La Voce 65 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - luglio 2020

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

 


Consolidare e rafforzare la rete di organismi del nuovo potere approfittando della crisi del sistema politico della borghesia imperialista

 

Il sistema politico della borghesia imperialista è in crisi: ben venga! La crisi del sistema politico della borghesia è una delle condizioni necessarie per espandere e rafforzare il sistema politico del proletariato. Siamo in una situazione rivoluzionaria, cioè in una situazione nella quale alla crisi politica della borghesia può subentrare la conquista del potere da parte delle masse popolari organizzate. Far prevalere il sistema politico del proletariato è il nostro compito, solo così l’umanità porrà fine alle crisi sanitaria, economica, sociale e ambientale che l’affligge.

Viviamo in una società che è divisa in due campi antagonisti: quello della borghesia imperialista e quello delle masse popolari, con il primo che domina e opprime il secondo. Noi comunisti siamo i promotori e dirigenti della guerra delle masse popolari contro la borghesia imperialista.

Il sistema politico della nostra società (l’insieme delle istituzioni politiche e delle relazioni strettamente politiche) è nelle mani della borghesia imperialista. Se il sistema politico della società è sconvolto, la borghesia imperialista è nei guai: con le sue istituzioni politiche non riesce più a governare la società e le relazioni strettamente politiche funzionano malamente. Se il sistema politico della borghesia è sconvolto, per la borghesia nel complesso è un guaio, anche se i gruppi borghesi d’opposizione comunque ne approfittano per cercare di fare le scarpe a quelli che sono al governo: la borghesia è intrinsecamente, per sua natura, divisa in gruppi concorrenti anche in campo politico e per i gruppi borghesi d’opposizione lo sconvolgimento è un guaio ma è anche una opportunità; per le masse popolari è un guaio perché la vita economica (strettamente connessa al sistema politico dato che siamo in regime di capitalismo monopolistico di Stato) è sconvolta e l’intero sistema dei rapporti sociali che è condizionato dal sistema politico è anch’esso per forza di cose sconvolto. Ma per il nostro sistema politico, che fino a ieri era poca cosa (le forze della Carovana del (n)PCI sono piccole - siamo nella prima fase della guerra popolare rivoluzionaria, poco più che all’inizio), è il momento di avanzare: si è creata una situazione favorevole. Il nostro sistema politico (l’insieme delle nostre istituzioni e le relazioni politiche che ad esse fanno capo) si contrappone a quello della borghesia e noi lottiamo per trasformarlo nel nuovo sistema politico dell’intera società.

La sinistra borghese vede solo (o principalmente) la crisi politica: per i suoi esponenti non esiste altro potere che il potere della borghesia. Noi vediamo principalmente l’occasione favorevole al consolidamento e rafforzamento delle nostre istituzioni politiche, del potere del proletariato. Questo ci distingue dalla sinistra borghese ma anche dagli organismi che si dicono (e credono) comunisti, ma la cui visione del mondo è offuscata dall’influenza della borghesia, il cui stato d’animo è determinato dallo stato d’animo della borghesia.

 

*****

Il programma della subordinazione del PCI alla borghesia nella ricostruzione economica postbellica

Esemplificativo a questo proposito l’opuscolo di Emilio Sereni, CLN: Il Comitato di Liberazione Nazionale della Lombardia al lavoro nella cospirazione, nellinsurrezione, nella ricostruzione, Ed. Percas agosto 1945. Nell’opuscolo Sereni vuole far conoscere su larga scala la natura e far apprezzare l’opera dei CLN raccontando l’operato di quelli della Lombardia nella cospirazione (autunno 1943 -  primavera 1945), nell’insurrezione (aprile 1945) e nella ricostruzione incipiente. Secondo Sereni essi dovevano sfociare nella costituzione dei Consigli di Gestione delle aziende, organismi misti tra padroni e operai, di collaborazione per la ricostruzione.

In un certo senso Sereni mostra i CLN operare (per iniziativa, campo di intervento, solerzia ed efficacia) come noi auspichiamo operino ora le organizzazioni operaie e popolari delle aziende capitaliste e pubbliche. Descrive i CLN aziendali che si occupano dell’azienda ed escono dalle aziende, fanno valere la linea che le fabbriche devono ristrutturarsi per produrre quello che serve, creano lavori utili e dignitosi. Sereni descrive l’iniziativa, la creatività, la solidarietà di questi organismi, il coordinamento e la collaborazione tra di loro, ecc.

Ma Sereni descrive i CLN come organi della collaborazione strategica (a tempo indeterminato) delle masse popolari con quella parte della borghesia e del clero che, vista la mala parata della guerra, hanno rotto con il nazifascismo che avevano coltivato fino a ieri e si sono schierati con gli angloamericani e propone i Consigli di Gestione come organi della collaborazione degli operai con quei capitalisti che accettano di collaborare con gli angloamericani.

Era la linea del PCI e il risultato reale della sua adozione da parte del PCI fu la situazione del 1947: estromissione di PCI e PSI dal governo, conferma degli alti funzionari fascisti nell’apparato militare e civile dello Stato (prefetti e questori compresi), estromissione e inizio della persecuzione dei Partigiani.

La linea proposta da Sereni è significativa di una delle arretratezze del movimento socialista e comunista in Italia fin dalla sua nascita (e da cui cerca di liberarsi): cercare di convincere le classi dominanti a migliorare le condizioni delle masse popolari (“socialismo utopistico”). Mentre il compito più difficile per il partito comunista non è nascondere i propri propositi alle classi dominanti con qualche dichiarazione e qualche scritto. Il compito principale e decisivo del successo della sua opera consiste 1. nell’elevare con tutti i mezzi di cui riesce a disporre (comunque scarsi rispetto a quelli della borghesia) la coscienza delle masse oppresse, degli elementi e gruppi avanzati delle masse, dei propri simpatizzanti, illuminarli sulla strada da compiere e sui nemici da cui guardarsi e su quelli che occorre eliminare perché irriducibili e soprattutto 2. nel farle avanzare praticamente su questa strada. Secondo Sereni anche a vittoria oramai conquistata sui nazifascisti (Sereni scrive nell’agosto 1945), gli unici nemici sono i fascisti e i nazisti.

