La Voce 67 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - marzo 2021

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A proposito dei promotori di “costituenti comuniste”

Il Fronte Comunista e il suo Programma politico

Da alcuni mesi nel nostro paese, nella vasta cerchia di attivisti e di masse popolari che risente dell’eredità del movimento comunista del secolo scorso (quella parte delle masse popolari che nella nostra letteratura spesso chiamiamo “base rossa”), è cresciuta la tensione alla costituzione del partito comunista o almeno la coscienza che per andare avanti il partito è indispensabile e si sono moltiplicate iniziative e ancora più dichiarazioni in proposito. Ne abbiamo trattato già nel precedente numero della nostra rivista (VO 66 pagg. 45-53), nell’articolo Il partito comunista e la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato.

Sono varie le cause che concorrono a determinare questa tensione.

1. A livello internazionale il procedere della crisi generale (economica, ambientale, sociale e culturale) che la pandemia ha fatto deflagrare e i suoi effetti: 1. l’acuirsi dei contrasti economici e politici tra gruppi imperialisti e tra Stati, 2. la crisi dei sistemi politici nazionali della borghesia imperialista e del sistema di relazioni internazionali, 3. il rafforzamento in tutti i paesi imperialisti della resistenza delle masse popolari all’eliminazione delle conquiste strappate nel corso della prima ondata delle rivoluzioni proletarie (1917-1976) e agli altri effetti della crisi generale del capitalismo sulle loro condizioni di vita e di lavoro.

2. Nel nostro paese, 1. la crisi dei governi M5S con i quali i vertici della Repubblica Pontificia avevano fatto fronte alla breccia aperta dalle masse popolari nel sistema delle Larghe Intese e l’effimero (traballante e provvisorio) rabberciamento che essi hanno fatto con il governo Draghi, 2. la celebrazione del Centenario della fondazione del primo PCI, 3. la pluriennale e multiforme attività della Carovana del (nuovo) PCI.

Tutto questo concorre a far crescere la tensione alla costruzione del partito comunista. Noi membri della Carovana del (n)PCI dobbiamo favorire con tutte le nostre forze la sua traduzione in iniziative feconde di sviluppi pratici, fare in modo che non resti una vampata (come ce ne sono già state).

Non lasciamoci turbare dal fatto che nell’immediato la tensione al partito si esprime anche nell’ulteriore frazionamento di vecchi organismi (dal PCI di Mauro Alboresi si è staccata la redazione di Cumpanis con alla testa Fosco Giannini, il FGC e una parte dei membri del PC di Marco Rizzo hanno dato vita al Fronte Comunista) e che si formano autonomamente nuovi organismi (M-48 è un esempio).

Due sono le linee che dobbiamo promuovere, propagandare e praticare: 1. l’unità d’azione nelle lotte rivendicative e nelle proteste di massa, 2. il dibattito franco e aperto sulla natura del partito comunista di cui le masse popolari hanno bisogno, cioè su come superare l’“incapacità rivoluzionaria” mostrata dal primo PCI fondato cento anni fa a Livorno.

 

 In questo articolo mi occupo del Fronte Comunista (FC) e del Programma politico (Pp) che ha pubblicato nella seconda metà di gennaio sul sito www.frontecomunista.it (aperto il 20 gennaio 2021) con l’annuncio che nel novembre 2020 si era costituito il FC.(1)

 

1. In questo articolo quando indico tra parentesi tonde le pagine di citazioni virgolettate mi riferisco al Programma politico (Pp) del Fronte Comunista, mentre con la sigla NiFC tra parentesi tonde indico la nota Nasce il Fronte Comunista. Entrambi i testi sono reperibili in www.frontecomunista.it.

 

Gli autori del Programma politico provengono dal FGC e dal PC di Marco Rizzo che fino a marzo 2020 erano coordinati in un patto d’azione. Il fatto che l’insofferenza per l’appiattimento del PC sulle posizioni ideologiche della sinistra del vecchio PCI (Pietro Secchia e altri) e l’insistenza di Rizzo sull’interpretazione individualista (Togliatti contro Secchia) del contrasto di linee nel primo PCI si sono tradotte in scissione fa parte dei limiti ereditati dal primo PCI: la lotta aperta tra due linee si fa largo con difficoltà.

