Indice de La Voce n.7



Quattro obiezioni

 

L’appello a partecipare alle prossime elezioni per raccogliere le FSRS e i lavoratori avanzati già disponibili per la ricostruzione del partito comunista e per creare tra le masse un terreno più favorevole alla ricostruzione, ha suscitato entusiasmo e ha mobilitato vari compagni, ma ha anche sollevato obiezioni presso altri. Vediamone alcune.

1. Alcuni compagni sostengono che la lista del Fronte Popolare per la ricostruzione del Partito Comunista (FP-rpc), dove si riuscirà a presentarla e altrove l’indicazione di scrivere sulle schede elettorali W il nuovo Partito comunista italiano, porteranno via voti a Rifondazione Comunista (PRC) e alla “sinistra” e contribuiranno a far vincere la “destra”.

Non serve obiettare che noi mobiliteremo soprattutto quelli che hanno già perso ogni illusione che dalla sinistra borghese e dal PRC possa venire qualcosa di buono per le masse popolari e che quindi non andrebbero comunque a votare. Tanto meno serve obiettare che i voti che noi mobiliteremo sono talmente pochi che non peseranno nel confronto tra i due schieramenti borghesi. A chi avanza sinceramente questa obiezione occorre spiegare che il Centro-Sinistra e il PRC hanno aperto e spianato tra le masse la strada alla destra e continueranno a farlo anche nel futuro. Nessuna persona sensata e onesta può negare che il Centro-Sinistra (la borghesia di sinistra, la sinistra borghese) ha attuato e se vince attuerà una politica di destra: riduzione dei salari e delle pensioni, limitazione dei diritti dei lavoratori dipendenti, maggiore precarietà dei posti di lavoro, supersfruttamento dei lavoratori immigrati, eliminazione di interi settori di lavoratori autonomi, eliminazione delle conquiste di civiltà e di benessere, aumento della precarietà e dell’insicurezza delle masse e moltiplicazione dei corpi di polizia e dei loro poteri, difesa dei privilegi del Vaticano e dei grandi capitalisti sia legali sia mafiosi e accrescimento della loro libertà di oppressione e di sfruttamento, colonizzazione dei paesi coloniali e dei paesi ex socialisti, riarmo e guerre. Non c’è campo della vita civile e culturale e della politica dove si possa dire che il Centro-Sinistra non ha spostato le cose nella stessa direzione in cui le vuole spostare la destra. Questo ha gettato e getta una parte crescente delle masse popolari in preda alla disperazione, allo scetticismo, all’individualismo, alla rassegnazione, al cinismo. Crea cioè tra le masse popolari un terreno via via più favorevole alla destra. Già oggi la destra ha tra le masse popolari un seguito pari o maggiore di quello che ha la sinistra borghese. Ogni ristrutturazione, ogni innovazione, ogni invenzione e ogni passo avanti della mondializzazione e della flessibilità, per i proletari significa taglio di posti di lavoro, licenziamenti, perdita della propria professionalità, spesso disoccupazione, maggiore insicurezza, maggiore precarietà nel lavoro, nella salute, nell’alimentazione, nella vita spirituale, maggiore dipendenza da un pugno di speculatori e di parassiti. I proletari e i lavoratori autonomi sono stati le vittime di ogni ristrutturazione della società e di ogni innovazione guidate dal Centro-Sinistra, da cui invece ci hanno guadagnato i grandi capitalisti: le differenze tra le classi sono aumentate in ogni campo della vita: nell’economia e nella sovrastruttura. Dal ‘92 a oggi (salvo i 9 mesi di Berlusconi nel ‘94) abbiamo avuto e sperimentato governi di Centro-Sinistra: l’esperienza ha mostrato alle masse popolari che il meno peggio porta al peggio. Una parte delle masse ha abbandonato ogni attività politica, un’altra parte pensa che “tra la copia e l’originale, meglio tentare l’originale”. La borghesia tutta e i suoi consapevoli e inconsapevoli ripetitori cantano in tutte le salse e in tutte le gradazioni che “tra destra e sinistra non ci sono più confini”, “sono caduti gli steccati ideologici”, “è più quello che ci unisce che quello che ci divide” (Ciampi), “noi stiamo attuando nei fatti quello che Berlusconi promette a parole”, “sia tra i fascisti che tra i partigiani c’era del buono e del cattivo”, rinnegati, dissociati e martiri del comunismo sono sullo stesso piano, ecc. ecc. E se proprio occorre indicare chi ha fatto peggio nella storia del nostro paese, la palma tocca ai comunisti. Insomma la sinistra borghese spiana la via alla destra e si converte in destra. La caccia al pensionato povero, all’immigrato povero e al lavoratore non ancora precario sono nei programmi dei due schieramenti borghesi. Quanto ai programmi, i due schieramenti copiano uno dall’altro ed il Centro-Sinistra rincorre Berlusconi e ne tutela i privilegi in quanto grande capitalista. Quanto all’azione pratica, la sintesi del rapporto tra Centro-Sinistra e destra è che Dini ha fatto la riforma delle pensioni preparata da Berlusconi. Quando la sinistra e la destra borghesi si distinguono tra loro, è per frasi vuote di ogni contenuto pratico. La sinistra borghese ha talmente abusato di simboli, bandiere e   frasi di sinistra per imbrogliare, confondere e rapinare le masse, che anche tra le masse è cresciuta la parte che nutre disprezzo, rancore e persino odio per quelli che sono stati i simboli e i protagonisti delle lotte di emancipazione delle masse popolari e ha aderito alla destra o simpatizza per essa. Così è passato alla destra il Comune di Bologna, così ha chiuso l’Unità.

