La Voce 64 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII  marzo 2020

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano

Perché pubblichiamo queste Note di Lettura? 

Pubblichiamo in VO questi testi, prendendoci la licenza di usare scritti di compagni del P.CARC anche senza avere chiesto il loro consenso, perché illustrano in dettaglio e con esempi quello che gli articoli di VO 40 e VO 59 illustrano astraendo da casi particolari. Quindi favoriscono una comprensione più profonda dell’argomento e facilitano l’assimilazione e l’uso della concezione illustrata nei due articoli che raccomandiamo ai nostri lettori perché li studino, li discutano e poi ovviamente li applichino ognuno al caso suo.

In questo numero 64 di VO noi illustriamo per esteso la tesi che i comunisti devono essere i capi del movimento comunista cosciente e organizzato che a sua volta è l’avanguardia del proletariato che conduce la guerra popolare rivoluzionaria (GPR) che si concluderà con l’instaurazione del socialismo: “ora la rivoluzione socialista è una questione di capi del proletariato”, Lenin aveva cercato di spiegare a Serrati nel 1920 (G. Menotti Serrati, Risposta di un comunista unitario al compagno Lenin). Nel numero ci diffondiamo sulla differenza tra quello che un partito comunista deve essere e quello che erano i partiti comunisti formatisi nei paesi capitalisti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e che nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) si sono dimostrati non all’altezza del loro compito storico di instaurare il socialismo. Tra essi solo il partito di Lenin lo fu, proprio perché stante il percorso storico della Russia, i marxisti russi erano vaccinati contro il militarismo alla Auguste Blanqui dal fallimento dei populisti; esclusi dal regime zarista dalla partecipazione alle istituzioni della democrazia borghese, che invece aveva avuto un grande ruolo positivo nella formazione dei partiti proletari europei fino a diventare unilaterale e quindi una deviazione; curati da Lenin (basta ricordare Che Fare? del 1902) contro l’economicismo (la promozione delle rivendicazioni economico- pratiche che anch’essa aveva avuto un ruolo positivo importante nella formazione dei partiti europei al punto da diventare unilaterale e quindi una deviazione). Lenin costruì il Partito dedito all’obiettivo di instaurare il socialismo con una guerra popolare rivoluzionaria di cui non formulò la teoria e nemmeno la denominazione. Lenin condusse il Partito a instaurare il socialismo nel 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre convinto che in breve altri partiti in Europa avrebbero fatto meglio ancora. Solo nei primi anni ’20 si rese conto che il tempo necessario per liberarsi dall’economicismo, dal parlamentarismo e dall’estremismo sarebbe stato lungo e che quindi il Partito bolscevico avrebbe dovuto mantenere il potere in condizioni di relativo isolamento: eredità che Stalin prese nelle sue mani.

Il fervore di studi della concezione comunista del mondo che si sviluppa tra compagni del P.CARC e altri elementi avanzati testimoniato da queste Note di Lettura è un buon segno dei tempi che maturano.

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Note di Lettura (marzo 2020) dell’articolo di La Voce 40 - marzo 2012
Perché dobbiamo assolutamente studiare la concezione comunista del mondo

Sono due le tesi principali che individuo in questo testo:

1. la crisi del capitalismo è un processo inevitabile e che sfugge al controllo della borghesia;

2. la concezione comunista del mondo è la guida per la nostra azione di trasformazione della realtà.

Per quanto riguarda la prima tesi essa è confermata dall’andamento generale della storia della società borghese e ulteriormente confermata dalla fase specifica che stiamo vivendo. Siamo nel pieno dell’emergenza sanitaria, economica e politica dovuta all’epidemia del Covid-19 e alla gestione che ne stanno facendo il governo Conte 2 e le altre autorità dei vertici della Repubblica Pontificia: terrorismo e intossicazione dell’opinione pubblica, proclami, speculazioni e “arraffa arraffa” per affaristi, divieto di manifestazione, sciopero e assemblee sindacali. La gestione è connotata da una serie di misure repressive e una misura economica (varata il 16.03.2020) che inietta 350 miliardi di euro per salvaguardare la liquidità alle banche e 3 miliardi di euro alla sanità di cui 2,5 miliardi serviranno come indennizzo alla sanità privata che “gentilmente” metterà a disposizione strutture, personale sanitario e altro: insomma una presa in giro!