Racconta una storia truccata, dove l’illustrazione e l’esaltazione dell’eroismo e dell’iniziativa delle masse popolari servono a rendere autorevole il messaggio di collaborazione di classe, l’interclassismo, la concezione che non esistono contrasti antagonisti di interessi tra classi. In essa i CLN non sono più solo soluzione giusta provvisoriamente finché il compito principale è vincere i nazifascisti. Sereni li presenta come organi di collaborazione di classe che devono presiedere alla nuova fase (la ricostruzione) e a questo scopo trucca gli organismi interpartito da organismi di base per farli accettare 1. alle masse popolari (che effettivamente li ingoieranno) e 2. alla borghesia, al clero (al Vaticano) e agli imperialisti angloamericani che non replicano alle chiacchiere di Sereni e approfittano dell’opera del PCI e sua per cedere meno terreno possibile alle masse popolari in fermento e salvaguardare posizioni da cui poi, passata la buriana, recupereranno il terreno ceduto. Alla ricostruzione procederanno quando i loro interessi lo detteranno: non l’iniziativa delle masse popolari, ma il capitale USA e il suo piano Marshall saranno i motori e la legge della ricostruzione, detteranno regole e tempi. La disoccupazione raggiungerà picchi più alti che durante il fascismo e centinaia di migliaia di lavoratori dovranno prendere la strada dell’emigrazione (nelle miniere del Belgio, nei cantieri della Svizzera e altrove).

Sereni proclama che l’interesse nazionale, comune a tutti, può e deve ispirare tutti. Tutti devono mettere da parte i loro “egoistici interessi” e le proprie “ristrette e grette vedute” di fronte all’interesse nazionale, comune. Ma il mondo reale è che da sempre le classi dominanti presentano, dipingono, travestono, consacrano i loro interessi come interessi generali, di tutta la società che essi dominano e sfruttano. Gli individui più arretrati e le parti più arretrate delle classi oppresse subiscono, assimilano questa mistificazione, la fanno propria (il nostro re, il nostro padrone, la nostra fabbrica, la nostra città, ecc.) salvo in certi momenti e circostanze rivoltarsi furiosamente e ciecamente. Il compito del partito rivoluzionario è quello di aprire anche a loro gli occhi, mettere in luce agli occhi degli individui delle classi oppresse l’antagonismo dei loro interessi con quelli dei signori e padroni, mostrare loro che i “loro” signori e padroni non agiscono come agiscono per caso o per ignoranza, ma per interesse e a ragion veduta, organizzarli per far valere i propri interessi, per imporre un sistema sociale senza padroni e signori. Chi sorvola sull’antagonismo di interessi non imbroglia i padroni e i signori. Questi dei loro interessi hanno una coscienza ben più chiara di quella che le masse popolari hanno dei propri. Essi sono abituati a farli  valere al punto che, con l’educazione, le abitudini e le condizioni in cui costringono le masse popolari a vivere, le hanno indotte a considerarli come naturali e legge divina. Chi sorvola sull’antagonismo di interessi imbroglia gli oppressi, impedisce che si armino, aggrava lo sforzo che devono fare e che già hanno difficoltà a fare, contrappone la parte più arretrata delle masse popolari alla parte più avanzata.

Sereni parla sistematicamente solo di ricostruzione e di lavoro comune padroni-operai. La collaborazione operai e padroni ha portato e non poteva che portare al dominio dei padroni. Era sbagliato e utopistico da parte del PCI predicare, invocare e cercare di praticare e far praticare agli operai la collaborazione come regola generale e indirizzo strategico. La collaborazione capitalista-operai di per se stessa nella realtà è sottomissione degli operai alle necessità della valorizzazione del capitale del “loro” capitalista. I capitalisti senza gli operai non possono fare niente, gli operai senza i capitalisti possono fare tutto e meglio (nel senso che sono in grado di imparare a fare tutto e meglio, anche quello che i padroni non fanno ma che è conforme agli interessi delle masse popolari). Ogni capitalista ha come scopo (e il sistema sociale capitalista lo obbliga, pena il fallimento, ad avere come scopo) la valorizzazione del suo capitale. I capitalisti come classe combinano in qualche modo gli interessi dei singoli capitali. Noi abbiamo come scopo la produzione di tutto e solo quello che è utile ad alimentare e migliorare la vita della popolazione, rispettando la salute e la sicurezza dei lavoratori e della popolazione, riducendo il tempo che occorre dedicare al lavoro a vantaggio delle attività specificamente umane e tutelando e migliorando l’ambiente.

