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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - luglio 2020

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

Sulla pochezza delle nostre forze attuali

Problemi della costruzione del partito comunista

 

La pandemia ha fatto deflagrare la crisi economica e la crisi sociale che covavano, con il connesso aggravamento della crisi del sistema politico delle borghesia. Questo comporta nel nostro paese maggiori possibilità, occasioni, spunti per noi comunisti di dare al malcontento, alle proteste e alle rivolte delle masse popolari uno sviluppo che va oltre le rivendicazioni e le denunce che anche la sinistra borghese, gruppi che si professano comunisti e vari organismi sindacali promuovono, di elevare la resistenza spontanea delle masse popolari fino a farla diventare nuovo potere (Governo di Blocco Popolare e poi dittatura del proletariato).

“Le possibilità e gli spunti sono tanti, ma noi siamo pochi” è se non un’obiezione comunque uno stato d’animo che serpeggia anche tra i compagni della Carovana del (n)PCI. Bisogna prendere di petto la questione e affrontarla in modo aperto, serio e pratico nelle nostre file, anche quando non è formulata chiaramente ma traspare dalla condotta di un compagno. Tanto più che nel nostro paese tra quanti si dicono comunisti è radicata l’idea (1) che un partito comunista grande e forte è il presupposto (del miglioramento delle condizioni delle masse? dell’instaurazione del socialismo? anche solo rispondere a queste domande serve a mettere il ragionamento con i piedi per terra): da qui i lamenti sulla “frammentazione dei comunisti”, le imprecazioni contro le masse che “non si muovono”, le speranze che “adesso forse il Covid risveglierà le coscienze delle masse” e l’annesso sforzo di creare cartelli per le prossime elezioni e/o coordinamenti e fronti per le lotte rivendicative, inseguendo per questa via l’unità dei comunisti e la raccolta di seguito tra le masse.


1. Idea fondata su un’interpretazione sbagliata dell’esperienza del PCI, che invece mostra bene come un partito comunista seppur piccolo ma con una linea giusta ha cambiato il paese ed è diventato grande, mentre poi, grande ma con una linea sbagliata, si è disgregato e infine estinto.

 

Parto da quanto detto da Lenin nel 1921 sul “corso quadriennale di studi” del partito comunista (X conferenza del PCR(b)- Discorso conclusivo sull’imposta in natura, in Opere, Ed. Riuniti 1967 - vol. 32, pagg. 408-409). “Se si confronta il lavoro del partito a un corso quadriennale di studi superiori, la nostra situazione si può definire nel modo seguente: stiamo superando l’esame per passare dal terzo al quarto anno; non lo abbiamo ancora superato, ma tutti gli indizi attestano che lo supereremo. Se si calcola per anni accademici, il primo anno è durato dagli anni settanta del secolo scorso al 1903, periodo iniziale che portò dal gruppo della “Narodnaia Volia”, dalla socialdemocrazia e dalla II Internazionale al bolscevismo. Questo il primo anno.

Il secondo anno va dal 1903 al 1917, e comprende una seria preparazione alla rivoluzione e il primo esperimento di rivoluzione nel 1905.

Il terzo anno va dal 1917 al 1921; sono quattro anni che per il loro contenuto contano più dei quarant’anni precedenti. La presa del potere da parte del proletariato è stata una prova assai seria, ma non ancora la prova decisiva. (...) E ora stiamo subendo l’esame dal terzo al quarto anno; dovremo poi fare bene per tutto il quarto anno e allora saremo veramente invincibili”.

Fatta questa premessa, la questione per noi oggi si pone schematicamente nei seguenti termini.

La prima cosa indispensabile è la presenza del Partito comunista (l’esistenza di Comitati di Partito e la loro attività e una vasta influenza ideologica e politica del Partito): non c’è rivoluzione socialista senza partito comunista. Cosa deve avere il Partito comunista per essere, nell’attuale corso delle cose, il centro attorno a cui si aggregano le masse popolari?