Quanto a Rifondazione (PRC), il suo programma di “condizionare il capitalismo” la pone inevitabilmente e costantemente, in ogni campo e ad ogni passo, di fronte al dilemma: fare da supporto interno o da stimolo esterno al Centro-Sinistra? Attorno a questo problema si è svolta e si svolge tutta la vita politica di questo partito, su questo dilemma si è ripetutamente lacerato. La pratica, oltre alla teoria, insegna che è impossibile condizionare il capitalismo se non ci si propone e non si conduce con energia e tenacia, secondo una linea giusta, il lavoro di accumulazione delle forze rivoluzionarie per sovvertire questo regime, rovesciarlo e sostituirlo col socialismo. Il movimento comunista ha in vari periodi “condizionato il capitalismo”, ma proprio perché lavorava a rovesciarlo e obbligava la borghesia a fare, per distogliere le masse dal comunismo, quello che altrimenti non avrebbe fatto, a concedere qualcosa per non perdere tutto. Proprio perché il PRC non ha come programma la rivoluzione socialista e il comunismo, proprio perché la sua attività non è tesa all’accumulazione delle forze rivoluzionarie a ciò necessarie, proprio per questo il PRC non riesce neanche a condizionare il capitalismo. Esso è contemporaneamente un aspetto della liquidazione del vecchio partito comunista, un indice della “popolarità” del comunismo tra i lavoratori italiani e un freno al passaggio di una parte dei lavoratori avanzati al vero partito comunista (e soprattutto per questo è apprezzato e mantenuto in vita dalla borghesia, Andreotti dixit). La sua politica velleitaria demoralizza e respinge le masse, lascia un vasto campo d’azione alla destra, contribuisce a svilire i valori e le parole d’ordine del comunismo.

Nella società attuale sono in gioco due e solo due soluzioni possibili.

Mobilitazione rivoluzionaria delle masse o mobilitazione reazionaria delle masse. Noi comunisti siamo gli unici promotori, organizzatori e dirigenti possibili della mobilitazione rivoluzionaria delle masse. Quindi la mobilitazione rivoluzionaria può prevalere sulla mobilitazione reazionaria solo se noi comunisti ci rafforziamo, in primo luogo se ci costituiamo in partito comunista. Per promuovere la mobilitazione reazionaria delle masse la borghesia imperialista dovrà optare sempre più per programmi e uomini di destra. Chi ha chiaro questo, ha chiaro anche che pensare di fare ostacolo alla destra con il Centro-Sinistra o con il PRC, è come cercare di fermare una marea con uno steccato di legni fradici o, più esattamente, come cercare di spegnere il fuoco sostenendo una banda di piromani.