La costituzione del FC è fatto degno di nota non solo per la diffusione che il FGC (in qualche modo erede della FGCI del Partito dei Comunisti Italiani di Armando Cossutta e in parte del movimento studentesco dell’Onda del 2008-2009) ha nelle scuole superiori e nelle Università, ma anche per alcune tesi che distinguono il Pp del FC dalle tesi correnti nei documenti e nei discorsi dei frammenti derivati tramite il Partito della Rifondazione Comunista dal vecchio movimento comunista che faceva capo al primo PCI.

Nel contesto attuale tra le “tesi distintive” due sono le principali: il progetto di costituire ad opera del FC un partito comunista e un “fronte sociale anticapitalista” che installerà il proprio governo e 2. l’affermazione che “saranno i rapporti di forza che concretamente si determineranno, lo sviluppo concreto delle forme di lotta e le sue dimensioni, a stabilire se il nuovo governo del blocco sociale rivoluzionario sarà una sua emanazione diretta, in un primo tempo senza percorsi elettorali, oppure se tale governo si formerà, come caso eccezionale, nell’ambito dei meccanismi formali della democrazia borghese” (pag. 34).

Con questo gli autori del Pp oltre ad aver negato l’elettoralismo (inteso come ritenere o praticare la partecipazione a istituzioni, relazioni e istituti della democrazia borghese come unica o principale via al socialismo) e assegnato a questa partecipazione un ruolo da decidere in sede tattica,(2) negano anche la concezione della rivoluzione socialista che scoppia (uno dei limiti del movimento comunista nella prima ondata).

La formulazione del passaggio dalle rivendicazioni e proteste di massa alla presa del potere è tuttavia ancora incerta (3) e non valorizza l’importante lezione (che noi dobbiamo illustrare e propagandare) della vicenda dei governi M5S (cioè che è possibile fare ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia un governo non di suo gradimento: il problema è aver creato le condizioni per giovarsene e avanzare).

 

2. La “via democratica e parlamentare al socialismo” è stata una delle tare iniettate nel PCI da Togliatti fin dal suo arrivo in Italia nel marzo 1944. Togliatti e il resto della destra l’introdussero prima di soppiatto, sotto la copertura della presa in mano, operata con la “svolta di Salerno”, da parte dei partiti del CLN del governo costituito dai Savoia fuggiti a Brindisi nel 1943, poi apertamente con l’accettazione della cacciata di PCI e PSI dal governo (maggio 1947), cacciata di cui la gestione nel periodo 1944-1947 dei governi (Badoglio II, Bonomi, Parri, De Gasperi I e II) prima monarchici e poi repubblicani aveva posto le premesse.

Gli autori del Pp scrivono “Il Fronte Comunista, sulla base dell’esperienza storica, è consapevole che non esistono “vie parlamentari”, pacifiche, di transizione al socialismo, né fasi intermedie di graduali riforme di struttura. Si tratta di illusioni gravemente fuorvianti, frutto dell’elaborazione revisionista delle “vie nazionali al socialismo” adottata al XX Congresso del PCUS ed entrata a far parte dell’arsenale teorico dell’opportunismo. Come Lenin e Gramsci ci hanno insegnato, lo Stato borghese non si conquista con maggioranze parlamentari, ma si abbatte, sostituendolo con la “macchina” dello Stato proletario” (pag. 34).

 

3. Gli autori del Pp scrivono che la borghesia può soddisfare nell’ambito del suo sistema sociale ognuna delle rivendicazioni contemplate dei 14 punti (pagg. 26-32) del capitolo 6 del Pp, ma che il soddisfacimento di ognuna di esse è “in profondo contrasto con gli interessi dei grandi monopoli e della borghesia” e che in questo contrasto “risiede il nesso tra queste rivendicazioni e la lotta politica per il socialismo-comunismo”.

