La Voce 69 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - novembre 2021

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Sul lavoro in campo nemico

Usare appigli e fessure esistenti nelle Forze Armate italiane ai fini della rivoluzione socialista

Sul sito del Partito sono disponibili le schede su alcuni corpi delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate italiane e altre ne seguiranno. Studiare il campo nemico, conoscere la struttura e il funzionamento dell’apparato statale e anche quello degli organi repressivi è uno dei compiti che il movimento comunista cosciente e organizzato deve assolvere per condurre alla vittoria la rivoluzione socialista. Ci serve per svolgere un’azione rivoluzionaria tra le fila nemiche: 1. reclutare soggetti scontenti, disgustati e preoccupati di come vanno le cose e costituire Comitati di Partito clandestini, 2. raccogliere informazioni sull’attività e le manovre della classe dominante, 3. condurre operazioni specifiche che indeboliscono il campo nemico e rafforzano quello delle masse popolari.


Per comprendere le potenzialità dell’intervento in questo campo ai fini della rivoluzione socialista, quindi nell’ottica della Guerra Popolare Rivoluzionaria che conduciamo, bisogna partire dal fatto che la maggior parte degli uomini e delle donne che la classe dominante recluta nei corpi addetti al controllo, alla repressione e alla guerra viene dalle masse popolari, cioè da quella parte della popolazione che vive del suo salario e che senza lavorare non può vivere, e ha mille legami con esse. Un militare non è solo un militare, è anche figlio di proletari o di lavoratori autonomi e comunque ha relazioni familiari e personali con altri appartenenti alle masse popolari. Questa parte della popolazione, questa massa di milioni di individui oggi paga a diversi livelli il prezzo della crisi del sistema capitalista. Tra questi milioni di persone ci sono 489.914 individui che appartengono ai corpi armati e di sicurezza (VO 68, tabella 1 a pag.7, Prendere in mano la direzione del paese imparando dall’esperienza). Molti di questi (non so ancora quantificare in modo preciso, ma si tratta di ben più della metà degli interessati) sono spinti dalla crisi ad arruolarsi per avere uno stipendio e un lavoro (anche se precario per alcuni anni): non a caso il maggior numero di militari di truppa viene dal sud del paese, dalle regioni economicamente più arretrate (Sicilia, Puglia, Campania, Calabria, Basilicata, Molise, Sardegna), e in misura ridotta da quelle del nord.


Le Forze Armate (FFAA) devono essere oggetto dell’intervento di un partito comunista che ha l’obiettivo di instaurare il socialismo: la costituzione del Governo di Blocco Popolare, l’opera di epurazione e riorganizzazione delle FFAA, delle Forze dell’Ordine, dei Servizi di Informazione e in generale della Pubblica Amministrazione che inizieremo con esso,(1) la creazione degli strumenti per far fronte vittoriosamente alla guerra civile che gli elementi più criminali della borghesia e del clero scateneranno e poi ai tentativi controrivoluzionari interni ed esterni,(2) presuppongono che il Partito svolga fin da ora un’azione nelle strutture addette alle funzioni regaliane e nelle altre istituzioni del campo nemico, attraverso suoi membri che infiltra appositamente e attraverso i membri di esse che arriva ad arruolare (le cosiddette “talpe”) o che influenza.

In questo articolo indico alcune delle contraddizioni esistenti su cui possiamo fare leva per quanto riguarda le Forze Armate (Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Carabinieri), perché aprono mille crepe nel muro di cinta delle caserme e rendono quello del militare più un lavoro per portare a casa uno stipendio che una missione per “difendere l’Italia e i suoi confini”.


1. Quest’opera è riassunta nella settima delle Misure Generali del GBP: “epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano l’azione del GBP, conformare le Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza), le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 (in particolare a quanto indicato negli articoli 11 e 52) e ripristinare la partecipazione universale più larga possibile dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico”.


2. Far fronte vittoriosamente alla guerra civile e poi ai tentativi controrivoluzionari richiede che il partito comunista formi forze armate rivoluzionarie inquadrando militarmente una parte delle masse popolari e tramite il passaggio alla rivoluzione di una parte delle forze armate nemiche.



1. Le contraddizioni nei vertici militari dovute agli esiti delle missioni di guerra USA

La sottomissione della classe dominante italiana agli imperialisti USA e la posizione particolare di cui questi ultimi godono tra i vari centri di potere operanti nel nostro paese fanno sì che le Forze Armate italiane sono coinvolte a vario titolo, all’estero e sul suolo nazionale, nelle missioni di guerra che i gruppi imperialisti USA conducono (in proprio, con la NATO, sotto l’egida dell’ONU) in Africa, in Asia e in Europa orientale. L’esito fallimentare (3) delle missioni di guerra USA in Siria e in maniera anche più eclatante in Afghanistan costringe i vertici militari USA e NATO a rivedere i loro piani di guerra e sta alimentando uno scontro interno ai vertici militari italiani.