Noi con la lista del FP-rpc e con la nostra campagna elettorale raccogliamo le forze per l’unico vero baluardo che non solo fermerà la destra ma la spazzerà via. Nella prima metà del secolo scorso furono l’URSS, l’Internazionale Comunista, il vecchio PCI a spazzar via il nazismo, il fascismo e il colonialismo, per quanto le loro forze all’inizio apparissero ridicolmente piccole. Mentre le grandi forze dei partiti riformisti e “democratici” borghesi si sciolsero e i loro capi dovettero schierarsi o con noi comunisti o con i fascisti. Non a caso in gennaio, in occasione dell’80° anniversario della fondazione del vecchio PCI, dal campo borghese e riformista si sono ancora levate deplorazioni sulla “scissione di Livorno” che avrebbe impedito di combattere efficacemente il fascismo: mascherando il fatto inconfutabile che il fascismo fu spazzato via proprio dalle forze raccolte grazie al partito che nacque nel ‘21 a Livorno. Ha contribuito più alla caduta del fascismo il PCI o il PSI a cui restò il grosso degli iscritti, delle sezioni e delle risorse del vecchio partito? Tutti sanno che i partiti riformisti e “democratici”, se pur alcuni svolsero anche un qualche ruolo positivo, ebbero un ruolo del tutto secondario nell’abbattere il fascismo e contarono invece molto nel salvaguardare le basi del fascismo dall’attacco delle masse popolari.

Il ruolo storico della nostra azione non è portare via voti al Centro-Sinistra e al PRC. Il nostro obiettivo non è “punire” il Centro-Sinistra o il PRC per le loro malefatte. Chi concepisce il nostro ruolo in questo senso, non a caso è ciclicamente tentato dall’estremo opposto della subordinazione ad essi, se promettono ... quello che per forza di cose non manterranno o anche meno.(1) Il nostro compito e il nostro ruolo è raccogliere le prime forze (per poche che oggi siano) per la costruzione del partito che solo può far fronte con successo al ritorno di barbarie conseguente alla sconfitta subita dal movimento comunista e al nuovo libero dispiegarsi del capitalismo: ottenere tanti voti sotto un’altra bandiera non ha alcun interesse.

2. Altri compagni obiettano che probabilmente non riusciremo neanche a raccogliere le firme necessarie a presentare la lista del FP-rpc e che comunque raccoglieremo talmente pochi voti che la nostra iniziativa produrrà scoraggiamento e demoralizzazione, anziché contribuire a raccogliere forze per la ricostruzione del partito comunista e creare un terreno più favorevole ad essa.

