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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - novembre 2020

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I comunisti al lavoro nei sindacati guidandosi con la concezione comunista

Presentazione di I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari?, cap. VI di Lenin, L’estremismo malattia infantile del comunismo, giugno 1920, disponibile in www.nuovopci.it

1. Lavoro sulle organizzazioni operaie e popolari e intervento nei sindacati

Nella nostra letteratura ci siamo occupati più volte del ruolo di protagoniste che le organizzazioni operaie e popolari hanno nella nostra lotta. All’elevazione e al rafforzamento, in quantità e qualità, di questo movimento la Carovana dedica specifiche forze attraverso l’azione del P.CARC e del (n)PCI. In particolare il P.CARC promuove la costituzione di OO e OP, il loro coordinamento e la loro azione per “occupare” (organizzarsi contro i padroni per prendere il controllo della situazione in azienda) e “uscire” dall’azienda (organizzarsi per riversare fuori dall’azienda, verso i lavoratori di altre aziende o verso altre classi delle masse popolari, la propria influenza e il proprio ruolo di guida). A quest’opera il (n)PCI contribuisce promuovendo la costituzione di Comitati di Partito clandestini che agiscano in ogni azienda come retroterra sicuro (al riparo dalla repressione padronale) e centro di formazione e direzione per le OO e OP esistenti e/o per singoli e gruppi di lavoratori che vogliono costituirsi in OO e OP.

Sia nel caso del P.CARC che in quello del (n)PCI il lavoro teso a costituire, moltiplicare e coordinare OO e OP è un terreno d’azione decisivo, un presupposto fondamentale sia della costituzione del Governo di Blocco Popolare che dell’instaurazione del socialismo. Il movimento di OO e OP che oggi siamo impegnati a costruire svolgerà una funzione analoga a quella svolta dal movimento dei soviet (“consigli”) nella rivoluzione socialista russa, a partire dal loro sorgere dal corso della rivoluzione del 1905 fino al 1917 e poi negli anni a seguire della costruzione del primo paese socialista della storia dell’umanità. Con una differenza importante quanto al punto da cui partiamo noi comunisti che siamo all’opera per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Nella Russia zarista di inizio ‘900 il movimento dei soviet sorse spontaneamente (cioè non promosso dal partito comunista), come forma organizzativa che gli operai si diedero (nel contesto dei sommovimenti che agitavano la Russia del tempo) per portare avanti le proprie lotte rivendicative e/o per soddisfare le proprie rivendicazioni in forma autorganizzata. Fu grazie all’azione del partito bolscevico diretto da Lenin e Stalin (che diressero la lotta contro le concezioni riformiste ed economiciste diffuse dai menscevichi e dai trotzkisti all’interno del movimento dei soviet) che esso si sviluppò come movimento rivoluzionario, come movimento degli organismi del nuovo potere.(1) Noi oggi non abbiamo un simile retroterra: il movimento dei Consigli di Fabbrica è esistito nel nostro paese nel corso del ‘900 (di esso è ultima testimonianza quello attivo nel corso degli anni ‘70), ma si è estinto a causa dei limiti della sinistra del vecchio movimento comunista (in particolare a causa dei limiti dei tentativi di ricostruzione del PC animati in quel periodo prima dal movimento marxista-leninista (Nuova Unità) e poi dalle Brigate Rosse). Lascito di quel passato sono gli embrioni di OO e OP esistenti all’interno delle aziende capitaliste e pubbliche del paese. Parliamo della schiera di operai e lavoratori che, in forme varie, si organizzano autonomamente dai vertici sindacali per far valere le proprie rivendicazioni contro i padroni e che si fanno promotori della mobilitazione e del protagonismo dei propri compagni di lavoro. Per effetto dell’eredità negativa del movimento operaio del passato l’attuale movimento delle OO e OP è in larga parte impantanato nella tara dell’economicismo: cioè è diffusa tra le avanguardie di lotta che ne sono esponenti la concezione secondo cui l’orizzonte della lotta operaia deve essere limitato alla sola lotta per rivendicare migliori condizioni contrattuali dal padrone e interventi legislativi dallo Stato. Una tara, quella dell’economicismo, alimentata dal fatto che l’attuale movimento delle OO e OP poggia in larga parte sul movimento sindacale, che oggi è composto da sindacati di regime (CGIL-CISL-UIL), da sindacati alternativi e di base (USB, SI COBAS, CUB, Confederazione COBAS, SGB, ADL COBAS, ecc.), da un gran numero di sindacati cosiddetti autonomi e di categoria (oscillanti tra i sindacati di regime e i sindacati alternativi e di base). Ma gli attuali sindacati, oltre che essere portatori tra OO e OP di economicismo e altre concezioni erronee, sono anche il principale retroterra dell’esistente movimento delle OO e OP e anche nelle condizioni attuali creano mille relazioni e occasioni per tessere la tela, a chi si propone di tesserla. È per questi motivi che nel nostro lavoro su OO e OP, per elevare e rafforzare quelle esistenti e per promuovere la costituzione di nuove, è determinante rafforzare il nostro intervento nel movimento sindacale. Per i CdP è quindi necessario definire chiaramente obiettivi e principi del lavoro sindacale dei comunisti.

