbiate battuto il ferro sul rapporto tra cause interne e condizioni esterne nel concreto sviluppo di un processo: un approccio articolato e conforme al materialismo dialettico, la filosofia dei comunisti che si dispongono, con tutte le loro energie e superandosi di volta in volta alla luce delle esperienze realizzate, ad assumersi responsabilità via via crescenti nella lotta di classe in corso, a dirigere la classe operaia e il resto delle masse popolari a realizzare un’impresa collettiva inedita nella storia dell’umanità: instaurare il socialismo in un paese imperialista (…).

Questo contributo, pertanto, mi ha aiutato a ricostruire alcuni pezzi dello sviluppo storico del vecchio PCI, concentrando l’attenzione sulla lotta tra le due linee - incarnate essenzialmente dalla sinistra di Secchia e dalla destra di Togliatti - e sull’imperante revisionismo moderno impostosi definitivamente dopo la celebrazione del XX Congresso del PCUS e l’ulteriore depotenziamento della mobilitazione rivoluzionaria che il Partito fondato da Antonio Gramsci aveva alimentato durante la Resistenza partigiana al nazifascismo, il punto più alto raggiunto dalla classe operaia nella lotta di classe per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Utile, oltretutto, sottolineare che non si è trattato di un semplice “tradimento” di dirigenti alla Togliatti e simili, ma, in via prioritaria e fondamentale, dell’incapacità della sinistra interna al PCI di imporre una linea giusta, mirante all’instaurazione del socialismo e alla transizione al comunismo, di battagliare e di promuovere la lotta ideologica tra le due linee e vie (...). Voi partite dall’analisi secondo cui Secchia “forse la reputava una battaglia sbagliata o comunque persa sia per l’immediato sia per il futuro, forse non si sentiva le forze per svolgere il compito che il suo glorioso passato gli assegnava, forse fu paralizzato da una concezione dell’unità e della disciplina del partito che escludeva la lotta tra le due linee nel partito. Forse adottò la linea che di fatto adottò per una combinazione di tutti questi fattori. Fatto sta comunque che la destra (Togliatti) lo temeva come capo potenziale della sinistra e che molti compagni della sinistra allora e in seguito si appellarono invano a Secchia perché prendesse la direzione della sinistra.”

Posto questo, volevo chiedervi delucidazioni sul seguente passaggio dell’articolo di Ernesto V. che mi risulta poco chiaro: “Ma uno dei motivi per cui [coloro che negli anni ’60-’70 si sono cimentati nella ricostruzione del partito comunista] hanno dovuto tanto sbagliare è anche che hanno avuto pochi o nessun maestro. Credo che se Secchia si fosse messo alla testa della nostra lotta, avremmo commesso meno errori.”

Pur contestualizzando l’affermazione del compagno Ernesto V. nella fase particolare d’inizio millennio, non riesco a comprendere per quale motivo (...) egli associa e/o vincola in maniera quasi meccanica all’ipotetica direzione del vecchio PCI da parte di Secchia (...) il fatto che coloro che negli anni ’60-’70 si sono cimentati nella ricostruzione del partito comunista potessero commettere un numero minore di errori. Secchia impersonava una linea più avanzata di quella di Togliatti, ma poco combattiva rispetto a quella promossa dalla destra revisionista. Io ritengo che la giustezza della linea si verifica nella pratica e che storicamente nel caso di Secchia e dei compagni che lo sostennero apertamente o vacillando, non è stato possibile verificarlo chiaramente.(...)

In definitiva, quel pezzo sopra indicato – seppur non principale ai fini dell’analisi fatta e delle conseguenti implicazioni pratiche nell’elevazione della concezione comunista del mondo – può fuorviare il lettore, conducendolo a pensare per estensione e travisando eventualmente anche la ricostruzione storica del bilancio della Carovana, che, qualora Secchia avesse assunto la testa della sinistra del partito sulla base della sua comprensione della battaglia interna tra le due linee e le due vie, lo Stato maggiore della classe operaia di quegli anni sarebbe necessariamente avanzato nella lotta per il socialismo portandola alla vittoria sulla borghesia imperialista ed il suo regime di sfruttamento.

Credo sia utile chiarire quest’aspetto e, in attesa di una vostra risposta al solito articolata, vi saluto a pugno chiuso.