*****

 

Far avanzare la rivoluzione socialista nellambito del grande sconvolgimento in corso: inquadramento generale

Il grande sconvolgimento in corso comporta un passo avanti della rivoluzione socialista. Per noi si tratta di tradurre la strategia della guerra popolare rivoluzionaria (Manifesto Programma - MP cap. 3.3) in linee tattiche particolari e caso per caso concrete. È un campo in cui dobbiamo avere iniziativa, essere creativi, sperimentare, provare, correggere e provare nuovamente fino a trovare il modo d’aver successo. È un’impresa nuova nella storia umana: fare la storia avendola pensata prima, fare la storia che metterà fine alla divisione dell’umanità in classi sociali. È un’impresa che il movimento comunista cosciente e organizzato del secolo scorso non è riuscito a compiere. Lenin nel Rapporto sulla tattica del PCR al III congresso dell’Internazionale Comunista del luglio 1921 dice (parafrasando): ‚noi abbiamo preso il potere in Russia non perché convinti di poterci mettere noi alla testa della rivoluzione socialista mondiale, ma perché ci siamo trovati in condizione di poterlo prendere ed eravamo sicuri che prendere il potere in Russia avrebbe aiutato i comunisti dei paesi più avanzati a prenderlo e loro si sarebbero posti alla testa della rivoluzione socialista mondiale. Quindi l’abbiamo preso e lo abbiamo tenuto a ogni costo, per far avanzare la rivoluzione socialista mondiale” (Opere Ed. Riuniti 1967, vol. 32, pagg. 455-456 e anche vol. 33 Sulla nostra rivoluzione gennaio 1923).

Stalin ha continuato l’opera iniziata da Lenin, ma sappiamo come sono andate le cose, come si è svolta la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria sotto la guida di Lenin, poi di Stalin e poi di Mao. L’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti non è riuscita. Questo ha portato all’esaurimento della prima ondata dalla quale però ereditiamo un grande patrimonio di esperienza e una umanità largamente cambiata.

Noi dobbiamo imparare dall’esperienza passata, dalla nostra esperienza e dall’esperienza degli altri paesi, in particolare dei paesi imperialisti, a fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista come l’Italia, dobbiamo osare e sperimentare.

LItalia da una parte è un paese imperialista come gli altri nei quali nel corso della prima ondata i partiti comunisti non sono

riusciti a instaurare il socialismo. Dall’altra è un paese imperialista con sue particolarità. La principale di queste è di essere sede del Papato, potere internazionale e potere occulto di ultima istanza della Repubblica Pontificia. La seconda è di essere ancora sostanzialmente un paese diviso in due parti, il Nord e il Sud, sebbene questo in misura minore che nel corso della prima ondata. La terza è di essere un paese da più di settant’anni occupato dalla NATO, istituzione del  complesso militare-industriale-finanziario che governa gli USA e ha un avamposto nello Stato d’Israele, e da vari decenni sempre più profondamente coinvolto nell’UE e nelle altre istituzioni dei gruppi imperialisti europei.

Il grande sconvolgimento in corso comporta alcune particolarità a livello internazionale. Le principali sono tre. La prima è che la borghesia non è in grado di ristabilire il suo potere, a causa della crisi del suo sistema politico in tutti i principali paesi imperialisti e perché sono sconvolte le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale-FAUS (le principali delle quali, dagli anni ’70 ad oggi, sono state il sistema monetario mondiale fiduciario basato sul dollaro e un’economia globale in cui alcuni gruppi finanziari dominano interi settori produttivi in gran parte del mondo) e non ha FAUS alternative già delineate, a differenza di quello che accadde nel periodo delle due guerre mondiali. Allora la necessità di far fronte al movimento comunista spinse la borghesia imperialista a scimmiottare l’URSS e infatti essa fece ricorso su larga scala all’intervento statale nell’economia generando però un sistema di “lacci e laccioli” da cui si è liberata negli anni ’70, quando la prima ondata si è esaurita, la seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale è iniziata e la borghesia imperialista ha ripreso nelle sue mani la direzione del corso delle cose a livello mondiale.(1)

La seconda è che nei paesi imperialisti la resistenza delle masse popolari oggi si esprime principalmente ancora in movimenti, iniziative e organismi rivendicativi che lasciano la direzione delle unità produttive, della vita sociale e la gestione del paese nelle mani della borghesia e del clero e che l’aggregazione delle masse popolari attorno ai partiti comunisti è minima, a differenza di quella che era negli anni 1914 e seguenti.

La terza è che alcuni dei primi paesi socialisti (RPC, Cuba, Vietnam, RPD di Corea), anche se hanno lasciato cadere il ruolo di base rossa della rivoluzione socialista mondiale, non sono regrediti oltre il tentativo di restaurare o instaurare gradualmente e pacificamente il capitalismo (la seconda delle tre fasi attraversate dai primi paesi socialisti - vedasi MP cap. 1.7.3) e che altri paesi (Venezuela, Iran, Confederazione Russa, Bielorussia e altri) in modi diversi resistono alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti.

■ Consideriamo infine lesperienza del periodo del capitalismo dal volto umano (1945-1975) in Italia. Per imparare da esso dobbiamo dividerlo chiaramente in due periodi successivi.

Il primo (1945-1966) fu quello del tradimento della vittoria della Resistenza da parte dei revisionisti moderni, della collaborazione alla ricostruzione sotto la direzione della borghesia e della ripresa del capitalismo: in nome della ricostruzione economica il movimento comunista si è assoggettato alla borghesia che perseguitava i partigiani mentre invece ammetteva gli esponenti del PCI, i revisionisti moderni, nelle istituzioni e nel sistema di relazioni dello Stato borghese.

Il secondo (1966-1976) è stato quello della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) del popolo cinese e in Italia dello sviluppo della lotta rivendicativa (“il 68”, l’Autunno Caldo, l’epoca del Consigli di Fabbrica, della “strategia della tensione”, delle Organizzazioni Comuniste Combattenti, del sopravvento in esse del militarismo). Questo secondo periodo si è concluso con la sconfitta della GRCP, il disfacimento del movimento rivendicativo, la ripresa in mano (Thatcher, Reagan) da parte della borghesia imperialista della direzione del corso delle cose a livello mondiale, l’ingresso nell’“epoca della più nera reazione” (1976-2016, per l’Italia 2018) e l’attuazione del “programma comune della borghesia imperialista”. Per l’Italia manifestazioni importanti di questo secondo periodo furono 1. “il divorzio” della Banca d’Italia dal ministero del Tesoro (vedasi lettera del 12 febbraio 1981 di Beniamino Andreatta a Carlo Azeglio Ciampi) e la soggezione delle “misure sociali” dello Stato al sistema finanziario internazionale tramite il Debito Pubblico, 2. la soggezione dello Stato italiano, già asservito alla NATO, anche all ’ UE.