1. Sul movimento dei soviet in Russia vedere Storia del Partito comunista (bolscevico) dell’URSS - Edizioni Rapporti Sociali e Redstarpress.

2. Alcuni criteri e principi da I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari?

Per fondare su basi avanzate il nostro intervento nel movimento sindacale presentiamo lo scritto di Lenin I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari? (capitolo VI di L’estremismo malattia infantile del comunismo pubblicato nel giugno 1920, a ridosso del II congresso dell’Internazionale Comunista). L’obiettivo dichiarato di L’estremismo malattia infantile del comunismo era alimentare in seno all’Internazionale Comunista la lotta contro le concezioni estremiste del cosiddetto “comunismo di sinistra” diffuso nei partiti socialisti e comunisti europei dell’epoca (di esse Amadeo Bordiga, fondatore e primo segretario nel 1921 del primo PCI, fu un illustre esponente). In I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari? Lenin demolisce le concezioni estremiste dei “comunisti di sinistra” a proposito del lavoro sindacale ed espone una serie di principi che fanno di questo testo un caposaldo della concezione comunista del lavoro sindacale. Di seguito li sintetizzo in cinque punti.

1. In primo luogo Lenin illustra il carattere strategico dell’organizzazione del proletariato russo nei sindacati per permettere alla dittatura del proletariato appena instaurata di consolidarsi (come cinghia di trasmissione tra il Partito e le larghe masse) e l’importanza dell’intervento dei rivoluzionari nei sindacati anche al fine di indirizzare e guidare il sistema dei soviet. Riportato ai giorni nostri significa che il nostro intervento nei sindacati (di regime, alternativi e di base, autonomi) è un ingrediente fondamentale di tutto il lavoro di massa del Partito, funzionale oggi alla creazione della rete delle OO e OP nelle aziende, domani alla mobilitazione del movimento delle OO e OP nella difesa del GBP dai sabotaggi e dagli attacchi del nemico, poi per sostenere la costruzione dell’Italia socialista.