3. Esito su cui hanno influito diversi fattori combinati tra loro: la resistenza popolare all’aggressione imperialista anche se prevalentemente diretta da organizzazioni religiose, l’esempio eroico del popolo palestinese, la resistenza del governo siriano, l’interposizione della Russia, l’azione svolta dall’Iran e da Hezbollah, il ruolo in proprio assunto dalla Turchia, ecc.


Ogni missione all’estero è un rubinetto di denaro pubblico che viene gestito direttamente da generali e ufficiali dello Stato Maggiore della Difesa. Ogni missione equivale a milioni di euro da spartire (approvvigionamenti, trasporti, stipendi, armi e attrezzature, veicoli, collaborazioni, contractor, ecc.) e fette di potere e traffici da amministrare. È noto il caso dell’ufficiale della Marina Militare Marco Corbisiero (venduto dal suo comandante Oscar Altiero), che il 16 agosto del 2018 a bordo della nave militare italiana Caprera (ufficialmente in mare per il contrasto allo sbarco dei migranti, con gli elogi di Matteo Salvini) in rientro dalla Libia è stato oggetto del blitz della Guardia di Finanza per aver imbarcato 700 kg di sigarette di contrabbando insieme ad altri farmaci, per l’uso e consumo della criminalità organizzata italiana. Ancora più noto è il caso del generale Giampaolo Ganzer dei ROS (Carabinieri), specialista nella persecuzioni di comunisti, anarchici e avanguardie di lotta e nel traffico di droga con i paesi arabi, condannato a 14 anni di reclusione nel 2010 e poi scagionato grazie al sostegno della banda Berlusconi.

Con il ritiro dei contingenti italiani dall’Afghanistan e le difficoltà che i vertici NATO hanno nell’imporre nuove “missioni umanitarie”, ogni generale fa a gara per accaparrarsi missioni e operazioni speciali da condurre con il proprio reggimento nei teatri operativi esteri ed è coinvolto nello scontro per le nomine e le cariche istituzionali. In questo contesto rientrano le operazioni fatte dal governo Draghi che, con una norma ad hoc che ha alzato il limite di età di ammissione al ruolo, ha permesso all’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (4) di essere nominato Capo di Stato Maggiore della Difesa al posto di Enzo Vecciarelli (Aeronautica Militare), che alla fine è stato silurato anche con un’accusa di corruzione a suo carico.


4. Giuseppe Cavo Dragone, Ammiraglio di squadra della Marina Militare italiana, si è addestrato per anni alla scuola dell’U.S. Marine Corps (noti come Navy Seals) ed è diventato prima Comandante interforze per le operazioni delle Forze Speciali per poi prendere il posto di Comandante del COI (Comando Operativo del vertice Interforze). È noto agli atti della VI Commissione parlamentare d’inchiesta sull’Uranio Impoverito per aver mentito sull’esposizione dei militari ai metalli pesanti durante un’udienza ufficiale presso una commissione parlamentare.


Le operazioni criminali e gli scontri nei vertici militari coinvolgono e danneggiano in vario modo la truppa e anche una parte dei sottufficiali dei diversi corpi delle FFAA.


2. Il peggioramento delle condizioni della truppa

La creazione di un esercito professionale al posto di quello di leva ha diffuso nel corso degli ultimi 20 anni il precariato militare (Volontari a Ferma Prefissata di 1 o 4 anni con uno stipendio base che supera di poco gli 800 euro, ferme a tempo determinato per sottufficiali, precari della Croce Rossa Italiana, ecc.). Questo fenomeno coinvolge circa 4 mila militari l’anno ed è frutto del sistema della “piramide al contrario” denunciato più volte da Toni De Marchi (giornalista de ilfattoquotidiano.it), ossia la formazione di una casta di ufficiali che, grazie alle pressioni e al ruolo giocato nei governi che si sono succeduti, ha accresciuto i propri privilegi e poteri a scapito del trattamento economico della truppa e dei civili operanti in ambito militare.

Le condizioni economiche e di lavoro dei militari sono in generale peggiorate: adeguamenti degli stipendi fermi al 2015, trattenute e indennizzi erogati a singhiozzo, caserme e alloggi in via di dismissione o fatiscenti, affido di mansioni senza formazione e specializzazione, peggioramento generale delle condizioni di lavoro.

Il degrado sociale crescente si riflette nelle caserme e tra le fila delle Forze Armate: aumento dei casi di nonnismo e di abusi, aumento dei traffici in cui la truppa viene coinvolta dai propri comandanti, uso di droghe e alcol, suicidi o presunti tali.