La lezione che ci viene da entrambi questi periodi riguarda la relazione tra strategia e tattica: ogni tattica deve contribuire a rafforzare il sistema di potere delle masse popolari organizzate, all’avanzata verso la costituzione del Governo di Blocco Popolare (a creare le condizioni necessarie), a rafforzare la guerra popolare rivoluzionaria, le forze  che la conducono.

È in questo quadro storico e mondiale e con questi principi che noi comunisti italiani dobbiamo promuovere e dirigere la lotta di classe nel nostro paese. Infatti la crisi è mondiale, la rivoluzione socialista è mondiale, ma la rivoluzione mondiale è combinazione di rivoluzioni nazionali vincenti in paesi

che stabiliscono tra loro rapporti di solidarietà, collaborazione e scambio. Il primo paese imperialista in cui i comunisti porteranno le masse popolari a instaurare il socialismo aprirà la via e mostrerà la strada anche alle masse popolari del resto del mondo e si gioverà del loro appoggio. Nostro compito è promuovere la rivoluzione socialista nel nostro paese e così facendo dare il massimo contributo di cui siamo capaci alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e allo sviluppo della seconda ondata della rivoluzione socialista in tutto il mondo.

È con questa concezione che noi comunisti dobbiamo mobilitare, organizzare e orientare le masse popolari, a partire dagli operai, a far fronte alla crisi economica, sociale, ambientale e sanitaria (e spunti particolari per farlo sono indicati nell’Avviso ai Naviganti 100 del 30 marzo 2020 e nel Comunicato CC 16 del 3 maggio 2020).

1. K. Marx chiamò Forme Antitetiche dell’Unità Sociale (FAUS) le istituzioni e le procedure con cui la borghesia gestisce l’unità della società nel contesto del modo di produzione capitalista che è in antitesi con essa. Sulle FAUS vedasi MP cap. 1.3.4. pagg. 57-58, Rapporti Sociali n. 4, pag. 15 e La Voce n. 15, pagg. 47-59).

La borghesia imperialista è uscita dalla prima crisi generale generata dalla sovrapproduzione assoluta di capitale tramite le due guerre mondiali e la lotta che dovette ingaggiare per far fronte alla prima ondata della rivoluzione proletaria. Essa fu portata a modificare il suo sistema di direzione politica e a instaurare il capitalismo monopolistico di Stato costruendo una serie di FAUS che per alcuni aspetti scimmiottavano i paesi socialisti: settore pubblico dell’economia, servizi pubblici, pianificazione economica orientativa (solo orientativa, cioè tramite stimoli finanziari, fiscali e legislativi ai capitalisti, non amministrativa, cioè tramite ordini impartiti alle direzioni delle aziende), moneta fiduciaria (accordi tra governi e banche centrali che culminano negli Accordi di Bretton Woods del 1944), ecc. Erano cose che ogni capitalista viveva come lacci e laccioli che intralciavano la sua libera iniziativa anche se ne approfittava in vario modo (contributi pubblici alle aziende, valorizzazione del capitale tramite investimenti in titoli del Debito Pubblico, ecc.). Man mano che la prima ondata si esauriva e aumentavano le difficoltà nella valorizzazione del capitale, la borghesia imperialista riuscì di fatto ad ampliare margini e qualità dell’economia globalizzata, mondiale: rese tutta la terra e le sue risorse, a un livello superiore rispetto a quello a cui era arrivata nei primi decenni (1884-1914) della prima crisi generale, campo di libera scorreria dei gruppi capitalisti capaci di approfittarne.

Questa espansione si esaurisce ora con la svolta che avviene nell’ambito della fase acuta e terminale della seconda crisi generale. Si sono esaurite molte delle FAUS con cui, nei limiti della natura del modo di produzione capitalista, la borghesia imperialista gestiva il mondo: il sistema monetario fiduciario del dollaro, le istituzioni del commercio internazionale e altre. Non sono in vista nuove FAUS adeguate alla necessità di combinare l’unità della società (l’interdipendenza delle sue varie istituzioni e attività) con la libertà di iniziativa di ognuno dei grandi gruppi imperialisti. È difficile e forse impossibile per noi comunisti prevedere quale strada la borghesia imperialista prenderà se non instaureremo il socialismo in qualche paese dando il via alla nuova ondata della rivoluzione proletaria, ma è evidente che la borghesia imperialista non ha una strada tracciata, che i gruppi imperialisti e le loro autorità brancolano nel buio: tutti i progetti di rinnovamento (vedasi come esempio quelli per far fronte al disastro climatico) restano lettera morta. Anche per la guerra, molti gruppi imperialisti agitano minacce e fanno colpi di mano (tipo l’assassinio del generale iraniano Suleimani), ma nessuno la imbocca con decisione: ognuno sa dove incomincia, ma non dove finirebbe.

 

Approfittare della crisi del sistema politico della borghesia imperialista per consolidare e rafforzare la rete di organismi del nuovo potere

Le masse popolari stanno subendo gli effetti devastanti della crisi sanitaria da Covid-19 e della crisi economica, sociale e ambientale che la crisi sanitaria ha fatto deflagrare. La borghesia imperialista non è in grado di far fronte alla crisi e ritornare allo stato anteriore, ritorno che è invece la tesi implicita nelle chiacchiere di “crisi ciclica” sparse da vari esponenti della sinistra borghese.