2. Lenin illustra la funzione pedagogica dello sviluppo del sindacato in Russia per l’educazione politica delle larghe masse, in quanto prima ed elementare forma di organizzazione del proletariato nella lotta di classe. Al contempo Lenin descrive il ruolo contraddittorio e potenzialmente reazionario del sindacato (se non diretto dai comunisti) a potere politico conquistato, in quanto istituzione che nasce nel capitalismo dall’esigenza degli operai di unirsi per contrattare migliori condizioni di vendita della forza lavoro di fronte al padrone. In quanto tale, perde di senso nel momento in cui i lavoratori sono al potere e deve essere diretto dai comunisti ad assumere un senso nuovo, funzionale al consolidamento del nuovo potere sulla società. Quello che Lenin illustra spiega a noi oggi che, analogamente alla Russia di Lenin, l’organizzazione del proletariato nei sindacati svolge una funzione pedagogica di cui, nella nostra opera, dobbiamo approfittare, ma che sulla base della sola organizzazione nel sindacato e del corrispondente spontaneo livello di coscienza di sé la classe operaia non instaura il socialismo. Il socialismo è un obiettivo per il cui raggiungimento non si può prescindere dall’organizzazione del proletariato nel Partito che valorizza i sindacati prima nella lotta per la conquista del potere e poi, una volta conquistato il potere politico, promuovendo la loro trasformazione nella lotta per il consolidamento e rafforzamento della dittatura proletaria.

3. Lenin denuncia il ruolo reazionario e controrivoluzionario subdolamente svolto dal sindacato in Europa servendosi della maschera del riformismo e con la manovalanza di una folta aristocrazia operaia intrisa di opportunismo e poggiante, per quanto riguarda la sua autorevolezza nel proletariato, sulla forza dell’abitudine. Le caratteristiche negative attribuite da Lenin al movimento sindacale europeo sono oggi ancor più ingigantite da un lato dall’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e dal declino del vecchio movimento comunista (fattori che hanno lasciato campo libero alla destra all’interno dei sindacati) e dall’altro dallo sviluppo in tutta Europa, dal 1945 in avanti, dei regimi politici di controrivoluzione preventiva, al cui interno ha avuto un ruolo molto importante l’assoggettamento dei sindacati alla borghesia e al clero. Da qui la loro trasformazione in organizzazioni di regime, dirette da complici della classe dominante per assecondare gli interessi dei capitalisti e basate, per il loro funzionamento, su un ampio e ben remunerato sistema di corruzione e cooptazione dei loro gruppi dirigenti. In Italia questo processo degenerativo ha avuto uno sviluppo potente grazie alla collaborazione del vecchio PCI revisionista, che verso la fine degli anni ’70 vi ha contribuito fino a portare la CGIL, sua storica “cinghia di trasmissione”, al ruolo di sindacato della concertazione con i padroni e il loro governo e della compatibilità degli obiettivi rivendicativi con l’esigenza di ogni padrone di essere competitivo. È contro questo processo degenerativo che si è sviluppato il movimento spontaneo di operai e lavoratori di fuoriuscita dai sindacati di regime. La parte più avanzata di essi è andata raccogliendosi in sindacati alternativi e di base, distinguendosi principalmente per la conflittualità della propria azione (contro concertazione e mediazioni promosse dai sindacati di regime).

4. Lenin illustra il principio guida secondo cui i rivoluzionari devono intervenire nei sindacati in cui è raccolta la massa dei lavoratori, combattere una battaglia senza esclusione di colpi, con ogni mezzo adatto, per difendere le proprie postazioni e usare queste per guidare la classe operaia nella lotta per il socialismo e sottrarla alla direzione della classe dominante e dei suoi uomini di fiducia nel sindacato. Riportato alle condizioni concrete in cui oggi in Italia (con un movimento sindacale spezzettato tra sindacati di regime, sindacati alternativi e di base, sindacati autonomi) questo significa che la linea dei comunisti non può essere quella di intervenire univocamente in un solo sindacato o in un solo raggruppamento di sindacati. Azienda per azienda noi dobbiamo intervenire dove è la massa dei lavoratori, dislocando le nostre forze nei sindacati di regime (quelli in cui nella maggior parte delle aziende si concentra la massa dei lavoratori) ma anche nei sindacati alternativi e di base (che a loro volta hanno un seguito di massa, sia pure di solito inferiore a quello dei sindacati di regime), tenendo conto:

- del ruolo importante che i sindacati alternativi e di base possono svolgere come leva per fare pressione sui sindacati di regime e costringerli all’iniziativa,

- della funzione positiva che la costituzione di sindacati alternativi e di base può assolvere nel nostro lavoro per promuovere la costituzione di OO e OP (portare i sindacati alternativi e di base ad assumere un ruolo crescente nella lotta per il GBP).

