La Voce 69 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - novembre 2021

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

 

Avanti nella raccolta delle forze!

Elevare la qualità della direzione delle candidature al (n)PCI!

L’articolo 11 del nostro Statuto (VO 34, pagg. 9 e 10) dice: “Può essere membro del Partito ogni persona di età superiore a 14 anni che 1. condivide la concezione comunista del mondo espressa nel Manifesto Programma del Partito e si impegna a dedicarsi a promuovere la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (GPR) che instaurerà il socialismo e aprirà le porte alla transizione dal capitalismo al comunismo; 2. lavora in una delle organizzazioni del Partito; 3. osserva lo Statuto. Responsabile del reclutamento, della candidatura, della condotta, dell'impiego e dell'eventuale allontanamento di ogni membro, è la sua organizzazione di appartenenza, sotto l'autorità del Comitato Centrale del Partito”.

Il lavoro per consolidare e rafforzare il Partito fa sì che vecchi e nuovi compagni si candidano a diventare membri del (nuovo)PCI, cioè dell’organizzazione che promuove e dirige la guerra della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari contro la Repubblica Pontificia per instaurare in Italia il socialismo, contribuendo in questo modo alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo. Candidarsi al Partito, quindi, significa arruolarsi nella schiera di quelli che si dedicano alla causa del socialismo e vogliono essere promotori e dirigenti della GPR. In realtà già la candidatura è un periodo nel quale si inizia a promuovere e dirigere la GPR, si impara a farlo e questo significa mettersi in gioco: trasformare la propria concezione, la propria mentalità e, in parte, anche la propria personalità, trasformare la propria condotta e la propria azione.

Quali sono le difficoltà nel dirigere un percorso di candidatura? Stanno principalmente nel fatto che dobbiamo far assumere al candidato un ruolo sociale che sia conforme alla sua nuova scelta di vita. Il ruolo sociale di noi comunisti del (n)PCI è dato dai compiti che svolgiamo in funzione della GPR che il Partito promuove e dirige, non dalle etichette e nemmeno dal riconoscimento dei diretti o dei dirigenti. Far fare il percorso di candidatura è possibile soltanto 1. “facendo mettere le mani in pasta” al candidato, nel senso di fargli verificare nella pratica quello che impara e fargli utilizzare gli insegnamenti derivanti dalla sua pratica per elevare la sua coscienza e la sua condotta e 2. curando nello stesso tempo che l’organismo in cui il candidato è inserito, il Comitato di Partito, sia all’altezza della nuova composizione: l’entrata di un nuovo membro deve essere fattore di sviluppo dell’attività e del funzionamento del CdP.

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Saluti del CC o del Segretario Generale del CC, il compagno Ulisse

Crescono da parte di organismi pubblici e in particolare da parte di organismi del P.CARC le richieste di saluto. Chiediamo ai compagni di inviarle almeno una settimana prima dell’iniziativa e di illustrare il tema di essa.

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Analizziamo alcune difficoltà che incontriamo nella direzione di percorsi di candidatura.

1. Nell’elaborare un piano di candidatura bisogna partire oltre che da quello che serve al Partito, dal profilo del candidato, cioè sue caratteristiche (risultato della sua storia), suo ruolo sociale, contesto in cui vive e lavora, concezione del mondo che lo guida, sue aspirazioni. Dobbiamo considerare le condizioni ideologiche, politiche e sociali di partenza del candidato. E qui, spesso, il dirigente della candidatura si imbatte nelle prime difficoltà e sbanda tra due opposti estremi. O parte solo dalle esigenze e dai compiti del Partito (per esempio in quel dato territorio è decisivo l’intervento in una determinata azienda capitalista e quindi pretende che il candidato faccia quell’intervento, mentre non è ancora in grado di svolgere le attività e le operazioni necessarie per farlo). Oppure, siccome il candidato ancora non ha acquisito un adeguato livello di conoscenza e assimilazione della concezione comunista del mondo e della linea del Partito, si limita a farlo studiare. Entrambi sono errori di unilateralismo. La soluzione sta nel mettere a punto un piano di candidatura che tiene conto del profilo del candidato, ma che lo spinge sempre a “fare un passo in avanti”.