Ma la borghesia non può e non vuole assumere misure di emergenza, anzi perché ogni capitalista sia libero di cercare di valorizzare ognuno al massimo il suo capitale, è costretta a rafforzare l’oppressione di classe sul proletariato e portare avanti la guerra di sterminio non dichiarata (e ammantata da parole d’ordine quale “unità nazionale”, “andrà tutto bene”, ecc.).

D’altro canto questa situazione sta contribuendo a modificare il senso comune delle masse popolari: queste imparano principalmente dall’esperienza pratica, per questo motivo il compito di noi comunisti non è acquistare nuovi “credenti” o aumentare il numero dei comunisti (costruire il partito grande e forte come sostiene Marco Rizzo) ma avanzare nella costruzione della rete del nuovo potere. L’acuirsi della crisi, l’esperienza pratica in cui si ritrovano le masse popolari, il sorgere e il dispiegarsi della resistenza che spontaneamente esse oppongono all’incedere della crisi, questo è il terreno su cui costruire la rete delle organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) che dirigeranno il paese. Da questo punto di vista, quindi, la situazione attuale è foriera di grandi sviluppi. Qual è, allora, l’aspetto decisivo? È quanto viene affermato nella seconda tesi e cioè la formazione di comunisti capaci di applicare con profondità e creatività la scienza necessaria ad avanzare nella nostra lotta: la concezione comunista del mondo o marxismo-leninismo-maoismo. Perché serve una scienza? Perché serve la concezione comunista del mondo per avanzare nella nostra lotta?

La risposta attiene al carattere oggettivo e specifico della nostra opera che consiste nel costruire un nuovo modo di produzione e un nuovo sistema di relazioni sociali: il socialismo transizione verso il comunismo, il primo sistema di relazioni sociali a essere prima pensato e poi creato. Cioè, a differenza degli altri sistemi sociali e modi di produzione - capitalismo compreso - esso non si afferma, non può affermarsi, come “pratica spontanea” di una classe, come pratica che risponde spontaneamente alle esigenze materiali indotte dalla necessità di sviluppare le forze produttive per far fronte alla lotta contro la natura, com’è stato in passato. Il socialismo è un modo di produzione che, sviluppando e valorizzando i presupposti già contenuti nel capitalismo (alto carattere collettivo delle forze produttive), necessita di una partecipazione collettiva, sempre più di massa, alla sua edificazione. Ora, stante le condizioni pratiche in cui la società borghese ha relegato le masse popolari, il numero di operai e di individui delle masse popolari che diventano comunisti è per forza di cose limitato. Tuttavia, esso basta a determinare il salto qualitativo necessario ma solo nella misura in cui questi comunisti hanno assimilato a sufficienza la concezione comunista del mondo. Assimilarla per fare che cosa? Per mobilitare e dirigere gli operai e il resto delle masse popolari a costruire il nuovo potere, compiere il percorso che noi comunisti della Carovana del (n)PCI abbiamo indicato nella linea “costruzione della rete di OO e OP necessaria a imporre un Governo di Blocco Popolare”. Questa è la via tattica elaborata per avanzare nella conquista del potere politico nel nostro paese.

Da quanto sin qui scritto emerge bene la dialettica che intercorre tra:

- condizioni oggettive e condizioni soggettive;

- teoria e pratica.

In questa dialettica c’è un principale e un secondario: aspetto principale è l’unità dei comunisti sulla base dell’assimilazione della nostra scienza in quanto, a fronte dell’esistenza di una situazione rivoluzionaria in sviluppo (SRiS) e quindi di un grado di maturazione delle condizioni oggettive sufficiente per instaurare il socialismo (quello che Oliviero Diliberto e altri esponenti della sinistra borghese negano), l’aspetto determinante diventiamo noi.

Ora, che cosa significa questa affermazione nella situazione particolare che stiamo vivendo dettata dal precipitare della crisi economica, politica e sociale, ulteriormente aggravata dall’emergenza del COVID-19? Significa, in buona sostanza, diventare comunisti di nuovo tipo. Per me vuol dire, tanto per cominciare, fare mio quanto in questo articolo viene affermato, e cioè che la scienza comunista è la scienza della costruzione del nuovo mondo, non è la scienza dell’interpretazione o della critica del vecchio mondo. Non avevo mai riflettuto sulla concezione comunista del mondo (CCdM) in questi termini, o almeno non l’avevo mai fatto in maniera così profonda. Per me l’aspetto più difficile è proprio capire, nella pratica, cosa vuol dire diventare i promotori della costruzione del nuovo potere. Infatti, se in generale mi è chiaro, se per “tensione” ci sto arrivando (tensione alimentata dalla crescente comprensione intellettuale e dalla volontà di imparare), nella pratica faccio fatica a individuare i passi concreti: le iniziative da fare e far fare. Mi sto cimentando sempre di più nel provare a individuare iniziative specifiche (basti vedere le indicazioni che sto mandando ai segretari di sezione e agli altri membri che dirigo sulle cose che devono provare a fare), ma mi rendo conto che per quanto io possa guadagnare posizioni nella comprensione dei nostri compiti e nella capacità di individuare linee di sviluppo, mi manca ancora l’esperienza pratica di attuazione e di sperimentazione.