Noi sappiamo che le forze organizzate da cui partiamo sono piccole. Ovviamente ogni FSRS che si dissocia dall’iniziativa del FP-rpc contribuisce a ridurle e quindi si assume una responsabilità su cui deve ben riflettere. La pochezza delle nostre forze organizzate deve indurre chi si rifiuta di partecipare al FP-rpc a riflettere bene sui motivi per cui lo fa. Detto questo, siamo altrettanto sicuri che esistono già oggi forze ancora disperse tra le masse popolari che potremo raccogliere con l’iniziativa elettorale del FP-rpc, che le forze favorevoli al comunismo sono più di quelle già organizzate nelle noste file. Ne potremo raggiungere e raccogliere tante di più quanto maggiori saranno le nostre forze di partenza, quanto più energica, su vasta scala e chiara sarà la campagna che esse condurranno e quanto meno cercheranno di rendere i loro discorsi accettabili dalla borghesia, quanto più parleranno sinceramente al cuore e alla coscienza dei lavoratori, a quanti hanno bisogno di cambiare il mondo e di trovare dei fratelli con cui mettersi alla stessa opera. Ma anche se l’opportunismo, il politicantismo e la superficialità non distoglieranno molte FSRS dal partecipare alla campagna del FP-rpc, cioè anche nelle condizioni per noi più favorevoli che possiamo immaginare, siamo fin da oggi consapevoli che le forze che raccoglieremo nell’immediato saranno certamente molto limitate. L’esperienza e mille sintomi diversi ci confermano in questa convinzione. Non portiamo avanti il nostro lavoro perché convinti di avere già oggi milioni di seguaci. Abbiamo più volte detto che è sbagliato aspettare, per fondare il nuovo partito comunista, che sorga un grande movimento di lotta o aspettare di avere il sostegno e l’adesione di vaste masse. Faremo tutto quanto sta in noi perché il partito esista già prima che sorga un grande movimento di lotta che infatti solo grazie al partito potrebbe vincere. Come potrebbero le masse aderire a un partito che ancora non c’è, specie dopo le amare esperienze fatte? La storia che abbiamo alle spalle, la situazione internazionale e la condizione generale delle classi e dei loro rapporti nel nostro paese sono tali che oggi il comunismo ha una schiera esigua di seguaci decisi e convinti delle sue ragioni. Gli elementi delle masse popolari che condividono le Sei discriminanti,(2) che vedono nell’attuazione delle Dieci Misure l’inizio della soluzione dei problemi che assillano le masse e l’avvio di una nuova società e che sono abbastanza generosi ed energici per assumersi un compito di lotta coerente con queste convinzioni, sono in numero limitato. Noi crediamo che oggi siano più nell’ordine delle centinaia che nell’ordine delle migliaia. Conseguentemente limitata è la loro influenza sociale, quindi i voti che possono portare alla lista del FP-rpc. Ma l’importante è raccogliere questa schiera esigua in partito su una concezione, un programma, un metodo e una linea giusti. Questo piccolo partito, proprio perché armato di una concezione del mondo e di un metodo di lavoro e di pensiero comunisti, proprio perché unito su un programma che riflette gli interessi oggettivi delle masse popolari e operante con un metodo che raccoglie le aspirazioni delle masse popolari, costruirà poi e rafforzerà i suoi legami con le masse popolari, in primo luogo con la classe operaia, accrescerà e migliorerà le proprie fila fino a mutare pelle e diventare l’avanguardia organizzata della classe operaia e, così trasformato, conquisterà il consenso, l’appoggio e la partecipazione delle masse popolari all’attività rivoluzionaria. Tanti partiti comunisti hanno già seguito questa strada di nascita, sviluppo e vittoria. Non ci fa paura constatare che oggi siamo ancora pochi, ci importa raccogliere e imparare a raccogliere quei pochi che siamo, imparare a unirci su un programma e una linea giusti e imparare a lanciare gli attacchi che accrescono le nostre forze: accumulazione delle forze rivoluzionarie è la nostra parola d’ordine oggi. Se siamo convinti di ciò, dobbiamo educare in questo senso i nostri compagni. Noi non ci dichiariamo comunisti perché siamo in tanti. Ma perché siamo convinti che il comunismo è il futuro che la classe operaia guiderà le masse popolari a costruire. Diventeremo tanti anche perché oggi ci dichiariamo comunisti pur essendo ancora pochi. A sentire le obiezioni di alcune FSRS mi viene in mente il triste ricordo di un dirigente della FLMU, e non dei minori, che alcuni anni fa in una piazza mezzo vuota si sgolava a dichiarare ai suoi ascoltatori: “Siamo qui riuniti migliaia e migliaia”. Parlava come se fosse convinto che le ragioni sue e delle poche centinaia di suoi ascoltatori dipendessero dalla quantità del pubblico. E lo sforzo patetico di convincere il suo pubblico che le poche centinaia erano migliaia e migliaia faceva risaltare la debolezza delle sue convinzioni.

