La Voce            7

del (nuovo)Partito comunista italiano 

Non c'è vittoria, non c'è conquista

senza un vero partito comunista      

                                                              anno III - marzo 2001




Mobilitare i lavoratori avanzati

già oggi disponibili per la ricostruzione del partito comunista

 

L’appello che la CP ha lanciato con La Voce n. 6 alle FSRS di sinistra (e alla sinistra presente in ogni FSRS) a usare le prossime elezioni per raccogliere le forze (lavoratori avanzati e altre FSRS) già disponibili a partecipare alla ricostruzione del partito comunista e, più in generale, per creare tra le masse un terreno più favorevole alla ricostruzione del partito comunista, sta agendo tra le FSRS come una cartina di tornasole. L’appello e il lavoro che ne è seguito infatti fanno venire alla luce e mettono alla prova le varie e contrastanti concezioni, anche quelle su cui i rispettivi esponenti preferirebbero mantenere un velo di silenzio e di equivoca confusione, anche quelle seguite di fatto e mai enunciate apertamente e sistematicamente e “misurano” la effettiva capacità di ogni FSRS di perseguire concretamente, in modo realistico, l’obiettivo della ricostruzione, al di là delle dichiarazioni, della buona volontà e delle buone intenzioni. Si è formato quindi un laboratorio, “aperto” da qui alle elezioni politiche, di grande interesse per tutti quelli che hanno a cuore la ricostruzione del partito comunista e si danno da fare per realizzarla. Le concezioni di fatto operanti verranno tanto più alla luce e tanto più fruttuoso sarà questo “laboratorio”, quanto più energica, capillare e vasta sarà l’azione di quelli che hanno raccolto e raccoglieranno l’appello. L’importanza del lavoro che essi compiono non si misurerà solo dalle forze che avranno raccolto, ma anche dalla chiarezza che avranno portato nell’ambiente stagnante e in parte corrotto delle FSRS.

- L’appello e il lavoro che ne è seguito stanno determinando uno schieramento in cui a un estremo vi sono quelli che pongono la ricostruzione del partito comunista al centro di tutta la loro attività: come obiettivo principale di essa, a cui bisogna indirizzare ogni sforzo e su cui bisogna valutare, per ogni avvenimento, il vantaggio che possiamo tirarne e misurare il valore di ogni iniziativa e l’importanza di ogni risultato. All’altro estremo vi sono quelli che continuano la loro routine di iniziative senza un obiettivo e un piano che vadano più in là della singola iniziativa; partecipano alle manifestazioni di strada e alle rivendicazioni di massa “che ci sono”, celebrano scadenze, fanno interventi e tengono riunioni, costruiscono assemblee e coordinamenti (nazionali e internazionali) di lavoratori ora su questa ora su quella questione, trattano ora uno ora l’altro tema “di attualità” (cioè che il movimento politico e culturale della classe dominante e a volte semplicemente le sue manovre diversive rendono di attualità), reagiscono agli avvenimenti che la classe dominante (con i suoi mass media, le sue lotte intestine o le sue imprese brigantesche) pone al centro dell’attenzione: insomma quelli che partecipano più o meno attivamente e con un ruolo più o meno importante alla risposta “spontanea” che le iniziative della borghesia imperialista suscitano tra le masse. Combinano assemblee, coordinamenti ed iniziative per sviluppare le lotte di difesa o per non affrontare e per distogliere dall’affrontare il compito della ricostruzione del partito comunista? Se si desse per scontato che ponderano le loro iniziative e ne prevedono i risultati effettivi, la risposta non sarebbe dubbia. L’autonomia e la vivacità nell’attivismo pratico suppliscono nella coscienza di questi compagni alla mancanza di autonomia dalla borghesia imperialista quanto alla definizione degli obiettivi strategici e dei mezzi per raggiungerli e contemporaneamente ne mascherano la mancanza. Ovviamente tutti noi approfittiamo e dobbiamo approfittare degli avvenimenti (e le elezioni sono uno di essi) e persino dei temi che la borghesia imperialista rende d’attualità e attorno ai quali essa concentra l’attenzione delle masse. Ma li dobbiamo valutare alla luce del nostro piano di ricostruzione del partito comunista e usare per questo obiettivo. Non reagiamo “in qualche modo” agli avvenimenti perché “bisogna pur fare qualcosa”, perché “non bisogna mai arrendersi” né ci associamo acriticamente alla risposta più o meno spontanea che gli avvenimenti e le iniziative della borghesia imperialista (il progredire della crisi del capitalismo) suscitano tra le masse.