Non riesco ancora a comprendere se il problema è:

- che non riesco a individuare linee di sviluppo adeguate (e quindi quelle che indico si rivelano non funzionanti);

- che non riesco ad attuarle e a farle attuare per mancanza di autorevolezza.

Io credo che sia una combinazione di entrambi i fattori.

Rispetto a quanto affermato nella parte conclusiva dell’articolo mi ha colpito particolarmente la disamina che viene fatta circa il rifiuto, propagandato a piene mani dalla borghesia ma anche dalla sinistra borghese, della teoria.

La borghesia non ha (più) una teoria in grado di conquistare cuore e mente delle masse popolari e infatti ripiega sulla più becera intossicazione delle menti e dei cuori. Il fatto che debba intossicare perché non è più in grado di conquistare le masse popolari, da una parte è la conferma che la nostra società non funziona senza un’ampia collaborazione cosciente e organizzata delle masse popolari, dall’altra è un segnale della debolezza della borghesia. In quest’opera di intossicazione rientra anche la propaganda del rifiuto di ogni teoria: così facendo disarma il proletariato della sua principale arma e cioè la concezione comunista del mondo, quella scienza che per la prima volta nella storia dell’umanità ha spiegato: 1. le ragioni della condizione di oppressione dei proletari; 2. cosa fare per emanciparsi da quella condizione. Questa scienza è inaccessibile alla borghesia, ma deve essere limpida come uno specchio d’acqua a noi comunisti.

Alla luce della nostra scienza noi possiamo individuare e cogliere le leve, le contraddizioni da usare per alimentare la creazione delle condizioni necessarie alla costituzione del Governo di Blocco Popolare. Le leve e le contraddizioni che questa situazione mettono in luce sono varie (alcune le ho accennate sopra). Per esempio:

- contraddizioni relative allo smantellamento della sanità. La linea che stiamo promuovendo è che i lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si organizzino. Ritengo che occorra far comprendere agli elementi avanzati dei lavoratori di questo settore che in questa fase sono loro ad avere il coltello dalla parte del manico. A fronte della propaganda su angeli, eroi, ecc., chi si azzarda a toccare un infermiere o un medico? Ebbene adesso è la fase, il momento per, ad esempio, denunciare i vincoli dell’obbligo di fedeltà aziendale e non solo chiederne la completa abolizione ma abolirli di fatto violandoli sistematicamente; questa è la fase per spingere per la stabilizzazione e l’assunzione di medici e infermieri (li stanno assumendo sì, ma con contratti da 6 mesi). Il compagno XX è l’uomo che può fare al caso nostro per portare avanti l’attuazione di questa linea;

- ruolo della classe operaia. Questa situazione non ha solo spazzato via qualsivoglia tesi circa la scomparsa della classe operaia ma ha mostrato anche (e da questo punto di vista è istruttivo) il ruolo che oggettivamente la classe operaia ricopre nel processo produttivo dell’economia borghese, il motivo per cui è oggettivamente contrapposta ai padroni e il motivo per cui nel proletariato è la classe d’avanguardia. Gli operai non vengono mandati a lavorare perché “poverini sono carne da macello”: vengono mandati a lavorare perché sono i produttori della ricchezza della società capitalista, sono direttamente investiti nella produzione di plusvalore. Per questo motivo le aziende non possono fermarsi (non perché non possono in generale fermarsi per un certo periodo, ma perché ogni capitalista sta cercando di capire che profitti può ricavare da questa situazione). Bisogna far emergere bene nella nostra propaganda questo aspetto, non solo per denunciare con “maggiore cognizione di causa” la condizione degli operai, ma proprio per rafforzare la comprensione circa il loro ruolo nella costruzione del nuovo potere, cioè del ruolo decisivo che hanno nella lotta per il sovvertimento del modo di produzione capitalista e per l’edificazione del socialismo;