 

Del governo di cui parla il FC, gli autori del Pp indicano 8 misure di politica economica che avvieranno “la creazione della base tecnico materiale del socialismo-comunismo” (pag. 32), mentre restano sul vago sia quanto alla relazione tra esso e lo Stato borghese sia quanto al nesso tra la formazione del “governo del blocco sociale rivoluzionario” e l’instaurazione del socialismo. Sulla natura del socialismo vengo più avanti.

Riassumendo, gli autori del Pp si propongono di condurre con il FC un’attività tesa alla formazione di un organismo comunista basato sul marxismo-leninismo che sia alla testa di un “blocco sociale anticapitalista raggruppato attorno alla classe operaia”, detto anche “blocco sociale rivoluzionario” (pag. 22, 24, 33, 34, 36) che installi un proprio governo, conquisti il potere e dia il via al socialismo quale fase di transizione al comunismo.

Essi si propongono di combinare e alimentare questa attività con rivendicazioni di misure atte a soddisfare bisogni immediati dei lavoratori. Le riassumono in 14 temi elencati e illustrati (pagg. 26-32) nel capitolo 6 del Programma politico.

Quanto alle rivendicazioni indicate, esse sono quelle correnti nell’ambito dei partiti, organismi e gruppi che si dichiarano comunisti, della sinistra borghese di vecchio tipo e del M5S, con la singolare omissione dell’abolizione della prescrizione dei reati con la quale i ricchi da anni si assicurano l’impunità.(4) Tuttavia l’omissione nel sottocapitolo Giustizia e Sicurezza del cap. 6 del Pp è da credere che sia casuale.

 

4. L’abolizione della prescrizione dei reati per decorrenza termini (e ogni ricco, se non si è creato troppi e potenti nemici nella classe dominante, non ha difficoltà a far decorrere i termini) è stato il cavallo di battaglia del ministro della Giustizia dei governi Conte I e Conte II Alfonso Bonafede non a caso non confermato nel governo di Mario Draghi, analogamente a come il ministro della Difesa Elisabetta Trenta e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli non erano stati confermati nel governo Conte II.

 

Quanto alle relazioni con partiti, organismi e gruppi che si dichiarano comunisti e alla “unità dei comunisti”, gli autori del Pp dichiarano che FC rifiuta “qualsiasi ipotesi di fusione a freddo tra organizzazioni” (pag. 23) benché dichiarino anche che FC “non vuole essere un ulteriore elemento di divisione e frammentazione della classe e dell’area politica comunista. Al contrario, ha l’obiettivo di esercitare un ruolo nel raggruppamento e nell’unificazione delle forze rivoluzionarie in un partito comunista che sia forte, coerentemente marxista-leninista, omogeneo ideologicamente e politicamente, chiaro e conseguente nella tattica e nella strategia, adeguato alla fase storica in cui viviamo e alle lotte che attendono i lavoratori contro gli attacchi indiscriminati del fronte padronale; un partito che sia fondato su un organico radicamento nella classe operaia e tra tutti gli sfruttati ed eserciti un’effettiva capacità di direzione politica del proletariato e dei suoi alleati verso il socialismo-comunismo” (NiFC).

Quanto ai partiti e agli organismi di area comunista costituitisi dopo lo scioglimento del PCI (1991), essi “si sono limitati a riprodurne derive e storture in partiti via via sempre più minoritari e distanti dalla classe operaia, senza volere o riuscire a rompere con l’opportunismo” (NiFC).

Quanto al bilancio del passato e della storia del movimento comunista, gli autori del Pp auspicano e si propongono di far nascere “un vero sindacato di classe” (pag. 22). I sindacati confederali non lo sono da quando i loro gruppi dirigenti hanno fatto “scelte arrendevoli, rinunciatarie e addirittura cogestionali” (supponiamo si riferiscano alla svolta dell’EUR - 1978). I sindacati alternativi, di base e conflittuali non sono il “vero sindacato di classe” che FC si propone di far nascere perché “solo in parte sono riusciti a contrapporre [ai sindacati confederali] una prospettiva di lotta generalizzata, stanti la loro stessa frammentazione e il loro radicamento non uniforme in tutti i settori” (NiFC). Di fatto una parte di FC è legata a SGB, un’altra è in qualche modo legata al SI Cobas (tramite il FGC), ma questo è poco rilevante ai fini della nostra riflessione.