Oggi noi siamo una piccola pattuglia che combatte contro venti e tempeste e marcia controcorrente, combattuta e tirata da mille parti. I nostri nemici attivi sono molti di più che i nostri amici attivi. Dobbiamo imparare a raccogliere tutte le forze nostre che esistono nella società ancora disperse tra le masse. I metodi di raccolta che oggi impariamo, li applicheremo ripetutamente e avremo un raccolto via via più abbondante. E mentre raccogliamo, nello stesso tempo educhiamo ad una lotta superiore le forze già raccolte e seminiamo, perché quelli che ci ascoltano e che oggi la loro esperienza non ha ancora convinti della giustezza delle nostre parole, proprio la loro esperienza li convincerà domani, se le nostre parole sono giuste: essi saranno il nostro prossimo raccolto.

3. Altri compagni assicurano che ci faremo invischiare nel parlamentarismo e nel riformismo. Rossoperaio ci ha apertamente dati per già dispersi nelle aule parlamentari. Verrebbe da scherzare: “Compagni, quale mezzo migliore per liberarvi di noi, che farci molta propaganda elettorale?”. Non dubitiamo che la borghesia imperialista farà tutto quanto è in suo potere per impedirci di fondare un vero partito comunista. Essa già oggi combina l’intimidazione con la confusione, cui anche alcune FSRS contribuiscono spensieratamente. Man mano che le nostre forze crescono, combinerà a livelli maggiori repressione, corruzione ed eliminazione. I tristi precedenti degli sgherri fascisti e degli stragisti e gladiatori democristiani insegnano. Questo è il regime della controrivoluzione preventiva, in cui la “sicurezza nazionale” della borghesia imperialista passa davanti al rispetto dei diritti democratici e all’osservanza delle leggi. Questo non ci deve far desistere dal compiere i passi oggi necessari, ma deve indurci a prepararci anche a respingere gli attacchi futuri. Anche per questo, per far fronte alla controrivoluzione preventiva, secondo noi il futuro partito comunista deve essere clandestino, e siamo convinti che prima o poi tutte le FSRS che persisteranno nell’obiettivo della ricostruzione si convinceranno di questo. Noi non possiamo negare che corriamo anche dei rischi di corruzione, ma come si può combattere la borghesia imperialista senza correre rischi? Non corriamo dei rischi di corruzione perché partecipiamo alle elezioni, ma perché combattiamo una classe, la borghesia imperialista, che ricorre sistematicamente anche alla corruzione dei suoi avversari. Forse che non ha tentato di corrompere anche tanti partigiani e, negli anni ‘70 e ‘80, anche tanti membri delle Organizzazioni Comuniste Combattenti? Forse che non tenta ancora oggi di corrompere i rivoluzionari prigionieri? E non è forse sotto gli occhi di tutti che con alcuni il gioco le è riuscito?

Il problema si pone in questi termini: nella attuale situazione concreta, la campagna elettorale ci consente di raggiungere una parte maggiore dei lavoratori avanzati dispersi tra le masse, isolati e in parte neutralizzati proprio dal loro isolamento e dalla loro estraneità ad ogni legame di partito (3) e di raccoglierli attorno all’obiettivo della ricostruzione del partito. Quindi dobbiamo condurre la campagna elettorale. Quando si tratterà di lanciare all’attacco le nostre forze, certamente non condurremo una campagna elettorale e combatteremo quelli che la proporranno. Ma oggi la nostra situazione è tale che il nostro compito è raccogliere le nostre prime forze. E a questo fine la campagna elettorale ci è molto utile.