- protocollo governo-sindacati che predispone, in sostanza, il fatto che RSU e RLS si occupino di verificare le condizioni che in fabbrica ci sono per attuare i 13 punti indicati nel protocollo per l’attuazione delle misure necessarie alla prevenzione del contagio. Questo è un appiglio non indifferente per promuovere la costruzione di organizzazioni operaie (OO) che vigilano sulla sicurezza delle fabbriche, per far fare un passo in avanti alle OO e farle agire come nuove autorità pubbliche (NAP). Questo lavoro possiamo sperimentarlo in aziende in cui il terreno è fertile come la Piaggio di Pontedera, l’Hitachi di Pistoia, la TSR dove lavora YY, l’Iveco di Suzzara;

- rilanciare con forza l’esperienza dei Consigli di Fabbrica (CdF) degli anni Settanta, come esempio di quello che devono fare gli operai oggi. Quando diciamo loro di partecipare alle brigate di solidarietà attiva (BSA) secondo il nostro orientamento, dobbiamo, a mio avviso, portare l’esempio dei CdF che si occupavano a 360° del territorio, della denuncia delle cose che non vanno ma anche dell’attuazione di misure necessarie. In questo senso credo che alcune sperimentazioni possiamo farle a partire dalle fabbriche dove abbiamo nostri compagni e in quelle dove ci sono OO particolarmente avanzate (tipo Piaggio) o che hanno un rapporto di fiducia con noi tale da avere agibilità nello spingerli a sperimentarsi (es. Hitachi).

Questi sono alcuni esempi.

Ultima considerazione: questa situazione ci offre l’opportunità, e in una certa fase già lo stiamo vedendo, di avanzare nel diventare punti di riferimento delle masse popolari.

Siamo in una situazione simile a quella dell’8 settembre 1943, la data dell'annuncio dell'armistizio con gli Alleati e della fine dell'alleanza militare con la Germania, ma anche la data della dissoluzione dell'esercito italiano e della cattura di centinaia di migliaia di militari, a causa della mancanza di precise disposizioni da parte dei Comandi militari. Il primo PCI non si era preparato a quell’evento, ma nonostante ciò furono decine di migliaia gli elementi delle masse popolari (anche ex soldati) che accorsero nelle sue file. Oggi, in questa fase di crisi (che altro non fa che aggravare gli effetti della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (SAC) la cui fase acuta e terminale è cominciata nel 2008), noi comunisti possiamo fare un balzo in avanti in termini di crescita della nostra autorevolezza (si aprono opportunità per una possibile confluenza delle masse popolari verso la Carovana del (n)PCI, come all’epoca fu con il vecchio PCI). Ovviamente, questo richiede un salto da parte nostra: diventare comunisti di nuovo tipo, nuova classe dirigente delle masse popolari. Questo significa, tradotto, fare un passo in avanti nella capacità di elaborare linee concrete, indicazioni specifiche e di assumerci, ancora di più, la responsabilità del nostro ruolo.

Questa fase credo che ci insegni anche un altro aspetto utile per la cura e formazione (e quindi per il lavoro organizzativo) e cioè che la riforma intellettuale e morale (RIM) e i percorsi di critica-autocritica-trasformazione (CAT) sono aspetti concreti strettamente legati al processo oggettivo a cui ciascuno di noi è sottoposto. La relazione dialettica si esprime nel seguente modo: se non cresciamo e ci posizioniamo in senso più avanzato nella lotta di classe ne verremo travolti. Allo stesso tempo, quanto più tardiamo nel crescere e nel posizionarci in senso più avanzato, tanto più la situazione diventa travolgente non solo per noi ma per l’intera nostra classe.


Note di Lettura (marzo 2020) dell’articolo di La Voce 59 - luglio 2018
Formare e “curare” la personalità dei comunisti per creare la nuova classe dirigente del proletariato e delle masse popolari

Queste mie Note di Lettura intendono essere anche un contributo allo sviluppo del dibattito tra le nostre file in merito alla cura e formazione dei quadri del Partito.

L’importanza di sviluppare tale dibattito e di elevare la nostra politica di formazione dei quadri attiene a un principio che è stato fissato dalla Carovana del (n)PCI sulla base dello studio dell’esperienza storica del movimento comunista ma che fu già enunciato e illustrato da Lenin in svariati scritti, e cioè che la rivoluzione socialista è una questione di capi.