5. Lenin critica senza riserve i “comunisti di sinistra” fautori (in nome della presa di distanze dalle dirigenze sindacali corrotte e opportuniste) della fuoriuscita dai sindacati in cui era presente la massa dei lavoratori per formarne di nuovi. Nella situazione in cui ci troviamo ad operare oggi in Italia questo significa che dobbiamo adottare la linea di massa anche in campo sindacale, operando per rafforzare la sinistra, affinché traini il centro al suo seguito e così facendo isoli la destra presente nelle dirigenze sindacali (non replicare le gesta dei “comunisti di sinistra” che per non mischiarsi alla destra lasciavano ad essa la direzione dei lavoratori). Significa non demordere di fronte alle iniziative con cui la destra sindacale (sia essa interna ai sindacati di regime o a quelli alternativi e di base) opera per impedire, ad esempio, il nostro lavoro teso a promuovere OO e OP. In ogni contesto fare leva sistematicamente sulla mobilitazione e il protagonismo della parte più avanzata dei lavoratori e tramite questa neutralizzare le azioni della destra.

Tre avvertenze al fine di una corretta comprensione delle tesi affermate da Lenin in questo scritto.

1. Lo scopo dichiarato di I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari? è demolire le concezioni estremiste e settarie del “comunismo di sinistra” del lavoro sindacale e dimostrarne l’erroneità ai fini dello sviluppo della rivoluzione in Europa. Si tratta di concezioni che oggi sopravvivono solo nella teoria di alcuni gruppi e FSRS (talvolta con un peso specifico come nel caso di parte del gruppo di testa del SI COBAS) e non hanno più la rilevanza che avevano al tempo in cui scriveva Lenin; rilevanza che invece oggi in Italia assumono 1. l’attendismo promosso da organizzazioni come il PC di Marco Rizzo, il FGC di Alessandro Mustillo e altre FSRS ben presenti in vari sindacati (pensiamo a Lotta Comunista nella FIOM e in altri sindacati di regime); 2. il disfattismo promosso da organizzazioni come Rete dei Comunisti che capeggia l’USB; 3. il riformismo elettoralista promosso da organizzazioni come PaP, PRC, ecc. Tutte deviazioni ben presenti alla testa del movimento sindacale e che è nostro compito combattere e contrastare nell’ambito della lotta ideologica che conduciamo con FSRS e frammenti della sinistra borghese che hanno un ruolo nell’indirizzare il movimento sindacale.

2. Lenin redige questo scritto a tre anni di distanza dal 1917 (Rivoluzione d’Ottobre), in un contesto di rapido avanzamento, in tutta Europa, della prima ondata della rivoluzione proletaria: il suo slancio permeava ogni forma della mobilitazione spontanea delle masse popolari, compreso il movimento sindacale. Inoltre per Lenin e i bolscevichi era scontato che i rivoluzionari dovessero intervenire nei sindacati e nelle organizzazioni operaie dirette da forze reazionarie, attività in cui avevano accumulato larga esperienza e di cui è un caso celebre l’intervento, nel corso dei rivolgimenti del 1905, nelle organizzazioni e nelle mobilitazioni promosse dal Pope Gapon. Sulla base di questi presupposti Lenin dà ai rivoluzionari d’Europa, affetti da “comunismo di sinistra”, l’indicazione di intervenire nei sindacati reazionari e allo stesso tempo condanna la linea della fuoriuscita. Lo fa in nome dell’universalmente valido principio che i comunisti devono essere presenti laddove vi sono masse di lavoratori da guidare e sottrarre all’influenza della classe dominante. Tuttavia sarebbe pedante dogmatismo trarne la conclusione che, nel caso del nostro paese, i comunisti oggi dovrebbero lavorare unicamente nei sindacati di regime (i sindacati reazionari del nostro tempo) e contrastare l’organizzazione dei lavoratori nei sindacati alternativi e di base. Nelle condizioni concrete in cui operiamo, la fuoriuscita dai sindacati di regime, al netto delle operazioni di questa o di quella FSRS e gruppo politico promotori di sindacati alternativi e di base, è principalmente un’espressione della resistenza spontanea della classe operaia al decadimento e alla corruzione dei sindacati di regime: una forma di resistenza che si combina a quella di altri settori della classe operaia che invece si oppongono al corso rovinoso intrapreso dai sindacati di regime restandovi all’interno.