 Quanto alla concezione del mondo e al bilancio dell’esperienza, gli autori del Pp, dichiarano di aver individuato “importantissimi nodi teorici” (NiFC). Non enunciano però quali sono, dichiarano solo che verranno risolti “nel fuoco della lotta”. Quindi restano tesi in sospeso.

Gli autori del Pp espongono anche un’analisi della situazione attuale. Di positivo c’è che

1. affermano chiaramente la centralità della classe operaia ai fini della lotta per mettere fine al modo di produzione capitalista. Tuttavia non dicono chiaramente che essa è costituita dai proletari che i capitalisti assumono per produrre merci (beni o servizi) che vendono per ricavarne un profitto. Stante la confusione imperante a proposito del “soggetto rivoluzionario”, è bene precisarlo.

2. Negano ogni validità a progetti di un possibile miglioramento delle cose per le masse popolari nell’ambito del dominio della borghesia imperialista.

3. Pongono il “socialismo-comunismo” come unica soluzione alla “malattia del capitalismo”.

Ma quanto all’andamento delle cose tratteggiato da FC, tratti caratteristici sono l’eclettismo (non distinguono le varie fasi che la società borghese ha attraversato dalla sua origine a oggi (5) e parlando di una fase usano le categorie di altre) e il catastrofismo: il mondo va di male in peggio. Quanto alle forze produttive, affermano che la quantità di ricchezza oggi prodotta è enorme, ma contestualmente affermano anche che il capitalismo è “un potente freno allo sviluppo delle forze produttive”, anzi “si è trasformato in un fattore di distruzione delle forze produttive” (pag. 1).

 

5. Vedere le tesi affermate in Dall’ultimo piano del grattacielo - L’attuale società borghese e l’opera di Marx in VO 58 pagg. 17-19 e in La logica della società borghese - K. Marx, Lettera a J. Weydemeyer, ibidem pagg. 19-21.

 

Le crisi economiche attuali sono crisi cicliche di sovrapproduzione (gli autori del Pp non precisano, ma si suppone di merci) e di sovraccumulazione (gli autori del Pp non precisano, ma si suppone di capitale), che si succedono sempre più frequenti, con fasi depressive sempre più lunghe e fasi espansive sempre più brevi e che non raggiungono mai il picco della fase espansiva precedente. (pag. 1) Tuttavia gli autori non affermano (alla Henryk Grossman, Rosa Luxemburg e altri) che con tale successione la società borghese finirà per crollare, come la logica vorrebbe concludessero. Dicono al contrario che per porre fine alla società borghese è indispensabile l’iniziativa dei comunisti organizzati in partito.

Infatti gli autori del Pp affermano che il FC si propone di “costruire un partito che sia fortemente radicato tra la classe operaia e i lavoratori, capace di coniugare l’affermazione dell’identità ideologica comunista sul piano teorico con la partecipazione effettiva alla lotta di classe e la sua direzione sul piano pratico, pronto ad affrontare qualsiasi evenienza e a impegnarsi su qualsiasi terreno di lotta” (pag. 23). Tuttavia non affrontano la questione della clandestinità del partito comunista e nemmeno di cosa lo distinguerà ideologicamente e organizzativamente dal primo PCI.

La concezione della costruzione e della natura del partito comunista che il FC esprime resta succube del limite storico del primo PCI e degli altri partiti comunisti dei paesi imperialisti, limite generato dalla storia della loro formazione e mai superato nonostante gli insegnamenti di Lenin e Stalin e dell’esperienza della rivoluzione in Russia. Il percorso storico dei partiti socialisti prima e comunisti poi dei paesi imperialisti ha il suo punto di partenza nelle lotte rivendicative della parte più avanzata della classe operaia. Ragione per cui i comunisti si concepivano come la parte più agguerrita e radicale del movimento operaio (e questa concezione esprime il FC). Nella realtà, la relazione logica tra assimilazione della scienza marxista e lotte operaie è inversa: in Russia è stata la scienza comunista l’elemento di unità nel partito che su questa base ha guidato gli operai a vincere.