[ndr. Lo spiegava cento anni fa Lenin a Giacinto Menotti Serrati (vedasi l’Avanti 16.12.1920 Risposta di un comunista unitario al compagno Lenin) inorridito dal fatto che Lenin diceva che “il problema della rivoluzione socialista in Italia è solo un problema di capi” e che “il partito socialista italiano non è mai stato e non è ancora un partito rivoluzionario”. Vedasi Lenin, Cinque anni di rivoluzione russa (relazione 13.11.1922 al IV Congresso dell’IC), in Opere complete - Ed. Riuniti vol. 33 pagg. 384- 397; Lenin, Note di un pubblicista cap. III, in Opere complete - Ed. Riuniti vol. 33 pagg. 186-190; Manifesto Programma del (n)PCI - capitolo 1.3.3, pag. 46; Le tre trappole, in La Voce 54 - novembre 2016, pag.17].

Porre attenzione a questo aspetto per me significa rafforzare un processo di rettifica importante perché va a incidere su quella concezione assemblearista e tendenzialmente anarcoide che mi porto dietro.

Lo studio del testo di VO 59 (che avevo già studiato ma che ristudiare alla luce delle novità del contesto oggettivo e delle mie condizioni soggettive mi ha fatto riscoprire) mi ha aiutato a comprendere meglio, nel particolare e nel concreto, in cosa si sostanzia questa mia tendenza e quale sia l’origine di essa.

Si sostanzia in una concezione e in un approccio fondamentalmente da autodidatta che ha origine nel fatto che effettivamente ho vissuto come tale per condizioni specifiche. Le condizioni specifiche attengono al contesto familiare e alle relazioni sociali in cui mi sono trovata a vivere. Concretamente io non ho ricevuto un’educazione compiuta e organica (anche perché banalmente da quando sono nata fino alla maggiore età ho vissuto in varie famiglie differenti e ognuna aveva il suo metodo educativo). Mi sono trovata nella condizione di dover selezionare spontaneamente le cose che mi servivano dai differenti approcci educativi che ho ricevuto sulla base delle situazioni concrete in cui mi sono trovata e dei problemi che di volta in volta dovevo affrontare.

Faccio un esempio per chiarire: la mia famiglia d’origine mi ha trasmesso grandi valori e ideali che mi hanno nutrito spiritualmente e moralmente; la famiglia in cui ho vissuto dagli 8 ai 10 anni mi ha insegnato a badare a me stessa (curarmi della mia persona, fare le faccende di casa); la famiglia in cui ho vissuto dai 10 agli 11 anni non mi ha trasmesso nulla di particolare; la famiglia (la più incisiva) che mi ha cresciuto dagli 11 ai 18 anni mi ha trasmesso, principalmente, il senso del dovere, della disciplina e delle regole ma ha anche fomentato in me la volontà di ribellarmi e di sovvertire la mia condizione.

Credo che questa situazione abbia contribuito ad alimentare una personalità contraddittoria e a tratti disgregata ma tenuta insieme dalle fondamenta (certamente non sufficienti per tirare su un figlio ma comunque importanti per me) di un’idea di mondo che mi è stata trasmessa dalla mia famiglia d’origine e che ha, da sempre, rappresentato il cemento della relazione in particolare con mio padre. Banalmente, il nostro rapporto si è sempre e quasi esclusivamente nutrito della discussione politica e della spinta che mio padre mi ha dato a partecipare alla lotta di classe.

Inquadrare questi aspetti della mia vita mi serve per avere coscienza dell’origine oggettiva, sociale, delle mie caratteristiche e per assimilare un metodo che devo usare, sempre di più e sempre meglio, anche nella cura e formazione di altri. Come si afferma nel testo: “per studiare la mentalità e la personalità di un individuo bisogna conoscere l’ambiente in cui è cresciuto”.

L’approccio da autodidatta si manifesta nel pensare che le cose maturino da sé, che prima o poi “uno ci arriva” se le cose gli vengono spiegate e se ha volontà e determinazione. Questo approccio viene indicato, nel testo, come manifestazione di quei problemi che caratterizzano la personalità dei comunisti nei paesi imperialisti.