2. Il dirigente della candidatura deve monitorare l’applicazione del piano e (soprattutto nelle prime fasi, quando generalmente il candidato non sa ancora individuare lui stesso cosa gli occorre per avanzare) scendere in dettaglio fino al punto da cui il candidato è in grado di procedere poi da solo. L’arte della direzione della candidatura sta nel non rimanere sul generale ma nemmeno sostituirsi al candidato. È così che creiamo le condizioni affinché il candidato applichi e verifichi nella pratica quello che impara e utilizzi gli insegnamenti derivanti dalla sua pratica per elevare la padronanza e l’applicazione della scienza comunista, il funzionamento e l’attività del CdP in cui è inserito.



3. Generalmente i nostri piani di candidatura comprendono 1. l’assegnazione di compiti, 2. la definizione di un percorso di formazione intellettuale (ideologica e politica), 3. l’indicazione degli aspetti di Critica, Autocritica e Trasformazione (CAT) che il candidato deve affrontare per avanzare nel percorso di Riforma Intellettuale e Morale (RIM).

Lo svolgimento dei compiti assegnati (e la cura della loro attuazione) e la formazione ideologica e politica configurano un salto per il candidato al (n)PCI.

Per un candidato assolvere ai compiti di un partito clandestino significa mettersi in una condizione nuova. Anche se in modo diverso a seconda delle esperienze politiche pregresse, dell’estrazione di classe, dell’età e dell’esperienza di vita, egli si trova comunque di fronte al fatto che ogni compito è un’operazione di guerra, è un’operazione della GPR. Quindi implica non solo fare attività che non aveva mai fatto in precedenza, ma anche 1. fare in modo diverso cose che già faceva, 2. guardare con “occhi da partito” persone e ambienti che ha intorno (colleghi di lavoro, di scuola, di caseggiato, conoscenti, familiari, organismi politici, sindacali, sociali, ecc.). Questo richiede che il dirigente della sua candidatura gli mostri e insegni

a) come il diventare membro del (n)PCI cambia il modo di fare attività che già faceva prima. Ad esempio le operazioni di propaganda (affissione di adesivi e di locandine, scritte murali, ecc.) non possono essere fatte come le fa un partito o un organismo pubblico. Occorre fare inchiesta sul territorio in cui si opera per farle in sicurezza, realizzarle in modo da preservare l’identità clandestina, raccogliere le reazioni restando clandestini, ecc.;(1)

1. A questo proposito rimando a VO 65, pag. 67 Elevare il livello della nostra propaganda murale, VO 66, pag. 66 Gli insegnamenti di un CdP, VO 67, pag. 63 Creare una rete di sostegno attorno ai nostri CdP clandestini è possibile, VO 68, pag. 69 Rete di sostegno ai CdP e pag. 74 Forme dell’attività di propaganda dei CdP.

b) che ogni suo singolo compito è un pezzo di un lavoro e di un progetto più ampio per il quale è necessario impegno ordinario e costanza, di contro alla tendenza a concepire la militanza a strappi, tipica delle organizzazioni pubbliche che oggi nel nostro paese raccolgono il grosso della base rossa, e che a decidere i tempi della nostra azione siamo noi, non il nemico;

c) come combinare l’attività di partito con l’attività che il candidato eventualmente svolge in organizzazioni pubbliche (organismi operai e popolari, partiti, sindacati e altri organismi che rientrano nei quattro campi del lavoro esterno del Partito-vedi VO 59, pag. 21) nell’ambiente dove lavora, studia, vive. Bisogna aiutare il candidato (e ragionare insieme a lui) a vedere che la candidatura al (n)PCI dà un respiro superiore e uno sbocco rivoluzionario alle attività che svolge in un’organizzazione pubblica. Ad esempio, se il candidato ha il compito di costituire un CdP nell’azienda in cui lavora ed è inscritto a un’organizzazione sindacale, ha la possibilità di ragionare con chi dirige la sua candidatura sull’attività che svolge per migliorarla, può usarla per individuare gli elementi migliori da reclutare al Partito, può usare l’attività pubblica per raccogliere le reazioni suscitate dall’azione di propaganda del (n)PCI oppure raccogliere idee e tesi dei suoi referenti perché il Partito ne tratti liberamente tramite un comunicato, una locandina, ecc., può svolgere con il Partito azioni di “disturbo” e di attacco al padrone garantendo l’anonimato di chi le fa.

La clandestinità non rende i compagni del (nuovo) PCI dei super-uomini, delle entità astratte, degli esseri che sono al di sopra della società. La clandestinità è la forma con cui il Partito svolge l’attività rivoluzionaria con autonomia ideologica, politica e organizzativa in ogni ambito della società e in ogni contesto politico. La clandestinità è necessaria per due motivi: 1. ideologico, per assicurare l’autonomia che permette ai suoi membri di sottrarsi al primo pilastro del sistema di controrivoluzione preventiva, all’influenza della borghesia e così poter dirigere la GPR; 2. pratico, che consiste nella capacità di azione ad ampio raggio (anche nel campo nemico) e di sottrarsi e far fronte alla repressione della borghesia.