 Il sistema politico della borghesia imperialista è in crisi nei singoli paesi imperialisti e nelle relazioni internazionali. La borghesia imperialista è lacerata 1. dai contrasti tra i gruppi imperialisti e 2. dalla contraddizione tra essi e le masse popolari. Anche le classi non proletarie delle masse popolari sono vittime di una gravissima crisi economica: in Italia centinaia di migliaia di aziende di lavoratori autonomi (con pochi o nessun dipendente salariato) e di piccola borghesia sono chiuse e destinate al fallimento e altre ora aperte le seguiranno nel breve periodo.

Gruppi e individui che non riconoscono o mascherano la divisione della società in classi parlano genericamente di “crisi politica”. In realtà nel nostro paese esistono due sistemi politici contrapposti e il loro stato è molto diverso.

1. Il sistema politico della borghesia imperialista: esso comprende lo Stato della Repubblica Pontificia con le autorità statali, regionali, comunali, istituzioni a queste connesse (agenzie, enti, istituti formalmente dipendenti o indipendenti: INPS, Cassa Depositi e Prestiti, Banca d’Italia, ecc.) e istituzioni formalmente private (Confindustria, ecc.). A questo è annesso il “teatrino della politica borghese” dove recitano e “fanno politica” anche personaggi e organismi della sinistra borghese. Questo sistema di potere dirigeva la società nella misura limitata in cui può essere diretta la società borghese, in cui ogni gruppo capitalista deve assolutamente, pena essere soppiantato da altri, valorizzare il suo capitale (industriale, finanziario o speculativo che sia) in concorrenza con gli

altri e in ultima analisi sfruttando gli operai, gli altri proletari e le altre classi delle masse popolari, al di là della valorizzazione del proprio capitale che il singolo capitalista realizza tramite concentrazione e centralizzazione di capitali o “movimenti monetari” (speculando nel mercato finanziario, tramite il Debito Pubblico e i finanziamenti pubblici, spogliando la piccola borghesia e divorando i risparmi delle masse popolari con le crisi bancarie). È il sistema politico che si combina con l’economia tramite il capitalismo monopolistico di Stato: a differenza di quanto avveniva nella fase precedente a quella imperialista, Stato ed economia capitalista sono inscindibilmente connessi e ognuno dei molti e contendenti capitalisti per valorizzare ognuno il proprio capitale deve giovarsi dell’attività dello Stato e inserirsi in essa. Questo sistema politico è in crisi. Il suo potere reale è ridotto dai reali contrasti d’interesse che da una parte disgregano la classe dominante e dall’altra oppongono in modo antagonista le masse popolari alla classe dominante.

La crisi del regime politico della borghesia imperialista riguarda quindi due aspetti che noi comunisti dobbiamo tenere distinti (anche se la crisi li riguarda entrambi):

le relazioni dei gruppi capitalisti e dei capitalisti tra di loro,

le relazioni della classe dominante con le classi delle masse popolari.

Le relazioni politiche nella classe dominante erano caratterizzate 1. da una serie di FAUS concretamente ridefinite dopo l’esaurimento della prima ondata e l’inizio della nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale e 2. dalle Larghe Intese (regimi analoghi esistevano in tutti i paesi imperialisti, con specificità in ogni paese).

Le relazioni politiche tra la classe dominante e le masse popolari erano caratterizzate 1. nei paesi imperialisti dalla controrivoluzione preventiva (con i suoi cinque pilastri - MP cap. 1.3.3. pagg. 46-56) e dalla guerra di sterminio non dichiarata (MP cap. 1.6. pag. 79), 2. nei paesi oppressi dalla ricolonizzazione.

Ora in tutto il mondo le FAUS sono in gran parte sconvolte e i connessi regimi politici sono in crisi (l’elezione di Trump negli USA nel 2016 è espressione di una svolta generale). Restando all’Italia, la breccia aperta nel 2018 (elezioni di marzo) nel sistema delle Larghe Intese diventa terremoto politico e la disgregazione dei pilastri della controrivoluzione preventiva (nelle sue varie manifestazioni: violazione e aggiramento della Costituzione del 1948, “prove di fascismo”, disfacimento del teatrino della politica borghese) si accelera.

2. Il sistema politico del proletariato: più precisamente di quella parte del proletariato che è mobilitata nella resistenza spontanea agli effetti della crisi generale del capitalismo ed è in qualche modo e misura, direttamente o indirettamente aggregato attorno al Partito comunista. Questa parte quando si mobilita trascina con sé il resto del proletariato e le classi  non proletarie delle masse popolari, in quel rapporto che i meno avanzati tra i protagonisti della resistenza deplorano per la sua pochezza (“gli altri non si muovono”, “nessuno si muove”), mentre i più avanzati lo apprezzano per quello che è e lo valorizzano per quello che può diventare. Il (nuovo) Partito comunista è il promotore e lo Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria che il proletariato deve condurre contro il campo della borghesia imperialista per annientarne il sistema di potere e imporre il proprio. Il sistema politico del proletariato prima del grande sconvolgimento in corso esisteva oggettivamente solo a livello elementare, allo stato embrionale, nella resistenza spontanea delle masse popolari allo sfruttamento economico, all’oppressione e alle altre espressioni del dominio dei capitalisti sulla società (dalla sanità all’istruzione, all’ambiente e a tutte le altre forme della vita sociale) e nelle organizzazioni operaie e popolari che promuovono questa resistenza; consapevolmente esisteva solo nella coscienza, nel proposito e nella struttura dello Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria, il Partito, nella sua Carovana e nel sistema di relazioni e influenze che essa esercitava. Il grande sconvolgimento suscitato dalla deflagrazione delle crisi economica, sociale e ambientale causata dalla crisi