Nel testo si spiega il motivo per cui questo approccio è sbagliato: per quanto le cose possano essere spiegate e illustrate bene, se vengono lasciate alla spontaneità inevitabilmente vanno a catafascio in quanto spontaneamente l’arretrato sottomette l’avanzato. Il fatto che l’arretrato sottomette l’avanzato è vero e attiene a una questione di rapporti di forza tra le due classi. Mi spiego meglio: noi comunisti ci cimentiamo a fare e far fare ad altri percorsi di RIM e di CAT che sono indispensabili per renderci (e rendere altri) adeguati ai compiti della fase. Questi percorsi di trasformazione si svolgono in un contesto ben preciso che è quello della lotta di classe, in particolare della lotta di classe in un paese imperialista nell’ambito della fase acuta e terminale della seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale (SAC). [ndr. Vedi Manifesto Programma, cap. 1.6. pag. 77]

Dunque, la lotta nel portare avanti questi stessi percorsi (cioè per diventare oggetto, oltre che soggetto della rivoluzione socialista, per dirla alla Mao) è manifestazione di quella tra le due classi in lotta per il potere, della lotta cioè tra borghesia e proletariato. Non sto dicendo nulla di nuovo, ne sono consapevole, tuttavia inquadrare la trasformazione mia e dei compagni che dirigo alla luce della lotta per costruire nuovi rapporti di forza (a favore del proletariato) conferisce una superiore sostanza all’affermazione secondo cui il percorso di RIM e di CAT è in funzione dei compiti. Nel senso che non solo è in funzione dei compiti ma è un’esigenza che sorge dalla lotta di classe, è manifestazione della lotta di classe nella costruzione di un partito adeguato ai compiti e, quindi, nella costruzione della rivoluzione socialista.

La costruzione di una nuova classe dirigente, del resto, non è una novità storica introdotta dal movimento comunista: se ci pensiamo fa parte del percorso che l’umanità ha intrapreso nel momento in cui è sorta la divisione della società in classi. Per affermare un nuovo e superiore modo di produzione funzionale allo sviluppo delle forze produttive, e quindi al progresso della società, è sempre servita una classe dirigente che incarnasse quella trasformazione, che la spingesse in avanti, che la portasse a compimento. Per non andare troppo in là coi secoli, così è stato nel passaggio dal modo di produzione feudale a quello capitalista che ha visto il sorgere di una nuova classe dirigente (la borghesia) portatrice di nuovi valori, di una nuova cultura, funzionale a sviluppare e dare cornice intellettuale e morale al nuovo modo di produzione che si stava affermando. Lo stesso vale nel passaggio dal capitalismo al comunismo. Insomma la costruzione di capi, di capi nuovi, è una questione concreta, oggettiva, che attiene allo sviluppo delle società.

Questa considerazione mi fa pensare a tutta la polemica intorno al M5S e a uno dei problemi principali che gli vengono imputati e cioè la mancanza di una classe dirigente. Al di là della strumentalità con cui i partiti delle Larghe Intese (LI) e i loro pennivendoli pongono la questione, il problema è reale, ma la soluzione sta nel fatto che non può essere il M5S (e in generale nessun’altra forza politica borghese) la nuova classe dirigente delle masse popolari, in quanto incarna valori, idee, soluzioni che sono incompatibili con il processo storico in atto, cioè col fatto che la società va verso il comunismo. Solo i comunisti possono, e sono, la nuova classe dirigente di cui le masse popolari hanno bisogno.

Dunque, la formazione di quadri comunisti è la parte decisiva della guerra popolare rivoluzionaria (GPR) in corso.

Le difficoltà nel portare avanti questo obiettivo in un paese imperialista come il nostro sono ben illustrate nell’articolo di VO 59. In particolare, nel nostro paese, dobbiamo lottare contro la scissione tra teoria e pratica frutto dell’eredità negativa sul piano intellettuale e morale (doppia e tripla morale) che ci caratterizza dall’epoca della Controriforma (secolo XVI) ed è stata alimentata dal lungo periodo (1947-1973) di predominio dei revisionisti moderni che proclamavano l’obiettivo del socialismo ma non lo perseguivano nella pratica. In sostanza la teoria non è una guida per l’azione (neanche per la propria condotta di vita), ma una proclamazione di buone intenzioni nel migliore dei casi o una “chiacchiera da salotto e da bar” nel peggiore. Per questo motivo è tanto importante che un dirigente non si fermi a illustrare, spiegare per poi “lasciare andare”, ma che verifichi passo passo e costringa all’attuazione della linea: dobbiamo educarci ed educare alla coerenza tra teoria e pratica.