- L’appello e il lavoro che ne è seguito stanno determinando uno schieramento in cui a un estremo vi sono quelli che agiscono sulla realtà con l’obiettivo di ricostruire il partito comunista e secondo un piano di ricostruzione dichiarato e quindi verificabile da ogni compagno e correggibile (e per ciò dagli avversari sono accusati di volontarismo e di settarismo) - mentre all’altro estremo “galleggiano” quei compagni e quelle organizzazioni che si lasciano trasportare dalle onde, anche quando esibiscono scioccamente la soddisfazione di chi crede di essere lui a suscitare le onde e a dirigerle. A un estremo vi sono quelli che dall’analisi delle circostanze concrete traggono un obiettivo che cercano consapevolmente di realizzare con un piano d’azione anch’esso definito secondo le circostanze concrete e i loro errori e limiti sono identificabili e quindi correggibili proprio perché il programma è espresso pubblicamente, la linea dichiarata e il metodo di attuazione preciso e noto - mentre all’altro estremo vi sono quelli che rifuggono dal fare ed esporre apertamente e sistematicamente la loro analisi delle circostanze storiche concrete e ancora più rifuggono dall’indicare quali conclusioni pratiche essi traggono e come essi propongono di verificare le loro stesse conclusioni e rimandano alle “circostanze storiche” il compito di sciogliere il nodo dell’attuale “che fare?”. A un estremo vi sono quelli che, constatato che oggi la classe operaia e le masse popolari sono tutt’altro che “un esercito schierato a battaglia”, ma al contrario sono rese quasi impotenti dalla confusione e dalla frammentazione, hanno elaborato o cercano di elaborare, dall’analisi della realtà attuale e con l’aiuto del patrimonio storico del movimento comunista, un programma e una linea per porre fine alla confusione e alla frammentazione e quindi riunire “un esercito e schierarlo a battaglia” - mentre all’altro estremo vi sono quelli che “si fanno forti” della confusione, della frammentazione e dell’assenza di “un esercito schierato a battaglia” per proclamare che oggi nessuno è in grado di elaborare alcun programma e definire alcuna linea e con ciò si esimono dal prendere posizione sul Progetto di Manifesto Programma pubblicato fin dal ‘98 dalla SN dei CARC e sulla linea di costruzione del partito comunista proposta dalla CP nel ‘99. Insomma a un estremo vi sono quelli che (a parte errori e limiti che sono identificabili nel corso dell’attività e quindi possono essere via via corretti) lavorano concretamente e praticamente alla ricostruzione del partito nei suoi aspetti teorici (concezione del mondo, programma, metodo e linea) e nei suoi aspetti organizzativi tra loro dialetticamente combinati, nei suoi aspetti d’avanguardia e nei suoi aspetti di massa anch’essi tra loro dialetticamente combinati - mentre all’altro estremo vi sono quelli che si accontentano di proclamare “l’urgenza della necessità storica impellente” oltre che “l’universale necessità” della ricostruzione del partito (e alcuni la proclamano oramai da decenni!), ma non avanzano alcuna proposta su come realizzare la ricostruzione in nome del fatto che loro non sono volontaristi (ma quale atteggiamento più volontarista che proclamare continuamente un obiettivo nella cui direzione non si compie alcun passo?) e quindi, volenti o nolenti, alimentano il disfattismo e la demoralizzazione che già costituiscono un intralcio importante al lavoro della ricostruzione; quelli che in mille salse e da anni (alcuni da più di 15 anni) dichiarano e scrivono che ci vuole assolutamente, che è urgente avere “un’organizzazione indipendente del proletariato” (vedasi, tanto per fare alcuni nomi, Assalto al cielo e Inchiesta Operaia), ma si guardano bene dall’indicare il carattere di questa organizzazione, dal proporre come crearla oggi nella concreta situazione italiana, dall’indicare come e da parte di chi può essere creata e aspettano che gli operai aderiscano a una concezione che essi non osano propagandare e si subordinino a una direzione che non osa costituirsi apertamente in partito.