- Deve avere una visione del corso delle cose giusta (un concreto di pensiero del corso delle cose corrispondente al concreto reale) e operare guidandosi con essa: è questione intellettuale e morale, mente e cuore, linea e condotta.

- Deve essere abbastanza legato alle masse popolari da riuscire a influenzare la condotta (l’attività) di una parte abbastanza grande e importante di esse contro la classe dominante nel concreto corso delle cose.

È indispensabile che le ampie masse, a partire dagli elementi più avanzati ma senza fermarsi ad essi, sappiano che esiste il Partito comunista che vuole instaurare il socialismo, conoscano le sue parole d’ordine e la sua linea, riacquistino fiducia in se stesse e nella causa del comunismo. Guardiamo agli USA, dove la mobilitazione popolare suscitata dall’uccisione di George Floyd è ampia e generosa, ma “gira in tondo” perché non c’è ancora un’alternativa di potere, la protesta non si aggrega ancora attorno a un nuovo sistema di potere alternativo a quello del Partito Democratico e del Partito Repubblicano, i due partiti borghesi di cui le masse popolari hanno fatto lunga e amara esperienza. Ma lo stesso discorso vale per la Francia, per Israele, per la Serbia di questi giorni. Perché ci sia questa aggregazione, occorre un centro: occorre un partito comunista che agli occhi delle masse popolari impersona il complesso delle loro aspirazioni e la rottura radicale con il corso delle cose che “tutti” detestano. In assenza di questo, le lotte esplodono persino più liberamente (ognuno si sente libero di fare e fa a modo suo), ma “girano in tondo”, a vuoto e infine si smorzano.

In Italia noi stiamo da anni costruendo questo Partito. Abbiamo superato molti ostacoli che la storia ci aveva lasciato in eredità. Al confronto Lenin e i suoi erano messi molto meglio di noi.

Lenin aveva alle spalle due generazioni di combattenti eroici (i populisti), noi invece abbiamo alle spalle 1. masse popolari di cui dobbiamo riconquistare la fiducia dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, il crollo dei primi paesi socialisti, i danni del revisionismo moderno e “lavorate” dal regime di controrivoluzione preventiva e 2. una massa di aristocrazia proletaria intellettualmente e moralmente formata dal revisionismo moderno e abituata a “fare accademia”, che non pensa per fare, ma è “pagata per pensare” (come un pittore è pagato per fare immagini, un musicista per comporre combinazioni di note) o pensa per proprio diletto.

Lenin ha operato in un contesto intellettuale in cui il marxismo aveva un grande prestigio: il marxismo era la teoria ufficiale della II Internazionale e l’Europa era un modello per la Russia.

Chi concentra l’attenzione sulla pochezza delle nostre forze attuali, non conosce questi ostacoli, non ha mai provato a superarli e a ricostruire il Partito comunista.

 

Ci restano altri ostacoli da superare. In sostanza dobbiamo consolidare una rete di organismi: non importa quanto densa, ma quanto più è densa tanto maggiore è la sua capacità di far sentire l’esistenza e la presenza del Partito, di far conoscere le parole d’ordine e l’analisi del Partito, di legarsi alle masse popolari e in particolare agli organismi operai e popolari dirigendoli e imparando da loro. Siamo, riprendendo Lenin, agli inizi del secondo anno del nostro corso quadriennale di studi: abbiamo da fare una seria preparazione alla rivoluzione.

Il (n)PCI oggi è una forza piccola, ma ha costruito gli strumenti necessari per svolgere il suo ruolo: la clandestinità è uno di essi (quello di cui Gramsci si rese conto solo nel 1932-1935); la concezione del mondo, il bilancio dell’esperienza del movimento comunista, l’analisi del corso delle cose e la linea d’azione che si è dato costituiscono le fondamenta (da cui, se anche la borghesia riuscisse a distruggerlo dato lo scarso numero dei nostri membri attuali, il partito comunque rinascerebbe).

Avanti quindi! La lotta sarà difficile, dovremo imparare molte cose, ma l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria è ricca di insegnamenti per chi vuole imparare ed è la garanzia della nostra vittoria!

Nicola P.