Il maoismo ci insegna che i comunisti per poter promuovere la rivoluzione socialista devono trasformarsi già oggi: questo è il sesto apporto del maoismo [ndr. Vedasi La Voce 41 - luglio 2012, pag. 48], uno dei più preziosi, ma lo si può comprendere nel suo reale significato solo e soltanto se comprendiamo la natura della strategia della guerra che stiamo contribuendo a portare avanti insieme al (n)PCI che di questa guerra è lo Stato Maggiore.

Mi spiego meglio: se uno non ha chiaro che la rivoluzione socialista è un processo che si costruisce, è un atto che è in corso e il cui inizio è determinato dalla fondazione del partito comunista, che è un processo, quindi, che richiede l’esistenza di comunisti adeguati e formati a portarlo avanti, non capisce nemmeno il senso dell’apporto di Mao, non capisce il motivo per cui “ci si sbatte tanto” nella cura e formazione bensì tende a percepirla come la pretesa di formare super uomini e super donne in una società che è ancora quella capitalista (per quanto essa sia in crisi), percepisce inevitabilmente i percorsi di RIM e di CAT o come roba da “asceti” autoperfezionisti, o come un’opportunità di miglioramento della propria formazione intellettuale (una “roba figa che mi rende migliore”) o, nel peggiore dei casi, come una perdita di tempo, una cosa da setta.

Per comprendere a fondo il sesto apporto del maoismo bisogna mettere al centro la nostra strategia, cioè i compiti della fase, altrimenti non si riesce a comprendere abbastanza a fondo perché facciamo e facciamo fare ad altri percorsi di RIM e di CAT. Alla luce di questo ragionamento ritengo che l’articolo di VO 59 esprima il limite che poi è emerso bene nella diserzione di Angelo D’Arcangeli e Chiara De Marchis [ndr. Vedasi Avviso ai naviganti 91 e 92 del 15 e 18.08.2019], che è stato rettificato con l’Avviso ai Naviganti 91 e che stiamo rettificando con la nuova politica di formazione che stiamo perseguendo nei confronti dei vecchi e nuovi quadri.

Il limite che esprime questo articolo è quello di affermare, in sostanza, che l’aspetto decisivo nei percorsi di RIM e di CAT dei comunisti è l’intervento sulla mentalità e sulla personalità. Per quanto l’articolo contenga tanti aspetti positivi che lo mantengono, comunque, ancora un valido strumento di studio per i quadri (non per tutti perché in alcuni casi può generare confusione), vi si afferma con forza quello che l’esperienza di Angelo e Chiara ha smentito e cioè che la concezione del mondo si cambia in breve tempo, che essa è relativamente semplice da cambiare e che il grosso, l’aspetto sostanzialmente decisivo, è l’intervento sulla mentalità e sulla personalità. Questo approccio (definito anche, dal (n)PCI, metodo Rousseau-Montessori [ndr. Secondo la concezione di Rosseau, Montessori e altri la formazione consiste nel far emergere in un individuo quello che sarebbe in lui innato]) ci porta a soffermarci di più sugli aspetti di mentalità e personalità dei compagni anziché sul loro livello di apprendimento, assimilazione e applicazione della concezione comunista del mondo (CCdM).

Con questo non intendo affatto dire che gli aspetti di mentalità e personalità non sono importanti, anzi credo che la mia pratica dimostra che lo sono in quanto cerco sempre di porvi attenzione. Quello che intendo dire è che sposo in pieno quanto affermato dal (n)PCI nell’Avviso ai Naviganti 91 e cioè che l’aspetto principale nella formazione dei quadri è quello di formarli a essere capaci di orientarsi da soli, orientare altri, rafforzare la loro adesione alla causa. È intervenendo su questi aspetti che si cura la mentalità e la personalità, non il contrario.

Solo se io comprendo i motivi della giustezza di una guerra sono disposto a fare i sacrifici che essa comporta come quelli che comporta trasformarsi.