- L’appello e il lavoro che ne è seguito stanno determinando uno schieramento in cui a un estremo vi sono quelli che hanno chiaro che la ricostruzione del partito comunista significa raccogliere attorno a un programma comunista (la cui versione definitiva ovviamente sarà approvata dal partito stesso) e in una organizzazione basata sul centralismo democratico (che ovviamente si concretizzerà in uno statuto non eterno ma adeguato alle caratteristiche della nostra attuale fase) le FSRS e i lavoratori avanzati che il lavoro di questi anni ha già formato, perché solo così infatti si risponde praticamente alla “urgenza della necessità storica impellente” di ricostruire il partito e si crea anche, contemporaneamente, una delle condizioni necessarie alla nascita di un vasto movimento di lotta di massa e alla moltiplicazione dei membri del partito. Mentre all’altro estremo vi sono quelli che da anni (alcuni da più di 15 anni) dicono e scrivono che “l’elemento chiave per la ricostruzione del partito è lo sviluppo di una linea e di un programma” e che a questo fine è indispensabile “una analisi delle classi” (v. Documento Base 1984 di Rossoperaio) e non solo non hanno ancora proposto uno straccio di progetto di programma né un’analisi delle classi, ma posti di fronte al Progetto di Manifesto Programma del ‘98 si rifugiano dietro banalità del tipo “non basta un Manifesto Programma per fare il partito comunista” o “un programma non si costruisce a tavolino”; quelli che credono (o si comportano come se credessero) che per ricostruire il partito occorre anzitutto creare un vasto movimento di lotta e sperano di conseguire questo obiettivo nascondendo di essere comunisti e promuovendo coordinamenti e riunioni di FSRS e lavoratori avanzati che discutono della necessità di promuovere un vasto movimento di lotta, mentre l’esperienza oramai protratta e ripetuta per quasi un decennio ha dimostrato che nelle attuali condizioni del nostro paese sono inconsistenti ogni tentativo, ogni sforzo e ogni piano di aggregare le vaste masse senza il partito comunista come centro di aggregazione o di “radicare la rivoluzione socialista tra le masse” in altro modo che costruendo un legame vasto e solido del partito comunista con i lavoratori avanzati e tramite essi con le masse. L’obiezione che tra le due cose vi è un rapporto dialettico diventa una frase vuota se non si precisa in cosa consiste nella precisa e concreta nostra condizione questo rapporto dialettico: infatti esso, nella nostra precisa e concreta situazione consiste proprio in ciò: solo “la costituzione in partito di quanto già oggi esiste di adeguato ad essere partito” può determinare un ulteriore avanzamento delle nostre forze, una ulteriore aggregazione delle masse, una più ampia mobilitazione delle masse e un maggiore radicamento della rivoluzione socialista tra le masse.

Tutto ciò conduce alla conclusione che oggi la ricostruzione del partito passa soprattutto attraverso la raccolta, attorno ad un centro ideale (il programma) e pratico (i comitati di partito), dei lavoratori avanzati che oggi sono in gran parte ancora sparsi e confusi tra le masse e i cui sforzi sono in gran parte frustrati e le cui potenzialità sono largamente sprecate proprio a causa del loro isolamento, della loro estraneità a ogni legame di partito. Le elezioni politiche, benché indette e dirette dalla borghesia imperialista, sono un ottimo strumento a questo fine. La borghesia imperialista deve tenere le elezioni per un complesso di motivi. Essa persegue con le elezioni suoi propri obiettivi politici, attinenti sia alla perpetuazione dell’oppressione e dello sfruttamento delle masse popolari sia alla lotta intestina tra i gruppi imperialisti che la compongono. Ma per la natura stessa della cosa la borghesia imperialista non è in grado di impedirci di usare le sue elezioni ai nostri fini. Ed esattamente di usarle per chiamare a raccolta il più vasto numero di lavoratori avanzati che le forze coalizzate nel Fronte Popolare per la ricostruzione del Partito Comunista riescono a raggiungere proprio grazie al clima e alle condizioni creati dalla borghesia imperialista per le sue elezioni. Comizi, banchetti, riunioni, volantinaggi, assemblee, propaganda porta a porta, feste, cene, scritte murali e trasmissioni radio e TV sono iniziative che, nelle condizioni create dalle elezioni, ogni organismo con un minimo di consistenza può fare per illustrare le Dieci Misure e propagandare il Progetto di Manifesto Programma, denunciare la distruzione e la barbarie in cui la borghesia imperialista ci sta sprofondando, incitare a contribuire alla ricostruzione del partito comunista, indicare i mille modi concreti per contribuire, incitare a usare anche il voto per rafforzare il lavoro di ricostruzione del partito comunista e per incoraggiare quanti ad essa già dedicano le loro energie.

La natura stessa del lavoro che l’Appello doveva mettere in moto spiega perché i CARC sono stati, tra tutte le FSRS, quella che ha raccolto l’appello per prima, con maggiore entusiasmo e più fattivamente. Tutto il lavoro che i CARC hanno svolto dalla loro costituzione nel ‘92 ad oggi, le stesse numerose lotte interne e le connesse lacerazioni attraverso cui sono passati, li hanno predisposti a questo ruolo. L’impegno per creare le condizioni della ricostruzione, la pubblicazione del PMP nel ‘98, la Dichiarazione del ‘99 a sostegno del lavoro della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del partito e la resistenza opposta all’Operazione del 19 ottobre ‘99 hanno predisposto i CARC meglio degli altri al ruolo che le FSRS devono svolgere nelle prossime elezioni. Ma l’appello della CP è rivolto a tutte le FSRS e il lavoro che ne consegue è alla portata di tutte le FSRS per le quali la ricostruzione del partito comunista non è solo un’aspirazione ma anche una guida pratica per la loro attività. La ricostruzione del partito non è un’attività commerciale, non vi sono interessi costituiti, monopoli ed esclusioni: ogni compagno e ogni organismo che vuole partecipare è il benvenuto e può trarre vantaggio dal lavoro svolto da quelli che lo hanno preceduto.