È probabile che con la campagna elettorale richiameremo attorno a noi anche compagni e lavoratori avanzati ancora troppo impregnati di legalitarismo, ancora troppo imbevuti di illusioni nella borghesia imperialista e nella sua legalità, ancora troppo fiduciosi nella borghesia imperialista. Questi nuovi compagni saranno messi alla prova dalla prima ondata repressiva che la borghesia imperialista scatenerà, dalle pressioni e dai ricatti che subiranno nei luoghi di lavoro (mobbing) e altrove, dalle difficoltà proprie dell’adempimento dei compiti dell’organizzazione. Ed è solo superando queste prove che essi si rafforzeranno e diventeranno degni membri del nuovo partito comunista. I compagni con maggiore esperienza devono prevedere le prove che i nuovi compagni dovranno affrontare e aiutarli a superarle. Denunceremo e ci epureremo da quelli di noi che cederanno alle pressioni o alle lusinghe della borghesia imperialista. Ma molti supereranno queste prove. Noi comunisti abbiamo fiducia nelle masse, una fiducia fondata sull’esperienza. Quando avevano un partito comunista come si deve, gli operai italiani hanno scioperato anche contro i nazisti, durante la guerra, affrontando fucilazione e deportazione. Non dobbiamo mai dimenticarlo, dobbiamo anzi ricordarlo a gran voce quando ci vengono a predicare che “la borghesia imperialista può bloccare sul nascere ogni forma di opposizione e di lotta”, che “gli operai non possono resistere ai ricatti”, che “la paura del licenziamento paralizza gli operai”, ecc. Il comportamento dei lavoratori dipende da molte cose, anche dalla natura del partito che costruiamo. Certamente non possiamo costruire un vero partito comunista senza che la massa dei suoi membri superi queste prove di repressione e di corruzione e impari a preservare il partito. Non c’è modo di sfuggire all’azione repressiva e all’azione corruttrice della borghesia imperialista, perché essa è una classe di corrotti e di predoni. L’unica è eliminarla. Ma doverci far fronte non vuol dire cedere. Non sono le elezioni che ci espongono all’azione corruttrice della borghesia imperialista, ma le condizioni concrete della lotta di classe. Astenerci dal partecipare alle elezioni non ci preserva dalla corruzione. Le Brigate Rosse e in generale le OCC degli anni ‘70 non parteciparono alle elezioni, ma non per questo fu piccola la percentuale di traditori e di dissociati nelle loro file. Combattendo si può sia vincere sia soccombere. Noi non evitiamo per questo i combattimenti che sono utili alla nostra causa e in cui possiamo vincere. Ci organizziamo in modo da vincere.

4. Altri compagni obiettano che, conducendo la nostra campagna elettorale e presentando ovunque possibile una nostra lista, noi “legittimiamo” le elezioni indette e dirette dalla borghesia imperialista.

Esaminiamo bene l’obiezione.

È scontato che le elezioni sono un imbroglio, un gioco truccato. La borghesia non mette mai in palio nelle elezioni quale classe deve dirigere la società, al massimo mette in palio quale gruppo imperialista deve governare. Essa ha preso il potere durante il Risorgimento e da allora lo ha difeso, a secondo del bisogno, con la violenza, il fascismo e gli imbrogli, mantenendo con ogni mezzo la massa della popolazione in uno stato di asservimento materiale e spirituale e incapace di dirigersi. Con le elezioni essa cerca di stabilizzare il suo potere e di risolvere i contrasti tra i gruppi che la compongono.(4)