3. I tratti negativi del movimento sindacale europeo che Lenin descrive sono rinvenibili anche nel movimento sindacale dei giorni nostri. Tuttavia Lenin non poteva allora tener conto dello sviluppo del regime di controrivoluzione preventiva nei paesi imperialisti che ha ulteriormente peggiorato le caratteristiche arretrate che i sindacati europei esprimevano già agli inizi del ‘900 fino a trasformarli negli attuali sindacati di regime. Dunque, alla stessa maniera, Lenin non poteva tener conto del successivo sorgere, in contrapposizione alla corruzione del movimento sindacale classico, di un corposo movimento di sindacati alternativi e di base che, nato piccolo, è andato via via assumendo dimensioni di massa, pur restando ancora minoritario rispetto ai sindacati di regime. Per queste ragioni, oggi per noi comunisti applicare l’indirizzo di Lenin di intervenire laddove vi sono masse di lavoratori da guidare e sottrarre all’influenza della classe dominante non può che consistere nell’intervenire sia sugli uni che sugli altri, tra i lavoratori aggregati nei sindacati di regime ma anche tra quelli aggregati nei sindacati alternativi e di base e anche tra i lavoratori organizzati nei sindacati cosiddetti autonomi, di categoria.

3. Conclusioni

I sindacati attraverso la lotta rivendicativa e con l’organizzazione sindacale mobilitano una larga massa di lavoratori. Il sindacato lega tra loro in una larga rete i lavoratori per fili connessi con imprescindibili caratteristiche della struttura produttiva della società borghese. Questo crea una scuola elementare di comunismo: di coscienza del contrasto tra le classi e dell’importanza dell’organizzazione. Questa scuola elementare, in particolare nei paesi imperialisti, adempie a un ruolo costruttivo, quindi è sana, solo se introduce alla scuola superiore, quella dell’unità nazionale e internazionale dei lavoratori contro i capitalisti e le loro autorità, della lotta per trasformare la società, della lotta per instaurare il socialismo. Per quanto riguarda i nostri compiti immediati, il nostro intervento nei sindacati è una leva preziosa per rafforzare la nostra azione di orientamento sul movimento delle OO e OP esistenti e per promuoverne la costituzione di nuove, la loro moltiplicazione e il loro coordinamento (ingredienti fondamentali perché le masse popolari organizzate arrivino ad imporre il GBP).

Nel nostro intervento nel movimento sindacale dobbiamo essere creativi per valorizzare tutto quanto vi è di positivo ai fini della nostra lotta per il GBP e il socialismo. In linea generale, a prescindere dalla sigla sindacale che la promuove, dobbiamo sostenere ogni iniziativa che favorisce la mobilitazione, il protagonismo, l’autorganizzazione, la solidarietà di classe, l’unità d’azione della classe operaia contro la borghesia imperialista e il clero (sono un positivo esempio di iniziative da sostenere le Assemblee dei Lavoratori Combattivi organizzate dal SI COBAS e dal Patto d’Azione da esso promosso con il FGC). Di pari passo dobbiamo essere i più tenaci antagonisti di ogni iniziativa che saboti e indebolisca questo processo.