4. Per quanto riguarda la formazione intellettuale il problema principale che abbiamo è che i nostri candidati vivono lo studio come “ambito separato” dalla pratica: sta a chi dirige la candidatura definire un piano di formazione che tiene insieme sia la formazione ideologica che quella politica, che è uno studio utile a far svolgere meglio i compiti assegnati al candidato e che è una formazione che aiuta il candidato a elaborare l’esperienza che fa.

Nella formazione il dirigente deve andare a fondo nella scelta dei testi che assegna ed entrare in dettaglio sul perché dà da studiare determinati testi. Bisogna rendere lo studio un’attività ordinaria (studio continuo) e curare in modo particolare la discussione sulle questioni (dubbi, domande, obiezioni) che il candidato solleva avendo di mira la lotta di classe in corso, i compiti assegnati e il percorso di RIM, la dialettica singolo-collettivo: curare cioè le ricadute dello studio del singolo sull’attività che svolge (nel collettivo di Partito in cui è inserito e negli organismi di massa su cui interviene). Faccio un esempio: se si tratta di un candidato che non ha esperienze politiche pregresse e nemmeno una lunga esperienza di vita, spesso la vasta letteratura della Carovana del (n)PCI non risponde alle domande che egli si pone, parla di un mondo che non conosce (o conosce poco), di problemi che ancora non si è ancora posto. In definitiva è come se dessimo al candidato un testo scritto in una lingua per lui incomprensibile. La soluzione è non farlo studiare? No! La formazione deve allargare l’orizzonte del candidato, fargli conoscere le esperienze storiche e geografiche del movimento comunista dalle quali deriva la nostra scienza. Ma la questione decisiva per chi dirige la candidatura è portare il candidato a comprendere il testo, farglielo usare come guida per la sua azione. Il dirigente in questo caso deve concepirsi come un interprete che traduce il testo da una lingua sconosciuta al candidato e che tiene conto del livello e dell’esperienza del candidato. Il dirigente deve preparare la discussione dei testi di formazione (e di eventuali note di lettura del candidato) combinando le tesi principali del testo che il candidato ha studiato, le tesi che il candidato ha scritto, la relazione tra le tesi del testo originale e quelle espresse dal candidato. Bisogna ragionare insieme al candidato sulla sua esperienza, educarlo a pensare in modo nuovo imparando a usare la teoria per ragionare sulla pratica. È così che promuoviamo un movimento che combina apprendimento, assimilazione e applicazione della concezione comunista del mondo. Accettare il nostro programma è importante ma non è ancora assimilarlo! Per trasformare un uomo o una donna occorre anche lo spiegare, ma la trasformazione è un processo che deve combinare teoria e pratica, riforma intellettuale e riforma morale (a tal proposito vedi VO 66, pag. 73), non si limita allo spiegare. Per dirigere la candidatura di un compagno bisogna essere consapevoli che spiegare è necessario, ma non sufficiente.



5. Detto questo, però, bisogna anche adottare un approccio adeguato nello spiegare, in particolare quando abbiamo a che fare con candidati che esprimono dubbi, domande, obiezioni sulla concezione e la linea del Partito. Su questo mi soffermo perché è un aspetto della direzione delle candidature in cui dobbiamo operare una decisa rettifica.

Ci sono compagni che esprimono dubbi ed esitazioni in particolare sui temi che distinguono il Partito rispetto alle elaborazioni del movimento comunista cosciente e organizzato che ci ha preceduto, quello che chiamiamo il primo movimento comunista, corrispondente alla prima ondata (1917-1976) della rivoluzione proletaria che ha segnato il secolo scorso. Sono i temi nuovi, come la tattica del Governo di Blocco Popolare (GBP) o la necessità dell’esistenza nel nostro paese di due partiti comunisti quali sono il (n)PCI e il P.CARC, la combinazione tra il Partito e il movimento comunista cosciente e organizzato.