sanitaria del coronavirus Covid-19 presenta il terreno e crea le condizioni per l’estensione di questo sistema politico all’intero paese e per la moltiplicazione e il rafforzamento delle sue istituzioni:

a. il Partito (rafforzamento della struttura centrale, reclutamento nei Comitati di Partito-CdP, formazione di nuovi CdP);

b. il fronte delle forze aggregate intorno al Partito, a partire dal P.CARC e da altre organizzazioni simili: organizzazioni che conducono nell’ambito della legalità borghese un’attività loro propria e che, avendo un loro campo di azione specifico, hanno obiettivi e tattiche particolari che elaborano in autonomia dal (n)PCI, ma che condividono in tutto o in parte con il (n)PCI concezione del mondo, bilancio del movimento comunista, analisi del corso delle cose, linea generale e contribuiscono (tramite dibattito franco e aperto e tramite loro membri che sono anche membri del (n)PCI) alla loro elaborazione e verifica;

c. le OO e OP di azienda, territoriali e tematiche.

Realizzare queste potenzialità è il nostro compito. La nostra linea particolare, propria dell’attuale contesto, consiste nell’estendere questo sistema politico all’intero paese, moltiplicare le sue istituzioni e rafforzarle.

Per capirci sulla situazione politica attuale, pensiamo al 1943 in Italia, ma senza l’Unione Sovietica di Stalin che eroicamente resisteva alle orde naziste, che era già riuscita (con l’opera dell’Internazionale Comunista nei paesi imperialisti e la guerra popolare rivoluzionaria suscitata dal movimento comunista in Cina contro l’imperialismo giapponese) a impedire che le armate inglesi e USA si unissero a quelle naziste contro l’Unione Sovietica (vedere in proposito VO 24 Un libro e alcune lezioni pagg. 43-63 e VO 18 Bisogna rielaborare l’esperienza del passato ed elaborare le esperienze presenti alla luce della teoria della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata pagg. 43-50). Le forze politiche delle masse popolari erano estremamente deboli (nonostante gli scioperi di marzo 1943 suscitati dal PCI che era piccolo, ma aveva l’URSS alle spalle e molti suoi quadri erano reduci dalla Guerra di Spagna). Grazie alla parola d’ordine della Resistenza arrivata dall’URSS dopo 1’8 settembre 1943 (l’Armistizio) il PCI si mise alla testa dei soldati sbandati e diede il via alla Resistenza. Questa si concluse il 25 Aprile 1945 con il PCI prima forza politica del paese per il prestigio e il seguito che aveva tra le masse popolari: l’unica forza capace di ostacolarlo era la Chiesa con il Vaticano. Noi oggi organizzativamente siamo più deboli del vecchio PCI nel 1943, ma ideologicamente siamo più avanti (Rivoluzionaria professionale di Teresa Noce ci dà l’idea del basso livello ideologico del PCI nel 1943). Nel corso del grande sconvolgimento cresceremo quantitativamente e faremo un salto di qualità.

 

Quindi da una parte esiste un sistema politico in crisi, quello della borghesia imperialista; dall’altra esiste un sistema politico in sviluppo, un embrione che può crescere e che è nostro compito far crescere. Ignorano o nascondono la  divisione della società in classi e la lotta di classe quelli che parlano genericamente di crisi politica (cioè coprono l’esistenza di due sistemi politici) e come fosse cosa analoga l’affiancano alla crisi sanitaria, alla crisi economica, alla crisi sociale e alla crisi ambientale.

Noi comunisti dobbiamo promuovere e rafforzare la sensazione e la coscienza che la società è divisa in classi e che la lotta tra le classi è il motore principale della trasformazione dello stato attuale delle cose. Immaginatevi chi in Italia, nel periodo tra il 25 luglio 1943 e il 25 aprile 1945, parlava di crisi politica riferendosi indistintamente al fascismo, al Vaticano e alla sua Chiesa, alla Monarchia, alla borghesia italiana, agli agrari, agli operai, ai braccianti, ai contadini, alle brigate partigiane, al movimento comunista cosciente e organizzato!

 

Consolidare e rafforzare la rete di organismi del nuovo potere sull’ampia base costituita dalla resistenza delle masse popolari, ma partendo dal senso comune delle masse popolari nelle sue mille varianti attuali

Noi dobbiamo individuare appigli e fessure

che la crisi politica della borghesia offre e sfruttarli per estendere la rete del potere delle masse popolari organizzate, moltiplicare e rafforzare le istituzioni e relazioni del nuovo potere, far crescere il sistema politico del proletariato che oggi esiste in embrione e la cui affermazione sarà il risultato del grande sconvolgimento in corso. La base di questa nostra opera è la resistenza delle masse popolari, la via è l’elevazione del suo livello e la sua aggregazione attorno al Partito. Ogni fronte, ogni campagna, ogni battaglia, ogni operazione ognuno di noi deve progettarla, promuoverla, dirigerla e condurla con creatività, con fantasia, con iniziativa, sfruttando con duttilità e inventiva ogni circostanza concreta, ma in quest’ottica. Questa è l’ottica che distingue il Partito da ogni altro promotore, anche generoso e senza riserve (stile SI Cobas e altri organismi sindacali), della resistenza delle masse popolari, da ogni promotore di attività caritatevoli e mutualistiche; è l’ottica sulla quale i comunisti si uniscono a costituire il Partito e nell’agire da Partito comunista e come tali partecipano alle lotte rivendicative e alle attività mutualistiche in unità d’azione con tutti i promotori di esse, valorizzano queste lotte e attività e i loro promotori, organizzatori e partecipanti ai fini della costruzione della rete del potere delle masse popolari organizzate.