 A conferma del limite indicato nel FC, è la relazione che il FC pone tra combattività delle masse e nascita del partito: la combattività delle masse sarebbe la condizione preliminare (la condizione portante) della nascita e dello sviluppo del partito e della rivoluzione socialista. In realtà la combattività delle masse popolari cresce man mano che per propria esperienza verificano che il partito comunista sa dirigerle nella lotta contro l’oppressione e lo sfruttamento (legame combattività masse e ruolo PC) e si smorza quando constatano che il partito comunista non le dirige alla vittoria. Tutta la storia italiana lo mostra: dal Biennio Rosso alla Resistenza.

Nel Pp spesso i piani si confondono e gli autori più volte ritornano sulla centralità delle lotte: “è solo attraverso l’impegno diretto nelle lotte, il loro sviluppo e la loro direzione che i comunisti possono radicarsi nella classe operaia e tra i lavoratori e assumere realmente il ruolo di avanguardia organizzata” (pag. 22). Il partito comunista è un’efficace e sicura organizzazione di lotta solo se padroneggia la scienza comunista, oggi marxismo-leninismo-maoismo, l’applica e la sviluppa traducendola nel particolare e concreto del proprio paese.

Corollario è nel FC e nel suo Pp un velato “attendismo” rispetto alla formazione della coscienza nella classe operaia. Compito dei comunisti è portare alla classe operaia coscienza dall’esterno dell’esperienza immediata di lotta (dice Lenin nel Che fare?), promuovendo esperienza diretta e pratica (facendo scuola di comunismo - Manifesto Programma, nota 30 pag 262). È assolvendo a questo compito che i comunisti guidano gli operai a raggiungere l’obiettivo storico (nelle battute finali del NiFC c’è un’inversione dei termini).

La sintesi a cui FC approda è una concezione secondo cui il partito comunista è un’unione di compagni di buona volontà e intellettuali piuttosto che un’organizzazione fondata sull’unità ideologica della concezione comunista del mondo.

Quanto all’obiettivo storico, il socialismo, gli autori del Pp indicano 4 “caratteri generali”: la dittatura del proletariato, la socializzazione dei mezzi di produzione, la pianificazione scientifica, la distribuzione secondo il principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro” (cap. 8, pag. 35-39).

Omettono la crescente partecipazione delle masse alla gestione della vita sociale, come parlando dello Stato dei paesi imperialisti omettono il regime di controrivoluzione preventiva e trattando dell’Italia omettono il ruolo determinante, da autorità di ultima istanza, del Vaticano (ne parlano solo in termini di privilegi fiscali e di privilegi derivanti dai Patti Lateranensi).(6)

 

6. Rispetto alla Chiesa Cattolica parlano solo di abrogazione degli accordi tra Stato e Chiesa (cap. 6/12 pag. 31) e “abolizione di tutti i privilegi fiscali della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni religiose” (7° delle 8 misure del “governo del blocco sociale rivoluzionario”).

 

 

L’unità d’azione nelle lotte rivendicative e nelle proteste delle masse popolari e il dibattito franco e aperto sulla concezione del mondo, sul bilancio dell’esperienza del movimento comunista cosciente e organizzato, sull’analisi del corso delle cose contribuiranno al consolidamento e rafforzamento del nuovo Partito comunista italiano e al reclutamento di quelli tra gli aspiranti comunisti che sono disposti alla Riforma Intellettuale e Morale (RIM) che i candidati e i membri devono compiere. Questa conclusione rafforza la concezione indicata nell’articolo di Carlo L. La rivoluzione socialista e la costruzione dell’uomo nuovo pubblicato in questo numero. In questo articolo Carlo L. riprende il contributo di Mao Tse-tung sulla RIM dei comunisti (che traduce in linea la concezione di Stalin che “i comunisti sono uomini di una pasta speciale”) e la proietta nell’uomo nuovo della società futura.