Risposta della Redazione

Caro compagno,

abbiamo ricevuto la tua lettera del 15 giugno 2019 con le considerazioni sull’Avviso ai Naviganti 90 recante l’articolo Mitrokhin, Marx ed Esopo comparso sul n. 4 (marzo 2000) di La Voce.

Ti ringraziamo per averci fatto avere le tue valutazioni, riflessioni e domande. Questo è un procedimento concreto e molto fecondo per rafforzare la propaganda centrale del (n)PCI. Avere riscontri da parte dei compagni che ricevono La Voce, Comunicati CC, Avvisi ai Naviganti e Comunicati-rapidi ci permette di rendere la nostra propaganda sempre più mirata, incisiva, utile per la rinascita del movimento comunista nel nostro paese. Ti incoraggiamo quindi a praticarlo sistematicamente e a stimolare altri compagni a fare altrettanto. Ben vengano anche proposte di temi da trattare!

Rispondiamo alla tua domanda.

Se Secchia si fosse messo alla testa della lotta contro la linea di destra capeggiata da Togliatti e della lotta per la ricostruzione del partito comunista, stante

- il prestigio di cui egli godeva (era stato uno dei protagonisti della lotta ventennale durante il regime fascista, successivamente assieme a Longo era stato il massimo dirigente della Resistenza nel Nord Italia e, dopo la Resistenza, era vice-segretario del PCI assieme a Longo e Responsabile dell’Organizzazione),

- il seguito che aveva tra dirigenti partigiani (Vaia, Alberganti, Pesce, Moranino, Moscatelli, ecc.) e tra i numerosi militanti del PCI che non condividevano la linea di Togliatti (in particolare nelle zone dove la Resistenza era stata più forte – le espulsioni che ci sono state nel PCI a seguito dell’ottavo congresso (dicembre 1956) e quelle successive dei “filo-cinesi” negli anni ’60, testimoniano le difficoltà che la destra del PCI incontrava a far passare la sua linea nel corpo del partito),

- l’esperienza che aveva accumulato nel corso della sua lunga militanza sia in termini di costruzione del partito che in termini di lotta rivoluzionaria e, inoltre, quella che avevano accumulato i capi partigiani che vedevano in lui un punto di riferimento (per questo nell’articolo Ernesto V. afferma “avremmo commesso meno errori”: i compagni che si cimentarono nella ricostruzione del partito negli anni ’60-’70 non erano depositari di questa esperienza),

- le relazioni che aveva su scala internazionale e in particolare con la sinistra del PCUS (se si fosse messo alla testa della lotta contro il revisionismo moderno nel PCI e della lotta per la ricostruzione del partito comunista avrebbe certamente ricevuto sostegno anche da Enver Hodja e da Mao Tse-tung),

certamente per tutte queste condizioni avrebbe concorso a sviluppare in modo significativo la lotta contro la linea di destra nel PCI e la lotta di classe nel nostro paese.

La vittoria dell’impresa era sicura? Certo che no. La sinistra del vecchio PCI capeggiata da Secchia avrebbe dovuto affrontare questioni di strategia, tattica, analisi della situazione, ecc. (questioni che furono materia di riflessione di Gramsci, in particolare durante il periodo di detenzione), questioni che Secchia non affrontò, proprio perché neanche si cimentò in questa lotta.

Questo è il senso del passaggio dell’articolo su cui chiedi delucidazioni.

È più chiaro ora?

Non esitare a farci altre domande, obiezioni, ecc. Bisogna chiedersi il perché delle cose e non ripetere a frasi fatte le sintesi a cui la Carovana del (n)PCI è giunta. Questo è un aspetto decisivo per lo sviluppo della nostra opera.

Per approfondire la tematica, ti proponiamo lo studio di:

- Pietro Secchia e due importanti lezioni in La Voce 26, luglio 2007,

- e, per tua cultura generale, Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi di Mao Tse-tung (febbraio 1963), in vol. 19 di Opere di Mao Tse-tung (Edizioni Rapporti Sociali), reperibile anche nella sezione Classici del sito del (n)PCI.

Questi due pezzi sono molto utili anche per lo sviluppo del dibattito con i continuatori della sinistra del vecchio PCI (la cui principale organizzazione oggi nel nostro paese è il PC-Rizzo). Ti saranno utili anche per il lavoro che il P.CARC svolgerà per il centenario dell’Internazionale Comunista.

Augurandoci di ricevere presto una tua nuova lettera, ti salutiamo a pugno chiuso e ti auguriamo buon lavoro!