Da ultimo si è aggiunto il Green Pass imposto dal governo Draghi. Sono stati centinaia i militari espulsi dagli alloggi e costretti a mangiare sui marciapiedi o sui blindati perché senza vaccino non potevano accedere alla mensa e ai dormitori. E questo dopo essere stati impiegati con turni da 10-12 ore per il controllo dell’ordine pubblico nelle grandi città durante i lockdown (marzo-maggio 2020, ottobre-aprile 2021), essere stati contagiati a migliaia nelle caserme senza la possibilità di fare tamponi, tenuti in quarantena in dormitori da 8-12 posti letto e aver operato senza alcun protocollo o misura di sicurezza per tutta la fase acuta della pandemia.


3. L’aumento dei militari malati per contaminazione da metalli pesanti, da radiazioni e altri agenti patogeni

L’Associazione Nazionale Vittime dell’Uranio Impoverito (ANVUI) denuncia la presenza di circa 8.000 militari italiani che hanno contratto patologie oncologiche a seguito della contaminazione da uranio depleto (impoverito) contenuto negli armamenti e non riconosciuti dallo Stato italiano, usati a partire dalle guerre contro la ex Jugoslavia (1991-2001 e successive “missioni di pace”) e negli addestramenti nei poligoni di tiro NATO sul territorio nazionale. A questi si aggiunge la schiera di militari le cui patologie sono collegate alla contaminazione da altri metalli pesanti, da amianto e da altri agenti patogeni, in barba a qualsiasi misura di sicurezza a tutela della salute dei militari. Il resoconto annuale del 2020 della Corte dei Conti (Tomo II pagina 538) constata un aumento non solo delle sentenze negative a carico del Ministero della Difesa nei processi dei militari che denunciano la dipendenza delle patologie tumorali da “cause di servizio” (7 su 9 nel 2019, 13 su 13 nel 2020), ma anche un esponenziale aumento di richieste stragiudiziali (passate da 773 nel 2019 a 872) esclusivamente legate a questo problema. L’accumulazione quantitativa di questi fenomeni genera due movimenti: dall’alto, lo scarica-barile di responsabilità tra i vertici militari e istituzionali nel Ministero della Difesa; dal basso, un rinnovato attivismo di reduci, militari e familiari delle vittime che si pone in maniera antagonista ai vertici militari italiani e alle istituzioni della Difesa.(5)

E la recente assoluzione dei comandanti (sei generali e due colonnelli) a capo tra il 2002 e il 2010 del poligono interforze di Salto di Quirra (Nuoro) dove si svolgevano esercitazioni militari, brillamento di bombe e lanci di missili che hanno provocato morti, malattie, infortuni tra i dipendenti militari e civili e i residenti nelle aree circostanti e l’avvelenamento della zona con sostanze tossiche (tra cui il torio), getta altra “benzina sul fuoco”.


5. In proposito vedasi anche l’articolo Lo Stato si assuma le proprie responsabilità pubblicato sul n.10/2021 di Resistenza, mensile del P.CARC reperibile sul sito www.carc.it.



4. Il riconoscimento dei sindacati militari

Elisabetta Trenta (M5S), Ministro della Difesa del governo Conte 1 (poi estromessa dal governo Conte 2 M5S-PD), ha promosso un rinnovamento nella gestione dell’apparato militare su spinta di una miriade di associazioni a carattere sindacale operanti ufficiosamente nelle FFAA. Sebbene contraddittorio in molte sue parti, il DDL S. 1893 del 2019 “Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze Armate” per la prima volta nella storia d’Italia ha riconosciuto alla truppa e ai sottufficiali la possibilità di organizzarsi sindacalmente (mentre fino ad allora erano riconosciuti solo i COCER e i COBAR, strutture sindacali degli ufficiali). Prima di allora si conoscono poche esperienze di organizzazione dei lavoratori militari. La più nota è sicuramente Proletari in divisa, promossa da Lotta Continua nell’ambito militare e operante nella semi-clandestinità, terminata a seguito della sconfitta e del riflusso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976).(6)

Per i militari schifati dall’andazzo vigente nelle caserme e nelle FFAA i sindacati diventano scuola di organizzazione e di mobilitazione per migliori condizioni di vita e di lavoro. Allo stesso tempo offrono nuove possibilità d’azione al (n)PCI per creare suoi Comitati di Partito e infiltrare suoi uomini.

Alberto F.



6. Proletari in divisa nacque nel 1969. Sul numero di Lotta Continua del 4 febbraio del 1972 si legge: “Cari compagni, dietro le sfilate militari, come quelle del 2 giugno, ci stanno tante cose. Ci sta la volontà dello Stato di mostrare la sua efficienza contro chiunque mette in discussione con le lotte proletarie le istituzioni. Ci sta l’uso di mezzi colossali che sono, per i cervelli dell’apparato militare, vere e proprie prove nell’eventualità in cui la lotta di classe renda necessario il loro intervento aperto contro i proletari in lotta. E poi ci siamo noi, i proletari con le stellette. Sulla nostra pelle lo Stato, i governanti, i generali e i colonnelli, i cervelli dell’apparato militare giocano i loro progetti”.