Il Partito si consolida e si rafforza mettendo in pratica questa linea. Nel corso di questa opera avviene la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.

La sinistra borghese, anche se si dice comunista, vede il bicchiere mezzo vuoto e piagnucola, denuncia, deplora e attende il ritorno in forze della borghesia “illuminata”, coltivando l’illusione che la borghesia possa trarre lezione da questa pandemia ed eliminare gli aspetti del suo sistema di gestione della società devastanti per gli uomini e per l’ambiente. La parte migliore della sinistra borghese promuove e organizza lotte rivendicative o si dà ad opere caritative, al mutualismo.

Noi comunisti e gli elementi più avanzati vediamo il bicchiere mezzo pieno e ci attiviamo per riempirlo. Vedere il bicchiere mezzo vuoto o vederlo mezzo pieno non è questione di gusti: è questione di scienza, attiene al “passaggio del socialismo dall’utopia alla scienza”.

Sul senso comune delle masse popolari.

1. La coscienza e i sentimenti degli uomini sono formati dalle condizioni in cui essi nascono e crescono. Gli uomini di oggi sono nati e cresciuti, quindi sono stati intellettualmente e sentimentalmente formati dalle relazioni pratiche della società dominata dai capitalisti e regolata dall’oppressione di classe. È una società in cui ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale: chi non lo fa è soppiantato da chi lo fa; dare inizio a un’attività richiede soldi e chi non li ha deve prenderli a prestito: li ottiene (salvo la corruzione, non a caso dilagante - vedasi la famiglia Renzi - e i debiti non riscuotibili con conseguenti crisi bancarie ripianate dallo Stato con il Debito Pubblico e dalla BCE creando denaro, il  cosiddetto quantitative easing) se è in grado di dare adeguate garanzie e paga un interesse; ognuno vende al prezzo più alto che può spuntare quello che ha e quello che è in grado di fare; ogni opera pubblica e disposizione di legge (aprire una strada, variare l’orario di apertura, cambiare le condizioni di vendita, ecc.) favorisce gli affari di alcuni e danneggia quelli di altri e quindi diventa un campo di battaglia; ogni individuo adulto è in concorrenza con gli altri. Questa è esperienza universale e marchia ogni individuo, salvo quelli che praticano nel Partito comunista un percorso di riforma intellettuale e morale (RIM).

2. La borghesia imperialista, oltre a giovarsi delle religioni del passato, ha sviluppato un sistema di formazione e di comunicazione per formare la mente e il cuore delle masse popolari: è il primo pilastro del sistema di controrivoluzione preventiva (MP cap. 1.3.3). A quanto descritto in proposito nel MP, bisogna aggiungere che la democrazia borghese si è trasformata profondamente con lo sviluppo del movimento comunista cosciente e organizzato e ancora più con la prima ondata della rivoluzione proletaria. Si sono formati partiti comunisti di massa, sindacati e altre organizzazioni di operai, del resto del proletariato e delle altre classi delle masse popolari. In queste organizzazioni centinaia di migliaia, se non milioni, di elementi delle masse popolari hanno imparato a partecipare alle attività e alle istituzioni della democrazia borghese e a occuparsi della gestione degli affari sociali e dei servizi pubblici (sanità, istruzione, reti di distribuzione, ecc.) sia a livello locale che a livelli superiori allargando le proprie attività culturali e strappando anche il suffragio universale maschile e persino il diritto di voto per le donne. La borghesia a fronte a questo ha sviluppato un articolato sistema di controrivoluzione preventiva. Con l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria questi organismi di formazione e partecipazione pratica delle masse popolari alle attività culturali e alla gestione della vita sociale sono venuti meno e della democrazia borghese è rimasto il suffragio universale e la connessa libertà di ogni notabile, che dispone di quantità adeguata di denaro, di cercare seguito e voti tra le masse giovandosi delle capacità e degli strumenti atti a imbrogliare, intossicare menti e cuori, creare confusione. Sono finiti i partiti comunisti di massa (e le organizzazioni di massa che essi dirigevano: sindacati, associazioni, ecc.) che formavano individui alla gestione di attività sociali. Essi sono stati un tratto caratteristico dell’epoca della prima ondata della rivoluzione proletaria. Di essi è rimasta traccia nel “teatrino della politica” borghese dove recitano personaggi e gruppi della sinistra borghese e nel sistema clientelare del PD e della “sinistra”.

3. Il movimento comunista cosciente e organizzato anima la lotta contro ogni forma e manifestazione dello sfruttamento e del dominio dei capitalisti ed educa ai sentimenti e alle idee propri della futura società comunista con un’efficacia che dipende dall’estensione e dalla natura delle sue organizzazioni di massa (scuola di comunismo).

Il sintesi: il senso comune delle masse popolari, nelle mille espressioni in cui esiste, deriva dalla combinazione di questi tre insiemi di circostanze e relazioni. È quindi scontato per noi comunisti che l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e il percorso seguito dai primi paesi socialisti (nelle tre fasi illustrate in MP cap. 1.7.3) hanno prodotto l’umanità di oggi. Solo attraverso un processo rivoluzionario essa si trasformerà. Che essa si trasformerà e la direzione in cui lo farà ce lo insegna la nostra scienza che in proposito è sintetizzata nella terza delle Tesi su Feuerbach di Marx (Opere vol. 5 - anche in VO 58 pag. 27-29, Pensare in modo giusto...) e nella lettera di Marx a Joseph Weydemeyer 5 marzo 1852 (VO 58 pagg. 19-21). Le attuali condizioni intellettuali e sentimentali delle masse popolari non ci scoraggiano: in esse c’è la base per promuovere la rivoluzione socialista. Il grande sconvolgimento scatenato dalla crisi sanitaria lo mostra e lo conferma: in realtà il bicchiere è mezzo pieno e lo possiamo riempire. É nostro compito riempirlo portando le masse popolari a fare scuola pratica di comunismo in ogni genere di lotta. Una scuola che le condizioni oggettive ci spingono (e in parte ci impongono) di fare in fretta. Siamo in una situazione in cui in pochi mesi si compiono passi che in tempi normali richiedono anni.