Entrando nel particolare e concreto di alcuni percorsi di formazione che sto seguendo:

- la compagna YY subisce il ruolo del suo compagno, è scocciata dal fatto di venire percepita come la moglie, la compagna di... Se è vero che questa contraddizione attiene all’oppressione di genere, ai pregiudizi di una società in cui quello che fa politica è l’uomo, ecc., la sua soluzione sta nel fatto che la compagna si elevi, cioè elevi il suo grado di autonomia ideologica con lo studio (che fa molto poco) e con la sperimentazione pratica (che tende a fare di più, ma senza un adeguato bilancio dell’esperienza). Il suo compagno gode di un contesto che naturalmente lo rende riconosciuto perché è un uomo, perché per sua provenienza di classe ha avuto accesso a strumenti, mezzi che gli hanno conferito un certo grado di cultura e di capacità di comprendere e assimilare le cose forse più velocemente di altri. Ma il punto non è lui, il punto è quanto YY si mette a studiare, a sperimentare, a fare bilancio: è così che guadagna autonomia da lui, si eleva, si emancipa come donna e come comunista;
- la compagna KK lamenta il fatto di non sentirsi adeguata ai compiti. Questo le genera ansia e la paralizza. Sicuramente questa sua paura attiene ad aspetti della sua mentalità, personalità, del modo in cui è vissuta. Tuttavia, l’immobilismo dovuto all’ansia nasconde l’idea che prima di assolvere a un compito bisogna essere adeguati. Quindi nasconde una concezione antimaterialista e antidialettica della realtà che nega il principio secondo cui le cose si sviluppano: il movimento e la contraddizione. Inutile intervenire sulla sua mentalità e personalità se non assimila questo aspetto basilare della CCdM con lo studio, l’applicazione e il bilancio dell’esperienza.

Questi sono solo due esempi che in piccolo confermano quanto abbiamo imparato dalla diserzione di Angelo e Chiara e di cui dobbiamo fare tesoro.

Infine, i problemi che attengono alla RIM e alla CAT dei comunisti sorgono sulla spinta delle condizioni oggettive e soggettive legate alla lotta di classe. I problemi dei due disertori sono sorti nel momento in cui si sono posizionati a un livello superiore nella lotta di classe. Questa nuova circostanza li ha messi nella condizione di dover affrontare nuovi problemi legati alla loro RIM e alla loro CAT che loro hanno deciso di non affrontare o che nemmeno sono stati in grado di vedere. In entrambi i casi, all’origine c’è la scarsa assimilazione della CCdM, cioè la scarsa comprensione dei motivi per cui la nostra guerra è giusta: è questo che li ha fatti saltare.

Allo stesso modo, per dirla alla Marx, i problemi sorgono quando le condizioni materiali della loro soluzione esistono già o sono in formazione. Nel concreto vuol dire, per esempio, che le mie difficoltà a dirigere sono sorte nel momento in cui sono stata messa nella condizione di dover dirigere e la condizione stessa di dover dirigere era già di per sé parte della soluzione al mio problema, dato che si impara a fare facendo. Il punto però sta nella volontà e nella disponibilità a intraprendere un percorso. È per questo motivo che, in definitiva, la causa interna è quella principale.

Saper valutare questa disponibilità e volontà destreggiandosi nelle mille contraddizioni, negli scalpitii dei compagni, nei loro avvitamenti e momenti di crisi, in quello che affermano e in quello che poi fanno, è fondamentale per non cadere nell’idealismo o nel positivismo, nell’“accanimento terapeutico” o nella sfiducia. Attenzione però: nemmeno la volontà è innata o cade dal cielo. Essa può essere stimolata con la nostra azione esterna, può essere favorita creando circostanze specifiche che mettono i compagni nella condizione di far crescere dentro di loro il fuoco rivoluzionario, la passione rivoluzionaria.

La formazione che dobbiamo far fare ai nostri compagni, a partire dai quadri, attiene proprio a questo obiettivo: conquistare la loro mente e il loro cuore, questa è la sostanza della GPR che i comunisti conducono e vale ancora di più in un paese imperialista come il nostro. La borghesia non a caso investe tanto sull’intossicazione del cuore e della mente delle masse popolari, sulla diversione dalla lotta di classe. E non lo fa mica portandole alla fame (raramente si arriva a questo punto in un paese imperialista) o solo con la repressione o la censura. Lo fa riempiendo il loro tempo di cose inutili, riempiendo la loro testa di sciocchezze, rendendole ignoranti (analfabetismo di ritorno).

La pratica è certamente importante ed è l’unica vera levatrice, ma anche le idee lo sono: trasmettere a chi ci circonda idee sane, giuste, coerenti con le sue aspirazioni e i suoi desideri e bisogni, è un passo fondamentale nella costruzione della nostra egemonia, cioè nella costruzione di quei rapporti di forza necessari ad avanzare nella rivoluzione socialista in corso.