Per affrontare questi dubbi non basta spiegare ai compagni di cosa il Partito sta parlando, esponendo loro gli schemi, le formule, le ragioni per cui diciamo che oggi in Italia la tattica per costruire la rivoluzione socialista consiste nel creare le condizioni per la costituzione del GBP e che oggi in Italia servono due partiti comunisti quali sono il (n)PCI e P.CARC. Chi spiega deve anzitutto porre attenzione a chi ha davanti e non fissarsi sulla materia che vuole spiegare, che lui ha in testa e che a lui sembra chiara e semplice. Questa è una forma di idealismo e in particolare significa non riconoscere che chi abbiamo di fronte è un altro individuo, magari unito a noi nel Partito ma differente da noi per molti altri aspetti.(2) Ad esempio con un candidato che pone dubbi e domande sull’esistenza di due partiti di comunisti, bisogna innanzitutto comprendere il senso che hanno per il candidato questi dubbi e domande, cosa significano per lui in termini di concezione del mondo, di comprensione della situazione attuale, di azione che esso svolge per il Partito e negli organismi pubblici in cui eventualmente opera. In questo modo è possibile usarle per la formazione ideologica e storica del candidato: non solo perché oggi servono due partiti di comunisti, ma anche le esperienze del movimento comunista a tal proposito (partito pubblico con “braccio armato”, partito clandestino con braccio legale, partito clandestino con attività in organismi pubblici di diverso genere, ecc.). E per la sua formazione politica: domande e obiezioni del genere infatti si prestano bene a che il candidato comprenda meglio (intellettualmente e praticamente) quali sono i quattro campi del lavoro esterno del Partito e cosa vuol dire dirigere con il metodo del centralismo democratico e con il metodo della linea di massa. Insomma, sono domande e dubbi estremamente utili, a patto di non limitarsi a rispondere illustrando le formule in cui sintetizziamo concezione, analisi, linea e metodi del Partito.



2. Le differenze tra individui sono infinite, ma a noi quelle che particolarmente interessano sono quelle che hanno carattere di classe. Sono quelle che ci lascia in eredità la società divisa in classi e che prima di tutto entro il Partito (poi nell’intera società) vanno tolte. Parte di esse sono differenze di carattere naturale e in tal caso non viene tolta la differenza, ma quanto di oppressione e sfruttamento la classe dominante ha fondato sulla base di quella differenza, come ad esempio nel caso della differenza tra uomini e donne. Non sarà abolita questa differenza, ma la differenza per cui le donne nelle società divise in classi subiscono oppressione in quanto tali. Le altre differenze, oltre a questa, sono quella tra giovani e adulti, tra diretti e dirigenti, tra lavoratori intellettuali e lavoratori manuali, tra lavoro organizzativo e lavoro esecutivo, tra città e campagna, tra settori, regioni e nazioni avanzate e settori, regioni e nazioni arretrate. Ad esempio, una giovane operaia immigrata che viene da un paese dell’Africa e non conosce la lingua italiana subisce oppressione in quasi tutti i modi dati dalle disuguaglianze aventi carattere di classe sopra elencate.

I modi di essere e di pensare non svaniscono di colpo, né perché uno desidera di non essere più oppresso e sfruttato, né perché uno vuole (aspira a) diventare comunista, né perché un altro viene a spiegargli che per lui è venuto il momento di non essere più oppresso e sfruttato: sono necessari tempo, esperienza e verifica nella pratica. Uno non diventa membro del Partito capace di promuovere e dirigere la GPR per dichiarazione propria o per decreto altrui e una volta per tutte. Ogni membro del Partito e a maggior ragione un candidato che sta facendo i suoi primi passi, mantiene attitudini del vecchio mondo diretto dalla borghesia imperialista, attitudini che gli impediscono di vedere quali possibilità effettivamente gli si aprono davanti: di carattere intellettuale, perché gli mancano strumenti, o di carattere morale, perché nega che tali possibilità esistano, come nel caso di chi ad esempio non crede che la vittoria è possibile, di chi non osa vincere.

Nei dubbi ed esitazioni di compagni che faticano a comprendere il nuovo che il Partito mette in campo (il GBP, i due partiti, la RIM, i percorsi di CAT, ecc.) vediamo quindi dubbi ed esitazioni a comprendere la costruzione del nuovo mondo diretto dalla classe operaia con alla testa il suo Partito comunista.

Quando si avanza, si percorrono strade nuove, soprattutto quando questo comporta l’impegno di una vita come è per chi decide di militare nel Partito. Porre domande, opporre resistenze è cosa normale, anzi sarebbe strano che avvenisse il contrario. Solo se il candidato manifesta i suoi dubbi possiamo dare risposte a chi vuole avanzare e chi li manifesta ha il pregio di dire cose che altri magari pensano ma non osano dire.

Achille P.