Sulla resistenza delle masse popolari.

 Qui noi comunisti dobbiamo praticare e promuovere con grande duttilità l’unità d’azione e l’elevamento del livello delle lotte: fare di ogni lotta un evento che rafforza la lotta del proletariato per il potere. Questa è la lotta politica rivoluzionaria: essa è cosa ben distinta dagli aspetti politici (cioè concernenti l’attività dello Stato borghese) delle lotte rivendicative di cui parlano e di cui si occupano esponenti e gruppi della sinistra borghese, del sindacalismo di base e della sinistra dei sindacati di regime. Questo aspetto della nostra scienza (la differenza tra la nostra lotta politica e la lotta politica dei riformisti e in generale della sinistra borghese) è ben trattato da Lenin (Che fare? 1902, cap. 3).

In ogni lotta, in ogni avvenimento noi dobbiamo agire dall’alto (sulle tendenze, concezioni e sentimenti di quelli che si esprimono) e dal basso (1. indicare appigli e fessure, il passo avanti che un embrione di organizzazione operaia e popolare, la sinistra di quelli con cui interagiamo è in grado di fare e 2. intervenire in modo che lo faccia).

- Quanto all’azione dall’alto, non serve, a volte è anzi controproducente esporre la nostra visione del mondo, il nostro bilancio, la nostra analisi, la nostra linea. È invece importante, posto che la nostra visione del mondo, il nostro bilancio, la nostra analisi, la nostra linea sono giusti, comprendere la visione del mondo, il bilancio, l’analisi del corso delle cose, la linea impliciti nelle azioni e nelle proposte di ognuno dei nostri interlocutori e mostrarne il contrasto con l’esperienza sua e del pubblico al quale ci rivolgiamo o i limiti rispetto alle necessità dell’azione in corso. Questo implica che il nostro compagno non solo abbia appreso la nostra visione del mondo, il nostro bilancio, la nostra analisi, la nostra linea (li conosca e li sappia ripetere a chi già vuole apprenderli), ma che li abbia assimilati (ne abbia chiari la differenza o il contrasto con le idee sullo stesso tema portate avanti dalla borghesia o dalla sinistra borghese, più o meno confusamente ma comunque implicite nell’attività dei suoi esponenti con i quali il nostro compagno ha a che fare). Il suo intervento sarà tanto più efficace quanto più vasta è la sua esperienza nell’attuazione. Questo è il campo in cui maggiore è oggi la debolezza degli organismi e dei compagni che compongono le nostre file, più basso il livello dei nostri compagni e dei nostri organismi. I resoconti degli interventi stesi dai nostri compagni, oggi sono per lo più racconti dei fatti e degli avvenimenti stesi da parte di un osservatore che non li elabora; sono fotografie dell’avvenimento; in alcuni casi sono, al massimo, comparazione delle idee e sentimenti degli altri con quelli del nostro Partito. Devono invece essere illustrazione e analisi delle linee e tendenze che si scontravano nell’aggregato in cui siamo intervenuti, elaborazione dei fatti, costruzione del concreto di pensiero del concreto reale al quale si è preso parte.

- Quanto all’azione dal basso, essa è tanto più efficace quanto più noi vediamo gli appigli e le fessure che la situazione offre e i passi che l’aggregato in cui interveniamo è in grado di fare. Noi vediamo appigli e fessure tanto più (cioè la nostra vista è tanto più acuta) quanto più abbiamo assimilato e applicato la nostra concezione del mondo, il nostro bilancio dell’esperienza, la nostra analisi del corso delle cose, la nostra linea. Le nostre indicazioni sui passi che deve compiere la concreta organizzazione operaia e popolare con cui abbiamo a che fare sono tanto più concrete quanto più è articolata la nostra conoscenza dei settori produttivi del nostro paese. Vediamo quali passi l’aggregato è in grado di compiere tanto più giustamente quanto più abbiamo fatto inchiesta nel particolare e nel concreto di esso. Tanto minori sono i nostri errori nell’individuare i soggetti per la raccolta delle forze e per la costruzione del fronte del proletariato (unità di azione, politica da fronte e unità dei comunisti), quanto maggiore è la nostra padronanza del materialismo dialettico.

Tutto porta quindi alla conclusione che senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario, che la devozione alla causa deve tradursi anche in apprendimento, assimilazione e applicazione della nostra teoria rivoluzionaria.

La nostra opera è grande, ma possibile e necessaria. Possiamo e dobbiamo imparare a compierla. Dobbiamo armarci del nostro patrimonio teorico, fare inchiesta e gettarci nell’azione con iniziativa e audacia. La questione focale è raccogliere le forze politiche delle masse popolari che si sviluppano di fatto contro la borghesia e a favore del Governo di Blocco Popolare (la linea della Carovana del (n)PCI) e non lasciare che si disperdano e corrompano perché noi traccheggiamo  sulla scia della sinistra borghese di vecchio tipo che è appendice del PD e tramite esso delle Larghe Intese o della sinistra borghese di nuovo tipo che è contro il corso delle cose ma non sa che strada prendere e subisce prima la Lega di Salvini e ora il PD di Zingaretti o addirittura Italia Viva di Renzi.

Il futuro è delle masse popolari, ma solo se noi comunisti le conduciamo a costruirlo.

Ernesto V.