Come in ogni ambito del nostro lavoro esterno, anche nel lavoro sindacale dobbiamo combinare l’intervento attraverso il fronte con la nostra iniziativa autonoma di Partito. Sostenere quanto di positivo un’organizzazione sindacale mette in campo nella lotta di classe in corso, non è codismo a condizione che noi comunisti promuoviamo una nostra parallela e costante azione autonoma e non ci accodiamo alle concezioni arretrate dell’organismo sindacale su cui interveniamo. Questo significa per noi combinare il sostegno delle iniziative positive con una nostra attività per promuovere CdP clandestini, per tessere la tela per la costituzione di OO e OP, per promuovere l’organizzazione segreta degli operai e dei lavoratori in tutti i contesti in cui è forte la repressione padronale o sindacale contro chi si organizzarsi pubblicamente (licenziamenti e rappresaglie padronali).

Il declino del vecchio movimento comunista e le difficoltà del processo di rinascita del nuovo movimento comunista sono all’origine della crescente corruzione dei sindacati di regime (CGIL-CISL-UIL) e della diffusione delle loro caratteristiche più deteriori anche nel campo dei sindacati alternativi e di base. Ne è prova l’adesione nel 2014 dell’Unione Sindacale di Base e di altri sindacati di base al Testo Unico sulla Rappresentanza,(2) operazione con cui vertici della Repubblica Pontificia, attraverso il ricatto della perdita dei diritti di rappresentanza nelle aziende, hanno iniziato ad irreggimentare anche il sindacalismo di base e alternativo nel sistema di gestione e corruzione con cui nei decenni precedenti avevano irreggimentato la CGIL. Da ciò sono derivate fratture nel sindacalismo di base e alternativo tra aderenti al TUR e non aderenti che danneggiano l’unità d’azione della classe operaia contro il nemico e sviano l’attenzione su “discussioni di principio” secondarie per noi comunisti nel formulare una valutazione del posizionamento di questo o quel sindacato. Per i comunisti che operano per far avanzare la rivoluzione socialista in corso nel nostro paese sono tre le discriminanti relative al carattere negativo o positivo del ruolo svolto da un sindacato nel contesto attuale:

2. Testo Unico sulla Rappresentanza Sindacale (TUR), Accordo Interconfederale siglato il 10 gennaio 2014 da CGIL, CISL, UIL e Confindustria. Il TUR è strutturato in 5 parti: 1. misurazione e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria; 2. regolamentazione delle rappresentanze in azienda; 3. titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria e aziendale; 4. clausole e procedure di raffreddamento e conseguenze dell’inadempimento. 5. clausole transitorie e finali.

1. essere per la compatibilità con gli interessi del padrone (complicità con padronato e governo) oppure essere per strappare al padrone quanto più si ha la forza di strappargli (conflittualità): questa discriminante non divide solo i sindacati di regime da una parte e quelli alternativi e di base dall’altra, ma attraversa anche i sindacati alternativi e di base (divide al loro interno la destra dalla sinistra);

2. restare chiusi nel terreno sindacale (quindi fare solo ufficio vertenze, CAF e servizi, organizzare rivendicazioni e annesse proteste e tutto il resto della classica attività sindacale) oppure promuovere e sostenere la formazione di OO e OP e contribuire di fatto alla lotta per il GBP;

3. fare la “sinistra” dei sindacati di regime (inseguire i sindacati complici sul loro terreno), che significa andare con loro sempre più a destra, al guinzaglio dei padroni oppure porsi come sindacati di classe (darsi un piano di guerra contro i padroni e le loro autorità e funzionare da scuola di organizzazione, di solidarietà, coscienza e lotta di classe).

Queste sono le questioni decisive per lo sviluppo e il rinnovamento del movimento sindacale nel nostro paese.

Il compito dei comunisti consiste nell’affermare in ognuno degli organismi sindacali in cui interveniamo ognuna delle tre linee avanzate indicate.

Armando R.