Partecipare alle elezioni non è contribuire anche noi a presentare come onesto un gioco che invece è truccato? Non alimentiamo le illusioni democratiche che la borghesia promuove tra le masse? In una certa misura sì. Come ogni volta che partecipiamo a una contrattazione o conduciamo una lotta rivendicativa, in una certa misura alimentiamo l’illusione che la classe operaia e le masse possano far valere i loro interessi nell’ambito del regime borghese, che sia possibile “condizionare il capitalismo” (per dirla alla Bertinotti) senza abbatterlo. Per questo a volte trattiamo e a volte no, a volte trattiamo in un modo a volte in un altro. Trattiamo con i capitalisti e rivendichiamo, ma il nostro fine è il comunismo. Noi comunisti dobbiamo di volta in volta valutare tutti gli aspetti della situazione e decidere cosa convenga che le forze da noi già dirette facciano per mobilitare di più le masse contro la borghesia fino a eliminarla. Perché di certo finché il potere resta nelle mani della borghesia, questa, anche se concede qualcosa, la farà a sua maniera e cercherà di riprendersela appena possibile. Dunque dobbiamo decidere cosa fare nelle prossime elezioni facendo un’analisi concreta della situazione attuale per capire cosa ci conviene fare ... per che cosa? Quale è in questa situazione concreta il nostro obiettivo principale, quello che condiziona tutta la nostra attività, quello che possiamo raggiungere oggi? Il nostro obiettivo principale è raccogliere, formare e accumulare forze rivoluzionarie, in primo luogo ricostruire il partito comunista. Oggi il nostro compito principale è approfittare di ogni appiglio per chiamare a raccolta i lavoratori avanzati per la ricostruzione del partito. Quanto più siamo deboli, quanto meno siamo radicati tra le masse, tanto più è per noi principale questo lavoro di raccolta. L’effetto immediato delle nostre azioni sull’orientamento e l’attività delle masse è pressoché irrilevante, il nostro peso politico diretto e immediato è pressoché nullo. Qualunque cosa noi facciamo, di colpo non modificheremo sensibilmente l’orientamento delle masse. Possiamo però crescere, raccogliere quelle qualche centinaia o migliaia di lavoratori avanzati già oggi esistenti ma dispersi tra le masse e ancora senza legami di partito, la cui attività dà scarsi risultati proprio per la mancanza di legami di partito. Questo è per noi l’obiettivo principale. Le elezioni a questo fine ci sono molto utili. Perché oggi una parte importante dei lavoratori avanzati e delle masse si mobilita ancora in qualche misura quando la borghesia indice e dirige elezioni politiche. Ovviamente nella campagna elettorale dobbiamo condurre una propaganda tale (le Dieci misure e non un programma del genere “PRC un po’ più di sinistra”, tantomeno accodarci al PRC, come sua copia riveduta e migliorata) che generi, in chi la sta ad ascoltare, maggiore fiducia nella politica rivoluzionaria e meno fiducia nelle elezioni indette e dirette dalla borghesia. A chi dice che alle masse non interessano le Dieci misure, diciamo infatti che in gran parte è vero, ma che le propagandiamo perché in qualche misura interessano ai lavoratori avanzati e interesseranno prima o poi anche alle masse.

Ernesto V.

 

NOTE

 

1. Accenni in questo senso emergono in alcune FSRS, come ad es. Iniziativa Comunista. Proprio le sue oscillazioni sono illuminanti. Dal proclamare che “il PRC è il maggior ostacolo alla formazione del nuovo partito comunista”, da campagne elettorali nel ‘94 e ‘96 tutte tese a togliere voti al PRC (“maggiore ostacolo’), all’accordo “tecnico” di questi mesi con il PRC a Roma, dove IC ha una certa influenza, in cambio di alcuni voti del PRC alla candidatura del suo segretario nazionale nel Collegio uninominale a Crotone dove Norberto Natali è personalmente conosciuto.

 

2. Per le Sei discriminanti vedi La Voce n. 1 pag. 15 e 16 e Rapporti Sociali n. 19 pag. 8 e 9. Per le Dieci Misure vedi La Voce n. 5 pag. 43 e 44 e Rapporti Sociali n. 26/27 pag. 7 e 8.

 

3. Si badi bene, “dalla loro estraneità ad ogni legame di partito” e non solo “dal loro isolamento”. E all’estraneità a ogni legame di partito non si pone alcun rimedio se ci si limita ad organizzare, con un lavoro degno di Sisifo, “coordinamenti operai” e “riunioni operaie”: occorre fondare il partito comunista. È questa una delle principali divergenze tra noi e i compagni del MPA e di alcune altre FSRS.

 

4. Vedasi in La Voce n. 6 La via parlamentare al socialismo e Agli uomini tutti d’un pezzo, ricordare che i giorni non sono tutti eguali.